Storia greca – Cap. X
Alberto Torresani
Storia greca
CAP. 10 – DA ATENE A ROMA
Da quanto si è detto nel capitolo precedente, dovrebbe risultare chiaro che la fortunata impresa di Alessandro Magno non fu altro che un viaggio armato di esplorazione fino ai confini del mondo conosciuto, non l’inizio di un duraturo impero che solamente la morte del giovane fondatore avrebbe compromesso.
Con la spedizione di Alessandro Magno si era conclusa una fase del conflitto tra Asia ed Europa, tra la culla di tutte le culture e il continente in cui la filosofia, la scienza e l’arte avevano raggiunto il grado di astrazione necessario per divenire autonome dalla matrice politica e religiosa.
L’Asia aveva espresso, come erede di una cultura trimillenaria e come massima espressione della sua concezione politica e spirituale, l’Impero persiano: con la sua caduta veniva meno il maggiore ostacolo alla rapida espansione della cultura greca nell’oriente. Occorre tuttavia ricordare che l’Impero persiano era durato circa due secoli solamente a patto di dividersi in satrapie che in larga misura coincidevano con i confini delle etnie nazionali. Greci e Macedoni non avevano alcuna superiore concezione della politica in grado di tenere unito un insieme tanto vasto di culture e tradizioni diverse che solamente la concezione dello Stato propria di Roma saprà organizzare in modo duraturo. La libertà greca era finita, ma essa viveva nella sua lingua, un mirabile strumento capace di esprimere in modo adeguato le più elevate concezioni morali ed estetiche.
Col termine “ellenismo” si intende la diffusione della lingua, dei valori e della cultura greca nei paesi che erano stati sottoposti all’Impero persiano e poi anche in tutto l’occidente, nei paesi che stavano per entrare nell’orbita di Roma la cui organizzazione politica superò il limite più grave del mondo greco, ossia l’incapacità di superare i limiti angusti della polis o della lega di città libere e autonome che il ricorso al regime democratico più radicale aveva ridotto all’impotenza di fronte all’esercito macedone prima, e agli eserciti romani più tardi.
L’ideale passaggio delle consegne tra la Grecia e Roma si può cogliere nel gesto che il console Tito Quinzio Flaminino compì nello stadio di Corinto nel 196 a.C., annunciando ai Greci la libertà riacquistata con le armi dei Romani. Eccolo nel racconto di Polibio: “Sopravvenuto il tempo dei giochi istmici, da quasi tutta la terra convennero gli uomini più illustri in ansiosa aspettativa del futuro. […] Mentre la folla degli spettatori era riunita nello stadio per la gara, l’araldo si fece innanzi e avendo ordinato alla folla di fare silenzio mediante un segnale di tromba lesse il bando: ‘Il Senato romano e il generale Tito Quinzio, dopo aver vinto in battaglia il re Filippo e i Macedoni, lasciano liberi, esenti da guarnigione e da tributi, governati dalle leggi patrie, i Corinzi, i Focesi, i Tessali, i Parrebi’. Si levò da principio un applauso immenso, cosicché alcuni non udirono il bando; altri pur avendolo udito, vollero sentirlo di nuovo”. (altro…)