I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Ringraziamento

 1. Necessità e motivi di ringraziare Dio.
 2. Vantaggi del ringraziamento.
 3. Che cosa si può offrire a Dio per ringraziamento.
 4. La riconoscenza è rara e frequente l\’ingratitudine.
 5. Castighi dell\’ingratitudine. 

1. NECESSITÀ E MOTIVI DI RINGRAZIARE DIO. – Non troviamo forse nessuna cosa tanto frequentemente ripetuta dagli scrittori sacri e a noi inculcata, quanto la necessità di ringraziare Dio: «L\’azione di grazie è soprattutto necessaria», scriveva S. Paolo agli Efesini (V, 4). «Perseverate nel ringraziamento in tutte le cose», ripeteva ai Colossesi (IV, 2); «e in qualunque cosa vi occupiate, sia in parole, sia in fatti, tutto operate nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre» (Ib. III, 17); «e guardate di crescere ogni giorno più in Gesù Cristo, per mezzo di continui ringraziamenti» (Ib. II, 7). A Timoteo faceva calda istanza, perché avesse in cima dei suoi pensieri l\’offrire ringraziamenti a Dio per tutti gli uomini (I, II, 1). E in quanto a sé attestava ai Romani, che una delle sue prime cure era di ringraziare Iddio per mezzo di Gesù Cristo per tutti loro (I, 8); e scrivendo ai Corinzi, ora dice: «Io rendo grazie a Dio che ci fa sempre trionfare in Gesù Cristo» (II, II, 14); ora esclama: «Dio sia lodato e ringraziato del suo ineffabile dono» (Ib. IX, 15).
«Io esalterò il Signore, cantava il Salmista, perché mi ha raccolto a sé» (Psalm. XXIX, 2). «Noi siamo il vostro popolo, o Signore, e le pecore dei vostri pascoli, noi vi loderemo per i secoli, e la nostra posterità pubblicherà i vostri benefizi» (Psalm. LXXVIII, 13). «Le vostre opere spanderanno il ricordo dei vostri innumerevoli benefizi; ed io vi ringrazierò ogni giorno; e celebrerò il vostro nome per i secoli dei secoli in eterno» (Psalm. CXLIV, 7, 2).
Dove trovare motivo più potente a spingerci a ringraziare continuamente Iddio, se non nei suoi continui, innumerevoli, grandissimi benefizi? essi ce ne fanno un sacro dovere di riconoscenza. «Fiumi di grazie discendono su noi dal cielo, dice S. Bernardo, fiumi di ringraziamento devono da noi sgorgare e ascendere al cielo: ritorni quest\’acqua divina alla sua sorgente, affinché più copiosa ridiscenda su di noi. Rendete grazie in tutto a Dio, riferendo a Gesù, che è la virtù e la sapienza di Dio, tutto ciò che credete di possedere di virtù e di sapienza (Serm. XIII in Cant.)». «Voi avete spezzato le mie catene, o Signore, cantava il re Profeta, ed io vi offrirò un sacrifizio di ringraziamento» (Psalm. CXV, 16-17). «Io mi ricorderò le opere del Signore, dice l\’Ecclesiastico, e annunzierò quello che ho veduto» (Psalm. XLII, 15).
La conservazione del mondo, che è altro se non una creazione continua? Una tale conservazione equivale ad una, creazione di tutti gli istanti; perché come tramontato appena il sole, scompaiono i raggi che vibrava attorno a sé; così, se Dio cessasse un solo momento di operare, il mondo ricadrebbe nel nulla. Non è questo un grande, continuo argomento di ringraziamento a Dio, un potentissimo motivo per obbligarvici? Tanto più poi se si tratta del crIstiano, il quale, considerando la speciale sua condizione di salute nella quale fu posto da Dio, come ha ragione di dire col Salmista: «Il Signore non si è regolato così con tutti gli altri uomini, non ha manifestato a tutti i suoi giudizi» (Psalm. CXLVII, 20), così ha dovere di esclamar col medesimo: «Benedici, o anima mia, il Signore, e tutto ciò che è in me, lodi il suo santo nome. Ringrazia, anima mia, il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefizi… E che cosa renderò io al Signore, in cambio di tutto ciò che egli mi ha dato?» (Psalm. CII, 1-2), (Psalm. CXV, 3).
Sia che Dio vi conceda benedizioni, favori, sensibili consolazioni; sia che a lui piaccia provarvi con tribolazioni, beneditelo e ringraziatelo. Vi accarezza per trattenervi dal cadere; vi percuote per rialzarvi. Il ringraziarlo quando ci batte è valida medicina alla ferita. «Non vi sono parole più sante, dice S. Giovanni Crisostomo, che quelle con cui si ringrazia Dio nelle contrarietà; è un linguaggio non certamente inferiore a quello dei martiri; l\’uno e l\’altro sono ugualmente coronati (Homil. ad pop.). «Così faceva Davide del quale ci testimonia l\’Ecclesiastico, che «in tutte le cose ringraziava l\’Altissimo Dio, lodandolo con parole di gloria» (Eccli. XLVII, 9). Impariamo da lui a rifondere tutta in Dio la gloria delle opere che noi facciamo, esclamando con le sue parole: «Non a noi, o Signore, non a noi, ma al vostro nome, alla misericordia e verità vostra si deve tributare la gloria di quanto facciamo» (Psalm. CXIII, 9). Ripetiamo con Isaia: Siete voi, o Signore, che avete operato in noi tutte le nostre azioni» (ISAI. XXVI, 12).

2. VANTAGGI DEL RINGRAZIAMENTO. – Siano grazie a Dio! che cosa può concepire l\’anima nostra, e la lingua esprimere, e la penna scrivere di meglio che queste parole – Grazie a Dio! «Niente, nota S. Agostino; si può dire di più breve, ma niente si può udire di più giocando: nulla può immaginarsi di più grande, nulla può farsi di più vantaggioso (Epist. V ad Marcellin.)». Nessuna cosa, per sentenza di S. Giovanni Crisostomo, fa tanto crescere in virtù, e mette l\’uomo in più intima relazione e conversazione con Dio, quanto il mostrarglisi riconoscente col tributargli continue azioni di grazie (In Psalm. XLIX).
Un altro vantaggio ravvisa S. Agostino, nel ringraziamento, ed è questo: «Nell\’avversità, i cattivi maledicono Iddio, i cristiani lo ringraziano. Vedi che sublime filosofia è mai questa! mentre dài piacere a Dio, svergogni il demonio (In Psalm. VII)». Un terzo vantaggio accenna S. Giovanni Crisostomo dove dice: «Dio esige da noi testimonianze di gratitudine, non perché egli ne abbia bisogno, ma affinché tutto il merito ne ridondi a noi e ci rendiamo degni di sempre più insigni favori (Homil. VIII in Epl. ad Coloss.)». Finalmente un quarto ce ne addita il medesimo dottore quando afferma che il ringraziamento nelle avversità, è tale linguaggio che ha il merito della professione di fede del martire. Davide ringraziò, lodò Iddio di tutto il suo cuore; e per ricompensa Dio lo fece vincitore dei suoi nemici (Eccli. XLVII, 10).

3. CHE COSA SI PUÒ OFFRIRE A DIO PER RINGRAZIAMENTO. – A chi domanda: Che cosa posso io offrire al Signore, che sia degno di lui? S. Agostino risponde: «Voi cercate qual dono possiate fare a Dio per ringraziarlo e rendervelo sempre più favorevole? Offrite voi medesimi; poiché quale altra cosa può richiedere da voi il Signore, se non voi medesimi, non essendovi nessun\’altra creatura migliore di voi tra le creature terrestri? egli domanda dunque voi a voi medesimi i quali vi eravate perduti (In Sentent.)». Sapete che cosa rispondeva il re Profeta ad una simile domanda? «Riceverò, rispondeva, il calice di salute (mi adatterò a trangugiarlo per quanto amaro possa essere), invocherò, ringrazierò il nome del Signore» (Psalm. CXV, 3-4). Bisogna dare a Dio il cuore nostro senza riserva.

4. LA RICONOSCENZA È RARA E FREQUENTE L\’INGRATITUDINE. – «La maggior parte degli uomini, diceva Tommaso Moro, scrive i benefizi su l\’arena, incide le offese sul marmo (RIBADENEIRA, In Vita)». Ed a ragione, perché se vi è cosa rara tra gli uomini, è la riconoscenza, mentre frequentissima è l\’ingratitudine. L\’esperienza lo dimostra, e la Sacra Scrittura è piena delle lagnanze che fa Iddio, dell\’ingratitudine degli uomini. O quanto spesso si avverano anche del popolo cristiano quelle parole che il re Profeta diceva al popola ebreo: « Si dimenticò dei benefizi di Dio e dei miracoli da lui operati» (Psalm. LXXVII, 11). Dimenticarono il Dio che li aveva liberati, che aveva riempito l\’Egitto dei suoi prodigi, la terra di Cam delle sue meraviglie (Psalm. CV, 21). E non fosse vero che si ripetesse, a vergogna di moltissimi fedeli, quel fatto dei dieci lebbrosi guariti da Gesù Cristo, dei quali uno solo ritornò a ringraziarlo, e nove lo pagarono d\’ingratitudine! (Luc. XVII, 17).
«Il figlio onora il padre, dice il Signore per bocca di Malachia; ora se io sono il padre di tutti gli uomini, dov\’è l\’onore che mi si tributa? se io sono il Signore, dov\’è il timore mio?» (I, 6). Dio è nostro padre, 1° perché nostro creatore; 2° perché ci conserva e ci governa; 3° perché autore della nostra fede e delle grazie con cui ci giustifica e ci adotta in figli suoi ed eredi del suo celeste regno. E nostro Signore per i medesimi titoli e per altri ancora, come per es. di averci riscattati col suo sangue; di essere il re supremo cui ogni creatura è tenuta ad obbedire; di averci condotti per servi ed operai nella sua vigna, proponendoci per ricompensa la vita eterna. Eppure, non ha egli ragione di dire: «Ho nutrito e innalzato dei figli, ed essi mi hanno vilipeso. Il bue conosce il suo padrone, l\’asino la sua stalla, ed Israele non ha conosciuto me?» (ISAI. I, 2), e di ripetere col Salmista: «L\’uomo della mia pace, nel quale avevo messo la mia fiducia, che sedeva alla mia mensa, mi ha pubblicamente tradito: se mi avesse trattato da ingrato un mio nemico, me lo sarei pure portato in pace; ma tu, o cristiano, caro al mio cuore, tu che assistevi ai miei consigli e vivevi familiarmente con me, tu negarmi, tu tradirmi, tu essermi ingrato?» (Psalm. XL, 10 – LIV, 12-13).
Ascoltiamo ancora altre lagnanze nel Deuteronomio, lagnanze che in senso spirituale egli ha sempre ragione di ripetere a proposito della condotta della maggior parte dei cristiani: «Io introdurrò questo popolo nella terra che ho promesso con giuramento ai padri loro, terra in cui scorre il latte e il miele. Ed essi quando avranno mangiato e bevuto a sazietà, quando si saranno impinguati, si volgeranno a servire dèi stranieri, dimenticando ed oltraggiando me» (Deuter. XXXI, 20). «Così adunque tu riconosci i benefizi del Signore, popolo insensato e pazzo? Non è forse lui tuo padre, non è lui che ti ha posseduto, che ti ha costituito e creato? tu hai abbandonato il Dio che ti ha generato; hai volta le spalle al Signore tuo Creatore» (Ib. XXXII, 6, 18). «Stupite, o cieli, e rattristatevi, dice Iddio; due colpe ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne arenose, incapaci di contenere acqua» (IEREM. II, 12-13).
«L\’ingrato abbandonerà il suo liberatore», dice il Savio (Eccli. XXIX, 22). E infatti, vedete là il coppiere del re Faraone; Giuseppe gli spiega il sogno che ebbe in carcere; egli gli promette che, restituito nel suo prima grado e uffizio, prima sua cura sarebbe stata di ricordarsi di lui e di adoperarsi presso il re per la sua liberazione; ma giunto all\’intento, non se ne diede più un pensiero al mondo (Gen. XL, 23). Quanti ingrati dimenticano Iddio, dopo di averne ricevuti mille benefizi!…

5. CASTIGHI DELL\’INGRATITUDINE. – «L\’ingratitudine è, secondo San Bernardo, la nemica dell\’anima, essa ne sperde i meriti, ne dissipa le virtù, le impedisce di profittare dei benefizi; l\’ingratitudine è vento infocato che dissecca la sorgente della pietà, la rugiada della misericordia, i canali della grazia. L\’ingratitudine combatte la grazia, si oppone alla salute, chiude la via ai favori divini; dov\’essa si trova, più non ha luogo, più non ha accesso la grazia (Serm. LI in Cantic.)». Israele dimenticò i benefizi dell\’Altissimo, non gliene fu grato; e che cosa gli avvenne? «Perché, dice il Salmista, il fuoco della collera celeste divampò contro la stirpe di Giacobbe, e il furore della vendetta divina investì Israele… Dio innalzò sopra di lui la sua mano per sterminarlo nel deserto; lo abbatté e lo disperse» (Psalm. LXXVII, 11, 21), (Psalm. CV, 26). «La speranza dell\’ingrata si Scioglierà come ghiaccio», dice il Savio (Sap. XVI, 29).