Perché un Dio uomo (VIII)

Di Sant’Anselmo. Libro II. 11 – Egli muore liberamente. La mortalità non appartiene alla pura natura umana. 12 – Egli non è misero, pur partecipando alle nostre prove. 13 – Egli non ha assunto l’ignoranza insieme alle altre nostre miserie. 14 – La sua morte supera la grandezza e il numero di tutti i peccati. 15 – La Sua morte cancella anche i peccati di coloro che l’uccisero.

    

11
EGLI MUORE LIBERAMENTE.
LA MORTALITÀ NON APPARTIENE ALLA PURA NATURA UMANA

ANSELMO – Ci rimane da chiedere se egli possa morire secondo la natura umana, essendo secondo quella divina sempre incorruttibile.
BOSONE – Perché dovremo dubitarne dal momento che egli deve essere un vero uomo e ogni uomo è naturalmente mortale?
ANSELMO – Non penso che la mortalità appartenga alla pura natura umana, ma a quella corrotta. Infatti se l’uomo non avesse mai peccato e se la sua immortalità fosse stata confermata e fosse divenuta immutabile, non sarebbe stato naturalmente meno uomo. E quando i mortali risorgeranno nella incorruttibilità (cf 1 Cor 15, 42) non saranno uomini meno veri. Infatti, se la mortalità appartenesse essenzialmente alla natura umana, non potrebbe mai essere uomo colui che è immortale. Dunque la corruttibilità o la incorruttibilità non appartiene alla genuinità della natura umana, poiché né l’una né l’altra costituisce o distrugge l’uomo, ma una contribuisce alla miseria e l’altra alla beatitudine dell’uomo.
Tuttavia, poiché nessun uomo è risparmiato dalla morte, l’aggettivo “mortale” è posto nella definizione di uomo da quei filosofi che non credettero che tutto l’uomo un giorno avrebbe potuto o potrebbe essere immortale. Quindi per dimostrare che quell’uomo deve essere mortale non è sufficiente dire che sarà un vero uomo.
BOSONE – Cerca dunque un’altra ragione, perché io non la conosco, se la ignori tu; un’altra ragione che provi che quello può morire.
ANSELMO – Non c’è dubbio che essendo Dio sarà anche onnipotente.
BOSONE – E’ vero.
ANSELMO – Dunque se vorrà, potrà deporre la sua anima e riprenderla di nuovo (cf Gv 10, 17-18).
BOSONE – Se non lo potesse, non sarebbe evidente la sua onnipotenza.
ANSELMO – Qualora lo voglia, potrà non morire e potrà pure morire e risorgere. Che deponga la sua anima senza l’intervento di un altro o che intervenga un altro a fargliela deporre col suo permesso, è cosa indifferente per quanto riguarda il suo potere.
BOSONE – Non c’è dubbio.
ANSELMO – Dunque se vorrà permetterlo, potrà essere ucciso; se non vorrà, non potrà essere ucciso.
BOSONE – La ragione ci conduce inevitabilmente a questa conclusione.
ANSELMO – La ragione ci ha pure insegnato che questo uomo deve necessariamente disporre d’un bene più grande di tutto ciò che è sotto Dio per offrirlo a lui spontaneamente e non a titolo di debito.
BOSONE – E’ così.
ANSELMO – Ma questo bene non può essere trovato sotto di lui o fuori di lui.
BOSONE – E’ vero.
ANSELMO – Dunque lo deve trovare in se stesso.
BOSONE – E’ logico.
ANSELMO – Quindi darà o qualcosa di sé, oppure se stesso.
BOSONE – Non vedo altre possibilità.
ANSELMO – Dobbiamo ora cercare quali debbano essere le modalità di questo dono. Infatti non potrà dare a Dio se stesso oppure qualcosa di sé, quasi facendolo diventare di Dio, come se Dio non lo possedesse già in quanto ogni creatura è sua.
BOSONE – E’ così.
ANSELMO – Dunque questo dono di sé o di qualcosa di se stesso deve essere concepito nel senso che egli lo offrirà per l’onore di Dio, ma non in qualità di suo debitore.
BOSONE – E’ la conseguenza di quanto abbiamo detto.
ANSELMO – Posto che egli dia se stesso a Dio per obbedirgli, sottomettendosi alla sua volontà con la pratica costante della giustizia, con questo non gli dona affatto ciò che Dio non può esigere a titolo di debito. Tutte le creature ragionevoli devono a Dio questa obbedienza.
BOSONE – Non lo si può negare.
ANSELMO – E’ necessario quindi che doni a Dio se stesso o qualcosa di sé in un altro modo.
BOSONE – E’ la conclusione alla quale ci spinge la ragione.
ANSELMO – Vediamo se per caso la soluzione non stia nel donare la propria vita, ossia nel deporre la propria anima o nel darsi alla morte per l’onore di Dio. Infatti, non potrà esigere questo da lui perché, non essendoci in lui il peccato, non sarà obbligato a morire, come abbiamo detto.
BOSONE – Non posso pensare altrimenti.
ANSELMO – Esaminiamo ancora se ciò sia conforme alla ragione.
BOSONE – Tu parla e io volentieri ascolterò.
ANSELMO – Se l’uomo peccò per il piacere, non è conveniente che soddisfi con la sofferenza? E se il diavolo lo vinse, portandolo a disonorare Dio, con tanta facilità che non possiamo pensarne una più grande, non è giusto che l’uomo vinca il diavolo per l’onore di Dio, espiando il peccato con la più grande difficoltà possibile? Non conviene forse che colui che col peccato s’allontanò da Dio tanto da non potersi allontanare di più, con la soddisfazione si offra a Dio in tal maniera che non si possa attuarne una di maggiore?
BOSONE – Non c’è nulla di più ragionevole.
ANSELMO – L’uomo non può sopportare per l’onore di Dio nulla di più doloroso o difficile che la morte in modo spontaneo e gratuito; e l’uomo non può dare se stesso a Dio più totalmente che abbandonandosi alla morte per la sua gloria.
BOSONE – Tutto questo è vero.
ANSELMO – Dunque colui che vuole soddisfare per il peccato dell’uomo dovrà essere tale da poter morire se lo vuole.
BOSONE – Capisco perfettamente che l’uomo che cerchiamo deve essere tale da non dover morire per necessità perché onnipotente, né per debito perché innocente, ma per libera volontà, essendo ciò necessario.
ANSELMO – Ci sono ancora molti altri motivi per i quali quell’uomo assai convenientemente riveste la somiglianza e il modo di agire degli altri uomini escluso il peccato (cf Eb 4, 15); motivi che si manifestano da soli con maggiore chiarezza e facilità nella sua vita e nelle sue opere di quanto avrebbe potuto manifestarli la ragione prima dell’esperienza.
Chi potrebbe spiegare fino a qual punto era necessario e saggio che colui, che doveva redimere gli uomini e ricondurli dalla via della morte e della perdizione alla via della vita e della beatitudine eterna con i suoi insegnamenti, vivesse con gli uomini (cf Bar 3, 38) e mentre con la parola insegnava loro come dovessero vivere, nella vita si donasse loro come esempio? Come poi sarebbe stato dì esempio ai deboli e ai mortali, insegnando loro a non allontanarsi dalla giustizia per le ingiurie, gli oltraggi, i dolori e la morte, se non avessero conosciuto ch’egli aveva esperienza di tutte queste cose?

12
EGLI NON È MISERO, PUR PARTECIPANDO ALLE NOSTRE PROVE
BOSONE – Tutte queste ragioni mostrano con evidenza che doveva essere mortale e partecipare a tutte le nostre prove. Ma tutte queste prove costituiscono la nostra miseria. Sarà dunque egli pure misero?
ANSELMO – Niente affatto. Come una gioia che uno gusta contro la sua volontà non ha niente a che fare con la beatitudine, così non è una miseria assumere una prova senza necessità, con sapienza e di buon grado.
BOSONE – Bisogna concederlo.

13
EGLI NON HA ASSUNTO L’IGNORANZA INSIEME ALLE ALTRE NOSTRE MISERIE
BOSONE – Ma – dimmi – in questa somiglianza che egli deve avere cogli uomini, deve essere inclusa anche l’ignoranza assieme alle altre debolezze?
ANSELMO – Perché, dubiti che Dio conosca tutto?
BOSONE – Perché quantunque a causa della natura divina debba essere immortale, tuttavia a causa di quella umana sarà mortale. Che motivo c’è allora di escludere che quell’uomo possa essere veramente ignorante allo stesso modo che sarà veramente mortale?
ANSELMO – L’assunzione dell’uomo nell’unità della persona di Dio sarà fatta sapientemente dalla somma sapienza, e quindi non assumerà ciò che nell’uomo non presenta alcuna utilità anzi è controproducente per l’opera che quello stesso uomo dovrà compiere. L’ignoranza infatti a nulla gli servirebbe, anzi gli nuocerebbe in molte cose. Come senza una immensa sapienza potrebbe egli compiere le azioni così numerose e così grandi che deve compiere? Oppure, come gli uomini gli crederebbero, se lo sapessero ignorante? Se poi non lo conoscessero tale, a che gli servirebbe quella ignoranza? Inoltre, posto che non si ama se non ciò che si conosce, Come non ci sarà alcun bene che egli non ami, così non ci sarà alcun bene che egli ignori.
Ora nessuno conosce perfettamente il bene se non colui che lo sa distinguere dal male. E anche questa distinzione nessuno la sa fare se ignora il male. Dunque, come quello di cui parliamo dovrà conoscere perfettamente ogni bene, così non potrà ignorare alcun male. Avrà quindi ogni scienza, sebbene non la manifesti pubblicamente nei rapporti con gli uomini.
BOSONE – Ciò che dici appare bene nell’età adulta; nella infanzia invece, come non avrà l’età adatta per la manifestazione della sua sapienza, così non solo non avrà la necessità d’averla ma neppure la convenienza.
ANSELMO – Non ho detto che farà sapientemente quell’incarnazione? Infatti Dio sapientemente assumerà la mortalità, di cui farà sapientemente uso in quanto essa deve essere assai utile. Invece non potrà sapientemente assumere l’ignoranza, perché non è mai utile, ma sempre nociva, eccetto quando serve a impedire che la cattiva volontà – che in lui non ci sarà mai – faccia il male. Infatti, benché non produca altri danni, l’ignoranza è nociva per il solo fatto che priva del bene della scienza.
E per soddisfare brevemente le tue domande dirò che sin da quando comincerà a esistere quello uomo sarà sempre ripieno di Dio come di se stesso.
E quindi non sarà mai privo della sua potenza, fortezza e sapienza.
BOSONE – Sebbene sempre avessi creduto che nel Cristo non c’era l’ignoranza, tuttavia te l’ho domandato per sentirne il motivo. Infatti spesso siamo certi di qualche cosa ma non la sappiamo provare con delle ragioni.

14
LA SUA MORTE SUPERA LA GRANDEZZA E IL NUMERO DI TUTTI I PECCATI
BOSONE – Ti prego ora d’insegnarmi come la sua morte superi il numero e la grandezza di tutti i peccati, proprio perché hai dimostrato che un solo peccato – che stimiamo piccolissimo – è così grande che non lo si dovrebbe commettere neppure se con un solo sguardo contrario alla volontà di Dio si potesse preservare dalla distruzione totale una infinità di mondi pieni di creature come lo è questo nostro.
ANSELMO – Se questo uomo fosse qui presente e tu sapessi chi egli è e ti si dicesse: “se non ucciderai quest’uomo, perirà tutto il mondo e tutto ciò che non è Dio”, lo uccideresti tu, per conservare tutte le altre creature?
BOSONE – Non lo farei anche se mi presentassero un numero infinito di mondi.
ANSELMO – E che cosa faresti se ti dicessero: “O lo uccidi o tutti i peccati del mondo verranno sopra di te”?
BOSONE – Risponderei che preferisco caricarmi tutti gli altri peccati, non solo quelli che furono o che saranno commessi in questo mondo ma anche quelli che il pensiero vi può aggiungere, piuttosto che questo solo. E penso che dovrei rispondere così non solo per la sua uccisione, ma anche per la più piccola ferita che gli possa venir inflitta.
ANSELMO – Giudichi bene. Ma, dimmi, perché il tuo cuore giudica così, ispirandoti più orrore per il solo peccato di ferire quest’uomo che non per tutti gli altri che possono essere pensati, dal momento che tutti i peccati senza eccezione si commettono contro di lui?
BOSONE – Perché il peccato che viene commesso contro la sua persona, supera immensamente tutti gli altri, che possono essere pensati indipendentemente dalla sua persona.
ANSELMO – Che dici del fatto che spesso uno accetta più volentieri di subire qualche danno nella propria persona pur di evitare di subirne di maggiori nei beni?
BOSONE – Che Dio non ha bisogno di questa pazienza dal momento che ogni cosa è sottomessa al suo potere, come hai già risposto a una mia precedente domanda.
ANSELMO – Rispondi bene. Dunque comprendiamo che al peccato che danneggia la vita corporale di quest’uomo non può essere paragonata nessuna immensità o moltitudine di peccati non commessi sulla persona di Dio.
BOSONE – E’ evidente.
ANSELMO – Quanto buono ti sembra dunque quest’uomo, la cui uccisione è così iniqua?
BOSONE – Se ogni bene è buono tanto quanto è iniqua la sua distruzione, quest’uomo è incomparabilmente più buono di quanto non siano detestabili tutti quei peccati a cui la sua morte è senza alcun confronto superiore.
ANSELMO – Dici la verità. Anzi rifletti che i peccati sono tanto più odiosi quanto più sono cattivi, e che questa vita è tanto più amabile quanto più è eccellente. Da qui la conclusione che questa vita è più amabile di quanto i peccati siano odiosi.
BOSONE – Mi è impossibile non capire.
ANSELMO – Pensi che un bene sì grande e tanto amabile possa essere sufficiente a pagare ciò che è dovuto per i peccati di tutto il mondo?
BOSONE – Anzi può infinitamente di più.
ANSELMO – Vedi dunque come questa vita vince tutti i peccati, se è data per essi.
BOSONE – E’ chiaro.
ANSELMO – Dunque, se dare la propria vita è accettare la morte, come il dono di questa vita supera tutti i peccati degli uomini, così anche l’accettazione della morte.
BOSONE – E’ evidente che è così per tutti i peccati che non hanno per oggetto la persona di Dio.

15
LA SUA MORTE CANCELLA ANCHE I PECCATI DI COLORO CHE L’UCCISERO
BOSONE – Però ora mi si presenta un’altra cosa da domandare. Infatti, se la sua uccisione è tanto cattiva quanto è buona la sua vita, come può la sua morte superare e cancellare i peccati di coloro che l’hanno ucciso? Oppure se cancella il peccato di qualcuno di loro, come può cancellare anche i peccati degli altri uomini? Crediamo infatti che molti fra essi si sono salvati e che innumerevoli altri si salvano.
ANSELMO – Risolve la questione l’Apostolo quando dice: “Se l’avessero conosciuta (la sapienza), mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (1 Cor 2, 8). C’è infatti una grandissima differenza tra il peccato commesso coscientemente e il peccato fatto per ignoranza, per cui un male che nessuno potrebbe mai commettere scientemente data la sua estrema gravità, diventerebbe perdonabile se commesso nell’ignoranza. Certamente nessun uomo potrebbe mai, almeno coscientemente, volere l’uccisione di Dio; quindi coloro che l’uccisero senza saperlo non caddero in quell’infinito peccato, non paragonabile a nessun altro.
Quando infatti abbiamo cercato di conoscere la bontà della sua vita, non abbiamo considerato questo peccato come fatto per ignoranza, ma come fatto scientemente, il che nessuno mai fece, né avrebbe potuto farlo.
BOSONE – Hai mostrato con la ragione come gli uccisori del Cristo possano arrivare al perdono del loro peccato.
ANSELMO – Cosa domandi ancora? Ora vedi come una necessità ragionata mostri che la città superna deve essere completata dagli uomini, come questo non può avvenire senza remissione dei peccati e come l’uomo non può averla se non per opera di un uomo che sia nello stesso tempo anche Dio e che con la sua morte riconcili a Dio gli uomini peccatori. Con chiarezza dunque scopriamo il Cristo, che confessiamo Dio e uomo, morto per noi.
Conosciuto questo senza dubbio alcuno, non si può dubitare, anche se non siamo in grado di capirne sempre le ragioni, che tutto ciò ch’egli dice è certo perché Dio non può mentire, e che quanto egli ha fatto è fatto sapientemente.
BOSONE – Quanto dici è vero e non dubito affatto che quanto egli disse sia vero e che quanto egli ha fatto sia fatto ragionevolmente.
Ma ti chiedo di dimostrarmi perché mai le realtà della fede cristiana, le quali non appaiono agli infedeli né necessarie né possibili, sono necessarie e possibili. E questo non perché tu abbia a consolidarmi nella fede, ma per darmi la soddisfazione d’intendere quelle verità cui sono già solidamente attaccato.