Di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. Tra le milizie del principe Tommaso erano stati assoldati numerosi avventurieri, detti “ugonotti”, di religione calvinista. Con urla terribili, un branco di facinorosi forzò le porte della chiesa. Uno di quegli avventurieri, ormai ubriaco di quell’eccidio scorse l’altare maggiore sopra il quale stava la statuetta di legno di Santa Maria del Monte. I suoi occhi fissarono coi riflessi infernali la porticina intagliata del sacro ciborio. Con pugnale, il sacrilego puntò la lama tra la porticina e la parete del ciborio per aprirlo…
Nella basilica del Corpus Domini a Torino, così come ancora oggi si vede e si ammira, sta un quadro raffigurante il primo grande miracolo eucaristico, ed è opera del pittore Bartolomeo Garavaglia, discepolo del grande Guercino.
A pochi metri dalla balaustra, una cancellata in ferro indica il luogo dove avvenne il miracolo. Sul pavimento, entro il recinto vi è una iscrizione che in italiano suona così:
“Qui cadde prostrato il giumento che trasportava il Corpo divino – qui la Sacra Ostia liberatasi dal sacco che l’imprigionava, si levò da se stessa in alto – qui clemente discese nelle mani supplici dei Torinesi – qui dunque il luogo fatto santo dal Prodigio – ricordandolo, pregando genuflesso ti sia in venerazione o ti incuta timore. 6 giugno, anno del Signore 1453.
Ma voi che mi ascoltate, sapete che a Torino è avvenuto un altro miracolo eucaristico?
Grazie ad un prezioso suggerimento del nostro caro amico padre Giovanni Banaudi, Sacramentino, mi è possibile stavolta raccontare il secondo grande segno eucaristico, sconosciuto ai più.
Avvenne il 12 maggio 1642/ poco meno di duecento anni dopo il primo.
Tempi difficilissimi e calamitosi quelli che purtroppo si succedevano nel secolo 1 7°: guerre civili, fratricide, bagnavano le terre piemontesi, come altrove.
Per scampare a sempre possibili tragici e luttuosi incidenti, le popolazioni inermi cercavano spesso ricovero tra le sacre mura di chiese e monasteri.
Era successo infatti che il principe Tommaso di Carignano, spalleggiato dal fratello Maurizio, contrastasse Maria Cristina che reggeva il ducato di Savoia.
Gli eserciti dell’una e dell’altra banda si scontrarono con una terribile carneficina. Ma chi ne fece le spese fu anche stavolta la cittadinanza, vittima di ruberie, stupri e altre violenze terribili. Per salvarsi dagli scontri delle due fazioni una innumerevole folla era corsa a rinchiudersi nella chiesa dei Frati Cappuccini, dedicata a Santa Maria del Monte.
Ma tra le milizie del principe Tommaso erano stati assoldati numerosi avventurieri, detti “ugonotti”, di religione calvinista.
Non parve loro vero di stendere le loro mani rapaci e sanguinolenti su quella povera gente di fede cristiana, che s’era messa, con estrema fiducia, sotto la protezione del Signore Gesù, che però non ha ne armate, ne spade o lance per difendere i suoi.
Con urla terribili, un branco di facinorosi forzò le porte del convento e della chiesa e si precipitò là dove stavano i buoni padri Cappuccini che sostenevano e animavano con la preghiera tanti infelici, terrorizzati. Ci fu un silenzio tremendo, poi al grido terribile di uno di quegli ugonotti/ le spade brillarono alle luci sinistre delle candele e il sangue innocente cominciò a scorrere a fiotti, mentre cadevano trafitti i religiosi, le donne, i bambini e i vecchi.
Uno di quegli avventurieri/ ormai ubriaco di quell’eccidio scorse l’altare maggiore sopra il quale stava la statuetta di legno di Santa Maria del Monte. Sotto di esse un intarsio di pietra dure, preziosissime. Lo sciagurato vi si accostò con in mano un pugnale intriso di sangue innocente. I suoi occhi fissarono coi riflessi infernali la porticina intagliata del sacro ciborio. Con pugnale, il sacrilego puntò la lama tra la porticina e la parete del ciborio per aprirlo.
Ne caddero alcune schegge di marmo ma mentre l’infelice soldato di ventura fu sul punto di aprire il sacro ciborio, da essa si sprigionò con un potente rimbombo una vampata di fuoco che investì in pieno il malvagio attentatore.
Gridando, cominciò a correre per la navata della chiesa, ormai in preda alle fiamme, che però non lo punirono come si sarebbe meritato.
Infatti il sacrilego non morì se non dopo aver, più tardi, dato la testimonianza di quel drammatico 12 maggio allorché il Santissimo con una fiammata terribile si difese dalla tracotanza sacrilega.
Quel Dio che nell’Antico Testamento aveva cacciato dall’antico Tempio il pagano Eliodoro, aveva ancora una volta rinnovato la manifestazione della sua terribile potenza contro i sacrileghi profanatori!
Dinanzi a quel segno che fece tremare tutti, l’eccidio in quello stesso istante si arrestò improvvisamente e così il Signore Iddio volle ancora una volta salvare i suoi fedeli che avevano
confidato in lui. Chi entra nella Chiesa di Santa Maria del Monte a Torino, alzi gli occhi e veda dipinto (su una grande tela, appesa davanti alla balaustra dell’organo sopra la porta centrale) il miracolo eucaristico, che vi ho appena narrato a forti tinte, ma vere. Gesù Sacramentato ha difeso il suo onore, la sua divina presenza, e ha difeso i suoi devoti.
Certo se io fossi Gesù mi difenderei anche oggi dai molti profanatori che ancora allungano le mani con grimaldelli e altri attrezzi di scasso per rubare i sacri vasi che contengono le ostie consacrate. Ed invece Gesù si lascia rubare, maltrattare, ma non solo dai ladri, ma anche da tante bocche e da tanti cuori che senza la grazia, s’accostano al Cristo benedetto mangiandone però non la vita, ma la morte; non la salute, ma la condanna!
Signore abbi pietà di noi peccatori! Quella fiamma con la quale ti difendesti dalle mani insanguinate di quello sventurato ugonotto investa anche noi, ma non per incenerirci, bensì per purificarci. Col fuoco del tuo amore brucia, Signore, le nostre scorie di peccato e la fiamma ardente del tuo Cuore ci renda candidi, bianchi per la tua grazia divina!
Alla tua ultima cena, Signore, ci fu un Giuda che allungò la mano verso il piatto, ma tu lo prevenisti e gli desti un boccone intinto. Dopo avergli appena dato un morso, Giuda scoperto nel suo vile tradimento, si sentì sconvolto e fuggì fuori nella notte… e Satana, dice l’evangelista Giovanni, entrò in lui.
Mio Dio, stavolta sono qui a pregarti, a supplicarti: non mi respingere e se mi vedi peccatore fa’ che prima mi converta, recuperi la tua grazia divina nel sacramento della confessione e poi ritorni a riceverti in me, per godere così la tua pace, la tua vita.
Purtroppo oggi sembra che molti facciano la comunione con spavalda superficialità, specialmente in occasione di funerali, di matrimoni o simili.
Certo è santo fare la comunione in simili circostanze o di suffragio o di partecipazione gioiosa, ma prima di accostarti a Gesù Eucaristia, domandati, fratello, sorella, se la tua anima è in grazia di Dio.
Se non lo è, non dire: poi mi confesso! Prima confessati se, per disgrazia, ti trovi in peccato mortale… Prima si ritorna in amicizia con Gesù e poi ci si siede alla sua tavola.
Se tu hai il cuore di sasso, per il peccato, anche se sei immerso nell’acqua del torrente, della grazia/ nemmeno una goccia d’acqua pura entrerà in tè.
Un sasso anche se giace per anni nel greto di un torrente non è bagnato nel suo interno dall’acqua del torrente.
“Ma non c’è i! prete per confessarmi…”. Allora, abbi pazienza, rimani al tuo posto, ripromettendoti di confessarti quanto prima. Solo dopo potrai accostarti a Gesù, con grazia, con gioia.
E Gesù ti verrà incontro a braccia aperte, alla prima occasione che tu, in grazia di Dio, parteciperai al santo sacrificio della Messa e alla Comunione!
Chi fa la comunione consapevolmente, in peccato mortale, commette sacrilegio e riceve la condanna. Chi è in peccato veniale, può accostarsi alla comunione, ma prima rinnovi con tanti atti di amore la purificazione del cuore.
Ma beati quei sacerdoti, quei fedeli che con cuore puro s’accostano al banchetto degli angeli: ricevono la vita!