I Miracoli Eucaristici: Lanciano, VIII secolo.

di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. In questa città di Lanciano, si ritrovò nel monastero ove abitavano Monaci di S. un Monaco, il quale, non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio, andava di giorno in giorno dubitando, se nell’ostia consacrata vi fosse il vero Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue

I Miracoli Eucaristici: Lanciano, VIII secolo.


Don Gennaro, parroco di Perano in provincia di Chieti, ha avuto, alcuni mesi fa, la gentilezza ospitale di accompagnarmi a Lanciano.

Usciti al casello autostradale, abbiamo seguito per circa 7 Km i cartelli indicatori fino a Piazza Plebiscito; abbiamo imboccato poi Corso Roma ove, dopo 50 m., sulla sinistra abbiamo visto il santuario del primo miracolo eucaristico.

Infatti l’ospitale città di Lanciano – adagiata su morbida collina, allietata dal sorriso del mare Adriatico e vegliata alle spalle dalla mole possente della Maiella – custodisce fra le sue mura, nella Chiesa di San Francesco, il primo e più completo Miracolo Eucaristico della Chiesa Cattolica.

La Chiesa di San Francesco d’Assisi, con l’attiguo ampio convento è ancor oggi officiata dai Frati Francescani Conventuali, fin dal lontanissimo 1252 quando il vescovo Landolfo Caracciolo li chiamò a Lanciano. Ma in antico la chiesetta che allora era dedicata a S. Legonziano (o Longino) era stata affidata ad una modesta comunità di Monaci Basiliani: è per causa dì uno di essi che Gesù operò il grande prodigio di lacerare le specie eucaristiche del pane e del vino le quali lasciarono il posto alla Carne e al Sangue di Gesù; infatti tutta l’ostia, quella grande usata dal sacerdote si è trasformata in Carne e tutto il vino che era nel calice si è mutato in Sangue.

Prima di proseguire però a narrare ordinatamente il grande miracolo eucaristico, permettete che mi fermi un attimo, perché voglio, possibilmente, comprendere meglio il motivo di un così grande prodigio.

Cercherò di esprimermi ordinatamente.


a) il mio amico sacerdote, redentorista p. Giovanni Velocci, uno dei più qualificati studiosi del grande John Henry Newman, oratoriano, qualche giorno fa mi ha regalato una bella biografia, scritta da lui stesso, del suo Santo Fondatore, “Sant’Alfonso M. de” Lìguori: un maestro di vita Cristiana” (ed. Paoline).  Dovendo preparare questo mio scritto sui miracoli eucaristici, mi sono chiesto: come viveva Sant’Alfonso la presenza eucaristica di Gesù?

“Sant’Alfonso – scrive il padre Velocci (pag. 55 e seguenti) – ebbe fin da giovane una fede profonda in Gesù Eucaristia, che espresse nel culto e nell’adorazione, specialmente durante l’esposizione solenne delle Quarantore.

Fu allora che visse i momenti più esaltanti della sua vita spirituale, si mise in dialogo intimo con il Signore, ricevette luci e grazie straordinarie, tra cui la vocazione sacerdotale.

Reduce da un’esperienza cosi forte volle portare anche gli altri alla medesima devozione e usò tutti i mezzi per riuscirvi.

Il mezzo più efficace fu il libretto delle “Visite al S.S. Sacramento” che scrisse nel 1754; egli stesso ne dichiarò il fine: che le anime maggiormente s’innamorino di Gesù Cristo (…)”.

“Gesù – ha scritto il Santo – se ne sta “notte e giorno in questo Sacramento, tutto pieno di bontà e di amore”; ma per poter restare ha dovuto pagare un prezzo altissimo: la passione, la morte, la solitudine, il disprezzo, e aggiungo io, spesso anche la incredulità, ma “tutto ha vinto l’amore e il desiderio di essere amato da noi”.

Ho aggiunto: l’incredulità da parte di molti cristiani e perfino sacerdoti, perché proprio questo è stato il motivo recondito che ha spinto Gesù a manifestarsi sveltamente.


b) A questo punto desidero esprimermi ancor più diffusamente, per comprendere meglio perché nasce l’incredulità dentro al nostro cuore nei riguardi di Gesù Eucaristia, e che cosa Gesù non fa invece per riempire il nostro cuore di fede, di persuasione interna della sua reale presenza nel S.S. Sacramento.  Leggo in un libro intitolato “Deserto e comunione: i padri del deserto e il loro messaggio oggi” di Loris Leioir (ed. Cribaudi) un fatto abbastanza curioso ma interessante (vedi a pag. 116 e seguenti).

Si tratta della vicenda interiore di un monaco incredulo della presenza reale di Gesù nel pane consacrato, lo stesso che succederà all’avventurato monaco basiliano che con la sua sofferta incredulità provocherà il grande miracolo eucaristico di Lanciano.

Per un monaco, l’Eucaristia e la sua celebrazione settimanale era veramente l’APICE della sua vita.

I monaci infatti vi si preparavano con cura durante tutta la settimana.  Tre erano le opere considerate quelle essenziali per un monaco:

1)     partecipare con timore e rispetto ai santi misteri del Corpo e del Sangue di Cristo e riceverli in Comunione;

2)     non isolarsi dalla tavola dei fratelli;

3)     lavare i piedi di tutti i fratelli presenti.

Tutto quindi, nella vita di un monaco, è dominato dall’Eucaristia, accompagnata da spirito comunitario e da umiltà.

Ma un mattino di domenica, quel monaco non si presentò alla celebrazione che si compiva in comunione da tutti i monaci.

Aveva nel cuore un dubbio tremendo che lo tormentava da tutta la settimana: ma c’è proprio tutto Gesù nel pane e nel vino consacrati? C’è proprio il suo corpo e il suo sangue?

Con questo dubbio atroce non voleva andare a celebrare i santi misteri! Mentre s’attardava nella sua cella s’addormentò e fece un sogno in cui gli sembrava di stare all’altare a celebrare la messa.

Pronunciando le parole della consacrazione vide che l’ostia all’improvviso si mutò in un lembo di carne viva tutta sanguinante e lo stesso vino che stava nel calice, in un fiotto di sangue caldo. “Mangia e bevi” gli disse una voce ancora. “No!” gridò il monaco inorridito! “Non posso mangiare carne viva e bere sangue bollente! Il mio stomaco non lo sopporta”. “Allora”, concluse stentorea la voce arcana: “Non lamentatevi con Dio, non dubitare della Sua presenza se per rispetto del tuo stomaco Gesù si dona a te come pane e vino!”.


Ma quello che fu un sogno per il padre del deserto, divenne realtà per l’ormai famoso monaco di San Basilio.

Di lui però non ci è stato tramandato il nome, il volto, i dati anagrafici, forse perché le tribolazioni interiori del monaco si sono come eclissate davanti alla stupefacente eccezionalità del fatto miracoloso che seguirà.

Siamo dunque entro la cornice dell’VIII secolo e più precisamente verso gli anni 750; ma dobbiamo rifarci alla penna di un anonimo cronista del 1631 per conoscere nei dettagli la vicenda dello straordinario miracolo eucaristico.


Ecco il palpitante e suggestivo testo:

“In questa città di Lanciano, circa gli anni 700 di Nostro Signore, si ritrovò nel monastero di San Legonziano, ove abitavano Monaci di S. Basilio – oggi detto di San Francesco – un Monaco, il quale, non ben fermo nella fede, letterato nelle scienze del mondo, ma ignorante in quelle di Dio, andava di giorno in giorno dubitando, se nell’ostia consacrata vi fosse il vere Corpo di Cristo e così nel vino vi fosse il vero Sangue.

Tuttavia, non abbandonato dalla divina grazia del continue orare, costantemente pregava Dio che gli togliesse dal cuore questa piaga che gli andava avvelenando l’anima, quando il benignissimo Iddio, Padre di misericordia e d’ogni nostra consolazione, si compiacque levarlo da sì oscura caligine facendogli quel Fistessa Grazia, che già compartì all’Apostolo S. Tommaso.

Mentre dunque, una mattina nel mezzo del suo sacrificio, dopo aver proferito le santissime parole della consacrazione, più che mai si trovava immerso nel suo antico errore/ vide (oh favor singolare e meraviglioso!) il pane in Carne e il vino in Sangue converso.

Da tanto e così stupendo miracolo atterrito e confuso, stette gran pezzo come in una divina estasi trasportato; ma finalmente, cedendo il timore allo spirituale convento, che gli riempiva l’anima, con viso giocondo ancorché di lacrime asperso, voltatesi ai circostanti così disse:

“O felici assistenti, ai quali il Benedetto Dio, per confondere l’incredulità mia, ha voluto svelarsi in questo S.S.mo Sacramento e rendersi visibile agli occhi vostri. Venite, fratelli e mirate il nostro Dio fatto vicino a noi.  Ecco la Carne e il Sangue del nostro dilettissimo Cristo”.

A queste parole come l’avido popolo con devoto precipizio all’Altare e tutto atterrito, cominciò non senza gran copia di lacrime a gridare misericordia.

Sparsa la fama di così raro e singolare miracolo per tutta la città, chi potrebbe dire gli atti di comprensione che grandi e piccoli frettolosamente accorsi, cercavano di scoprire, altri confusi con devote voci invocavano la divina pietà, altri percuotendosi il petto si chiamavano colpa dei commessi errori, altri, con sommessi accenti ed interrotti sospiri si chiamavano indegni di mirare così prezioso tesoro; altri finalmente con tacito e riverente silenzio ammiravano, stupivano, lodavano e ringraziavano il Benignissimo Dio ch’avesse voluto sottoporre al senso mortale la Sua immortale e insuperabile Maestà?”.


Fin qui la descrizione antica/ e anche noi oggi ci prostriamo in ginocchio a ringraziare Dio per così singolare segno della Sua divina presenza sui nostri altari!  Ma adesso a suffragare l’attendibilità e la veridicità del racconto – spiega padre Nasuti che ho scelto come guida per la narrazione dei miracoli eucaristici – “c’è inoltre una iscrizione marmorea attualmente fissata nella parte destra della chiesa di San Francesco, in corrispondenza della Cappella Valsecca, epigrafe che riporta la ricognizione delle Sante Reliquie effettuata il 17 febbraio 1564 dal Vescovo di Lanciano/ Mons. Rodriguez Gaspare, uomo ed ecclesiastico di rigorosa coscienza storica.

Nella stesura fatta dal vescovo, c’è un particolare inedito, quello del peso, secondo cui il “Sangue è diviso in cinque parti disuguali, che tanto pesano tutte unite, quanto ciascuna separata”.


Ma per ora non disperdiamoci oltre nella ricerca della testimonianza storica che si può approfondire in altri momenti, bensì cerchiamo di entrare con lo spirito devoto nell’incredibile, ma vera vicenda, che ci parla in modo stupendo della tenerezza di Dio che risponde alla nostra diffidenza, incredulità, freddezza!

Siamo un po’ anche noi come quel Monaco, uomo dedito più alla scienza che non alla sapienza, appassionato più del mondo che non dell’Eterno, affidato più alla ragione che non alla contemplazione e quindi tormentato dal dubbio, sballottato e disorientato dalle varie correnti d’opinione, divorato dall’inquietudine quotidiana!  Ma al dubbio dei figli, Dio risponde con un amore e una fedeltà più grande.  Riflettiamo.

Più che il miracolo meditiamo il mistero, avvenimento stupendo della presenza di Gesù.

“Il prodigio avvenne proprio durante la celebrazione della Santa Messa, al momento – vertice della consacrazione.  Il pane e il vino, investiti dalla forza della Parola, pronunciata dal Monaco, in un grigio mattino che non lasciava presagire grandi cose, si tramutarono visibilmente e totalmente in Carne e Sangue.

I veli, le specie sacramentali, si ritirarono, cedettero il posto alla realtà.  Il pane, l’ostia grande diventò Carne.  Il vino, il vino che era nel calice, si convertì in Sangue.  Il mistero eucaristico, che è l’anima della Chiesa, il cuore della sua pietà, si è come lacerato, svelato, evidenziato”. 


Ma, caro lettore, cara lettrice, lascia che ti manifesti un altro particolare stupendo che ci viene stavolta dalla voce della stessa scienza, che fu chiamata a verificare e a dare il suo responso.  In sostanza, le analisi si tennero in laboratorio sotto la guida attenta di illustri scienziati quali il prof. doti Odoardo Linoli libero docente in anatomia e istologia patologica e in chimica e microscopia clinica.

Compiuto il prelievo delle sacre reliquie, liberate dalla teca e dal calice, all’occhio analitico dello scienziato il tessuto della Carne miracolosa si presentò con un colorito misto giallo – bruno – marrone, con consistenza uniformemente dura – lignea, richiedendo una forte pressione con la lama per asportarne qualche frammento.

Il Sangue coagulato è sotto la forma di 5 grumi.

Dopo 4 mesi di indagini, di studi, di ricerche, di analisi, condotti tutti con rigore scientifico e con pazienza certosina, si ebbero i seguenti risultati, che riassumo brevemente: con lo studio microscopico e istologico della carne miracolosa di Lanciano si è potuto accertare che si tratta di carne della regione del cuore, mentre con lo stesso procedimento sul sangue si può dire con certezza che si riconosce la sua natura francamente ematica.

Inoltre con l’accertamento fatto su ambedue le reliquie si afferma che sia il Sangue che la Carne miracolosa appartengono alla specie umana e si determina che il gruppo sanguigno è A B O nel quale si riconoscono tutti i componenti del siero di sangue fresco, gruppo sanguigno identico a quello che il prof. Baima Bellone ha riscontrato sulla Sacra Sindone di Torino.


Oh mio Dio! – esclamerebbe ogni anima eucaristica: oh mio Dio, io ti adoro e ti riconosco veramente presente nell’ostia e nel vino consacrati!  Salendo su per una scala marmorea di una decina dì gradini, dietro all’altare maggiore, ti trovi faccia a faccia col tronetto delle Sante Reliquie e più sotto col Tabernacolo, entrambi vegliati da due angeli adoranti.  Prostrato adoro anch’io la carne ancora visibile e il preziosissimo Sangue di Gesù, consacrato nel Calice di cristallo di Rocca e con il Santo autore della “Imitazione di Cristo” esclamo:

“Oh! ineffabile grazia, oh! ammirabile degnazione, oh! amore immenso prodigato all’uomo in modo singolare!  Ma che renderò io al Signore per questa grazia, per una carità così esimia!

Non altro potrei donare di più gradito che dare totalmente il mio cuore al mio Dio e congiungere a Lui intimamente (…).  Allora mi dirà: Se tu vuoi stare con me, io voglio stare con te!;


Grazie Gesù!