Il problema dell’emigrazione

…Nel corso degli ultimi decenni lo sviluppo dei mezzi di trasporto va facilitando gli spostamenti di persone da un Paese all’altro. La comunita’ cristiana deve rispondere adeguatamente alle nuove esigenze di convivere uomini e donne di culture e religioni diverse. …

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA 88.MA GIORNATA DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2002 – 18.10.2001



1. Nel corso degli ultimi decenni l’umanità è andata assumendo il volto di un grande villaggio, dove si sono abbreviate le distanze e si è infittita la rete delle comunicazioni. Lo sviluppo dei moderni mezzi di trasporto va sempre più facilitando gli spostamenti di persone da un Paese all’altro, da un Continente all’altro. Fra le conseguenze di questo rilevante fenomeno sociale c’è la presenza di circa centocinquanta milioni di immigrati sparsi in varie parti della terra. È, questo, un dato che obbliga la società e la comunità cristiana a riflettere per rispondere adeguatamente, all’inizio del nuovo millennio, a queste sfide emergenti in un mondo all’interno del quale sono chiamati a convivere, gli uni accanto agli altri, uomini e donne di culture e religioni diverse.
Perché tale convivenza si sviluppi in modo pacifico è indispensabile che cadano, tra gli appartenenti alle diverse religioni, le barriere della diffidenza, dei pregiudizi e delle paure, purtroppo ancora esistenti. Il dialogo e la reciproca tolleranza sono richiesti all’interno di ogni Paese tra quanti professano la religione della maggioranza e gli appartenenti alle minoranze, costituite frequentemente da immigrati, che seguono religioni diverse. È il dialogo la via maestra da percorrere e su questa strada la Chiesa invita a camminare per passare dalla diffidenza al rispetto, dal rifiuto all’accoglienza.
Recentemente, al termine del Grande Giubileo del 2000, ho voluto rinnovare in tal senso un appello perché si delinei “un rapporto di apertura e di dialogo con esponenti di altre religioni” (Novo millennio ineunte, 55). Per raggiungere questo obiettivo, non bastano iniziative che attirano l’interesse dei grandi mezzi di comunicazione sociale; servono piuttosto gesti quotidiani posti con semplicità e costanza, capaci di operare un autentico mutamento nel rapporto interpersonale.
2. Il vasto e intenso intrecciarsi di fenomeni migratori, che caratterizza la nostra epoca, moltiplica le occasioni per il dialogo inter-religioso. Sia Paesi di antiche radici cristiane che società multiculturali offrono concrete opportunità di scambi inter-religiosi. Nel Continente europeo, segnato da una lunga tradizione cristiana, approdano cittadini che professano altre credenze. L’America del Nord, terra che già vive una consolidata esperienza multiculturale, ospita adepti di nuovi movimenti religiosi. Nell’India, dove prevale l’induismo, operano religiosi e religiose cattolici che rendono un servizio umile e fattivo ai più poveri del Paese.
Non sempre il dialogo è facile. Per i cristiani, però, la paziente e fiduciosa ricerca di esso costituisce un impegno da perseguire sempre. Contando sulla grazia del Signore che illumina le menti e i cuori, essi restano aperti e accoglienti verso quanti professano altre religioni. Senza smettere di praticare con convinzione la propria fede, cercano il dialogo anche con chi cristiano non è. Essi tuttavia sanno bene che per dialogare in modo autentico con gli altri è indispensabile una chiara testimonianza della propria fede.
Questo sforzo sincero di dialogo suppone, da un lato, l’accettazione reciproca delle differenze, e talora persino delle contraddizioni, come pure il rispetto delle libere decisioni che le persone assumono secondo la propria coscienza. È quindi indispensabile che ognuno, a qualsiasi religione appartenga, tenga conto delle inderogabili esigenze della libertà religiosa e di coscienza, come ha ben posto in luce il Concilio Ecumenico Vaticano II (cfr Dignitatis humanae, 2).
Esprimo l’auspicio che tale solidale convivenza possa avverarsi anche nei Paesi in cui la maggioranza professa una religione diversa da quella cristiana, ma dove vivono immigrati cristiani, che purtroppo non sempre godono di una effettiva libertà di religione e di coscienza.
Se tutti saranno animati da questo spirito, nel mondo della mobilità umana, quasi come in una fucina, verranno a crearsi provvidenziali possibilità di un dialogo fecondo, nel quale non sarà mai smentita la centralità della persona. È questa l’unica via per alimentare la speranza “di allontanare lo spettro delle guerre di religione che hanno rigato di sangue tanti periodi della storia dell’umanità”, e hanno forzato non di rado tante persone ad abbandonare i propri Paesi. È urgente operare affinché il nome dell’unico Dio diventi, qual è, “sempre di più un nome di pace e un imperativo di pace” (cfr Novo millennio ineunte, 55).
3. “Migrazioni e dialogo inter-religioso”: è questo il tema proposto per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2002. Prego il Signore perché questa annuale ricorrenza offra l’opportunità a tutti i cristiani di approfondire questi aspetti quanto mai attuali della nuova evangelizzazione, valorizzando ogni strumento a disposizione, perché si possa dar vita nelle comunità parrocchiali ad appropriate iniziative apostoliche e pastorali.
La parrocchia rappresenta lo spazio in cui può realizzarsi una vera pedagogia dell’incontro con persone di convinzioni religiose e di culture differenti. Nelle sue varie articolazioni, la comunità parrocchiale può divenire palestra di ospitalità, luogo in cui si compie lo scambio di esperienze e di doni, e ciò non potrà non favorire una serena convivenza, prevenendo il rischio delle tensioni con immigrati portatori di altre credenze religiose.
Se comune è la volontà di dialogare pur essendo diversi, si può trovare un terreno di proficui scambi e sviluppare un’utile e reciproca amicizia, che può tradursi anche in un’efficace collaborazione per obiettivi condivisi al servizio del bene comune. È questa una provvidenziale opportunità, specialmente per le metropoli dove altissimo è il numero degli immigrati appartenenti a culture e religioni differenti. Si potrebbe in proposito parlare di veri “laboratori” di civile convivenza e di dialogo costruttivo. Il cristiano, lasciandosi guidare dall’amore per il suo Maestro divino, che con la morte in croce ha redento tutti gli uomini, apre pure lui le braccia ed il cuore a tutti. È la cultura del rispetto e della solidarietà che deve permeare il suo animo, specialmente quando si trova in ambienti multiculturali e multireligiosi.
4. Ogni giorno, in tante parti del mondo, migranti, rifugiati e sfollati si rivolgono a parrocchie e organizzazioni cattoliche in cerca di sostegno e sono accolti senza tener conto della loro appartenenza culturale e religiosa. Il servizio della carità, che sempre i cristiani sono chiamati a compiere, non può limitarsi alla mera distribuzione di soccorsi umanitari. Si vengono in tal modo a creare nuove situazioni pastorali, delle quali la Comunità ecclesiale non può non tenere conto. Spetterà ai suoi membri di cercare occasioni opportune per condividere con coloro che vengono accolti il dono della rivelazione del Dio-Amore “che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Col pane materiale è indispensabile non trascurare l’offerta del dono della fede specialmente attraverso la propria testimonianza esistenziale e sempre con grande rispetto per tutti. L’accoglienza e la reciproca apertura consentono di conoscersi meglio e di scoprire che le diverse tradizioni religiose non raramente contengono preziosi semi di verità. Il dialogo che ne risulta può arricchire ogni spirito aperto alla Verità e al Bene.
In tal modo, se il dialogo inter-religioso costituisce una delle sfide più significative del nostro tempo, il fenomeno delle migrazioni potrebbe favorirne lo sviluppo. Ovviamente, tale dialogo, come ho scritto nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte, non potrà “essere fondato sull’indifferentismo religioso” (n. 56). Anzi, noi cristiani “abbiamo il dovere di svilupparlo offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi” (ibid.). Il dialogo non deve nascondere, ma esaltare il dono della fede. D’altronde, come potremmo tenere una simile ricchezza solo per noi? Come non porgere ai migranti e agli stranieri che professano religioni diverse e che la Provvidenza ci fa incontrare, sia pure con grande attenzione alle altrui sensibilità, il più grande tesoro che possediamo?
Per realizzare questa missione occorre lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. Nel giorno della Pentecoste, fu lo Spirito di Verità a completare il progetto divino sull’unità del genere umano nella diversità delle culture e delle religioni. All’udire gli Apostoli, i numerosi pellegrini radunati a Gerusalemme esclamarono stupiti: “Li udiamo annunciare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio” (At 2,11). Da quel giorno, la Chiesa prosegue la sua missione, proclamando le “grandi opere” che Dio non cessa di compiere tra gli appartenenti alle differenti razze, popoli e nazioni.
5. A Maria, Madre di Gesù e dell’intera umanità, affido le gioie e le fatiche di quanti perseguono con sincerità la via del dialogo tra culture e religioni diverse, perché accolga sotto il suo amorevole manto le persone coinvolte nel vasto fenomeno delle migrazioni. Maria, il “Silenzio” in cui la “Parola” si è fatta carne, l’umile “ancella del Signore” che ha conosciuto le tribolazioni della migrazione e le prove della solitudine e dell’abbandono, ci insegni a testimoniare la Parola che tra noi e per noi si è fatta Vita. Ci renda pronti al dialogo franco e fraterno con tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti, anche se appartenenti a religioni diverse.
Accompagno questi auspici con l’assicurazione del mio orante ricordo e tutti benedico con affetto


Da Castel Gandolfo, 25 Luglio 2001
IOANNES PAULUS II