S. FILIPPO BENIZZI (1233-1285)

Nasce a Firenze nel 1233. Attirato dalla vita umile ed evangelica, nel servizio alla Madre di Dio, dei frati del Monte Senario, entra nel loro monastero, dove diventa Superiore generale. Si impegna a difendere l'Ordine in momenti burrascosi, fino a ottenerne, nel 1287, una lettera di protezione apostolica da parte del papa Onorio IV. Quindi si ritira presso il convento di San Marco di Todi, dove muore il 22 agosto 1285. Sarà canonizzato da Papa Clemente X nel 1671.

E' il quinto Priore generale dei Servi di Maria e il loro legislatore, difensore e propagatore. Filippo nacque a Firenze il 15-8-1233 dopo che i suoi nobili genitori lo avevano atteso invano per tanti anni. Gli antichi biografi, a scopo di edificazione, hanno introdotto nella vita di lui molte leggende. Suo padre, Giacomo, apparteneva alla corporazione degli speziali e sua madre, Albavedere, discendeva dall'illustre famiglia dei Frescobaldi.
Il santo fece i primi studi sotto la guida di un precettore, ma dopo due anni i genitori lo mandarono a completarli presso l'università di Parigi per distoglierlo dalla vita religiosa verso la quale mostrava grande inclinazione. Non era egli l'unico erede del loro nome? Al termine del corso filosofico Filippo avrebbe iniziato volentieri lo studio della teologia, invece, per ubbidire al padre, dovette recarsi a Padova per lo studio della medicina (1252). Anche in mezzo alle sfrenatezze della gioventù studiosa egli seppe conservarsi casto con la mortificazione e la preghiera. Fin dall'età di dieci anni aveva preso l'abitudine di recitare ogni giorno l'Ufficio della Madonna e dei Defunti, i sette Salmi Penitenziali e le Litanie dei Santi, e vi fu fedele fino alla morte.
Filippo, laureatesi in medicina, la esercitò a Firenze specialmente a beneficio dei poveri. La Confraternita dei Laudesi, alla quale diede con ogni probabilità il nome, aveva lo scopo di favorire tra i suoi membri oltre la devozione alla SS. Vergine anche le opere di misericordia. Non gli mancarono di certo i biasimi degli stolti, ma egli non si lasco dominare dal rispetto umano. Continuò a frequentare le chiese, specialmente quella dei Servi di Maria, a Cafaggio, nella quale si venerava la prodigiosa immagine della SS. Annunziata. La vita pia, raccolta e povera di quei religiosi lo determinò nella quaresima del 1254 a chiedere l'abito nero dei conversi al Priore, S. Bonfìglio Monaldi, uno dei sette Santi Fondatori. Come abbia fatto il giovane e brillante medico a preferire il nascondimento del convento ad una vita agiata, rimane un mistero dello Spirito Santo che "spira dove vuole".
Filippo non rimase per molto tempo a Cafaggio. Per liberarlo dalle importune visite dei genitori e degli amici, fu mandato a compiere il noviziato a Monte Senario (1254), poco lontano da Firenze. In quella solitudine, sotto la guida di S. Amadeo degli Amidei, anche lui uno dei sette Santi Fondatori, visse un'esistenza scandita di preghiera, di lavoro manuale e di questua. Tutto il convento era formato da povere celle di legno in cui i religiosi prendevano riposo distesi sopra delle assicelle coperte appena da un rozzo pagliericcio. Filippo, non contento di tanta povertà e della perpetua astinenza dalle carni, straziava il proprio corpo con le discipline a sangue e indossava un ruvido cilicio. Considerando poi la sua colletta ancora troppo comoda, si scelse per abitazione una grotta scavata nel fianco del monte in cui trascorse il tempo che gli restava libero nella penitenza e nella contemplazione dei Dolori di Maria SS. Il demonio un giorno gli apparve sotto le sembianze di una graziosa fanciulla, per tentarlo al male. Egli lo mise in fuga e per domare la ribellione della carne non esitò a immergersi nella neve.
Verso la fine del 1258 il Priore generale, P. Giacomo da Poggibonsi, trasferì il Benizzi a Siena. Strada facendo con un confratello, fu raggiunto da due Frati Predicatori che dalla Pannonia si recavano alla corte del papa, a Viterbo, per trattarvi affari del loro Ordine. Nel conversare con lui delle loro famiglie religiose e di altre questioni riguardanti la filosofia e la teologia, essi rimasero sorpresi della sua dottrina. Quando seppero che era un semplice fratello laico, lo esortarono a chiedere ai superiori il permesso di ascendere al sacerdozio per il gran bene che avrebbe potuto fare alle anime. Anzi, appena giunsero a Siena, andarono a visitare il convento dei Servi di Maria, e non esitarono a fare presente al Priore che tra i conversi suoi ce n'era uno che possedeva una scienza straordinaria. Fu allora che il Priore generale comandò a Filippo di prepararsi con lo studio alla sacra ordinazione benché si sentisse indegno di tanto onore e tremasse al pensiero della responsabilità cui andava incontro. Filippo fu ordinato sacerdote a Firenze il sabato santo del 1259 dal vescovo Mons. Giovanni Mangiadori, ma celebrò la sua prima Messa a Monte Senario solo dopo cinquanta giorni d'intensa preparazione.
Dio, che si compiace di esaltare gli umili, un po' per volta avviò il Benizzi nell'arte del governo. S. Bonfìglio, assistente del Priore generale, lo prese con sé per la visita ai conventi della Toscana e dell'Umbria. Alla morte di lui Filippo fu eletto (1262) maestro del noviziato di Siena perché conosceva l'arte di fare praticare a tutti le virtù proprie dei buoni Serviti. Lo stesso anno fu eletto defìnitore generale o vicario capitolare, e nel 1263 assistente del Priore generale, benché rifuggisse da questi uffici. Egli adempì i suoi doveri con rara prudenza e indefesso zelo. Con il P. Giacomo da Poggibonsi si recò alla corte di Urbano IV, ad Orvieto. Tramite il cardinale Ottobuono Fieschi, protettore dell'Ordine dal 1255, essi ottennero la facoltà di celebrare il capitolo generale. Filippo si trasferì quindi a Firenze, dove fondò la Confraternita dei Laudesi di Santa Maria di Cafaggio, e cercò benefattori per ultimare la costruzione della nuova chiesa cominciata nel 1254.
Il capitolo generale radunato a Cafaggio elesse all'unanimità il santo a Priore generale. Egli chinò umilmente la testa davanti all'evidente manifestazione della volontà di Dio, e ai provinciali di Toscana, Umbria, Emilia e Lombardia raccomandò subito di preparare per le missioni tra gl'infedeli i sudditi che ne presentassero le attitudini, per mandare ad effetto uno dei desideri dei Sette Fondatori. Erede del loro spirito, per diciott'anni Filippo governò, difese e propagò l'Ordine con tatto e lo portò ad un grande splendore. Fino alla morte egli non cessò di visitare quasi sempre a piedi case e conventi per sorvegliare e provvedere ai bisogni di tutti, stimolare i tiepidi e incoraggiare i ferventi, confortare i pusillanimi e correggere gli erranti. Tra i suoi religiosi egli non fu mai visto in ozio o pretendere riguardi. Precedeva tutti con il buon esempio, preoccupato di mostrarsi un padre e non un padrone, un pastore e non un mercenario.
Ovunque giungeva, Filippo occupava il tempo a predicare per convertire eretici e peccatori, per consolare gl'infelici, rimettere la pace nelle famiglie, propagare la devozione all'Addolorata e suscitare vocazioni ai Servi di Maria. A Siena accolse (1272) il B. Gioacchino Piccolimini, che si distinse per lo spirito di preghiera e la profonda umiltà; a Pistoia convertì (1276) un focoso ghibellino, il B. Bonaventura Buonaccorsi, in seguito priore di vari conventi e direttore spirituale di S. Agnese di Montepulciano; a Firenze toccò il cuore (1280) al B. Ubaldo Adimari, spietato capitano dei Ghibellini e poi socio dei suoi lavori; a Siena accolse (1285) il B. Francesco Patrizi, in seguito efficace predicatore di pace.
I Servi di Maria ottennero tardi la definitiva approvazione da parte della Santa Sede. Il canone tredici del Concilio Lateranense IV (1215) aveva proibito la fondazione di nuovi Ordini religiosi, e Filippo Benizzi più volte dovette intervenire presso la curia pontificia per impedire che il suo fosse soppresso. A Viterbo Clemente IV gli concesse alcuni privilegi necessari alla sopravvivenza e all'incremento dell'Ordine. Egli ne approfittò con abilità per imprimere uniformità nella formazione dei religiosi e favorirne la diffusione in Europa, compilò le costituzioni ispirandosi agli insegnamenti dei Sette Fondatori e alla regola di S. Agostino. Il capitolo generale di Pistola (1268) le approvò, e riconfermò nella carica il santo benché aspirasse ad una vita di nascondimento.
Filippo riprese con maggior lena a lavorare per l'incremento dell'Ordine. Dio ricompensò i sacrifici che quotidianamente faceva per il bene delle anime concedendogli il dono dei miracoli. A Camigliano, presso Siena, un giorno d'inverno incontrò un povero lebbroso, coperto di cenci, che chiedeva l'elemosina. Mosso a compassione il santo, che non aveva denari, si levò il tonachino e glielo diede. Appena il poveretto lo indossò si sentì guarito. La fama del prodigio si sparse fino a Viterbo dove i cardinali cercavano di dare un successore a Clemente IV. Il cardinale Ottobuono Fieschi propose al sacro collegio l'elezione al pontificato di Filippo. Questi, appena ne ebbe sentore, fuggì in un romitorio di Monte Amiata.
Dopo il capitolo generale radunato a Cafaggio nel 1269, Filippo se ne andò a visitare i conventi che erano stati fondati in Francia e in Germania. In qualità di predicatore apostolico per oltre due anni bandì la divina parola ai sapienti e agli ignoranti, ai buoni e ai cattivi e riportò la pace in tante città dilaniate dalle fazioni. Quando scendeva dal pulpito o dal palco eretto sulla pubblica piazzala folla gli faceva ressa attorno per toccargli le vesti o per baciargli le mani e i piedi. Tanti vescovi gli offrivano chiese e conventi perché vi stabilisse i suoi religiosi.
Appena rientrò in Italia, Filippo riprese la visita dei conventi. Ovunque fu accolto dai suoi religiosi come un angelo del cielo, e considerato la colonna dell'Ordine per il numero di fondazioni da lui effettuate. Nel capitolo generale radunato a Borgo San Sepolcro (Arezzo), ancora una volta egli cercò di deporre la carica di Priore generale, ma i padri vocali non ne vollero sapere (1272). La stessa volontà manifesteranno nei successivi capitoli e il santo, per il bene delle anime e dell'ordine, ne approfitterà per diffondere ovunque la devozione alla Vergine Addolorata e per predicare la pace tra guelfi e ghibellini ora a Bologna, ora a Firenze, ora a Pistoia.
Nel 1274 Filippo, con S. Bonaventura e S. Alberto Magno, prese parte a Lione al XIV Concilio Ecumenico, convocato da Gregorio X per l'unione della Chiesa latina con la greca e per la riforma del clero. Il canone ventitré del concilio, sopprimendo gli Ordini Mendicanti sorti dopo il Concilio IV del Laterano, mise in pericolo l'esistenza dei Servi di Maria. Più volte Filippo dovette accorrere presso la curia pontificia per dissipare le obiezioni che gl'intransigenti muovevano alla sua famiglia religiosa. Per sopravvivere l'Ordine dovette abbandonare la povertà assoluta praticata fin dalle origini e non considerarsi più Ordine mendicante. L'anno successivo il santo si recò a predicare in Germania per volere dell'imperatore Rodolfo d'Asburgo (+1291), che in precedenza aveva ricevuto dalle mani di lui lo scapolare dell'Addolorata.
Presso la corte pontificia erano noti i frutti che Filippo otteneva con la predicazione. Al tempo di Nicolò III aveva efficacemente coadiuvato il cardinale Latino Frangipane nel pacificare la repubblica di Firenze. Il suo successore, Martino IV, lo incaricò (1282) di andare a predicare la pace a Forlì che, per istigazione di Guido di Montefeltro, si era ribellata al potere del papa. Fu durante quella missione che Filippo Benizzi fece la sua più bella conquista per il suo Ordine. Pellegrino Laziosi, ardente ghibellino, non digerendo le fiere rampogne dell'intrepido predicatore, con alcuni giovinastri giunse al punto di malmenarlo e cacciarlo fuori della città. Il santo soffrì in silenzio l'affronto e pregò Dio perché non volesse imputare loro quel peccato. Non passò molto tempo che Pellegrino fu assalito dal rimorso, andò a chiedere scusa al santo dell'affronto che gli aveva fatto e a supplicarlo di riceverlo nell'ordine. Il suo desiderio fu esaudito e con una vita penitente si santificò. Fu difatti canonizzato da Benedetto XIII nel 1726.
Verso la fine della vita Filippo ricevette (1284) nel Terz'Ordine delle Mantellate S. Giuliana Falconieri (+1341), la diresse nello spirito e le diede regole appropriate. Iddio non gli concesse invece di vedere approvato il suo Ordine. Fino all'ultimo respiro anzi dovette lottare per impedirne la soppressione da parte dei malevoli.
Filippo si sovraspese per il bene dei suoi religiosi finché, nelle continue peregrinazioni, cadde malato a Todi (Perugia) il pomeriggio della festa dell'Assunta del 1285. Negli ultimi istanti di vita chiese ai confratelli che gli portassero "il suo libro", cioè il piccolo crocifisso di avorio che fin dalla giovinezza aveva portato ovunque con sé. Baciandolo teneramente esclamò: "In questo libro io ho appreso ogni cosa, la vita cristiana e la strada del cielo!". Morì il 22-8-1285. Ai suoi funerali diversi malati riacquistarono la salute. Filippo Benizzi fu canonizzato da Clemente X il 12-4-1671. Le sue reliquie sono venerate a Todi nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Innocenzo X ne aveva confermato il culto 1'8-10 e il 9-12 del 1645.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 245-250
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