San Vincenzo Pallotti

Nel 150° anniversario della morte e 50° della beatificazione dell’animatore dell’apostolato dei laici


 Nelle numerose celebrazioni del Giubileo si inserisce anche quella commemorativa di san Vincenzo Pallotti. Nato a Roma il 21 aprile 1795, viene ordinato sacerdote il 16 maggio 1818.


Muore nei pressi della chiesa di san Salvatore in Onda il 22 gennaio 1850. Anche se non si hanno testimonianze dirette del suo intervento nell’anno giubilare 1825, l’unico al quale il «sacerdote di Roma» ha partecipato attivamente, i momenti più significativi della sua vita sono segnati dagli avvenimenti giubilari. Una curiosità da ricordare a proposito è il luogo in cui è nato: Via del Pellegrino 130. Quest’ultima, infatti, era un tratto dell’antica Via Peregrinorum, tragitto che i pellegrini percorrevano per raggiungere le Basiliche romane. Nel 1850, anno giubilare mancato a causa delle vicende politiche, muore circondato dall’affetto della folla che ha trovato in lui una testimonianza vivente di Cristo. Il 22 gennaio dell’Anno Santo 1950 Pio XII lo proclama beato. Infine, il 22 gennaio del 2000, durante il Grande Giubileo, cade il 150° anniversario della sua morte e il 50° della beatificazione.

La celebrazione commemorativa principale, preceduta da un triduo di preghiera, si svolge nella chiesa di san Salvatore in Onda il 22 gennaio, in occasione della memoria liturgica.


La chiesa, concessa al Santo nel 1844 da Papa Gregorio XVI per la comunità dei sacerdoti e fratelli dell’Apostolato Cattolico da lui fondata, accoglie sotto l’altare maggiore l’urna nella quale è stato deposto il corpo di san Vincenzo Pallotti. La celebrazione in onore del Santo, canonizzato da Papa Giovanni XXIII il 20 gennaio 1963 e costituito Patrono principale della Pontificia Unione Missionaria del Clero il 6 aprile dello stesso anno, ricorda la vita e l’apostolato di un sacerdote che si è iscritto nella storia della città di Roma e del popolo romano.


Tra le testimonianze relative alla morte del Pallotti, merita particolare attenzione quella di Salvatore Proja, suo contemporaneo, che ha scritto un lungo articolo per tale occasione nel giornale di Roma «L’Album» (XVII, n. 13, 25 maggio 1850, p. 97-101).


Dalle parole del giornalista, talvolta retoriche, secondo il gusto dell’epoca, emerge il sentimento sincero di profonda ammirazione e stima, che il santo ha suscitato in chi lo ha conosciuto personalmente. Oltre a ricordare le doti intellettive e morali, Proja sottolinea il carattere innovativo della personalità di san Vincenzo. Per sviluppare l’attività apostolica egli si serve di uno strumento, che agli inizi dell’Ottocento era da molti ostacolato come nemico della religione e della morale: la stampa. Inoltre, con l’istituzione del solenne Ottavario dell’Epifania vuole simboleggiare l’unità dei popoli nella carità, anticipando la questione dell’ecumenismo, fortemente sentita dalla Chiesa attuale.


In occasione della sua morte i contemporanei hanno manifestato calorosamente l’affetto nei confronti del «sacerdote romano», accorrendo numerosi ai suoi funerali. Il motivo di tale viva partecipazione viene espresso nelle parole che chiudono l’articolo di Proja: «Romani! Le esequie che voi celebraste al dabben sacerdote passeranno ad esempio. Ben io vi vidi d’ogni età e condizione addolorati e mesti correre in folla al caro tempio, ove giacque per tre giorni continui sopra umile feretro la sua esanime spoglia. Non adulazione ai superstiti colà vi trasse, o curiosità di vagheggiare la funerea pompa, che era di due ceri appena, ma il desiderio di baciare anche una volta la mano, benché fredda, che bene scrisse delle sante cose, che soccorse a tanti poveri, che asciugò tante lacrime, e medicò a tanti infermi. I vostri sospiri misti ai flebili canti dei sacri ministri muovevano a tenerezza, e chiamavano sul ciglio le lacrime dell’amore. Sui vostri volti meglio che sugli effigiati emblemi, e sulle incise epigrafi si leggevano i titoli dell’estinto alla riconoscenza ed alla venerazione dei posteri. Resta che gli ergiate nel vostro cuore un perpetuo monumento imitando le sue virtù, e rispettando negli unti del Signore la dignità, di cui egli era rivestito».


Vincenzo Pallotti è stato il primo ad essere proclamato beato nell’Anno Santo 1950, come scrive «L’Osservatore Romano» del 23-24 gennaio 1950 in prima pagina. Lo stesso giornale descrive così la celebrazione della sua beatificazione: «…Una moltitudine ingente di pellegrini d’ogni parte del mondo, ma soprattutto dall’Italia, dalla Germania e dalla Svizzera, insieme a varie altre migliaia di fedeli si è riunita intorno al Sommo Pontefice, Vescovo di Roma, per offrire le prime invocazioni pubbliche alla intercessione di una gloria insigne del Clero romano, Vincenzo Pallotti, il nuovo apostolo dell’Urbe e pioniere dell’Azione Cattolica…».


Testimonianza particolarmente importante di questo evento è la Lettera di Pio XII al Rettore Generale della Società dell’Apostolato Cattolico (8 dicembre 1949). Le parole del Pontefice colgono pienamente il messaggio che san Vincenzo Pallotti ha voluto lasciare con la sua vita e la sua attività: «…Lasciò come sacra eredità non solo ciò che egli avevatanto felicemente intrapreso, ma anche ciò che era nei suoi desideri…: dedicarsi con sapienza e diligenza, secondo l’opportunità, alla formazione ed istruzione del clero; per mezzo di sacre spedizioni, dette missioni, non solo ammaestrare accuratamente e ricondurre alla retta via della virtù il popolo cristiano, troppo spesso ignaro o immemore dei precetti divini, ma anche illuminare della luce dell’evangelica verità le genti pagane olontane e ricondurle salutevolmente al seno della Chiesa cattolica; ed infine cosa necessarissima, specie ai nostri giorni, radunare moltissimi laici per dare la loro opera in aiuto all’Ecclesiastica Gerarchia ed organizzarli mediante sapienti norme; nella qual cosa, come ben sapete, Vincenzo Pallotti deve ritenersi come soldato antesignano».


Le testimonianze appena riportate assumono importanza per il messaggio ancora oggi attuale che racchiudono.


 


L’apostolato di un santo


Durante l’infanzia Vincenzo riceve un’educazione cristiana dai genitori Pietro Paolo e Maddalena De Rossi, che trasmettono al figlio la loro fede. Da giovane inizia i suoi studi presso gli Scolopi a san Pantaleo e li prosegue poi al Seminario Romano e all’Università di Roma. Si specializza nelle lettere latine e greche. Consegue le lauree in filosofia e teologia e riceve la cattedra di «ripetitore» per i laureandi. Alcuni anni dopo l’ordinazione sacerdotale, ricevuta nella Basilica di San Giovanni in Laterano, abbandona l’università per dedicarsi interamente all’attività pastorale.


Il suo impegno è rivolto a mantenere viva la fede cristiana nel popolo di Roma. Spinto da tale intento coinvolge nella sua opera ecclesiastici, religiosi, laici e li richiama alla collaborazione.


La vita sacerdotale ed apostolica di san Vincenzo Pallotti si svolge soprattutto nella città di Roma. Egli è attento alle molteplici difficoltà che la società dell’epoca presentava. Soccorre i poveri, gli ammalati, gli emarginati e per la sua singolare carità è chiamato «Padre dei poveri». Organizza istituti di carità, orfanotrofi e case di accoglienza per le ragazze esposte alla strada. Bisogna menzionare a proposito la «Pia Casa di Carità» in via sant’Agata dei Goti, esistente ancora oggi. Sensibile alla necessità dell’istruzione, si dedica alla promozione delle scuole serali e di altre istituzioni giovanili. Gli vengono affidati incarichi delicati come l’assistenza ai carcerati e ai condannati a morte. Promuove ed anima le confraternite e le pie unioni. È direttore spirituale in diversi seminari romani e nelle comunità di suore. Rivolge particolare dedizione alla confessione, per la quale è ricercato da persone di ogni ceto. Guida le missioni popolari nelle parrocchie. Si prende cura della formazione cristiana dei laici, dei religiosi e del clero. Elabora testi spirituali e promuove l’apostolato servendosi della stampa. Dà un forte impulso all’attività missionaria, con particolare attenzione ai problemi dell’Oriente cristiano. Promuove la celebrazione dell’Ottavario dell’Epifania, quale testimonianza di unità e di universalità della Chiesa. È rettore della chiesa nazionale del Santo Spirito dei Napoletani in via Giulia. Fonda l’Unione dell’Apostolato Cattolico.


 


La spiritualità di un santo


La multiforme attività apostolica di san Vincenzo Pallotti si fonda sulla sua personale esperienza dell’amore e della misericordia di Dio. Egli crede profondamente che Dio agisce spinto dal Suo amore infinito. Perciò l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, trova il senso della sua esistenza solo quando ama Dio e gli uomini: «Non può vivere Gesù mio chi non ama» (san Vincenzo Pallotti). L’insegnamento del Santo troverà significativa espressione nella dottrina del Concilio Vaticano II: «L’apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità che lo Spirito Santo diffonde nei cuori di tutti i membri della Chiesa. Anzi, in forza del precetto della carità, che è il più grande comandamento del Signore, tutti i fedeli cristiani vengono sollecitati a procurare la gloria di Dio con l’avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini, perché conoscano l’unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo» (Apostolicam actuositatem, 3).


Questa esperienza gli permette di comprendere Gesù Cristo come Apostolo dell’eterno Padre. Gesù Cristo compie il mandato del Padre soprattutto nell’opera di amore e di misericordia. Per la redenzione del mondo si è incarnato ed ha accettato la morte di croce. Egli rivela a tutti gli uomini il disegno salvifico del Padre. Per questo la vita apostolica di ogni cristiano consiste nel vivere, ad imitazione di Gesù Cristo, l’amore verso Dio Padre e verso il prossimo. Le parole di san Paolo: «L’amore di Cristo ci spinge» (2 Cor 5, 14) diventano il motto della spiritualità di Vincenzo Pallotti. L’imitazione di Gesù Cristo e la partecipazione alla Sua missione di salvezza sono inseparabili. Come tutti sono chiamatiad imitare Cristo, così tutti sono chiamati all’apostolato. Seguendo l’ispirazione avuta da Dio, Vincenzo Pallotti si propone di proclamare il Vangelo di Gesù Cristo in tutto il mondo, compito che trova una concreta realizzazione nella promozione dell’attività missionaria della Chiesa. L’annuncio del Vangelo deve essere accompagnato dall’approfondimento continuo della fede e dal rinnovamento della carità verso Dio e verso il prossimo, presupposti per risvegliare in tutti i battezzati la consapevolezza della loro vocazione apostolica. Il suo scopo è portare tutti gli uomini all’unità di fede in Cristo e vivere la Chiesa come comunione. Vincenzo Pallotti mira così ad una Chiesa rinnovata dalla forza della carità apostolica e pertanto segno di unità, di speranza e di salvezza per il mondo intero. Per Lui il più perfetto modello di vita spirituale e apostolica è Maria, Regina degli Apostoli, titolo significativo per l’apostolato di ogni fedele.


 


La vocazione apostolica in atto


L’esperienza di Dio Amore e Misericordia apre gli occhi di san Vincenzo Pallotti ai bisogni della Chiesa. Egli legge la volontà di Dio nei segni dei tempi. La sua risposta all’ispirazione del 9 gennaio 1835 è l’Opera dell’Apostolato Cattolico, in cui i battezzati partecipano alla missione della Chiesa nella realizzazione di uno scopo comune. Vincenzo Pallotti esprime questa sua intuizione nelle parole: «L’Apostolato Cattolico, cioè universale, come può essere comune ad ogni classe di persone, è il fare quanto ciascuno può e deve fare per la maggiore gloria di Dio e per la propria e altrui salvezza» (Opere complete, vol. III, p. 143).


Il 4 aprile 1835 il Cardinale Vicario di Roma, Carlo Odescalchi, concede alla «pia Unione dell’Apostolato Cattolico ogni benedizione». Nel maggio 1835 il Pallotti lancia il primo appello al popolo romano, in cui espone l’idea della fondazione, invitando sacerdoti e laici a parteciparvi. Papa Gregorio XVI l’approva l’11 luglio dello stesso anno. Vincenzo Pallotti comprende che tutti i fedeli sono chiamati a seguire Cristo, Apostolo dell’eterno Padre, e a partecipare alla missione salvifica della Chiesa. Secondo il suo pensiero, questa è una chiamata rivolta ad ogni cristiano, non solo al clero. Tale concezione è innovativa ai suoi tempi e per attuarla istituisce l’Unione dell’Apostolato Cattolico: un’opera che unisce l’impegno di sacerdoti, fratelli, suore e fedeli laici nell’evangelizzazione. A questa Unione Vincenzo Pallotti affida il compito specifico di risvegliare in tutti la consapevolezza dellavocazione all’apostolato e di promuovere nelle diverse parti del mondo un’attiva partecipazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Dopo la morte del Fondatore, l’Unione dell’Apostolato Cattolico, costituita nel suo primo nucleo da sacerdoti, religiosi efedeli laici, ha uno sviluppo costante ed organico. Paolo VI dichiara che san Vincenzo Pallotti, con la sua vita e il suo pensiero «ha fatto quel ponte, fra il clero e il laicato, che è una delle vie più percorse dalla spiritualità moderna; è una delle vie che danno maggiore speranza alla Chiesa di Dio».


Giovanni Paolo II, in un Messaggio alla Famiglia Pallottina del 1995, la esorta a «promuovere e sviluppare questa visione profetica». Ad essa «ciascuno si ispiri per essere sempre più fervido annunciatore della fede viva e apostolo della carità operosa».


Oggi l’Unione dell’Apostolato Cattolico (UAC) si definisce come «unione di persone singole e comunità che, secondo il carisma di san Vincenzo Pallotti, promuovono la corresponsabilità di tutti i battezzati a ravvivare la fede, riaccendere la carità nella Chiesa e nel mondo e portare tutti all’unità in Cristo» (Statuto Generale dell’Unione dell’Apostolato Cattolico, n. 1). Essa unisce coloro che si ispirano agli ideali apostolici del Fondatore: istituti fondati da san Vincenzo Pallotti o sorti più recentemente, e fedeli laici, impegnati singolarmente o organizzati in gruppi o comunità. Tutti formano una sola famiglia, con uno stile comune di vita e affrontano le sfide moderne dell’apostolato universale. «L’Unione dell’Apostolato Cattolico, nella sua aspirazione a rendersi utile a tutti gli uomini, è aperta alle diverse culture dei popoli e si adatta alle mutevoli circostanze dei tempi. Le sue attività vengono determinate dai bisogni della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l’apostolato e al cui servizio san Vincenzo Pallotti poneva fin da principio la sua fondazione» (Preambolo, I).


Per realizzare pienamente il pensiero originario di san Vincenzo Pallotti ed attualizzarlo, l’Unione dell’Apostolato Cattolico ha elaborato il documento intitolato «Progetto UAC 2000» che nella forma dello Statuto propone l’attualizzazione dell’idea del Fondatore. Esso esprime la natura della fondazione pallottina, ne garantisce l’unità e propone uno stile divita spirituale ed apostolica. I membri dell’Unione dell’Apostolato Cattolico si impegnano a crescere nella fede, nella carità e a promuovere iniziative per la realizzazione della missione affidata all’opera pallottina. L’Unione dell’Apostolato Cattolico è l’espressione di un modo di camminare e servire insieme. Essa offre a tutti, specialmente ai giovani, unprogetto per vivere il Vangelo di Gesù Cristo.


JAN KUPKA


© L’OSSERVATORE ROMANO Sabato 22 Gennaio 2000