Dimensione personale dell’uomo e psichiatria moderna

di Ermanno Pavesi. L’uomo non è solamente un essere di natura, che deve essere esaminato per mezzo delle scienze naturali. La dimensione personale può essere colta solo quando si riesce a conciliare l’approccio clinico-scientifico alla malattia con la consapevolezza che il “portatore” della malattia è un essere umano, con una sua dignità, con una sua storia, con un suo sistema di valori, con un suo progetto di vita

Dimensione personale dell’uomo e psichiatria moderna. Alcune considerazioni *


di Ermanno Pavesi


 


1. Il metodo scientifico e la nascita della psichiatria moderna


Gli inizi della psichiatria moderna possono essere fatti risalire alla metà del secolo scorso, quando il metodo scientifico che si andava affermando nelle discipline mediche è stato applicato anche ai disturbi psichici.


Il metodo scientifico pretendeva di essere l’unico legittimo approccio per una fondazione scientifica della medicina e quindi anche per legittimare il medico. Nel convegno del 1822 della Gesellschaft Deutscher Naturforscher und Ärzte, – l’Associazione dei ricercatori naturali e dei medici tedeschi che ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del mondo scientifico tedesco del secolo scorso – tali principi erano stati proclamati con entusiasmo quasi religioso, come un nuovo vangelo: «Così il vangelo del metodo scientifico viene predicato a noi medici già da tempo, e, ultimamente, più spesso e in modo più incisivo di prima; e chi tra i medici non riconosce questo vangelo, non merita più, e io non esito ad affermarlo apertamente, il nome di medico» (1).


Questa linea è stata perseguita anche dal medico tedesco Rudolf Virchow che ha avuto un ruolo di primaria importanza nello sviluppo della medicina del secolo scorso: «Anche la medicina deve tornare alla natura. Internamente essa ha portato a termine questo processo nel momento in cui ha riconosciuto che anche la patologia non è nient’altro che fisiologia. Si tratta ora del passaggio ulteriore, dell’emancipazione esterna. I medici erano diventati sacerdoti che hanno asservito la medicina. Ma la medicina si emancipava come si emancipavano lo stato e la scuola, e questo fino a quando il processo si concluderà con l’emancipazione della società. Dapprima i medici devono diventare nuovamente sacerdoti, i grandi sacerdoti della natura nella società umana. Ma con la diffusione dell’istruzione questo clero si deve dissolvere nel regime laico e la medicina deve cessare di essere una scienza particolare. Il suo scopo ultimo è la costruzione della società sulla base della fisiologia» (2).


Virchow espone una concezione naturalistica: solamente il metodo scientifico consentirebbe di approfondire la conoscenza dei fenomeni naturali e vitali; la filosofia dovrebbe diventare una disciplina delle scienze naturali e abbandonare ogni forma di speculazione metafisica. «Se la filosofia vuole essere la scienza del reale, essa può solamente percorrere la strada delle scienze naturali e cercare nell’esperienza gli oggetti della sua ricerca e conoscenza. Essa allora diventerà scienza naturale non solo per quanto riguarda il contenuto, ma anche in quanto al metodo» (3).


Ridotta la filosofia a disciplina delle scienze naturali, anche la scienza dovrebbe prendere le distanze da ogni forma di speculazione metafisica: «Lo scienziato conosce solamente corpi e proprietà di corpi; chiama trascendente tutto ciò che supera questo ambito e considera la trascendenza come un turbamento dello spirito umano» (4). Come il fisico studia le proprietà dei corpi in generale, così il medico dovrebbe studiare quelle del corpo umano. Questo principio viene applicato anche all’attività psichica: l’unico approccio legittimo sarebbe quello di considerarla unicamente come proprietà del corpo e più precisamente del sistema nervoso. E Wilhelm Griesinger, considerato abitualmente come uno dei fondatori della psichiatria moderna, sosteneva che si doveva «definire l’anima anzitutto come somma di tutti gli stati cerebrali» (5). Lo stesso valeva anche per i disturbi psichici, per cui «ogni forma di alienazione mentale si basa su affezioni cerebrali» (6).


Solo pochi hanno osato criticare e mettere in dubbio l’equiparazione del metodo scientifico alla scienza, fra loro Friedrich Nietzsche ha sottolineato i pericoli del soffocamento della scienza da parte dell’assolutizzazione del metodo scientifico: «Ciò che caratterizza il nostro XIX secolo non è la vittoria della scienza, ma la vittoria del metodo scientifico sulla scienza» (7).


L’affermazione del metodo scientifico ha portato pure a una trasformazione radicale del programma degli studi di medicina e chirurgia. Nel Medio Evo la medicina era stata considerata una philosophia secunda: occupandosi dell’uomo malato essa si occupa dell’uomo, ciò che l’avvicina alla filosofia (8). Ancora nel secolo scorso nelle università tedesche gli studenti di medicina dovevano sostenere come primo esame il «Philosophicum», ma nel 1861 questo venne sostituito dal «Physicum» (9). Questo cambiamento mostra chiaramente il nuovo indirizzo: l’apprendimento della filosofia, e quindi l’acquisizione di una visione complessiva dell’uomo in cui integrare anche i problemi della salute, deve lasciare il posto a un approccio biologico che porterà a innegabili progressi ma anche al frazionamento specialistico, con il rischio di affrontare il problema della malattia in modo riduzionistico.


In ambito scientifico si afferma pure la concezione monista, di cui August Forel, per anni direttore del Burghölzli, la Clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo, era un attivo rappresentante: «Dal momento, quindi, che noi consideriamo materia, forza e coscienza non come cose differenti, ma come astrazioni delle manifestazioni della cosa in sé, questa visione rende del tutto obsoleto l’eterno litigio dualista fra materialisti e spiritualisti. Tutto è tanto anima quanto materia. Questi concetti sono inseparabili e nessuno dei due è originario o superiore, in quanto essi sono una sola cosa» (10). Lo studio di materia ed energia, cioè le scienze fisiche, fornirebbe una base certa per la ricerca sull’attività psichica e sulla coscienza. Forel non si limita però all’ambito scientifico, ma ritiene di dover prendere posizione nei confronti della metafisica e della religione anche nelle sue pubblicazioni scientifiche, nelle quali critica concezioni fondamentali del Cristianesimo e della tradizione biblica: «Noi facciamo fronte contro la costrizione di ogni idolatria di leggende antiquate, insostenibili e infantili, e di concezioni dogmatiche riguardo a proprietà e interventi antropomorfici di una divinità presunta, fornita di debolezze umane. Noi veneriamo invece con la più profonda umiltà l’insondabile onnipotenza eterna, del dio infinito, che si manifesta ovunque, in ogni atomo e che allo stesso tempo è l’universo, governa l’universo e rappresenta la coscienza del mondo; le singole, minuscole particelle non dovrebbero avere mai la temerarietà, o addirittura il delirio di grandezza, di penetrare l’essenza, le leggi fondamentali e le intenzioni del tutto o addirittura di decretarsi più o meno tutt’uno con quello» (11). Può essere interessante ricordare che Forel, non ostante un tale atteggiamento, ha poi aderito a un nuovo movimento religioso, alla religione Baha’i, diventando uno dei fondatori del primo gruppo Baha’i svizzero a Losanna nel 1923 (12).


 


L’applicazione del metodo scientifico al problema dell’uomo ha avuto inizialmente un effetto limitato in quanto il contesto culturale era ancora legato in qualche modo alla tradizione dell’occidente e di questa eredità viveva ancora in misura più o meno consapevole, pensiamo al concetto di fissità della specie e all’idea della posizione privilegiata dell’uomo nell’universo, basata sulla peculiarità delle sue funzioni psichiche: l’autocoscienza, la ragione, la volontà. Nel confronto con i fondamenti culturali della nostra società nuovi indirizzi filosofici sono però diventati sempre più radicali. Il valore della coscienza viene relativizzato sempre più. La coscienza umana non viene considerata come manifestazione di proprietà presenti in potenza in ogni individuo della specie umana, ma come una qualità accidentale, che non corrisponde alla natura dell’uomo, ma è condizionata da fattori esterni, come lo spirito del tempo. La coscienza non corrisponde alla vera natura dell’uomo e non rappresenta il vero motore della vita psichica, che a seconda dei casi viene invece identificato in processi biologici o sociali. L’uomo si autoingannerebbe sul valore assoluto di certi dati della coscienza e della sua vita psichica: la coscienza viene degradata a “falsa coscienza”. D’altra parte questi nuovi indirizzi, anche se unilaterali, hanno rivalutato importanti aspetti della vita umana, come l’influenza sull’attività psichica di fattori non-razionali e sociali; si tratta di un’opera meritoria – fino a quando non si è caduti nell’assolutizzazione ideologica del proprio punto di vista – in un clima culturale spesso dominato da correnti razionalistiche che sopravvalutavano le possibilità dell’individuo di emancipare la propria autonomia in modo quasi totale.


 


2. Psicoanalisi


La psicoanalisi – la teoria e la corrispondente tecnica psicoterapeutica sviluppate da Sigmund Freud – si fonda su due teorie, strettamente collegate fra di loro, quella della Libido e dell’inconscio. I veri motori della vita psichica vengono identificati negli istinti, i cui meccanismi d’azione profondi, localizzati nell’inconscio, sarebbero inaccessibili alla normale conoscenza. L’educazione e la trasmissione di valori della società impedirebbero il soddisfacimento degli istinti e condurrebbero alla loro più o meno accentuata rimozione. Questo meccanismo non riuscirebbe a eliminare certi contenuti psichici ma solo a rimuoverli nell’inconscio, e a ostacolare il loro accesso diretto alla coscienza, mentre non potrebbe essere evitato il loro influsso indiretto sulla coscienza sotto forma di sintomi nevrotici, contenuti onirici, disturbi psichici, ecc. Solo il metodo psicoanalitico sarebbe in grado di decifrare le comunicazioni dell’inconscio contenute in forma simbolica nei sogni e nei sintomi nevrotici, di comprendere i meccanismi sottostanti e di curarli adeguatamente.


 


3. Psichiatria sociale


Con psichiatria sociale si intende talvolta solo un particolare indirizzo all’interno della psichiatria, che presta una particolare attenzione al problema dell’integrazione sociale – in pericolo o già compromessa – di malati psichici e che si impegna particolarmente per il loro reinserimento all’interno della società. In questa prospettiva la psichiatria sociale è solo una componente della psichiatria generale e l’impegno socialpsichiatrico rappresenta solo un aspetto dell’attività dello psichiatra.


Ma nella psichiatria sociale vi sono correnti che vedono nei fattori sociali la causa più importante per i disturbi psichici e per il loro decorso: non sarebbero i disturbi psichici ad avere come conseguenza anche un crescente disagio sociale, ma proprio il disagio sociale, i conflitti interpersonali – ad esempio all’interno della famiglia o più in generale nei rapporti con persone d’autorità – o i conflitti sociali veri e propri potrebbero causare una sofferenza psichica che nelle persone più sensibili o più esposte a tali fattori potrebbe assumere ll carattere di malattia vera e propria. In altri termini, condizioni sociali sarebbero responsabili della genesi di disturbi psichici e un decorso sfavorevole di una malattia psichica non dipenderebbe tanto dalla sua natura in sé, ma piuttosto da fattori sociali che continuano a manifestare la loro azione patogena, dalla scarsa volontà politica di occuparsi dei problemi di queste persone, da meccanismi di esclusione di comportamenti devianti. Questa forma di psichiatria sociale utilizza spesso categorie marxiste.


Si possono ricordare al proposito le tesi di Karl Marx su Feuerbach: «Nella sua realtà, essa [l’essenza umana] è l’insieme dei rapporti sociali» (13). Se l’uomo è l’insieme di rapporti sociali, la sua personalità rispecchia le disarmonie della società in cui si è sviluppata, per cui i conflitti psichici dovrebbero essere ricondotti a conflitti e contraddizioni sociali.


I concetti psichiatrici di conflitto e di alienazione vengono interpretati in chiave marxista. L’alienazione del lavoratore a causa dei rapporti sociali esistenti comporterebbe anche l’alienazione della sua coscienza e della sua personalità, e quindi un’alienazione nell’accezione psichiatrica del termine. Tali ipotesi richiedono anche nuovi obiettivi per la terapia: non si tratta tanto di curare il singolo o di facilitare il suo reinserimento nella società esistente, ma di modificare i rapporti sociali, per agire contro fattori patogeni e meccanismi di esclusione. Per l’ala socialista della psichiatria sociale questo fine non è realizzabile negli attuali rapporti sociali e la causa principale dei fallimenti terapeutici sarebbe «[…] l’ordinamento sociale capitalista; la psichiatria sociale sarebbe realizzabile solamente sul terreno della visione dell’uomo marxista e di una medicina statalizzata» (14).


 


4. Antipsichiatria


Proprio l’applicazione coerente di queste categorie ha portato alle forme più note dell’antipsichiatria contemporanea. Correnti antipsichiatriche non sono né nuove né rare, dal Reformbewegung a cavallo del XIX e XX secolo, che interpretava le malattie in generale come conseguenze di una condotta di vita sempre più lontana dalla natura e si aspettava quindi la guarigione dal ritorno alla natura stessa (15), fino alle prese di posizione degli esponenti del movimento surrealista con una Lettera ai primari di manicomi comparsa sulla rivista ufficla edel movimento  La Révolution surréaliste nel 1925:


«Non solleveremo il problema degli internamenti arbitrari, per evitare la fatica dei dinieghi. Noi affermiamo che un gran numero dei vostri ospiti, perfettamente pazzi stando alla definizione ufficiale, sono stati, anch’essi, arbitrariamente internati. Non ammettiamo che si ostacoli il libero svilupparsi di un delirio che è legittimo, logico tanto quanto qualsiasi altra serie di idee o di atti umani. La repressione delle reazioni antisociali è, per principio, altrettanto chimerica quanto inaccettabile. I pazzi sono le vittime individuali per eccellenza della dittatura sociale; […]


Senza insistere troppo sulla natura assolutamente geniale insita nelle manifestazioni di certi pazzi, nella misura in cui siamo adatti ad apprezzarle, affermiamo l’assoluta legittimità della loro concezione della realtà e di tutte le azioni che da essa derivano» (16).  In tempi piú recenti una critica radicale alla pratica psichiatrica è stata esercitata da parte della Chiesa di Scientologia (17).


Le forme moderne e più note di antipsichiatria hanno come riferimento teorie marxiste. Questo tipo di antipsichiatria accusa la psichiatria accademica di isolare, nello studio dei disturbi psichici, la malattia dal suo contesto sociale, concentrando l’attenzione sul singolo individuo, e di attribuire alla malattia menatle un’esistenza autonoma separandola dalle sue cause vere, cioè sociali. In questo modo l’attività psichiatrica finirebbe per distogliere l’attenzione dai rapporti di potere responsabili del disagio sociale, contribuendo di fatto a rafforzare la sottomissione di cosiddetti malati ai rapporti di potere dominanti. La psichiatria non sarebbe quindi una scienza neutrale ma uno strumento di potere della classe sociale dominante. Convinti che ogni attività ispirata alla psichiatria sarebbe una forma di violenza e che solamente una trasformazione dei rapporti sociali potrebbe migliorare le condizioni di vita di tutti gli uomini, alcuni psichiatri hanno preferito rompere radicalmente con la psichiatria e con il proprio ruolo come psichiatri per impegnarsi nei movimenti attivi per le trasformazioni sociali.


 


5. L’utopia della salute assoluta


Nonostante tutte le differenze nelle correnti descritte è possibile riconoscere un denominatore comune, cioè la pretesa che una determinata teoria possa chiarire completamente la natura dei disturbi psichici e offra pure i rimedi adeguati: la malattia non avrebbe ragione d’essere, in quanto ci sono le conoscenze adeguate per prevenire le malattie, oppure per curarle in modo adeguato. Una mancata guarigione dipenderebbe solamente dalla mancanza di volontà di alcuni interessati. A questo proposito alcuni autori hanno parlato dell’utopia della salute assoluta (18): la teoria medica diventa un’ideologia che promette una condizione in cui i confini fra male e malattia, salute e salvezza, guarigione e redenzione diventano sempre più esigui. L’ideologia medica promette non solo un buon trattamento e il miglioramento di una malattia, ma anche l’eliminazione di ogni malattia e della sofferenza, non solo del singolo individuo ma anche di tutto il genere umano. Una tale utopia contraddice l’esperienza quotidiana del medico, ma anche di ogni uomo – della caducità dell’esistenza umana: si possono trattare singole malattie, lenire sofferenze, ma malattia e sofferenza non possono essere eliminati completamente.


 


6. Modello bio-psico-sociale e dimensione personale


Le correnti più importanti della psichiatria sottolineano l’importanza di fattori biologici, psichici e sociali per l’attività psichica e per la comprensione dei suoi disturbi. Negli ultimi tempi si cerca talvolta di superare il riduzionismo dei singoli indirizzi integrandoli in una visione unica, il cosiddetto modello bio-psico-sociale. Questo modello presenta vantaggi rispetto all’unilateralità dei singoli approcci e consente pure di riprenderne gli aspetti positivi, però non può superare il riduzionismo di fondo, poiché non prende in considerazione la dimensione personale dell’uomo. Un modello d’uomo integrale non può nascere dalla somma di alcune visioni parziali e riduzioniste, ma dal riconoscimento della dimensione personale dell’uomo, che fonda la totalità dell’essere umano. Certamente nell’uomo vi sono diversi gradi dell’essere ai quali corrispondono anche determinate relazioni, interazioni e quindi possibili reciproci influenzamenti: «Quanto più è elevata l’interiorità, tanto più elevata è la forma del rapporto reale, tanto più elevato e tanto più vasto è il campo delle sue relazioni, vale a dire il mondo. […] Il mondo della pianta non va al di là dell’immediata vicinanza dei suoi contatti; il mondo del bruto si spinge, in estensione e profondità, fin dove può arrivare la conoscenza sensibile. Il mondo dell’io pensante è la totalità delle cose esistenti; il mondo dello spirito è la realtà universale». (19) Questa gerarchia vale analogamente anche per le varie dimensioni dell’essere umano e dei suoi disturbi, vegetativo, istintivo e psichico vero e proprio.


 


Il riconoscimento della dimensione personale dell’uomo apre nuove prospettive alla psichiatria. Solamente pochi psichiatri hanno affrontato questo ambito, si può ricordare, per esempio, l’Analisi esistenziale dello psichiatra svizzero Ludwig Binswanger, che apprezzava l’importanza dei metodi di ricerca delle scienze naturali in psichiatria, ma che si chiedeva pure: «Quello che ne risulta sul piano scientifico è l’individuazione e la conoscenza di forze e di potenze astratte che dominano l’uomo e che lo hanno completamente in loro balìa, e che inoltre assicurano e regolano la meccanica della sua vita. Dobbiamo però sempre ricordare “che la meccanica che produce l’immagine di un fenomeno non è identica al significato di questa immagine”, cioè che l’uomo è più di un homme-machine nel senso di Lamettrie» (20). E, «Ma ormai sappiamo che la scienza naturale non esaurisce la totalità dell’esperienza umana dell’uomo. Dato che essa omette la persona e la comunicazione e,  […] il Sé e il significato o senso» (21).


Proprio l’importanza attribuita al problema del senso dell’esistenza ha un ruolo centrale nella Logoterapia dello psichiatra austriaco Viktor Frankl.


Queste correnti mostrano che la psichiatria deve riconoscere i propri limiti e quindi la necessità di un lavoro interdisciplinare. L’uomo non è solamente un essere di natura, che deve essere esaminato per mezzo delle scienze naturali. La dimensione personale può essere colta nella pratica quotidiana solo quando si riesce a conciliare l’approccio clinico scientifico alla malattia con la consapevolezza che il “portatore” della malattia è un essere umano, con una sua dignità, con una sua storia, con un suo sistema di valori, con un suo progetto di vita. Per la comprensione di questa dimensione possono fornire un aiuto considerevole psicologia, filosofia e teologia.


 


Note


* Versione modificata della relazione Gesundheit und Wahrheit aus psychiatrischer Sicht tenuta al 1. Churer Philosophentag il 6 novembre 1993 alla Theologische Hoschule di Coira.


 


1) Karl Hueter, cit. in H. Schipperges: Psychiatrie in Enwticklung. Grundzüge – Schwerpunkte – Leitlinien [Psichiatria in evoluzione. Tratti fondamentali – priorità – direttrici]. In Psychopathologie als Grundlagenwissenschaft [Psicopatologia cone scienza dei fondamenti] a cura di Werner Janzarik, Enke, Stoccarda 1979, p. 19.


2) Heinrich Schipperges, Utopien der Medizin. Geschichte und Kritik der ärztlichen Ideologie des 19. Jahrhunderts [Utopie della medicina. Storia e critica dell’ideologia medica del secolo XIX.]. Müller, Salisburgo 1968, p. 47.


3) Ibid., p. 51.


4) Cit. in ibid., p. 37.


5) Wilhelm Griesinger, Die Pathologie und Therapie der psychischen Krankheiten für Ärzte und Studierenden [Patologia e terapia delle malattie psichiche per medici e studenti]. Krabbe, Stoccarda 1861, p. 6.


6) Ibid., p. 8.


7) Friedrich Nietzsche, Aus dem Nachlass der Achtizgerjahre. [Dalle opere postume degli anni Ottanta] in Id., Werke in drei Bänden [Opere in tre volumi] a cura di Karl Schlechta, Wissenschaftliche Buchgesellschaft Darmstadt, 1982, Vol.III, p.19. 


8) Cfr. H. Schipperges, Il giardino della salute. La medicina nel medioevo. Tr. it. Garzanti, Milano 1988, p. 160 e segg.


9) Cfr. H. Schipperges, Ärztliche Bildung: Tradition – Situation – Projektion [La form,azione del medico: tradizione, situazione, prospettive]. In Ausbildung zum Arzt von Morgen [la formazione del medico di domani] a cura di Idem, Thieme, Stoccarda 1971, p. 9.


10) August Forel, Gehirn und Seele [Cervello e anima]. Zeitschrift für Hypnotismus [Giornale di ipnotismo], 3a annata, 1894-1895, p.15.


11) Ibide.19.


12) A. Forel in Die Medizin der Gegenwart in Selbstdarstellungen [La medicina contemporanea in descrizioni autobiografiche] a cura di L. R. Grotte. Meiner, Lipsia s.d., p. 26.


13) Karl Marx, Tesi su Feuerbach, in Feurbach, Marx, Engels, Materialismo dialettico e materialismo storico, a cura di Cornelio Fabro, La Scuola, Brescia 1962, p. 83.


14) Ambros Uchtenhagen, Voce Sozialpsychiatrie [Psichiatria sociale] in Handwörterbuch der Psychiatrie [Manuale di psichiatria]. Enke, Stoccarda 1992, p. 576.


15) Cfr. per es. Karl E. Rothschuh, Naturheilbewegung, Reformbewegung, Alternativbewegung [Movimento delle terapie naturali, movimento di riforma, movimento alternativo]. Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1983.


16) Lettera ai primari di manicomi pubblicata in La Révolution surréaliste, n 3., 15 aprile 1925, in Maurice Nadeau, Storia e antologia del surrealismo. Trad. it., Arnoldo Mondadori, Milano 1972, pp.194-195.


17) «Poche cause sono così care agli scientologi come la campagna della Chiesa contro la psichiatria. […] La Citizens Commission on Human Rights, fondata nel 1969, rappresenta la punta avanzata dell’attacco di Scientology contro la psichiatria» J. Gordon Melton La Chiesa di Scietology. Trad. it., Elledici, Leumann (Torino) 1998, pp. 68-69.


18) Cfr. per es. Oskar Köhler, Die Utopie der absoluten Gesundheit [L’utopia della salute assoluta], in Krankheit, Heilkunst, Heilung [Malattia, arte medica, guarigione] a cura di Heinrich Schipperges et al., Alber, Friburgo in Brisgovia e Monaco di Baviera 1978.


19) Josef Pieper, Verità delle cose. Un’indagine sull’antropologia del Medio Evo. Trad. it. Massimo, Milano 1981, p. 106.


20) Ludwig Binswanger, La concezione dell’uomo in Freud, in Id. Essere nel mondo. Con una introduzione critica alla sua analisi esistenziale di Jacob Needleman. Trad. it. Astrolabio, Roma 1973, p. 172.


21) Ibid., p. 176.