Faustino Míguez, presbitero

L’OSSERVATORE ROMANO, Domenica 25 Ottobre 1998


Una pedagogia «semplice» per diffondere il Vangelo


Faustino Míguez, presbitero, fondatore delle Calasanziane dette «della Divina Pastora»


di JULIA GARCÍA MONGE – Superiora Generale


I santi ci hanno sempre rivelato le necessità più profonde del cuore umano, ci hanno mostrato l’essenziale e come si giunge al fondo delle cose senza perdersi nella complessità delle idee e dei programmi. Sono uomini e donne che nella semplicità della loro vita ci lasciano percepire la fede e la speranza che dimora in essi. Più che offrirci grandi riflessioni teoriche, ci rendono presente Dio e creano spazi affinché quanti li circondano possano parlare con il loro Signore «come un amico parla con un altro amico».

Laddove appare un santo, Dio fa accendere una lampada, facendo sì che, con la sua luce, molti uomini e molte donne conservino la loro fede e la loro speranza e siano contagiati dalla forza del suo amore. I santi sono i segni viventi che Dio pone lungo il cammino della Chiesa, alla quale conferiscono vigore e rinnovata fedeltà. Sono un dono di Dio agli uomini. Un dono di Dio è Faustino Míguez per la Chiesa, le Scuole Pie e l’Istituto Calasanziano. Un uomo che la Chiesa proclama Beato per la sua profonda fede in Dio e nell’uomo, per il suo amore realistico e la sua fedele solidarietà.


Quando Faustino Míguez fonda la Congregazione, l’Istituto Calasanziano Figlie della Divina Pastora, il 2 gennaio 1885, ha dietro di sé una storia personale di sequela di Gesù nelle Scuole Pie. Ha vissuto in pienezza il ministero educativo «il ministero in verità più degno, in quanto concerne la salvezza dell’anima e del corpo,… poiché se fin dall’infanzia il bambino viene diligentemente formato nella pietà e nelle lettere, senza alcun dubbio tutta la sua vita avrà un percorso felice». Il ministero «più meritevole, poiché stabilisce e mette in pratica, con pienezza di carità nella Chiesa, un rimedio efficace, preventivo e curativo del male, induttore e illuminante per il bene, destinato a tutti i giovani di qualsiasi condizione»./P>

Padre Faustino è felice di dedicarsi a tutto ciò che questo ministero presuppone e lo fa con l’atteggiamento che chiedeva il suo Santo Padre Giuseppe Calasanzio: «State lì con animo rinvigorito per servire il Signore nei suoi membri che sono i poveri». Madrid, Guanabacoa, Getafe, Celanova, Sanlúcar de Barrameda, El Escorial e Monforte de Lemos saranno i testimoni del sua completa dedizione ai bambini e ai giovani, come espressione visibile del suo dono di sé a Dio. Si sente scolopio e come tale si definisce: «Come scolopio sono del popolo e per il popolo, consacrato alla sua formazione».


Sa di essere «cooperatore della Verità» e come esigenza del suo essere scolopio tradurrà in realtà il voto di insegnare e il voto di imparare. Partendo dalla sua vocazione scientifica, metterà i doni ricevuti da Dio al servizio dei malati. Dirà alle sue religiose: «lavorate e studiate per conoscere l’aspetto più bello e vantaggioso della vostra professione».


Faustino è un uomo di larghe vedute che contempla la realtà che lo circonda. Se l’educazione era un bene capace di «rinnovare la società dalla sua stessa base e di rendere l’uomo felice» – come aveva così ben espresso nel suo Discorso di Celanova – perché questo bene continuava ad essere solo per i bambini? Nelle sue passeggiate per Sanlúcar lo colpisce il gran numero di donne analfabete e di bambine che non hanno accesso alla scuola elementare. Dentro di lui, come avvenne a Giuseppe Calasanzio, comincia a farsi strada una nuova chiamata.


Nella semplicità di una «scuola di amiche», nel dialogo con alcune donne che accolgono un gruppo di bambine alle quali Padre Faustino dedica parte del suo tempo per impartire loro una solida formazione cristiana, lo Spirito compie la sua opera nel cuore di questo educatore. Egli contempla in queste bambine «le spose e le madri di domani, l’anima della famiglia e della società, della quale devono formare la parte più importante»; hanno però bisogno di essere educate «affinché siano anime docili, nobili e grate, figlie della benedizione, spose fedeli, madri cristiane e zelanti apostoli nella propria famiglia».


Frate Ceferino González, Arcivescovo di Siviglia, intuisce che questa umile opera, alla quale Padre Faustino collabora, può essere il germe di un dono dello Spirito alla Chiesa e lo incoraggia a dare inizio alla fondazione. Cento anni dopo, nel 1985, durante la celebrazione del Centenario della Congregazione, il motto delle Figlie della Divina Pastora sarà: «Siamo nate nella semplicità ed educhiamo con speranza».


I santi trasmettono la luce e l’amore di Dio che è stato dato loro in dono. Alcune donne odono l’invito di Dio alla sequela di suo Figlio e sono attratte da questo servizio di amore ai bambini e ai giovani. Il 2 gennaio 1885 vengono approvate le Basi dell’Associazione delle Figlie della Divina Pastora e Padre Faustino è nominato suo Direttore. Alla fine dei suoi giorni scrive: «Vostro padre, come sapete, ha avuto come unico pensiero cercare, con il vostro Istituto, la gloria di Dio».


Comincia a scrivere, in dialogo costante con le prime religiose, le Costituzioni. Va così tracciando il cammino spirituale e carismatico della vocazione delle Figlie della Divina Pastora. «Il loro fine è cercare e indirizzare anime a Dio, con tutti i mezzi alla portata della carità; pertanto, animate da uno spirito apostolico e con un’abnegazione senza limiti, andranno in soccorso delle anime che hanno bisogno di loro e che l’obbedienza indicherà loro, anche a rischio della propria vita, senza altra arma che la carità, né altro movente che la gloria di Dio e la salvezza propria e altrui». «Per evitare che l’innocenza del cuore si perda nelle tenebre dell’ignoranza, si dedicheranno all’istruzione dei bambini, delle giovani e delle adulte, esterne o convittrici, di qualsiasi classe e condizione».


È la spiritualità calasanziana, a partire dalla quale Padre Faustino vive la sua vocazione scolopia, a determinare le linee spirituali e pedagogiche della Congregazione delle Figlie della Divina Pastora. Oltre alle Costituzioni, le sue lettere, nate dal suo amore e dalla sua esperienza personale, indicano il cammino spirituale e pedagogico del nuovo Istituto. La sublime missione educativa è all’umile servizio della costruzione del Regno da parte della Congregazione. La religiosa calasanziana è al servizio della verità e nel suo ministero educativo si dedica con amore a condurre i piccoli e i semplici a Dio, «lavora con un amore senza limiti fino a conquistarli per Gesù Cristo… la Via, la Verità e la Vita».


L’opera che Padre Faustino inizia umilmente a Sanlúcar de Barrameda si estende e si consolida in diversi luoghi della Spagna. «Animate da uno spirito apostolico e da un’abnegazione senza limiti assisteranno quanti hanno bisogno di loro…». Nelle prime fondazioni, Chipiona, Getafe, Monóvar, Daimiel, Monforte de Lemos, vi è un comune denominatore: la dedizione preferenziale nella missione educativa alle bambine povere. Il forte movimento di espansione rivela l’inquietudine apostolica di queste donne che, incoraggiate da Padre Faustino, mettono tutto il loro essere e il loro avere al servizio del Regno. Padre Faustino nutre dentro di sé una speranza. Fin dal suo soggiorno a Cuba sa che sono necessari operai che portino l’annuncio del Vangelo fino ai confini della terra. È già anziano quando il suo sogno si trasforma in realtà. Il 6 agosto 1923, un gruppo di religiose s’imbarca per il Cile. Prima della partenza, Padre Faustino scrive loro: «Sono molto contento che siate animate per la grande impresa alla quale Dio vi chiama e che solo con la sua grazia potete compiere lavorando molto». Pochi mesi prima della sua morte, avvenuta l’8 marzo 1925, viene aperto un Istituto in Argentina.


Faustino sa che la Congregazione è nelle mani del Signore, è Lui che la sostiene e la farà crescere. Sospinta dagli appelli della Chiesa e dalle necessità dei fratelli, la Congregazione continua ad estendersi in America: nel 1955 in Uruguay, nel 1970 in Colombia, nel 1976 in Nicaragua, nel 1989 in Ecuador, nel 1990 in Costarica. L’Africa non si è fatta attendere e nel 1984 le prime suore sono giunte in Guinea equatoriale. Un anno fa è stata aperta una comunità in Camerun.


Fedele alle sue origini, la Congregazione ha mantenuto la consapevolezza di essere «del popolo e per il popolo», come si è definito il suo fondatore. È stata questa la costante di tutte le sue opere. Presente nei piccoli villaggi o in luoghi di povertà, lavorando in centri educativi propri o con istituzioni come Fe y Alegría, in residenze universitarie o in case di preghiera, si è sforzata di vivere con fedeltà e audacia l’identità della vocazione calasanziana: cercare e procedere con tutti i mezzi alla portata della carità, con illimitata abnegazione, anche a rischio della propria vita.


Faustino Míguez ha un alto concetto dell’educatore, per questo esige una selezione diligente e una formazione sollecita. Spiritualità e pedagogia s’implicano reciprocamente. La sua è una pedagogia della santità alla quale invita costantemente le sue religiose e tutti gli educatori. L’educatrice calasanziana dovrà integrare nella sua vita il «consacrarsi a Dio così pienamente che nulla potrà distrarla dal suo amore» e il riunire «l’atteggiamento e le qualità che il compimento di una missione così difficile esige». Virtù pedagogiche come l’umiltà e la semplicità, la disponibilità e la bontà, l’ascendente e lo zelo, la tenerezza e la determinazione e soprattutto la carità e la pazienza, sono il fondamento dello stile educativo che Padre Faustino ha indicato alle educatrici calasanziane.


Il Concilio Vaticano II e i documenti postconciliari conferiscono un impulso di rinnovamento a tutta la vita religiosa. Sottopongono la Congregazione a un processo di discernimento responsabilità sulla sua identità e missione nella Chiesa. Le nuove Costituzioni e i Documenti Capitolari hanno tracciato un cammino di rinnovamento aperto alle sfide culturali ed ecclesiali. Si è potuto esaminare con più attenzione il Fondatore e lo sviluppo del carisma, con un rinnovato impegno nel campo educativo e un’attenzione preferenziale per i poveri e la promozione umana e cristiana della donna. Con umiltà e semplicità i Capitoli hanno promosso l’espansione missionaria dell’Istituto, consapevoli che «la missione rafforza la vita consacrata, le infonde un rinnovato entusiasmo e nuove motivazioni e stimola la sua fedeltà».


Celebrare la beatificazione del Fondatore è una chiamata per ogni suora e per tutte le comunità della Congregazione a coltivare con diligenza la spiritualità evangelica che Faustino Míguez visse. 


È tempo di ringraziare per il dono della vocazione e di procedere con rinnovato impegno verso la santità. Oggi ricordiamo le sue parole: «Animo e siate sante. Vorrei che lo foste tutte sante, molto sante e per questo umili, molto umili. Che Dio vi dia la capacità e il suo spirito per santificarvi e contribuire alla santità altrui».


Un cammino di autentica promozione umana e cristiana


Faustino Míguez nacque il 24 marzo 1831 ad Acebedo del Río (Orense), quarto e ultimo figlio di Benito Míguez e María González. Fu battezzato il giorno seguente con il nome di Manuel e un anno dopo ricevette la Confermazione. I suoi genitori furono grandi lavoratori e ferventi cristiani. Iniziò gli studi nella scuola municipale. Nella precettoria del Santuario di Los Milagros, a 35 km dal suo paese natale, studiò latino e lettere. Dimostrò presto di essere un ragazzo intelligente e assiduo negli studi. Mentre studiava nel Santuario nacque in lui un’inquietudine che avrebbe aperto strade nuove alla sua vita. L’incontro fortuito con un sacerdote scolopio lo avvicinò alle Scuole Pie. S’informò sullo spirito del Fondatore e rimase affascinato dalla figura di Giuseppe Calasanzio e dalla sua opera.


Decise senza vacillare di diventare apostolo fra i bambini e i giovani, dopo aver vinto la resistenza dei suoi genitori, che avevano altri progetti per lui. Entrò nell’ordine a diciotto anni, il 5 dicembre 1850, e cambiò il suo nome in Faustino Míguez de la Encarnación. Pronunciò i voti solenni il 16 gennaio 1853 nel collegio di S. Fernando di Madrid. Realizzò con brillanti risultati gli studi scientifici, filosofici e teologici della carriera scolopia e fu ordinato sacerdote l’8 marzo 1856.


Nel novembre del 1857 fu inviato a Cuba, nella prima fondazione scolopia. Lì si dedicò allo studio della natura e osservò l’uso che ne facevano gli abitanti a fini terapeutici. La Scuola Normale, che era stata appena aperta, dove Padre Faustino si dedicò alla formazione dei Maestri, aveva un orientamento pratico e sperimentale. Entrambi gli aspetti influirono in modo decisivo sulla sua vocazione scientifica e pedagogica.


Fu quindi destinato alle nuove fondazioni di Celanova, Sanlúcar de Barrameda, El Escorial – dove svolse l’incarico di bibliotecario – e fu nominato rettore del collegio di Monforte di Lemos. In tutti questi luoghi si rivelò un grande educatore e un difensore instancabile della libertà d’insegnamento. Pedagogo e autodidatta, lavorò indefessamente, studiò con tenacia ed entusiasmo per dedicarsi completamente all’educazione dei bambini e dei giovani al fine di mostrare loro il cammino della verità, del bene e del sapere. Era capace di donarsi senza limiti, con una generosità che gli faceva anteporre volontariamente gli interessi degli studenti ai suoi interessi personali, «si fa tutto per tutti». Faustino Míguez fu un educatore nato, convinto che il migliore cammino per rinnovare la società e raggiungere la felicità fosse l’educazione.


Fu un grande scienziato e un ricercatore instancabile. Fin da giovane si entusiasmò per gli studi di botanica e si dedicò a ciò che, con il tempo, sarebbe diventata una delle sue attività preferite.


Studiò le proprietà curative delle piante per applicarle ai malati. Sensibile al dolore umano, soffriva di fronte alla malattia e fece tutto il possibile per combatterla. Si dedicò alla medicina come servizio all’umanità sofferente per curare e alleviare i mali e i dolori fisici: «L’amore che nutro per l’umanità dolente è come quello che ho per la Scienza… poiché sull’esempio del Divino Maestro devo pensare in primo luogo alla salute dell’anima, ma ho anche l’obbligo di occuparmi, secondo le mie forze, di quella del corpo». A Sanlúcar de Barrameda entrò in contatto con le realtà vitali del popolo, visse i suoi problemi, il suo dolore e la malattia. Nel constatare l’ignoranza e l’emarginazione in cui le donne vivevano, cercò modi e mezzi per guidarle fin dall’infanzia lungo il cammino della promozione umana e cristiana: «per farne buone cristiane, buone figlie, buone spose, buone madri e membri utili della società». Era convinto che solo l’educazione potesse consentire loro di compiere la propria missione e prepararle per tutte le circostanze della vita.


Il 2 gennaio 1885 fondò l’Istituto Calasanzio Figlie della Divina Pastora, a Sanlúcar de Barrameda (Cadice), con il beneplacito dei suoi superiori e con l’approvazione dell’Arcivescovo di Siviglia.


Il fine di questa congregazione di religiose educatrici secondo lo spirito e lo stile pedagogico di Giuseppe Calasanzio, è la cura e l’educazione delle bambine povere, che saranno «l’anima della famiglia e la salvezza della società, della quale devono formare la parte più interessante». Senza trascurare le altre attività, aiutò e guidò questa piccola famiglia, con grande sollecitudine e prudenza. Vide la congregazione diffondersi in diverse regioni della Spagna e vide anche


partire le prime religiose per l’America.


Oggi la congregazione è presente in dieci Paesi: Spagna, Cile, Argentina, Uruguay, Colombia, Nicaragua, Costa Rica, Ecuador, Guinea Equatoriale e Camerun. Morì a Getafe (Madrid) all’età di 94 anni, l’8 marzo 1925. La sua lunga vita, dedicata completamente al Signore, fu un continuo atto di fede e un costante e gioioso sì alla volontà di Dio, che fu sempre la regola suprema della sua vita, dalla quale non volle mai separarsi, neppure nei momenti difficili della prova e del dolore. Amò Dio sopra ogni cosa e, dimenticando se stesso, cercò soltanto la sua gloria. Nutrì autentica preoccupazione e carità per il prossimo che servì sempre gioiosamente attraverso il santo ministero, la sua attività docente e le sue pratiche terapeutiche. Da questa prospettiva di servizio visse e fece dono di sé come pedagogo, sacerdote, scienziato e fondatore. Amò il suo ordine religioso e aspirò sempre a vivere in pienezza il carisma delle Scuole Pie.


L’Istituto religioso, oggi


L’Istituto Calasanziano delle Figlie della Divina Pastora fu fondato da Padre Faustino Míguez il 2 gennaio 1885, a Sanlúcar de Barrameda (Cadice). Le prime Costituzioni furono approvate dal Cardinale Ceferino González il 12 giugno 1889. Sua Santità Pio X concesse all’Istituto l’Approvazione Pontificia nel 1910. Sua Santità Pio XI approvò le Costituzioni definitive nel 1922. Il Carisma dell’Istituto definito nelle Costituzioni del Fondatore è: «cercare e indirizzare anime a Dio, con tutti i mezzi alla portata della carità; pertanto, animate da uno spirito apostolico e con una abnegazione senza limiti, andranno in soccorso delle anime che hanno bisogno di loro e che l’obbedienza indicherà loro, anche a rischio della propria vita, senza altra arma che la carità né altro movente che la gloria di Dio e la salvezza propria e altrui». Il fine specifico dell’Istituto è un servizio caritativo incondizionato che si concretizza soprattutto nella formazione integrale delle donne, soprattutto delle più bisognose, attraverso la scuola e qualsiasi altro mezzo che conduca a tale fine. Le opere sono principalmente collegi in zone popolari, dove si lavora in centro propri o in collaborazione con altre Istituzioni, come Fe y Alegría. La missione evangelizzatrice si svolge anche in Residenze Universitarie e in Case di Preghiera. L’Istituto, composto da 403 religiose e 49 case, è presente in Spagna, Cile, Argentina, Uruguay, Nicaragua, Ecuador, Costarica, Guinea Equatoriale e Camerun.


 


Le doti scientifiche al servizio dei sofferenti


SACRAMENTO CALDERÓN – Vice Postulatrice


Faustino Míguez dedicò la sua vita all’amore di Dio e alla scienza. Fu un semplice scolopio che mise le sue doti scientifiche al servizio dell’«umanità dolente». Seppe essere il samaritano che, con lo sguardo sempre attento, non ignorò il dolore fisico dei suoi fratelli uomini. Sparse sul malato l’olio dell’amore e della scienza per alleviare il peso della sofferenza.


La sua vocazione scientifica si manifestò a Guanabacoa (Cuba), dove fu inviato all’inizio della sua vita scolopia, nel 1857. A contatto con gli abitanti dell’isola, «osservò» l’uso che questi facevano delle piante a fini terapeutici e scoprì di provare grande interesse per quella pratica. «Non lasciò passare» questa inclinazione e lì, nell’isola caraibica, iniziò le sue ricerche e i suoi primi esperimenti con le piante, che già conosceva in quanto le aveva studiate con il suo professore di scienze naturali. Al suo ritorno nella Penisola, mostrò di possedere una chiara vocazione scientifica che mise al servizio degli studenti come professore di chimica, fisica e scienze naturali, della popolazione di Sanlúcar mediante l’analisi delle acque della città e dei malati attraverso il Laboratorio Míguez.


Il 16 aprile 1872 il Municipio di Sanlúcar de Barrameda gli chiese di compiere l’analisi delle acque delle sorgenti della città. La sua risposta a tale richiesta fu affermativa, poiché lo ritenne un compito di carattere umanitario volto al bene della popolazione, in quanto grazie ai risultati dell’analisi fu possibile alleviare il dolore provocato da alcune malattie. Lo fece come un servizio al popolo, al quale si sentiva consacrato. Egli stesso disse che lo scolopio è «un uomo del popolo e per il popolo».


Analizzò le proprietà terapeutiche delle acque di quarantaquattro pozzi della città. La cosa più importante dal punto di vista scientifico fu che lo fece seguendo un procedimento proprio. Fu un lavoro che richiese grande dedizione e comportò «difficili calcoli e minuziose verifiche».


Ciononostante Padre Faustino ammise davanti alla popolazione la sua incompetenza in una materia così delicata. Pertanto, una volta concluso il lavoro, chiese al Municipio che una commissione medica verificasse le indicazioni terapeutiche da lui fornite per le acque dei diversi pozzi e redigesse un resoconto.


Questo gesto rivela un uomo nel quale la scienza e l’umiltà procedettero sempre insieme. Fu un fedele figlio di Giuseppe Calasanzio che insistette sul bisogno di imparare insieme alle lettere l’umiltà.


La commissione scrisse un resoconto nell’agosto del 1872 dove affermava: «I sottoscritti, una volta esaminate con la dovuta accuratezza le indicazioni terapeutiche delle acque di questa città, nelle diverse sorgenti che possiede, comunica al dotto scolopio Padre Faustino Míguez che l’analisi chimica che delle stesse ha compiuto non solo è conforme ai principi della scienza, ma anche alle applicazioni che per tradizione sono state fatte di esse in modo empirico quando non erano ancora scientificamente conosciute le loro proprietà terapeutiche».


I risultati del lavoro furono pubblicati nel libro «Análisis de las aguas públicas de Sanlúcar de Barrameda con indicación de sus virtudes medicinales» nel quale rivelò le sue doti scientifiche. Il prologo è di D. Miguel Pizarro y Jiménez, dottore in medicina e chirurgia, docente di igiene della Scuola di Medicina di Siviglia e socio di varie corporazioni scientifiche e letterarie nazionali e straniere. In esso afferma che: «fra i presbiteri scolopi, che si prodigano a vantaggio degli studenti, vi è l’autore della presente opera, tanto modesto quanto esperto nei rami fisico e chimico delle scienze naturali, che coltiva con risultati notevoli; tuttavia, viste le sue scarse pretese, se non fosse stato per obbedire alle istanze di persone autorevoli, le cui indicazioni per lui erano quasi precetti, non avrebbe mai osato pubblicare il risultato del suo coscienzioso lavoro sulla composizione e sulle proprietà delle acque pubbliche di Sanlúcar de Barrameda».


Con questo compito Padre Faustino mise le sue conoscenze scientifiche al servizio del popolo. Si lasciò ancora una volta interpellare dal bisognoso, che era quello che soffriva sotto il peso del dolore fisico e sospinto dall’amore volle contribuire ad alleviarlo. Lo dichiarò nel suo libro: «mi hanno obbligato a intraprendere questo studio teorico-pratico sugli effetti curativi sia l’amore che nutro per la scienza sia quello che professo per l’umanità dolente, per la cui educazione conseguo questi risultati; poiché se, sull’esempio del mio Divino Maestro, devo guardare in primo luogo alla salute dell’anima, ho anche l’obbligo di preoccuparmi, secondo le mie forze, di quella del corpo».


Padre Faustino espresse la sua vocazione scientifica nell’assistenza dei malati attraverso il Laboratorio Míguez, uno dei suoi grandi lasciti all’umanità, che sorse dalla congiunzione di diversi suoi tratti distintivi: il suo essere vicino alle necessità dell’uomo del suo tempo, la sua preoccupazione per quanti soffrivano nel corpo, il suo amore per la scienza e per l’«umanità dolente» e la sua convinzione che «Dio ha posto nella natura i mezzi sufficienti a curare ogni tipo di malattia, precisamente nelle piante, e che la scienza consiste nel conoscere queste virtù delle piante e nel saperle applicare a ogni singolo caso».


Quando giunse, per la seconda volta, a Sanlúcar de Barrameda nel 1879, la popolazione non aveva dimenticato il suo contributo scientifico. Oltre a dedicarsi all’insegnamento nella scuola, continuò a studiare le piante e le loro proprietà, studio che aveva iniziato a Monforte de Lemos (Lugo). Preparò alcuni estratti con proprietà medicinali; si recavano da lui molti pazienti per consultarlo e per ottenere un suo preparato farmaceutico. All’inizio tutto ebbe luogo su scala ridotta. Con il passare dei giorni la sua fama a Sanlúcar crebbe e anche il numero dei malati che si recavano da lui. Le specialità farmaceutiche Míguez furono il frutto, soprattutto, del contatto di Padre Faustino con la realtà umana che lo circondava e che lo interpellava con il suo dolore e la sua sofferenza. La dedizione a questa attività terapeutica gli permise di stringere buone amicizie e di fare tante conoscenze; culminò nel suo intervento per la guarigione di re Alfonso XIII, secondo quanto raccontano i testimoni del suo Processo di Beatificazione. Così ha affermato, ad esempio, Padre Leonardo Rodríguez: «Ho udito dire che, avendo contribuito alla guarigione di re Alfonso XIII, quando era ancora bambino, la Regina Madre gli offrì una ricompensa ed egli chiese di poter continuare a fare del bene ai malati».


Nel 1912 confermò mediante testamento la cessione dei rimedi medicinali alla Congregazione da lui fondata, l’Istituto Calasanziano delle Figlie della Divina Pastora. Fin dall’inizio il Laboratorio Míguez ha avuto un obiettivo benefico. Padre Faustino deliberò che gli introiti della vendita dei medicinali dovevano essere destinati alle borse di studio per bambine bisognose, alle messe per le anime del Purgatorio e alle spese che il laboratorio doveva sostenere.