Di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. Nei giorni seguenti al grande rogo furono iniziati i lavori di sgombero dell’immensa massa di detriti, con la vana speranza di trovare qualcosa di intatto! Quale non fu la meraviglia quando il 27 aprile il p. Battista da Ascoli, nel rimuovere un pezzo di marmo di quello che era stato l’altare maggiore, divelto dalle fiamme, vide nella cavità del muro che sosteneva la pietra sacra, in mezzo alle rovine, il corporale un po’ bruciacchiato su cui si conservava, ancora intatta ed integra l’ostia grande consacrata.
Maggio è il mese in cui in molte parrocchie ci sono le prime comunioni di tanti fanciulli e di tante fanciulle. Ho partecipato anch’io a due di esse, a Verona per accompagnare all’altare il piccolo Marco, figlio di due cari amici sposi, Cristina e Sergio e poi il mio nipote caro Andrea, figlio di mio fratello Giovanni e di mia cognata Patrizia, a S. Dona di Piave.
Nell’assistere con molta devozione alla loro prima comunione, nel vedere questi fanciulli accostarsi all’Eucaristia, al pane degli angeli, ho rivissuto, nell’intimo del cuore, il giorno della mia prima comunione, a Contarina nella mia chiesa parrocchiale…
Grazie a San Pio X, i fanciulli ancora innocenti sono Portati a Gesù che prende dimora nel loro cuore.
“Lasciate che i fanciulli vengano a me”, dicesti un giorno, Gesù e lo ripeti dal Tabernacolo: “Lasciate che i fanciulli vengano a me”.
Forse non ricordo bene quello che è avvenuto tra Gesù e l’anima mia, ma certamente suor Luigina Colombo che mi Preparò al santo giorno, mi avrà aiutato ad adorare Gesù, a ringraziarlo.
C’è sempre una buona mamma, o una buona suora, un buon papà o un buon sacerdote che preparano i fanciulli al santo giorno della prima comunione.
Adesso che sono cresciuto, come vorrei avere la stessa innocenza di quando ero bimbo! Ma ora posso avere il fervore, la fede, l’amore più consapevolmente maturi per accogliere Gesù nell’anima mia.
Leggendo, meditando sui miracoli eucaristici che Gesù ha distribuito lungo i secoli per infervorare, il cuore, per irrobustire la fede, per alimentare l’amore dei suoi fedeli, ho appreso tante cose, perché non mi avvenga come successe un giorno ad un sacerdote dubbioso di Ratisbonne (1257).
Egli, mentre celebrava la messa, fu assalito da dubbi violenti circa la presenza del Santissimo Sangue nel calice.
Mentre questo pensiero tormentava la sua anima, si sentì incapace di elevare il calice in alto… All’improvviso Gesù Crocifisso raffigurato sopra l’altare, staccò le mani dalla croce e prese il calice dalle mani tremanti del sacerdote incredulo e lo elevò verso l’alto.
Il sacerdote nel vedere questo, cadde in ginocchio mentre al dubbio successe un tremore di angoscia e di fede: “Signore abbi pietà di me, ora credo, credo, credo…” e cominciò a versare abbondanti lacrime.
Allora il divino Salvatore finalmente abbassò le braccia e rimise il calice tra le mani del suo ministro desolato.
Ma sentite cosa è avvenuto a Morrovalle che nel 1560 fu testimone del 14° miracolo eucaristico, avvenuto in Italia.
In provincia di Macerata, si trova la cittadina di Morrovalle e in questa sta ancor oggi la chiesa collegiata di San Bartolomeo Apostolo, ove si consuma il miracolo eucaristico. Ciò accadde nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1560, ancora nell’ottava di Pasqua, mentre i frati di San Francesco giustamente riposavano dopo le fatiche apostoliche del giorno.
Verso le due del mattino, il fratello laico Angelo Blasi di Urbania fu svegliato di soprassalto per un violento crepitio.
Balzò subito dal suo giaciglio e guardando dalla finestrella della sua cella, vide la chiesa che stava in mezzo alle fiamme e al fumo. Spaventato, si mise indosso il povero saio e scalzo, come a svegliare il padre Guardiano, fra Girolamo da Servigliano e poi freneticamente bussando alle porte degli altri frati, svegliò tutti. Tutti corsero spaventati, senza ben capire che cosa stesse succedendo, anche perché il fratello in preda al panico non sapeva gridare altro: “Al fuoco, al fuoco, la chiesa brucia”.
Quando si resero conto dell’immane incendio tutti si adoperarono nel disperato tentativo di spegnere l’incendio.
Altre persone accorsero, richiamate dal suono delle campane. Si organizzarono i primi soccorsi, ma ogni sforzo ormai risultò inutile, poiché le fiamme furono domate solo dopo sette ore di fatiche snervanti, quando ormai della chiesa non restava che un cumulo di macerie fumanti.
Non si scoprì mai la causa dell’incendio, ma quello che preoccupava maggiormente i poveri figli di San Francesco era il pensiero che anche i vasi sacri con le sante particele consacrate fossero stati fusi dal fuoco…
Nei giorni seguenti al grande rogo furono iniziati i lavori di sgombero dell’immensa massa di detriti, con la vana speranza di trovare qualcosa di intatto! Quale non fu la meraviglia quando il 27 aprile il p. Battista da Ascoli, nel rimuovere un pezzo di marmo di quello che era stato l’altare maggiore, divelto dalle fiamme, vide nella cavità del muro che sosteneva la pietra sacra, in mezzo alle rovine, il corporale un po’ bruciacchiato su cui si conservava, ancora intatta ed integra l’ostia grande consacrata.
La pisside era completamente fusa, ma il coperchio aveva resistito al furore del fuoco. P. Battista gridò al miracolo nel ritrovare intatta l’ostia grande. A quel grido accorsero gli altri frati e molta gente accorse richiamata dalle grida festanti.
Per tre giorni interi il SS.mo Sacramento rimase esposto per l’adorazione, a turno, dei fedeli. Quando finalmente arrivò il provinciale, padre Evangelista da Morrò d’Alba, l’ostia miracolosa rimasta cioè illesa per divina virtù da un terribile incendio, fu riposta in un tabernacolo, prestato per l’occasione, dal parroco della chiesa collegiata di San Sebastiano apostolo in Morrovalle.
Fu conservata in una cassetta d’avorio, custodita a sua volta in un cofano più grande, serrato con tre chiavi, due delle quali furono consegnate ai priori; mentre la terza restò nelle mani dei frati.
L’allora vescovo di Bertinoro, monsignor Ludovico di Forlì, si recò a Morrovalle per ordine del papa Pio IV perché si informasse dell’accaduto e poi riferisse dettagliatamente.
Quando il Papa sentì il resoconto dell’ostia grande rimasta illesa, intatta ed integra vincendo l’impeto delle fiamme, si commosse a quell’inaudita notizia e volle scrivere una lettera per fare conoscere a tutti i fedeli la divina benignità di nostro Signore che volle preservata la santa ostia dalla furia delle fiamme distruttrici, per avvalorare la nostra fede, mentre per istigazione diabolica, così gran sacramento veniva impegnato e malmenato, specie dagli eretici, e dai nemici della fede!
Tanta fu davvero la devozione dei fedeli, ma col passare dei secoli, tra tanti eventi spesso difficili e calamitosi, successe un fatto imperdonabile: dell’ostia miracolosa si perdette ogni traccia, cioè dopo le varie soppressioni degli ordini religiosi, non si sa più che fine abbia fatto l’ostia miracolosa, anche se si sono conservati la teca e il coperchio della pisside, sopravvissuto alle fiamme.
Rimane vera la storia: è come un torrente – ha scritto padre Nasuti (pag. 199) – “che pur disperdendo le sue acque lungo il percorso, conserva vive le tracce del suo passaggio; così il miracolo eucaristico dì Morrovalle mantiene intatta la sua funzione di riferimento obbligato e di richiamo forte al grande mistero dell’Eucaristia, cuore della pietà della Chiesa”.
Perdere le tracce di un segno miracoloso è certamente un fatto amaro, ma grazie alla splendida misericordia di Dio, basta andare in una qualsiasi chiesa, ove sta un tabernacolo col Cristo Eucaristia, per ritrovare Gesù! Basta partecipare alla celebrazione della santa messa per avere Gesù sempre presente e palpitante.
E’ importante non perderlo mai dal nostro cuore.
I fanciulli che in questi giorni fanno la prima comunione, non perdano mai Gesù dal loro cuore!
Ne gli adulti (ora stanchi, ora sfiduciati, ora delusi, ora sfiniti, ora dubbiosi, ora increduli) dimentichino mai Gesù ne lo perdano mai!
“Signore Gesù – concluderò così – fa’ che io non ti perda mai. E se le fiamme dell’inferno ti volessero sottrarre dal mio cuore, non permettere che io mi bruci/ ma cercandoti con ogni affetto e cura, ti trovi, ti adori, ti ami, ti segua!” Amen