I Miracoli Eucaristici: SIENA 1730

Di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. La sera è calda, ma le vie sono deserte perché tutti sono in cattedrale a pregare e a cantare. Tutti, tranne però alcuni ladri, che approfittando della momentanea e giustificata assenza dei frati, riuscirono a forzare una porta ed entrare indisturbati nel sacro edificio per portare ad esecuzione un loro nefando progetto. Portatisi nella cappella di Sant’Antonio, si avvicinarono al tabernacolo…

Stasera principalmente andiamo a Siena, città stupenda per le sue chiese, i suoi palazzi, le sue piazze, per la sua storia. Essa si estende tutta sopra un gruppo di tre colli, solcati da torrenti e dal fiume Tressa. Siena è famosa nel mondo non solo per la celebre “Piazza del campo” teatro affascinante e cavalleresco del Palio, ma anche per il tesoro eucaristico che si conserva nella basilica di San Francesco: tesoro eucaristico che lo scrittore Giovanni Joergensen (Gioerchensen) osò definire: “una delle più grandi meraviglie di Cristo sulla terra”.
Sempre, Cristo è stupendo quando si manifesta ai nostri poveri occhi increduli e deboli.
Ho letto da “Cerco fatti di vangelo” di Luigi Accattoli, giornalista, un fatto tremendo ed ineffabile insieme: padre Aquilino, sacerdote dehoniano, di origine padovana, a 57 anni è caduto vittima nel 1964 dei ribelli Simba. L’uccidono a un quadrivio dove chiede di fermarsi a pregare mentre lo portano all’educazione. I Simba gli girano intorno cantando e danzando e lui esclama: “II mio corpo Io potete uccidere, ma la mia anima andrà in ciclo!”.
Gli squarciano il petto con una lancia, cade in ginocchio, fa un gesto come per benedire l’aggressore e mormora: “Non è la morte, ma un sogno, nell’atto della morte scriveranno: Assassinato con due pallottole alla testa e più di duecento colpi e di lancia”.
Ma pochi sanno che padre Aquilino prima di lasciare la missione aveva diviso in 7 parti un’ostia e comunicato le sei suore e stesso lasciando tre particele nel tabernacolo con questa consegna al sagrestano: “Se non torniamo ti comunicherai con la prima particela il giorno dei Santi, con la seconda il giorno dei morti e con la terza quando crederai opportuno”.
Le suore che lo videro imprigionato e destinato a morte gli chiesero che cosa dovessero riferire ai suoi fratelli: “Dite loro che questa è la fine più bella per un missionario. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto, perdonatemi tutto, pregate per me”.
Anche questo martirio è stupendo, perché Cristo qui si manifesta non solo nella sua carne ma anche nella carne insanguinata del suo apostolo (cfr. pag. 6 e seg.).
Non c’è testimonianza più alta di quella pagata con la vita. Ho voluto raccontare il martirio di p. Aquilino perché come di lui, così di tantissimi altri fratelli e sorelle, mi ha colpito la sua attenzione, la sua premura verso l’Eucaristia, dividendosi come tesoro unico al mondo le ostie consacrate, come viatico e forza per la vita e per la morte.
Ho sentito raccontare che nel mese di gennaio scorso, mentre dei buoni frati cappuccini erano in preghiera in una loro chiesa ad Ancona, un tale riuscì a rubare le ostie consacrate dentro la pisside e la teca. Giunto a Falconara, il sacrilego – passata poco più di un’ora – non poteva più tenere fra le mani la sacra refurtiva: gli sembrava che le mani fossero di fuoco. Colpito da un improvviso rimorso e da quel calore inesplicabile, si diresse ad un’altra chiesa, ma a Falconara consegnò la pisside rubata ai Frati Minori. Uno di essi corse subito ad Ancona: quando entrò nella chiesa ove era avvenuto il furto sacrilego, vide il Vescovo mons. Franco Festorazzi, il suo vicario, mons. Ermanno Carnevali, i frati, i fedeli in umile preghiera di supplica e di riparazione.
Non vi dico l’immensa gioia e gratitudine nel vedere restituite così miracolosamente le ostie consacrate!
Ecco quello che avvenne a Siena in quel lontano 1730 la sera del 14 agosto, vigilia della solennità dell’Assunzione di Maria in cielo, titolare della Chiesa Cattedrale e patrona della città.
Tutto il clero, tutti i religiosi, tutti i fedeli si erano riversati nella Cattedrale per partecipare ai solenni primi vespri e all’offerta votiva del cero, in onore della gloriosa Madre di Dio. Anche i Frati Minori Conventuali, ossequienti ad un antico decreto che vedeva il raduno di tutti in Cattedrale per la solennità, dopo aver deposto la chiave del tabernacolo in sagrestia in un luogo sicuro, chiusero il portone della loro stupenda chiesa dedicata a S. Francesco d’Assisi e si diressero verso il Duomo per unirsi a tutto il popolo cristiano.
La sera è calda, ma le vie sono deserte perché tutti sono in cattedrale a pregare e a cantare. Tutti, tranne però alcuni ladri, che approfittando della momentanea e giustificata assenza dei frati, riuscirono a forzare una porta ed entrare indisturbati nel sacro edificio per portare ad esecuzione un loro nefando progetto. Portatisi nella cappella di Sant’Antonio, si avvicinarono al tabernacolo.
Un attimo di visibile imbarazzo, e poi spalleggiandosi l’un l’altro, allungarono le mani sacrileghe e facendo leva con ferri appuntiti forzarono la porticina del tabernacolo.
Non so che cosa avrà pensato Gesù mentre riposava nella Pisside d’argento, piena di particele consacrate.
Un imbarazzo interminabile, ma poi quei manigoldi allungarono nuovamente la mano, presero la pisside d’argento e se ne fuggirono a gambe levate.
Intanto i buoni frati erano là a cantare le lodi della S.S.ma Vergine Maria e mai più avrebbero pensato a quello che si era si appena consumato di tremendo nella loro chiesa: era stato rubato il S.S.mo Sacramento!
Pensate che le particele erano state consacrate in gran numero, più di 300, esattamente 351, in vista del sostenuto afflusso dei fedeli, previsto per il giorno successivo, solennità dell’Assunta.
Al mattino presto, quando fuori spuntava appena il sole, il frate di turno si recava all’altare del S.S. Sacramento per la celebrazione della prima messa. Alla dolorosa constatazione del furto sacrilego, rimase sconvolto, senza parole.
“Ma qui non c’è più la pisside! Hanno manomesso il tabernacolo, non c’è più Gesù! Il tabernacolo è vuoto’”.
Voi che mi leggete, cosa avreste detto, che cosa avreste fatto!?
Una volta parlai con un parroco del bolognese che aveva subito la medesima sorte e premendo le mani sul petto mi disse:
“Credimi, ti sembra di morire per il dolore immenso. Vedi tutto manomesso, vedi la devastazione operata dai ladri, vedi il tabernacolo spalancato che sembra quasi gridare: Hanno portato via Gesù, hanno portato via Gesù!”.
La notizia del sacrilego furto avvenuto a Siena si sparse in un baleno per tutta la città che restò come incredula ed ammutolita.
Ma poi è tutto un sussurro di notizie e di commenti. “Cosa hai detto? Hanno rubato le particele consacrate? E dove?”.
“Nella chiesa di San Francesco, stanotte, mentre tutti eravamo in dormitorio”.
“Ma cosa è stato rubato? Gesù Eucaristia dentro la pisside d’argento. Dicono che vi fossero più di 300 particele consacrate”.
“Ma no!? Se trovassi io quei ladri, taglierei loro le mani vedrai che se ne ricorderebbero per un bei po’”.
“Sì, qui bisogna tornare ai metodi severi se si vuole un po’ di rispetto…”.
“Taci, non dire parole in più. Piuttosto dobbiamo tutti darci da fare e cercare i ladri, per ritrovare la pisside sacra”.
La città ancora stordita, sì mosse all’improvviso a cercare; persino i bambini non vollero stare di meno. Era quasi mezzogiorno che finalmente un cittadino, arrivato ad un tratto della strada che rimette sulla piazza del Campo da “Chiasso Largo”, cominciò a iridare: “Ho trovato il conopeo, ho trovato il conopeo!”.
Il conopeo per chi non sa è quel velo che si mette davanti al tabernacolo per coprirne la porticina.
Cercando, fu ritrovata nello stesso posto anche la crocetta della pisside rubata.
“Ci siamo! I ladri sono passati da qui. Cerchiamo ancora!”.
Furono i primi segni di speranza che alimentarono il fervore nella ricerca. E finalmente al mattino del terzo giorno, il 17 agosto, proprio nella chiesa dedicata alla Madonna della Pietà, nella contrada di Provengano, furono trovate le sacre particele. Sapete come?
Pensate che proprio in quella chiesa due secoli prima, un soldato spagnolo, di stanza a Siena, sparò un colpo d’archibugio:contro la statua della Madonna. Era ubriaco; il colpo spezzò le braccia della Madonna che sosteneva il bambino Gesù. I senesi allora furono attaccatissimi alla loro Madonna detta proprio “della Pietà” e in quel luogo ottennero da Roma di far erigere una cappella in onore della Madonna di Provenzano. Ora è una bella chiesa, costruita con mattoni cotti rossi e pietra bianca.
Ai piedi dei pilastri della cupola di S. Maria di Provenzano ci sono due cassette, con le quali ogni anno si celebrano le messe in suffragio dei benefattori defunti.
Le due cassette però, data la loro specifica destinazione, vengono aperte una volta all’anno, e questo facilita in esse l’accumulo di polvere e di ragnatele.
Quella mattina del 17 agosto, il chierico Paolo Schiavi, addetto alla questua, al momento della consacrazione venne a trovarsi proprio vicino ad una delle cassette dell’elemosina e istintivamente si inginocchiò in segno di adorazione del mistero che si celebrava sull’altare. Lo sguardo gli cadde fortunatamente sulla feritoia della cassetta e notò uno strano biancheggiare nel fondo.
Finita la consacrazione, s’alzò in fretta mentre un sospetto tremendo gli balenò nella mente.
Assieme a don Girolamo Bozzegoli/ prese la chiave, e poi finalmente, aprendo la cassetta, vide con immensa gioia, un gran mucchio di particele, esattamente 351, come quelle rubate.
Avvisato l’arcivescovo, Alessandro Zondadari, subito questi diede ordine che le particele si mettessero nella pisside di Provenzano.
Per essere sicuri che fossero proprio quelle rubate, le ostie ritrovate furono dapprima riportate a San Francesco per confrontarle con le altre; poi poste sul ferro con il quale si formano, si notò che erano del medesimo conio. Ma quello che maggiormente stupisce i credenti, è il fatto che ancora oggi dopo tantissimi anni, le sacre particele sono ancora visibili, intatte, incorrotte, “senza frangiature, ammirabili (…) hanno al gusto il sapore del pane integrale (…)”.
La scienza trova il frutto semplicemente straordinario, ma chi ha fede lo chiama “prodigio”.
Ancora una volta Gesù ci dimostra la sua misericordia, il suo amore pietoso e longanime. Oggi le particele prodigiose sono 223 ostie intere e 2 frammenti e vengono conservate in un cilindro di cristallo in due artistici estensori. Ma se avete, qualche volta, il tempo e soprattutto la fede, andate a Siena e andate a vedere con i vostri occhi il miracolo eucaristico di Siena e, prostrati, adorate il SS.mo Sacramento dell’altare e fate tre propositi eucaristici:
1) prepararci con più fervore alla messa e alla santa comunione;
2) ringraziare più a lungo il Signore dopo la comunione;
3) andare ogni giorno a incontrare Gesù o chi non può fisicamente, ci vada almeno spiritualmente.
E unanimi cantiamo l’antico inno popolare: “Inni e canti sciogliamo fedeli al Divino Eucaristico Re. Egli ascoso nei mistici veli, cibo all’alma fedele si dice. Dei tuoi figli lo stuolo qui prono, o Signore dei potenti Tè adora; per i miseri implora perdono, per i deboli implora pietà”.