Polizia interrompe le S. Messe: è in gioco la libertà religiosa

Cerveteri, 15/3/2020. Polizia municipale irrompe in parrocchia, interrompe la Messa a porte chiuse, denuncia il parroco. Più sotto il video.

[Premessa. La Costituzione Italiana è cattiva: frutto degli accordi Dossetti-Togliatti, è uno scivolamento dal liberalismo alla democrazia relativista.
Tuttavia, va sottolineato come l’Avv. Nitoglia, autore del parere sottostante, non ne faccia l’elogio, né la ritenga un nuovo Vangelo, ma si limiti a riscontrare le ingruenze tra la recente legislazione Coronavirus e la Costituzione stessa]

1. Uno dei terreni sui quali incide l’emergenza a seguito della pandemia detta Covid 19 è quello dei rapporti fra Stato italiano e Chiesa cattolica, o meglio tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, enti entrambi sovrani, regolati dai Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, sottoposti a revisione con l’Accordo del 18 febbraio 1984.


I Patti Lateranensi constano di tre distinti documenti: il Trattato, che fondava lo Stato della Città del Vaticano, riconoscendo l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede; la Convenzione finanziaria, che regolava le questioni economiche sorte a seguito delle spoliazioni degli enti ecclesiastici con le cosiddette leggi eversive, e il Concordato, che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo.

I Patti Lateranensi sono stati “costituzionalizzati” con il recepimento di essi operato dall’art. 7 della Costituzione italiana del 1948: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Questo significa che per rivedere i Patti occorre un previo accordo tra le due parti, ovvero, se lo Stato intende procedere autonomamente, un procedimento di revisione costituzionale secondo l’art. 138 Cost.

Nel 1984, con l’Accordo stipulato il 18 febbraio di quell’anno tra le due parti, venne modificato il Concordato (non il Trattato). L’art 2 dell’Accordo stabilisce: “La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”.
Fra le fonti primarie di riferimento va richiamato pure l’art. 19 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

2. Il d.p.c.m. 8 marzo 2020, definito senza precedenti nella storia repubblicana[1], – una norma di rango secondario nella gerarchia delle fonti, seppur sorretto dal decreto-legge 23 febbraio 2020 n. 6, norma di carattere primario – all’art. 2 al co. 1 lett. v, dispone che “l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro di cui all’allegato 1, lettera d). Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”.

La sospensione delle cerimonie civili e religiose, con l’aggiunta della possibilità di “limitazione dell’ingresso nei luoghi destinati al culto”, non contemplate dal d.c.p.m. 8 marzo 2020, è ribadita dal decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.
E’ significativo che in una bozza dell’ultimo D.L., che circolava prima della firma e della pubblicazione, fosse contemplata anche la “completa chiusura” dei luoghi di culto: è verosimile che la sua rettifica nel testo definitivo dipenda dalle forti proteste che l’anticipazione ha provocato[2].

Seppure non sia impedita la professione privata della religione – e ci mancherebbe! -, né si impedisca direttamente l’accesso ai luoghi di culto, bensì se ne preveda “soltanto” la “limitazione”, viene interdetto, seppur temporaneamente ed eccezionalmente, l’esercizio pubblico della religione, con il blocco delle cerimonie sia in chiesa, sia all’aperto o altrove (la norma non specifica).

3. I problemi sono immediati e concreti: la norma mantiene comunque confini vaghi, lasciando molto a una discrezionalità applicativa suscettibile di diventare arbitraria.

In Sicilia un sacerdote è stato denunciato per violazione della disposizione del d.p.c.m. 8 marzo 2020, unitamente a due parrocchiani, perché costoro lo assistevano tecnicamente nella trasmissione della S. Messa in streaming: erano solo loro tre, a distanza di metri l’uno dall’altro in una grande cappella.

In Puglia un altro sacerdote ha subito la stessa sorte perché “colto in flagranza” dopo aver dichiarato agli agenti di polizia che si recava a celebrare la S. Messa in un convento di clausura, che ospita cinque suore! In sede di conversione del DL una norma così ambigua va o eliminata, o corretta, se del caso collegando l’autocertificazione anche alla possibilità di raggiungere la chiesa più vicina al proprio domicilio.

4. I problemi sono altrettanto gravi nel rapporto fra ordinamenti. Come sottolinea il prof. Carrer, “è impossibile non rilevare l’antinomia che si crea tra la norma di cui all’art. 2, co. 1, lett. v d.p.c.m. 8 marzo 2020 e l’art. 19 della Carta fondamentale. Un ulteriore contrasto è tra la norma statale citata e l’art. 7 della Costituzione, che prevede l’indipendenza e la sovranità reciproca della Chiesa[3].
Quelle che il d.c.p.m. dell’8 marzo e il successivo D.L. del 25 marzo definiscono, nel sospenderle, “cerimonie”, la Chiesa chiama sacra liturgia, che è il nucleo della sua attività: “La chiesa adempie la funzione di santificare in modo peculiare mediante la sacra liturgia”, recita il canone 834 del codice di diritto canonico. L’ufficio di santificare è uno dei tre uffici (gli altri due sono quello di insegnare e quello di governare) in cui si esplica la  missione della Chiesa [4].
Il can. 838 del codice di diritto canonico, al paragrafo 1 prevede che «regolare la sacra liturgia dipende unicamente dall’autorità della Chiesa: ciò compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo diocesano» nonché, al par. 4 è ulteriormente ribadito che «al Vescovo diocesano nella Chiesa lui affidata spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti».

5. Sospendere, seppur per motivi eccezionali, la cui validità nessuno contesta, e per un tempo ristretto, questo ufficio fondamentale della Chiesa vuol dire limitare la sua missione; significa, altresì, invadere il campo della Chiesa, alla cui autorità compete unicamente regolare la sacra liturgia. È vero che in questa occasione lo Stato ha ottenuto la pronta collaborazione della Conferenza episcopale italiana, ma le questioni in diritto restano tutte.

La misura incide inoltre sulla libertà costituzionale, garantita dall’art. 19 della Costituzione, che hanno tutti i cittadini, a qualsiasi religione o confessione appartengano di professare liberamente la loro fede e di esercitarne in privato o in pubblico il culto. “Tutti – recita il citato art. 19 Cost. – hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Per Carrer, “è evidente che, insieme all’art. 19 Cost., la normativa commentata ha inciso in profondità sull’art. 7 Cost.: quanto al co. 2°, si tratta di modificazioni dei Patti Lateranensi non accettate e nemmeno aventi la forma di revisione costituzionale; quanto al co. 1° la sovranità dello Stato prevale su quella della Chiesa, almeno nelle condizioni dettate dall’emergenza[5].

Se passa il principio che circostanze eccezionali, per ora collegate a questioni di salute, possono limitare le libertà costituzionali dei cittadini e quelle della Chiesa (anch’esse costituzionalmente garantite), cosa potrebbe accadere, in futuro, in circostanze eccezionali di diverso tipo?
In quali materie e per quanto tempo si possono giustificare tali limitazioni?
Possono esse divenire definitive?
Non si rischia di stravolgere i princìpi basilari del nostro ordinamento giuridico?
Ne riparleremo.

Avvocato Stefano Nitoglia, per https://www.centrostudilivatino.it/perche-e-in-questione-la-liberta-religiosa/

Il video dell’irruzione: https://twitter.com/i/status/1239150527285510144

NOTE

[1] Così Alessandro Candido, parlando del d.c.p.m. 8 marzo 2020 e del d.p.c.m. 9 marzo 2020, che nulla ha aggiunto al primo per quanto riguarda il tema del diritto al culto, in Poteri normativi del Governo e libertà di circolazione al tempo del COVID-19, in Forum di quaderni Costituzionali, 10 marzo 2020.

[2] V. “Nota sul decreto legge di chiusura delle chiese” del Centro Studi Livatino del 25 marzo 2020.

[3] Matteo Carrer, Salus rei publicae e salus animarum, ovvero sovranità della Chiesa e laicità dello Stato: gli artt. 7 e 19 Cost. ai tempi del Coronavirus, in BioLaw Journal 2/2020.

[4]  “L’ufficio di santificare  893 – Il vescovo “è il dispensatore della grazia del supremo sacerdozio”, [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25] specialmente nell’Eucaristia che egli stesso offre o di cui assicura l’offerta mediante i presbiteri, suoi cooperatori. L’Eucaristia, infatti, è il centro della vita della Chiesa particolare. Il vescovo e i presbiteri santificano la Chiesa con la loro preghiera e il loro lavoro, con il ministero della Parola e dei sacramenti. La santificano con il loro esempio, “non spadroneggiando sulle persone” loro “affidate”, ma facendosi “modelli del gregge” ( 1Pt 5,3 ), in modo che “possano, insieme col gregge loro affidato, giungere alla vita eterna” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 25]”. Catechismo della Chiesa Cattolica, Articolo 9, paragrafo 4, p. 244, Libreria Editrice Vaticana, 1994

[5] Matteo Carrer, op. cit.

 

ABSTRACT.
Per giuristi.
E’ stato interdetto l’esercizio pubblico della religione, con il blocco delle cerimonie sia in chiesa, sia all’aperto o altrove.
Dei sacerdoti sono stati denunciati per aver detto Messa.
E’ impossibile non rilevare l’antinomia che si crea tra la norma di cui all’art. 2, co. 1, lett. v d.p.c.m. 8 marzo 2020 e l’art. 19 della Carta fondamentale.
Un ulteriore contrasto è tra la norma statale citata e l’art. 7 della Costituzione, che prevede l’indipendenza e la sovranità reciproca della Chiesa.

La democrazia totalitaria di Stato ha fatto un altro passo avanti.