Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (530-557)

Di Adolfo Tanquerey PARTE PRIMA I principii. Capitolo V. Dei mezzi generali di perfezione. Art. II. I mezzi esterni di perfezione. § I. Della direzione spirituale. I. Necessità morale della direzione. 1° Prova d’autorità. 2° Prova di ragione fondata sulla natura del progresso spirituale. II. Regole per assicurare la buona riuscita della direzione. 1° Oggetto della direzione. 2° Doveri del direttore e del diretto.

ART. II. I MEZZI ESTERNI DI
PERFEZIONE.

530.   Questi mezzi possono ridursi a
quattro principali:


  • la
    direzione, che ci dà una guida sicura;

  • il
    regolamento di vita, che ne continua e ne compie l’azione;

  • le
    letture e le esortazioni spirituali, che ci propongono
    l’ideale da attuare; e

  • la
    santificazione delle relazioni sociali, che rende soprannaturali
    tutte le nostre relazioni col prossimo.



§ I. Della direzione
spirituale
 530-1.

Cercheremo di porre bene in luce due cose:


  • 1° la
    necessità morale della direzione;

  • 2° i
    mezzi per assicurarne la buona riuscita.



I. Necessità morale della direzione.

La direzione, benchè non sia assolutamente necessaria alla santificazione
delle anime, è per loro il mezzo normale di progresso spirituale, come
viene dimostrato dall’autorità e dalla ragione fondata
sull’esperienza.


PROVA D’AUTORITÀ.

531.   A) Dio, avendo
costituita la Chiesa come società gerarchica, volle che le anime fossero
santificate per mezzo della sottomissione al Papa e ai Vescovi nel foro esterno,
ai confessori nel foro interno. Quindi quando Saulo si convertì, Gesù, in cambio
di rivelargli egli stesso i suoi disegni, lo manda ad Anania perchè conoscesse
dalla sua bocca ciò che doveva fare. Partendo da questo fatto, Cassiano, S.
Francesco di Sales e Leone XIII mostrano la necessità della direzione:
“Troviamo, dice quest’ultimo, alle origini stesse della Chiesa una celebre
manifestazione di questa legge: benchè Saulo, spirante minacce e carneficine,
avesse inteso la voce di Cristo stesso e gli avesse chiesto: Signore, che
volete ch’io faccia?
pure fu inviato ad Anania, in Damasco: Entra in
città e là ti sarà dello quel che devi fare.”
E aggiunge: “Così fu sempre
praticato nella Chiesa; questa è la dottrina unanimemente professata da tutti
coloro che, nel corso dei secoli, rifulsero per scienza e
santità” 531-1.

532.   B) Non potendo citare
tutte le tradizionali autorità, daremo uno sguardo ad alcuni testimoni che si
possono considerare come i rappresentanti autentici della teologia ascetica.
Cassiano, che aveva passato lunghi anni fra i monaci della Palestina,
della Siria e dell’Egitto, consegnò la loro e sua dottrina in due opere. Nella
prima, il libro delle Istituzioni, raccomanda vivamente ai giovani
cenobiti di aprire il cuore al vegliardo incaricato della loro direzione, di
manifestargli senza falsa vergogna i più segreti pensieri, e di rimettersi
intieramente al suo parere nel discernimento del buono e del
cattivo 532-1. Ritorna su questo punto nelle sue
Conferenze, e, mostrati i pericoli a cui s’espongono coloro che non
consultano gli anziani, conchiude che il miglior mezzo di trionfare delle più
pericolose tentazioni è di manifestarle a un saggio consigliere, adducendo in
ciò l’autorità di S. Antonio e dell’abate Serapione 532-2.

Ciò che Cassiano insegna ai monaci d’Occidente, S. Giovanni Climaco
l’inculca ai monaci d’Oriente nella Scala del Paradiso. Agli
incipienti fa notare che coloro che vogliono uscir dall’Egitto e domare
le sregolate passioni, hanno bisogno d’un Mosè che faccia loro da guida. Ai
proficienti dichiara che, per seguir Gesù Cristo e godere della santa
libertà dei figli di Dio, bisogna umilmente affidar la cura dell’anima propria a
un uomo che sia il rappresentante del divino Maestro; e badare a sceglierlo
bene, perchè gli si dovrà ubbidire con semplicità, nonostante i piccoli difetti
che si potessero notare in lui, l’unica cosa da temersi essendo quella di
seguire il proprio giudizio 532-3.

533.   Per il Medioevo basteranno due
autorità. S. Bernardo vuole che i novizi nella vita religiosa abbiano una
guida, un pedagogo che li istruisca, li diriga, li consoli e li
animi 533-1. Alle persone più avanzate in età, per
esempio al canonico Ogier, dichiara che chi prende sè stesso a maestro o
direttore, si fa discepolo d’uno stolto: “qui se sibi magistrum
constituit,
stulto se discipulum facit”; e aggiunge: “Non so che cosa
pensino gli altri di sè stessi su questo argomento; io parlo per esperienza, e
quanto a me dico che mi è più facile e più sicuro comandare a molti che guidar
me solo” 533-2. Nel secolo XIV, S. Vincenzo
Ferreri, eloquente predicatore domenicano, dopo avere affermato che la direzione
fu sempre praticata dalle anime che vogliono progredire, ne dà questa ragione:
“Chi ha un direttore al quale obbedisce senza riserva e in tutte le cose,
arriverà molto più facilmente e più presto che non farebbe da solo, anche se
fornito di vivissima intelligenza e di dotti libri in materia
spirituale” 533-3.

534.   Non nelle sole comunità ma
anche nel mondo si sentiva il bisogno d’una guida spirituale: ne sono prova le
lettere di S. Girolamo, di S. Agostino e di molti altri Padri a
vedove, a vergini, a secolari 534-1. Ha dunque ragione S. Alfonso di
dire, spiegando i doveri del confessore, che uno dei principali è quello
di dirigere le anime pie 534-2.

Del resto la ragione stessa, illuminata dalla fede e dall’esperienza, ci
mostra la necessità d’un direttore per progredire nella perfezione.


PROVA DI RAGIONE FONDATA SULLA NATURA DEL PROGRESSO SPIRITUALE.

535.   A) Il progresso
spirituale è lunga e penosa ascensione per ripido sentiero, fiancheggiato da
precipizi: grave imprudenza sarebbe l’avventurarvisi senza un’esperta guida. È
così facile illudersi sul conto proprio! Non è possibile che vediamo
intieramente chiaro quando si tratta di noi stessi, dice S. Francesco di
Sales, non possiamo essere giudici imparziali in causa propria, per una certa
compiacenza “così segreta ed impercettibile che, se non si ha buona vista, non
si può scoprire, e quelli stessi che ne son presi, non la conoscono se non la si
fa loro vedere” 535-1. Onde conchiude che abbiamo bisogno d’un
medico spirituale per fare una diagnosi imparziale sullo stato dell’anima nostra
e prescrivere i rimedii più efficaci: “Oh! perchè vorremmo essere maestri di noi
stessi per ciò che riguarda lo spirito, quando non lo siamo per ciò che riguarda
il corpo? Non sappiamo forse che i medici, quando sono infermi, chiamano altri
medici per farsi indicare i rimedi buoni per loro?” 535-2

536.   B) A capir meglio questa
necessità, basta esporre brevemente i principali scogli che s’incontrano in
ognuna delle tre vie che conducono alla perfezione.

a) Gli incipienti hanno da temere le ricadute e, per evitarle,
devono fare lunga e laboriosa penitenza, proporzionata al numero e alla gravità
delle colpe. Ora gli uni, dimenticando presto il passato, vogliono entrar subito
nella via dell’amore, e questa presunzione è presto seguita dal ritiro delle
consolazioni sensibili, dallo scoraggiamento e da nuove cadute; gli altri si
danno con eccesso alle mortificazioni esteriori compiacendosene vanamente, onde
si guastano la salute, e, volendo poi curarsi, cadono nel rilassamento. È quindi
necessario che un esperto direttore tenga gli uni nello spirito e nella pratica
della penitenza, e calmi l’intempestivo ardore degli altri.

Altro scoglio è l’aridità spirituale che succede alle consolazioni
sensibili: si teme allora essere abbandonati da Dio, si omettono gli esercizi di
pietà perchè paiono sterili, e si cade nella tiepidezza. Chi dunque farà
schivare questo pericolo se non un saggio direttore, il quale, nel tempo delle
consolazioni, avvertirà che non durano sempre, e al venire dell’aridità,
consolerà, rassicurerà, fortificherà queste anime, mostrando che non c’è nulla
di meglio per rassodarci nella virtù e purificare il nostro amore?

537.   b) Entrando nella via
illuminativa,
non occorre forse ancora una guida per discernere le
principali virtù che convengono a questa, o a quella persona, i mezzi per
esercitarvisi, il metodo da seguire per fruttuosamente esaminarsi sui progressi
fatti e sulle debolezze commesse? E quando sorga quel sentimento di
stanchezza, che presto o tardi si prova accorgendosi che la via della
perfezione è più lunga e più penosa di quanto uno s’immaginava, chi farà che
questa impressione non degeneri in tiepidezza se non l’affetto paterno d’un
direttore che saprà indovinare l’ostacolo, prevenire lo scoraggiamento,
consolare il penitente, stimolarlo a sforzi novelli e fargli intravedere i
frutti di questa prova sopportata valorosamente?

538.   c) Più necessaria ancora
è la direzione nella via unitiva. Per entrarvi, è necessario coltivare i
doni dello Spirito Santo con generosa e costante docilità alle ispirazioni della
grazia. Ora, per discernere le ispirazioni divine da quelle che vengono dalla
natura o dal demonio si ha spesso bisogno degli avvisi di un savio e
disinteressato consigliere. Più indispensabile ancora è quando si entra nelle
prime prove passive, quando le aridità, le noie, i timori della divina
giustizia, le insistenti tentazioni, l’impossibilità di meditare in modo
discorsivo e le contraddizioni del di fuori vengono a rovesciarsi addosso a una
povera anima e a gettarla in profondo turbamento; è chiaro che ci vuole allora
una guida che prenda a rimorchio questa sperduta navicella. Avviene lo stesso
quando si godono le dolcezze della contemplazione: questo stato suppone tanta
discrezione, umiltà, docilità, e principalmente tanta prudenza per saper ben
conciliare la passività con l’attività, che è moralmente
impossibile non smarrirsi senza i consigli d’una guida molto accorta. Ecco
perchè Santa Teresa apriva l’anima con tanta semplicità ai suoi direttori; ecco
perchè S. Giovanni della Croce ritorna spesso sulla necessità di aprirsi
tutto al direttore: “Dio, dice, brama talmente che l’uomo si assoggetti alla
direzione d’un altro uomo, che non vuole assolutamente vederci prestar piena
credenza alle verità soprannaturali da lui stesso comunicate prima che siano
passate per il canale d’una bocca umana” 538-1.

539.   A compendiare quanto abbiamo
detto, non c’è di meglio che citare le parole del P. Godinez: “Su
mille persone che Dio chiama alla perfezione dieci appena corrispondono, e su
cento che Dio chiama alla contemplazione, novantanove mancano all’appello…
Bisogna riconoscere che una delle cause principali è la mancanza di maestri
spirituali… Costoro sono, dopo la grazia di Dio, i nocchieri che guidano le
anime attraverso lo sconosciuto mare della vita spirituale. E se nessuna
scienza, nessuna arte, per semplice che sia, può essere imparata senza un
maestro che l’insegni, tanto meno si potrà imparare quell’alta sapienza della
perfezione evangelica ove s’incontrano così profondi misteri… Stimo quindi
cosa moralmente impossibile che, senza miracolo o senza maestro, un’anima possa
per lunghi anni passare per ciò che vi è di più alto e di più arduo nella vita
spirituale senza correr rischio di perdersi”.

540.   Si può dunque dire che la via
normale per far progressi nella vita spirituale sta nel seguire i
consigli d’un saggio direttore. Infatti la maggior parte delle anime fervorose
ne sono persuase e praticano la direzione al santo tribunale della penitenza.
Quando, in questi ultimi anni, si volle formare una schiera di anime
elette, nessun altro mezzo fu giudicato migliore della direzione
premurosamente praticata nei patronati, nelle colonie estive e principalmente
nei ritiri chiusi. Nulla dunque di più efficace per santificar le anime, a patto
che vi si osservino le regole che ora richiameremo.

II. Regole per assicurare la buona
riuscita della direzione.


Perchè la direzione sia proficua, è necessario:


  • 1° determinarne
    bene l’oggetto;

  • 2° procurare
    la collaborazione del direttore e del diretto.




OGGETTO DELLA DIREZIONE.

541.   A) Principio
generale.
L’oggetto della direzione è tutto ciò che riguarda la formazione
spirituale delle anime. La confessione tocca soltanto l’accusa delle colpe; la
direzione va molto più in là. Risale alle cause dei peccati, alle
inclinazioni profonde, al temperamento, al carattere, alle abitudini contratte,
alle tentazioni, alle imprudenze; e ciò per poter trovare i veri rimedii,
quelli che mirano alla radice stessa del male. Per meglio combattere i difetti,
si occupa delle opposte virtù, virtù comuni a tutti i cristiani e
virtù speciali a ogni categoria di persone; dei mezzi per meglio
praticarle; degli esercizi spirituali che, come la meditazione, l’esame
particolare, la devozione al SS. Sacramento, al Sacro Cuore, alla
SS. Vergine, ci forniscono armi spirituali per avanzarci nella pratica
delle virtù. Tratta della vocazione, e, regolata che sia questa partita,
dei doveri particolari di ogni stato. L’oggetto dunque, come si vede. ne è molto
esteso.

542.   B) Applicazioni.
a
) Per ben dirigere un’anima, il direttore deve conoscere ciò che vi è di
principale nella sua vita passata, le colpe abituali, gli sforzi già
tentati per correggersene e i risultati ottenuti, a fine di veder bene ciò che
resta da fare; poi le disposizioni presenti, le inclinazioni, le
ripugnanze, il genere di vita che si mena, le tentazioni che si provano e la
tattica tenuta per vincerle, le virtù di cui si sente maggior bisogno e i mezzi
usati per acquistarle; tutto ciò per poter dare più opportuni consigli.

b) Solo allora si può più facilmente stendere un programma di
direzione;
programma pieghevole che s’adatti allo stato attuale del
penitente per renderlo migliore. Non si può infatti guidare tutte le anime allo
stesso modo; bisogna prenderle al punto in cui si trovano, per aiutarle a salire
gradatamente, senza far troppi salti, il ripido sentiero della perfezione. E poi
le une sono più ardenti e generose, le altre più calme e più lente; non tutte
sono chiamate allo stesso grado di perfezione.

543.   Vi è però un ordine
progressivo
da seguire, onde si può avere una certa unità di direzione.
Diamone alcuni esempi.

1) Da principio si deve inseenare alle anime a santificar bene tutte le
azioni ordinarie,
offrendole a Dio in unione con Nostro Signore (n. 238).
È questa una pratica da osservare per tutta la vita e su cui bisogna ritornare
assai spesso, collegandola collo spirito di fede che è così necessario in
tempi di tanto naturalismo.

2) La purificazione dell’ anima con la pratica della penitenza
e della mortificazione non deve mai smettersi intieramente e bisogna
richiamarvi spesso le anime dirette, tenendo conto delle loro spirituali
disposizioni per variare opportunamente gli esercizi di questa virtù.

3) L’umiltà, come virtù fondamentale, dev’essere inculcata quasi fin da
principio e richiamata spesso ai penitenti in tutti gli stadii della vita
spirituale.

4) La carità verso il prossimo viene frequentemente violata anche
dalle persone devote, onde vi si insisterà molta negli esami di coscienza e
nelle confessioni.

5) Essendo l’unione abituale con Nostro Signore, modello e
collaboratore, uno dei mezzi più efficaci di santificazione, non si deve temere
di ritornarvi sopra di frequente.

6) La forza di carattere, fondata su convinzioni profonde è virtù
particolarmente necessaria ai dì nostri, onde bisogna diligentemente coltivarla
e aggiungervi l’onestà e la lealtà che ne sono inseparabili.

7) L’apostolato è specialmente richiesto in un secolo di proselitismo
come il nostro, e il direttore deve mirare a formar schiere di anime
elette,
che possano aiutare il sacerdote nelle mille occorrenze
dell’evangelizzazione delle anime.

Quanto al resto, non c’è che da tener conto di quanto diremo spiegando le tre
vie.


DOVERI DEL DIRETTORE E DEL DIRETTO.

La direzione non otterrà serii risultati se direttore e diretto non lavorano
insieme a quest’opera comune, animati tutti e due di buona volontà.

1) I doveri
del direttore.

544.   S. Francesco di Sales
dichiara che il direttore deve possedere tre doti principali 544-1 : “bisogna che sia pieno di
carità, di scienza e di prudenza: se manca una di queste
tre doti, c’è pericolo”.

A) La carità che gli è necessaria è un affetto
soprannaturale e paterno che gli fa vedere nei diretti figli
spirituali affidatigli da Dio stesso, perchè vi faccia crescere Gesù Cristo e le
sue virtù: “Filioli mei, quos iterum parturio donec formetur Christus in
vobis”
 544-2.

a) Li circonda quindi tutti della stessa sollecitudine e delle stesse
premure facendosi tutto a tutti per tutti santificarli, spendendo tempo, cure e
anche se stesso, per formare in loro le cristiane virtù. Avverrà certamente che,
nonostante gli sforzi si sentirà talora attratto più verso gli uni che verso gli
altri, ma dovrà con la volontà reagire contro le simpatie od antipatie naturali;
e schiverà con la massima cura quelle affezioni sensibili che mirerebbero a
crear degli attacchi, innocenti da principio, poi disturbanti e pericolosi così
per la sua riputazione come per la sua virtù. Voler affezionare a sè cuori fatti
per amar Dio, è una specie di tradimento, come ben dice l’Olier: “Avendoli
Nostro Signore scelti (si tratta dei direttori di anime) per andare a
conquistargli dei regni, vale a dire i cuori degli uomini, che gli appartengono,
che acquistò coll’efflusione del sangue e in cui vuole stabilire il suo impero,
in cambio di dargli questi cuori come a loro legittimo sovrano, li prendono per
sè e se ne rendono padroni e proprietari…… Oh! quale ingratitudine, quale
infedeltà, quale oltraggio, quale perfidia!” 544-3. E sarebbe pure porre quasi
insormontabile ostacolo al progresso spirituale dei diretti, come
all’avanzamento proprio, non volendo Dio saperne di cuori divisi.

545.   b) Questa bontà non deve
però essere debolezza ma associarsi alla fermezza e alla
franchezza; il direttore avrà il coraggio di fare paterne ammonizioni, di
additare e di combatterei difetti dei penitenti, e di non lasciarsi dirigere
da loro.
Vi sono persone molto destre, molto cerimoniose, che vogliono sì un
direttore ma a patto che s’acconci ai loro gusti e alle loro fantasie; più che
direzione costoro cercano approvazione della loro condotta: per star in guardia
contro abusi di questo genere, ove potrebbe andarne anche della sua coscienza,
il direttore non si lascerà cogliere dai raggiri di questi o di queste
penitenti, ma, ricordandosi che rappresenta Gesù Cristo, darà ferme decisioni
secondo le regole della perfezione e non secondo i desideri dei diretti.

546.   c) Specialmente nella
direzione delle donne occorre riserbo e fermezza. Il
P. Desurmont, uomo di grande esperienza, scrive a questo
proposito 546-1: “Nessuna prola affettuosa, nessuna
espressione di tenerezza, nessun secreto colloquio che non sia indispensabile;
nulla di troppo espressivo nè nello sguardo nè nel gesto, neppur l’ombra di
familiarità; in fatto di conversazioni il puro necessario; in fatto di relazioni
diverse da relazioni di coscienza, solo quelle che hanno seria utilità; nessuna
direzione fuori del confessionale e nessun commercio epistolare per quanto è
possibile”. Quindi, pur mostrando la premura che si porta alla loro anima,
bisogna nascondere quella che si porta alla loro persona: “non devono neppur
sospettare che si pensa a loro o che si ha premura di loro, perchè sono
cosiffatte che, se si accorgono che ci sia stima particolare o affezione, cadono
quasi irresistibilmente nel naturale o per vanità o per affetto”. E aggiunge:
“Generalmente è bene che ignorino quasi di esser dirette. La donna ha il difetto
della sua buona qualità: è istintivamente pia ma è anche istintivamente
orgogliosa della sua pietà. L’addobbo dell’anima la impressiona come quello del
corpo. L’accorgersi che si vuole arnarla di virtù, è ordinariamente un pericolo
per lei”. Si dirigono quindi senza dirlo; e si danno loro consigli di perfezione
come se si trattasse di cose comuni alle anime.

547.   B) Alla santa premura
aggiungerà la scienza, cioè la conoscenza della teologia ascetica tanto
necessaria al confessore, come abbiamo provato al n. 36.
Non lascerà dunque di leggere e rileggere autori spirituali, correggendo i
giudizi suoi su quelli di cotesti autori e confrontando la condotta sua con
quella dei Santi.

548.   C) Ma gli occorre
sopratutto prudenza e sagacia per dirigere le anime non secondo le
proprie idee ma secondo i movimenti della grazia, il temperamento e il carattere
dei penitenti, e le soprannaturali loro
inclinazioni 548-1.
a) Il P. Libermann faceva giustamente osservare che il
direttore non è che uno strumento a servizio dello Spirito
Santo 548-2; deve quindi prima di tutto studiarsi di
conoscere, con prudenti interrogazioni, l’azione di questo divino Spirito in
un’anima; “Considero, scriveva, come punto capitale in fatto di direzione, il
discernere in ogni anima le disposizioni che vi si trovano: ciò che lo stato
interiore di quest’anima può portare; il lasciar operare la grazia con grande
libertà; il distinguere le false ispirazioni dalle vere e impedire alle anime di
deviare o di eccedere nelle loro inclinazioni”. In un’altra lettera aggiunge:
“Il direttore, visto che abbia e accertato che Dio opera in un’anima, non deve
far altro che guidare quest’anima in guisa che essa segua la grazia e sia
fedele. Mai deve ispirarle i propri gusti e le proprie inclinazioni, nè guidarla
secondo il suo modo di fare o il suo modo di vedere. Il direttore che si
regolasse così, stornerebbe spesso le anime dalla condotta di Dio e
contrarierebbe spesso la grazia di Dio in loro”.

Aggiungeva però che questo si applica alle anime che corrono difilate alla
perfezione. Per le tiepide e rilassate sta al direttore a studiarsi con
esortazioni, consigli, riprensioni, con tutte le industrie dello zelo, di
strapparle al loro letargo spirituale.

549.   b) La prudenza di cui
qui si tratta, è dunque prudenza soprannaturale, fortificata dal dono
del consiglio,
che il direttore deve continuamente chiedere allo Spirito
Santo. L’invocherà particolarmente nei casi difficili, recitando in cuore un
Veni Sancte Spiritus prima di dare importanti risoluzioni; e, dopo averlo
consultato, baderà ad ascoltarne con filiale docilità la interiore risposta, per
trasmetterla al suo diretto: “Sicut audio, judico, et judicium meum justum
est”
 549-1. Sarà allora veramente lo strumento dello
Spirito Santo, instrumentum Deo conjunctum, e fruttuoso ne sarà il
ministero.

Tuttavia questa attenzione di prender consiglio da Dio non gl’impedirà di
adoprare tutti i mezzi suggeriti dalla prudenza per ben conoscere il diretto.
Non si contenterà delle sue affermazioni ma ne osserverà la condotta, ascolterà
quelli che lo conoscono, e senza accettarne tutti i giudizi, ne terrà conto
secondo le regole della prudenza.

550.   c) La prudenza lo
guiderà non solo nei consigli che darà ma anche in tutte le circostanze
che riguardano la direzione. 1) Così non consacrerà che il tempo necessario
a questa parte del suo ministero per quanto importante sia; non lunghe
conversazioni, non chiacchiere inutili, non domande indiscrete; tenersi solo a
ciò che è essenziale e veramente utile al bene delle anime: un consiglio
preciso, una pratica chiaramente esposta bastano ad occupare un’anima per una
quindicina di giorni o per un mese. Sopratutto poi avrà direzione virile, e si
studierà di guidare i diretti in modo che possano, dopo qualche tempo, non già,
fare intieramente da sè ma almeno contentarsi di più breve direzione e risolvere
le difficoltà ordinarie per mezzo dei principii generali loro inculcati.

2) Se per giovani e uomini si può far la direzione dovunque, anche
passeggiando o in un cortile di ricreazione, bisogna essere assai riservati con
donne; d’ordinario non si devono ricevere che in confessionale e dirigere che in
confessione, brevemente, senza lasciarle entrare in particolari inutili. Noi
siamo di tutti e avendo il tempo assai limitato, non conviene sprecarlo. Si deve
certamente esser pazienti e dare a ogni anima tutto il tempo necessario, ma
ricordarsi pure che vi sono altre anime bisognose del nostro ministero.
2) I doveri
del diretto.

551.   Il diretto vedrà Nostro Signore
nella persona del direttore; infatti se è vero che ogni autorità viene da Dio,
la cosa è anche più vera quando si tratta dell’autorità che il sacerdote
esercita sulle coscienze: il potere di legare e di sciogliere, di aprire e di
chiudere le porte del cielo, di guidar le anime nelle vie della perfezione, è il
più divino di tutti i poteri, e non può quindi trovarsi se in chi è il
rappresentante ufficiale e l’ambasciatore di Cristo: “Pro Christo ergo
legatione fungimur, tamquam Deo exhortante per nos”
 551-1. È questo il principio da cui derivano i
tre doveri verso il direttore: rispetto, confidenza, docilità.

552.   A) Bisogna
rispettarlo come il rappresentante di Dio, rivestito della sua autorità
in ciò che ha di più intimo e di più onorevole. Perciò se avesse qualche
difetto, non ci si fissa il pensiero e non se ne guarda che l’autorità e la
missione. Si schiveranno quindi attentamente quelle critiche acerbe che
fanno perdere o attenuano il rispetto filiale che gli si deve avere. Si eviterà
pure quella eccessiva familiarità che è difficilmente compatibile col
vero rispetto. Questo rispetto sarà temperato dall’affetto, affetto
semplice e cordiale ma rispettoso come di figlio a padre; affetto che escluda il
desiderio d’esserne amato in particolare, e le piccole gelosie che talora ne
seguono. “Deve insomma essere amicizia forte e dolce, tutta santa, tutta sacra,
tutta divina e tutta spirituale” 552-1.

553.   B) Rispetto accompagnato
pure da filiale confidenza e da grande apertura di cuore.
“Trattate con lui (col direttore) a cuore aperto, dice S. Francesco di
Sales 553-1, con tutta sincerità e fedeltà,
manifestandogli chiaramente il bene e il male vostro senza finzioni nè
dissimulazioni: a questo modo il vostro bene sarà esaminato e diverrà più sicuro
e il male sarà corretto e rimediato… Abbiate in lui somma confidenza associata
a sacra riverenza, in modo che la riverenza non diminuisca la confidenza e la
confidenza non impedisca la riverenza”. Bisogna quindi aprirgli il cuore con
intiera confidenza, palesargli le tentazioni e le debolezze perchè ci aiuti a
vincerle o a guarirle, i desideri e le risoluzioni per averne l’approvazione, il
bene che intendiamo fare perchè lo rinsaldi, i futuri disegni perchè li esamini
e ci suggerisca i mezzi di porli in esecuzione, tutto ciò insomma che si
riferisce al bene dell’anima nostra. Quanto più ci conoscerà tanto più potrà
saviamente consigliarci, incoraggiarci, consolarci, fortificarci, cosicchè,
uscendo dalla direzione, ripeteremo le parole dei discepoli d’Emmaus: “Non è
vero che il cuore ci ardeva dentro mentre ci parlava?” 553-2

554.   Vi sono persone che bramerebbero di
aver questa perfetta apertura, ma che, per una certa timidità o riserbo, non
sanno come esporre lo stato dell’anima loro. Ne facciano parola col direttore ed
egli le aiuterà con opportune interrogazioni, e, occorrendo, col prestar loro
qualche libro che insegni il modo di conoscersi e di scrutarsi; rotto che sia il
ghiaccio, le comunicazioni diverranno poi facili.

Altri invece sono inclinati a discorrer troppo e cangiar la direzione in pia
chiacchierata; si ricordino costoro che il tempo del sacerdote è limitato, che
altri aspettano il loro turno e potrebbero impazientirsi di queste lungaggini.
Bisogna quindi sbrigarsi, lasciando pur qualche cosa per la prossima seduta.

555.   C) La franchezza
dev’essere accompagnata da grande docilità nell’ascoltare e nel seguire i
consigli del direttore. Non c’è nulla di meno soprannaturale che volerlo indurre
nei nostri sentimenti e nelle nostre idee; nulla pure di più nocivo al bene
dell’anima; perchè non si cerca allora la volontà di Dio ma la propria, con
questa circostanza aggravante che si abusa d’un mezzo divino a fine egoistico.
L’unico nostro desiderio dev’essere di conoscere la divina volontà per mezzo del
direttore, e non di estorcerne l’approvazione con più o meno abili raggiri; si
potrà riuscire a ingannare il direttore ma non a ingannare chi è da lui
rappresentato.

Abbiamo certo il dovere di fargli conoscere i nostri gusti e le nostre
ripugnanze, e se scorgiamo difficoltà o una specie d’impossibilità a mettere in
pratica quel tal suo consiglio, dobbiamo dirglielo con tutta semplicità; ma,
fatto questo, non ci resta che sottometterci. Assolutamente parlando, il
direttore può ingannarsi ma non c’inganniamo noi nell’ubbidirgli, salvo
naturalmente il caso che ci consigliasse qualche cosa di contrario alla fede o
ai costumi, che allora bisognerebbe cambiar direttore.

556.   D) Ma solo per gravi
ragioni e dopo matura riflessione bisogna scegliere un altro direttore. È
infatti necessario aver certa continuità nella direzione, che non può aversi
quando si cambia di frequente guida spirituale.

a) Vi sono persone tentate di cambiar confessore: per curiosità, per
sapere quale sarà la condotta d’un altro; è facile che uno si stanchi di sentir
spesso gli stessi consigli, tanto più se riguardano cose sgradite alla natura;
per incostanza perchè riesce sempre un poco difficile attenersi a lungo
alle stesse pratiche; per superbia, volendo andare al direttore che gode
maggior riputazione o che è più in voga, oppure desiderando trovarne uno che ci
lisci di più; per una specie d’inquietudine, la quale fa che non si è mai
contenti di ciò che si ha e che si vada sempre sognando perfezione immaginaria;
per mal regolato desiderio di far conoscere il proprio interno a
vari confessori, perchè se ne prendano pensiero o ci rassicurino; per
falsa vergogna, per nascondere al direttore ordinario certe umilianti
debolezze. È chiaro che questi sono motivi insufficienti e quindi da scartarsi
se si vuole alacremente progredire nella vita spirituale.

557.   b) Per altro verso
bisogna rammentare che la Chiesa insiste sempre più sulla libertà che si
deve avere nella scelta del confessore; chi dunque ha buone ragioni per
rivolgersi ad altri, non deve esitare a farlo. Quali sono queste ragioni?
1) Se, nonostante tutti gli sforzi fatti, uno non riesce ad aver pel
proprio direttore il rispetto, la confidenza e l’apertura di cui abbiamo
parlato, bisogna cambiarlo, quand’anche si trattasse di sentimenti privi di
buono o sodo fondamento 557-1; perchè non si potrebbe allora trar
profitto dai suoi consigli. 2) Tanto più poi se ci fosse fondatamente da
temere che ci distogliesse dalla perfezione o per motivi troppo naturali o per
affetto troppo vivo e troppo sensibile che ci dimostrasse. 3) Così pure se
uno chiaramente si accorgesse che il direttore non ha nè la scienza, nè la
prudenza, nè la discrezione necessaria.

Sono certamente casi rari; ma quando si presentassero, bisogna ricordarsi che
la direzione non fa del bene se non quando direttore e diretto lavorano insieme
con mutua confidenza.
NOTE
530-1 Cassiamo, Collationes, coll. II, c. 1-13;
S. Giov. Climaco, La Scala del Paradiso, 4° gradino, n. 5-12;
Godinez, Praxis Theologiæ mysticæ, l. VIII, c. 1; Schram,
Inst. theol. mysticæ, P. II, c. I, § 327-353;
S. Fr. di Sales, La Folitea, P. I, c. 4;
Tronson, Traité de l’obéissance, P. II; P. Faber,
Progressi dell’anima nella vita spirituale, c. XVIII;
F. Vincent, S. Fr. di Sales directeur d’âmes, 1923,
p. 397-562; H. Noble, O. P., Lacordaire apôtre et
directeur des jeunes gens,
1910; Desurmont, Charité
sacerdotale,
§ 183-225; Abbate d’Agnel e Dr D’Espiney, Direction de conscience, 1922.

531-1 Epist. Testem
benevolentiæ,
22 gen. 1899.

532-1 Cassiano, De
Cœnobiorum institut.,
I. IV, c. 9; P. L. XLIX,
161.

532-2 Cóllationes, II, 2, 5,
7, 10-11; P. L. XLIX, 526, 529, 534, 537-542.

532-3 Scala Paradisi, Grad.
I-IV; P. G., LXXXVIII, 636, 680-681.

533-1 “Sed quoniam areta et ardua est
via quæ ducit ad vitam, tanquam parvulis in Christo pædagogus vobis, o filioli,
ac nutritius necessarius est, qui doceat, deducat, foveat vos, et tanquam
alludat parvulis, ac blanditiis quibusdam consoletur”. (De diversis,
sermo VIII, 7.)


533-2 Epist. LXXXVII, 7.

533-3 De vita spirituali, tr.
del P. Bernadot, P. II, c. I.

534-1 Si vedano gli esempi citati dal
P. Faber nel Progressi dell’anima etc., c. XVIII.

534-2 Praxis confessarii, ed.
Gaudé, n. 121-171. Indica, al. n. 122, l’oggetto principale di
questa direzione: “In tribus præcipue posita est directio confessarii quoad
animas spirituales, scilicet in meditatione et contemplatione, in mortificatione
et in frequentiâ sacramentorum”.

535-1 La Filotea, P. III, c.
28 (Salesiana, Torino).

535-2 Sermoni: Per la festa di
N. S. della Neve.

538-1 Avvisi e Sentenze
spirituali: Del Maestro spirituale.


544-1 La Filotea, P. I, c. IV.

544-2 Gal., IV, 19.

544-3 L’Ésprit d’un directeur des
âmes,
p. 60-61; in questo opuscoletto ritorna spesso sullo stesso
pensiero.

546-1 L’Ésprit d’un directeur des
âmes,
p. 60-61; in questo opuscoletto ritorna spesso sullo stesso
pensiero.

548-1 Appunto così faceva
S. Francesco di Sales, come molto bene dimostra
F. Vincent. op. cit.,
p. 439-481.

548-2 La
direction spirituelle,
d’aprés les écrits et les exemples du
Vén. Libermann, 2e éd., p. 10-22.

549-1 Joan., V, 30.

551-1 II Cor., V, 20.

552-1 S. Francesco di Sales, La Filotea, P. I, c. IV.

553-1 Ibidem.

553-2 Luc., XXIV, 32.

557-1 Questo appunto scriveva il
P. Libermann a un giovane (op.
cit.
pag. 131): “Sono certo che tutte le pene che avete contro il
buon Signor N. sono infondate, ma non importa. Per cambiar direttore, non si
tratta di sapere se le pene che si angustiano siano vere o false, basta che ci
facciano del male”.