I Miracoli Eucaristici: IL PRIMO GRANDE MIRACOLO EUCARISTICO

di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. IL MIRACOLO EUCARISTICO AVVENUTO NELL’ULTIMA CENA DEL GIOVEDÌ SANTO: un preludio, d’intensa spiritualità eucaristico – mariana

IL PRIMO GRANDE MIRACOLO EUCARISTICO
AVVENUTO NELL’ULTIMA CENA DEL GIOVEDÌ SANTO:


un preludio, d’intensa spiritualità eucaristico – mariana



Stasera i tabernacoli di tutte le chiese cattoliche sono ornati di fiori, di profumi e di ceri, soprattutto di anime adoranti! La gente, infatti, devota e silenziosa, entra in chiesa e davanti all’altare della Reposizione, prega mettendosi umilmente in ginocchio ed adora il mistero ineffabile del Dio che sì è fatto pane di vita per noi.

E stasera, in questo giovedì santo, entriamo, mediante la fervida fantasia e soprattutto la fede viva, nel Cenacolo ove Gesù sta celebrando la Cena Pasquale.  Qui assisteremo al primo, grande miracolo eucaristico.

Intermezzo per il Giovedì Santo in una ideale ricostruzione dell’ultima cena:

In questa notte santa, tremenda ed ineffabile insieme, in cui Gesù è stato arrestato là nell’orto degli ulivi, non posso dormire.  E del resto come si può riposare, se egli il Maestro è stato catturato e condotto alla casa di Anna, suocero del Sommo Pontefice Caifa?

Gesù che ti stanno facendo?

Dopo aver cantato l’inno, ti eri ritirato con i discepoli al monte degli Ulivi, al di là del torrente Cedron dove c’è un giardino chiamato Getsemani, per pregare.

Ho inteso le tue parole gravi e sconcertanti: “La mia anima è triste fino alla morte… Pregate per non entrare in tentazione…”.  E poi dici: “Abbà, Padre: tutto è possibile a te, allontana da me questo calice!  Però non ciò che lo voglio, ma ciò che vuoi Tu”.

E hai superato, mio Signore, la prova del silenzio, la prova del sangue, la prova del tradimento…

Mentre ancora preghi, arriva all’improvviso Giuda, uno dei Dodici, che ti bacia, dicendoti: “Salve Rabbì”. E tu lo guardi a lungo, intensamente e con un soffio, quasi impercettibile, gli rispondi: “Amico con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?”.

E ti mettono le mani addosso e spingendoti con spade e bastoni ti conducono fino alla casa di Anna e qui: schiaffi e insulti, sputi e scherni.

E adesso, legato per i fianchi ti hanno calato, per attendere l’alba, in una profonda fossa, simile ad una prigione, ove passi la notte, stanco sfinito, con le spalle indolenzite appoggiate alla nuda roccia, in attesa del tuo ultimo giorno di vita…

lo non posso aspettare Signore, voglio stare accanto a te, vegliare con te.

Ma come raggiungerti?  lo sono piccolo e debole.  Ah! Andrò da tua madre, Maria: ella sicuramente mi accoglierà, come ha appena accolto Pietro che uscito fuori da dove s’era andato a sedere e dove aveva rinnegato tre volte il tuo Gesù, era caduto in un pianto a dirotto!

Maria, la dolcissima Madre di Gesù è pallidissima, anche se il suo cuore è calmo e sereno.

“Madre, hanno preso Gesù e lo hanno condotto via…”.

“Lo so, figlio, ma siediti qui e ascolta quello che è successo di inaudito in questa sera del giovedì.  Noi donne come al consueto avevamo preparato la tavola della grande cena in un salone al secondo piano, ornato con tappeti, come si conviene alla celebrazione annuale della Pasqua.  Avevamo preparato sulla tavola ogni occorrente: l’agnello arrostito alla brace, i pani senza lievito, il vino, l’acqua salata con un po’ d’aceto, la lattuga, le erbe amare con cerfoglio e prezzemolo amaro, la salsa, e le scodelle con la rossa marmellata di frutta, e le lampade. Tutto era pronto, come aveva desiderato Gesù.

Quando lo vidi arrivare e sistemarsi a tavola, attorniato dagli apostoli, ti confesso che ho provato una grande stretta al cuore.

Gesù lo vedevo immensamente triste eppur una luce stupenda inondava i suoi occhi lucenti, mentre il suo abito – quello che gli ho intessuto io/ con le mie mani – era candido come la neve.

Noi donne ci eravamo messe in un angolo, quasi nascoste e attendevamo l’inizio della Santa cena.  C’era nell’aria un presentimento grave di dolore e di morte.  Pietro, Giacomo, Giovanni e Tommaso, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Andrea, l’altro Giacomo, Taddeo, Simone e… Giuda, sì anche lui, erano in silenzio glaciale: erano spaventati, poveri cari, come noi del resto, perché avevamo sentito delle voci terribili: uno dei nostri aveva tradito il maestro…

Ma Gesù ci rianimò tutti e diede inizio alla cena: “Ho tanto desiderato – disse – mangiare con voi questa Pasqua”.

Ma non fece nessun cenno all’agnello che occupava il centro del pasto, ne prese in mano le quattro coppe del vino.

E fu a questo punto che nello stupore di tutti, Gesù, divinamente bello prese in mano il pane – proprio quello che avevo preparato io – e pronunciò la benedizione e poi lo spezzò e lo distribuì a tutti dicendo – ascolta figlio mio queste parole divine! – “Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo”.

E poi, infrangendo ancora l’antico rito, prese una coppa di vino, la elevò verso l’alto e disse: “Prendete e bevete: questo è il calice del mio sangue”.

Giuda era fuggito fuori, povero figlio mio: egli voleva consegnare Gesù, ma Gesù lo precedette e si consegnò volontariamente, per primo; Giuda voleva consegnare Gesù con un tradimento ed invece Gesù si consegnò con un atto d’amore immenso.

Comprendi tu tutto questo, figliolino mio?”.

lo non so che rispondere, mi sento confuso e smarrito.  Allora Maria/ la dolcissima mamma di Gesù, mi prese le mani e me le strinse al suo cuore e poi dolcemente mi disse: “Queste mani saranno un giorno unte col sacro crisma; da quest’ultima, ovvero l’unica cena di Gesù, è stato istituito il sacerdozio, allorché terminato il miracolo del dono del suo Corpo e del suo Sangue, sotto le specie del pane e del vino.  Egli si rivolse unicamente agli Apostoli e disse loro:

“Fate questo in memoria di me, questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”.

Hai capito? – Tu sei sacerdote in eterno.  Ormai non solo gli Apostoli ma ogni fedele è legato per sempre nel sangue del mio santissimo Figlio: ogni fedele gli è debitore della vita, della salvezza, della comunione.

E quello che si dice di un fedele si dice di tutti i fedeli, di coloro cioè che accoglieranno nel corpo e nel sangue di Gesù vero Dio e vero uomo, il suo dono totale, ed universale di salvezza.

La mamma di Gesù parla con dolcezza, quasi in un mormorio appena percettibile e la vedo trasfigurarmi di una luce improvvisa.

Vedi – mi dice – domani, venerdì, Gesù sarà crocifisso sul Golgota; ma la morte in Croce non è la fine, ma solo il passaggio ad una gloria futura; la croce è sì la prova tremenda, mai salita fino ad ora, ma è anche riscattata dalla certezza, credi, della Risurrezione.

La morte non ha l’ultima parola ne su Gesù,  ne sui suoi fedeli che così non gusteranno mai la seconda morte.

Ma intanto, in attesa del banchetto celeste in cui tutti ci ritroveremo a bere il vino nuovo del Padre del cielo, voi discepoli del Signore dovreste continuare ad esistere conservando lungo il tempo, per secoli, in attesa del ritorno solenne del Signore, un legame indissolubile con la sua persona, con la sua missione.  Gesù vuole essere presente, anche se sarà invisibile.  Un amico nel partire da ad un altro amico un ricordo, ma Gesù nel lasciarci non ci da un ricordo che sbiadirà nel tempo, ma lascia se stesso, tutto se stesso nel Santissimo Sacramento dell’altare, ove starà notte e giorno il suo Corpo e il suo Sangue per la nostra salvezza: quella carne e quel sangue che io, umile madre, gli ho dato, dopo averli intessuti nel mio grembo…

In questa notte santa ricevete dunque figli miei il testamento del Signore: testamento di vita, testamento di letizia, testamento di comunione.

Ma va’ e non temere mai: Dio sarà sempre con voi, sino alla fine dei secoli ed anch’io con il mio amore di madre universale vi accompagnerò a lui, ogni giorno, in ogni dolore, in ogni pena, per tutta la vita e vi attendo un giorno in Paradiso, tutti!

Buona Pasqua a tè fratello, a tè sorella, a tutti l’augurio di ogni bene e di tutto il bene in Cristo crocifisso e risorto.

Ave Maria!