Beata Maria Karlowska

Una Madre che possedeva il dono carismatico di saper guidare le anime


ALESSANDRA NARZYMSKA


Maria Karlowska nacque a Slupówka (oggi Karlowo, voivodato di Bydgoœæ, arcidiocesi di Gnieno) quale undicesima figlia di Mateusz Karlowski e di Eugenia Dembiñska. Venduto il podere di famiglia Maria andò ad abitare con i genitori a Poznañ dove frequentò un collegio. Dopo la morte dei genitori — entrambi morirono nel 1882 — finito un corso di sarta a Berlino, lavorò nella sartoria tenuta dalla sua sorella più grande, Wanda, come istruttrice delle ragazze là assunte.
Educata da genitori devoti, Maria non aveva idea della miseria morale della donna che esercitava la prostituzione per mestiere. Il voto di eterna castità emesso nel diciassettesimo anno di vita le fece da scudo difensivo contro i pericoli, a cui si esponeva quando la sera andava a far visita agli ammalati e ai poveri nei più miseri vicoli di Poznañ, introducendosi nelle ingarbugliate vite familiari. L’imperativo interiore la conduceva in quei luoghi, dove la povertà materiale trovava posto insieme al peccato.

Nel novembre del 1892 incontrò per la prima volta una prostituta e quell’incontro fu decisivo per la sua vocazione apostolica. A quei tempi la prostituzione era tollerata dalle autorità statali. Queste persone erano registrate nell’ufficio della buoncostume ed avevano l’obbligo di sottoporsi periodicamente a dei controlli medici, per impedire la diffusione di malattie veneree. Maria, motivata dal fervore di salvare quelle persone, si intrufolava persino nelle case pubbliche segrete ricercate dalla polizia e nei reparti femminili di malattie veneree dell’ospedale pubblico. Esortava le donne là incontrate ad abbandonare la vita peccaminosa e le preparava a ricevere i Santi Sacramenti. Queste, vedendo in Maria una persona affettuosa, attratte dal fascino della sua castità, aprivano a lei il proprio cuore. Capitava che da sole chiedessero di essere aiutate ad abbandonare la strada sbagliata.

Dopo un anno e mezzo di apostolato nei portoni dei palazzi e nei cortili, d’estate nel cimitero — infatti la disapprovazione generale costringeva la giovane nobildonna a tener nascosta la propria attività — nel 1884 Maria Karlowska aprì a Poznañ una casa per soccorrere le ragazze, le diede il nome di Casa del Buon Pastore. Per poter mantenere le allieve accettava dei lavori a domicilio.

Purtroppo le allieve non abituate al lavoro non riuscivano a guadagnarsi da vivere.

Nel momento critico la Divina Provvidenza, in cui la giovane apostola confidava totalmente, le inviò una benefattrice, la contessa Aniela Potulicka che comprò per la Casa del Buon Pastore una proprietà nel villaggio di Winiary vicino Poznañ.

Intanto Maria si era procurata delle assistenti per il suo apostolato. Bisognava dare alla loro vita una forma durevole.

Doveva essere — secondo lei — una forma di congregazione religiosa. Maria, dunque, elaborò le Costituzioni e diversi manuali, scegliendo il Buon Pastore quale Patrono della sua congregazione.

Madre Maria possedeva il dono carismatico di saper guidare le anime. L’intuito le permetteva di sapere cosa dover fare per riportare le ragazze sulla retta via. Quando era necessario un comportamento pacato Maria si lasciava guidare dalla bontà e dalla pacatezza. Quando invece era necessario assumere un atteggiamento severo, non esitava ad usare parole dure e risolute, esigendo obbedienza. La grande tranquillità, la moderazione, la comprensione per ogni stato d’animo, insieme alla coerente risolutezza inducevano le assistite ad avere piena fiducia nella Madre. Una volta entrata nella psiche delle ragazze, sapeva quanto ognuna di loro avrebbe dovuto lottare con la propria degradata natura.

Per questo le cingeva di tenero affetto, sopportando pazientemente le esplosioni dei loro temperamenti, placando l’impulsività e l’impetuosità con la dolcezza.

Nel piano di rieducazione il lavoro occupava il primo posto accanto alla catechesi.

Bisognava dapprima infrangere il loro fondamentale pregiudizio nei confronti del lavoro fisico, e successivamente scoprire le capacità assopite in ogni ragazza, destare i loro interessi e dare loro un’occupazione confacente alle loro naturali predisposizioni. Maria sosteneva che di solito passava molto tempo prima che l’allieva imparasse a lavorare. Per questo esortava le sue suore ad essere pazienti.

L’attività di reintegrazione svolta da Madre Karlowska e dalle sue suore ebbe l’approvazione delle autorità prussiane.

Capitava che la polizia conducesse alla Casa del Buon Pastore le ragazze che violavano le regole precedentemente esposte, che avevano continui legami con il mondo della criminalità.

Alle allieve non si ricordava mai il passato. Dopo la Confessione le suore cercavano di mostrar loro fiducia, nei limiti della prudenza, ed avevano spesso occasione di provare come funzionasse con le assistite il confidare nella loro buona volontà. In genere dopo alcuni anni di permanenza nella Casa del Buon Pastore le ragazze se ne andavano, mettevano su famiglia e succedeva che diventassero delle mogli e delle madri esemplari. Succedeva anche che l’allieva convertita decidesse di restare per sempre nella Casa, dando un valido aiuto alle suore nei lavori domestici e spesso facendo addirittura da istruttrice alle giovani allieve.

Nella Polonia indipendente l’attività di Madre Maria Karlowska ebbe grandi riconoscimenti da parte della società, ne è prova la Croce d’Oro al Merito che le fu conferita nel 1928. Non ottenne tuttavia alcun aiuto finanziario. Sosteneva dunque le sue case di rieducazione con il lavoro delle suore e delle allieve.

Madre Maria morì in odore di santità il 24 marzo del 1935 nel convento delle Suore Pastorelle a Pniewite. La salma fu trasportata a Jablonowo Pomorskie e riposa nella cripta sotto la cappella della Casa Generale.


Il profilo spirituale di una pecorella del Buon Pastore


GIORGIO MRÓWCZYÑSKI

Postulatore Generale

 

Secondo Madre Karlowska  «la santità consiste nel fare le cose ordinarie in modo straordinario, con cura e dedizione…

Una tale santità è nascosta, presente soltanto agli occhi di Dio».

 

Alle consorelle diceva che  «la santità è una catena i cui anelli si chiamano virtù e la rottura di un solo fa correre il rischio di perdere l’intera catena».

 

La Serva di Dio emergeva per intelligenza, virtù, iniziativa e per una straordinaria concentrazione ed abilità; però nello stesso tempo era molto moderata e semplice. Stupiva inoltre la volontà di ferro di Lei e la sua grande laboriosità.

L’essenza spirituale della Congregazione suggerita dalle Costituzioni, e lo scopo fondamentale della vita religiosa delle Pastorelle è il lavorare con tutte le forze per la salvezza delle anime e in questo modo tendere incessantemente a identificarsi con il Buon Pastore. Per questa ragione le Pastorelle emettono il quarto voto, e cioè convertire le anime.

Per poter raggiungere questo scopo la Serva di Dio con le parole, gli scritti e soprattutto con l’esempio dichiarava l’importanza e l’esigenza per ognuno di vivere la virtù della castità. Diceva infatti: «Bisogna che noi brilliamo per una castità immacolata, … bisogna manifestarla con la propria indole… in tutta la sua perfezione… Questa virtù deve essere il fondamento del nostro apostolato… Le Pastorelle devono risvegliare nelle loro educande un amore verso la virtù della castità».

Serva di Dio era un’anima della Chiesa.

Ringraziava Dio per le grazie e i favori derivanti dall’apparenza alla Chiesa: «L’unione con Dio e con la Chiesa è la mia forza, sicurezza, speranza e tutta la mia gloria» — scriveva. Abituava le Suore e le educande a vivere sempre fedeli alla santa Chiesa, perché l’unione alla Chiesa favorisce la santità personale.

Dalla vita e dagli scritti risulta pure che la Serva di Dio era dotata di un’anima contemplativa, un’anima amante del silenzio e della preghiera. Pregava molto e colmava le notti insonni di incessante preghiera. Tutta la sua fiducia la Serva di Dio la poneva in Buon Pastore affidandosi totalmente a Lui e solo a Lui dedicava le anime. Amava il silenzio che manteneva il raccoglimento e si univa a Dio, perché «Dio parla ad un “anima silenziosa”».

La Madre Karlowska era solita trasfondere nelle Suore e nelle educande un forte amore e il sapore della preghiera.

La preghiera secondo la Serva di Dio deve essere sempre sincera, ardente, incessante, insistente e deve avere per lo scopo principale la salvezza delle anime.

La lotta al peccato era un’espressione del suo impegno alla santità. Secondo Lei non esiste vera vita apostolica senza la lotta continua al male. Anche un peccato veniale è un grande male. Segno di questa lotta è il sentimento di pentimento che una deve avere per tutti i peccati.

Dalla sua vita interiore proveniva una forza e un dono straordinario de saper celare le proprie sofferenze fisiche e morali con il sorriso sulle labbra e col pieno dominio di sé. Era piena di amore e di misericordia per ogni miseria spirituale e materiale La Serva di Dio era vera maestra di vita spirituale e richiedeva da sé e dagli altri una autentica santità la cui essenza riposa nella funzione perfetta della volontà dell’uomo con la volontà e la legge divina. Soprattutto i suoi scritti offrono un manuale di insegnamenti circa la conversione e il progresso nella vita spirituale.

La Serva di Dio era inserita nell’attività sociale con la quale cercava di diminuire il male e di moltiplicare il bene.

Ha scoperto il valore riabilitativo del lavoro, che vedeva ricco di calori pedagogici.

In questo modo la Serva di Dio contribuì alla rieducazione e riabilitazione morale di oltre cinquemila ragazze e donne.

Il sistema educativo di Madre Karlowska fu eccezionale e si basava prevalentemente sull’esempio offertoci da Gesù.

I principi educativi delle Suore Pastorelle erano: carità, misericordia, pazienza, umiltà, obbedienza, e preghiera.

Il sistema educativo elaborato dalla Madre Karlowska si dà rilievo alla libertà e alla buona volontà. Nessuna educanda doveva essere costretta alle prediche o pratiche religiose. La Serva di Dio diceva: «Ogni pratica religiosa è un atto libero».

Possedeva il dono innato dell’educazione e dava una grandissima importanza alla confessione e alla Comunione.

Ogni contatto con le ragazze era preceduto da una fervida preghiera a dalla mortificazione. Tutta pervasa da Dio poteva giudicare rettamente tutte le educande.

La Serva di Dio, da superiora, si mostrava una vera madre per la comunità: richiedeva molto dalle Suore, ma nello stesso tempo le amava fortemente. Le Suore la chiamavano: «Regola incarnata».

Neppure nella malattia si dispensò dagli obblighi più impegnativi.

La sua Congregazione e l’apostolato delle Suore Pastorelle erano totalmente orientati alla salvezza delle anime, specialmente delle ragazze e delle donne smarrite e malate di malattie veneree.

Sia l’autorità ecclesiastica sia quella statale espressero la loro ammirazione per il successo e per i buoni risultati educativi dell’Istituto nella rieducazione delle ragazze ritenute prima una piaga e una vergogna per la società polacca. La Serva di Dio riuscì a cambiare queste creature cadute ed umiliate nella loro dignità, perché in ognuna di esse vedeva l’immagine di Dio, una figlia prediletta da Dio, che volendo poteva ancora riscattarsi.

La Madre aveva riscoperto una grande verità secondo cui pure le anime più depravate possono essere, malgrado tutto, ancora sensibili alla bontà, alla bellezza ed alla carità.

La Serva di Dio visse una vita di fede profonda e pratica. In essa è educata nella casa paterna. Con tutta la famiglia recitava delle preghiere quotidiane, da sua madre ha imparato i sette salmi penitenziari ed altre devozioni. Tutti i testimoni affermano che la fede della Serva di Dio era profonda e radicata ed esprimeva tutta se stessa nelle sue opere.

Ogni cosa operava per la gloria di Dio, ma soprattutto esprimeva la sua fede nel modo di pregare e di conversare.

Dalla fede profonda della Serva di Dio scaturiva pure la virtù della speranza. Si affidava a Dio in ogni momento della vita, ma soprattutto seppe affidarsi a Dio nelle difficoltà materiali incontrate dalla Congregazione e nelle prove della vita spirituale. La Provvidenza di Dio fu fondamento per la sua speranza e la caratteristica predominante della sua Congregazione: denominata Suore del Divin Pastore della Provvidenza Divina. I testimoni attestano che la Serva di Dio «esimie Deo fidebat, numquam disperabat e fortissime Providentiae Divinae confidebat».

L’amore verso Dio è sempre frutto della esperienza intima del suo rapporto con Lui. I testimoni affermano che la Serva di Dio amava Dio sopra ogni cosa, e che tale virtù fu realmente la virtù dominante nella sua vita e illuminava tutto il suo modo di fare, di agire e di parlare. L’amore verso Dio la spinse ancora giovane a emettere il voto privato di castità e per lo stesso motivo a fondare la Congregazione religiosa. Tale amore trova la sua piena espressione nel fare la Volontà di Dio in tutto e sempre e si sottometteva ad essa in ogni momento.

La Volontà di Dio era sempre la volontà della Serva di Dio, per cui accettava le croci della vita e ringraziava Dio anche per le sofferenze. Per costei solo il peccato era il male più grande e perciò ella odiava ogni peccato perché offende l’amore di Dio. Per l’amore di Dio si dedicava alle anime e avrebbe voluto convertire tutti i peccatori. A questo scopo pregava molto e faceva prolungate penitenze. Si impegnò molto anche per la conversione degli acattolici e degli erranti e riconciliò molte famiglie separate.

Con le parole e con gli scritti esortava gli altri ad amare Dio e a compiere sempre la sua santa Volontà. Diceva: «Si fidem fortissimam habeas, montes transferes, si autem charitatem ardentem habeas, animas percipies».

L’amore verso Dio non si può separare dall’amore del prossimo. I testimoni mettono in rilievo il fatto che la Serva di Dio possedeva un amore soprannaturale verso tutti gli uomini e lo esercitava sempre in un grado eminente. L’amore del prossimo fu il motivo principale di tutta la sua attività ed apostolato. Non ammetteva le discriminazioni, si impegnava ad amare ogni persona, si mostrava come una vera madre, alle Suore sofferenti o provate. Raramente rimproverava le alunne e sempre con carità; il suo amore dimostrato divenne un metodo molto efficace nella formazione e nell’educazione delle alunne. La Serva di Dio espresse sempre un grande amore per la Congregazione ed anche per la Polonia.