B. ANNA di S BARTOLOMEO (1549-1626)

Anna di san Bartolomeo nacque ad Almendral, in Spagna, nel 1549. Di umile famiglia, visse la sua adolescenza lavorando i campi. Nel 1570 entrò nel monastero delle Carmelitane Scalze come prima conversa all\’interno della riforma dell\’ordine promossa dalla celebre conterranea Teresa. Anna ne divenne l\’assistente e grazie a lei imparò a scrivere. Fu vicina alla santa fino alla morte di questa (il 4 ottobre 1582), che spirò tra le sue braccia. Trasferìtasi in Francia ivi iniziò la riforma dell\’Ordine. Morì ad Anversa, in Belgio, nel 1626.

Questa grande mistica carmelitana nacque il 1-10-1549 ad Almendral, piccolo borgo della diocesi di Avila, nella Vecchia Castiglia (Spagna), sesta dei sette figli che ebbero Fernando Garcia e Maria Manzanas, modesti contadini. Anna non sapeva ancora parlare quando vide per la prima volta il Signore. Attesta nella sua autobiografia: "A partire da quel momento, mi rimase un grande timore di peccare.. e di offendere il mio Dio".
A dieci anni, la beata rimase orfana dei genitori e i fratelli, invece di mandarla a scuola, le affidarono la custodia del gregge. Anna non si recava nei campi se prima non aveva preso parte alla Messa. Il bambino Gesù sovente le appariva e le teneva compagnia, motivo per cui, talora, cadeva in estasi tanto prolungate che i fratelli erano costretti ad andarla a cercare. Crescendo negli anni, ella pensava di farsi eremita, invece i suoi familiari volevano darle marito. Per non cedere ai loro cattivi trattamenti, per non soccombere alle tentazioni del demonio che le appariva sotto orribili forme, moltiplicava le preghiere alla Madonna, le penitenze e le elemosine ai poveri. Una notte le apparve Maria SS. col bambino Gesù in braccio e le disse: "Non prenderti pena e non temere, io stessa ti condurrò in un luogo dove sarai religiosa e porterai il mio abito".
Al susseguirsi delle visioni, l\’anima della beata era invasa da così impetuosi slanci di amore che le venivano meno le forze. Per il suo Gesù desiderava sopportare fatiche, affronti ed essere ritenuta un\’insensata. Avendo saputo dal parroco che S. Teresa di Gesù (+1582) aveva riformato, ad Avila, il monastero di S. Giuseppe, andò a chiedere di esservi ammessa. Non fu accettata perché la riformatrice, che in quel tempo si trovava a Pastrana, non intendeva accettare delle converse. Anna dovette ritornare a casa e attendere, per un anno ancora, ai lavori dei campi, con i fratelli che continuavano a tormentarla perché si sposasse. Dio permise che oltre a queste pene andasse soggetta a una così grave infermità da apparire incurabile e inabile a qualsiasi lavoro. Riacquistò la salute e la certezza che i suoi desideri sarebbero stati appagati, in seguito a un pellegrinaggio fatto a una cappella dedicata a S. Bartolomeo (1570). Difatti, appena ritornò a casa, seppe, da lettere giunte dal Carmelo di S. Giuseppe, che vi era attesa a braccia aperte. S. Teresa aveva capito quanto fosse opportuno avere delle converse giacché le coriste non potevano sopperire a turno a tutte le necessità della comunità.
La beata divenne così la prima religiosa conversa della riforma carmelitana con il nome di Suor Anna di S. Bartolomeo. Nel mondo il Signore l\’aveva consolata tra tante sofferenze; divenuta carmelitana le fece capire che, se voleva raggiungere la perfezione, doveva imboccare la via regia della croce. Quando entrò in noviziato con la carica di refettoriera, l\’anima sua era già immersa in una grande aridità di spirito. Per tutto l\’anno di noviziato fu assalita da una sensazione di abbandono, di ripugnanza per la vita religiosa, d\’incertezza per la vocazione e persino per la propria salvezza. Ne soffrì tanto che si ridusse ad uno scheletro. Suor Anna s\’incontrò per la prima volta con S. Teresa nel maggio del 1571. Le due mistiche si compresero subito, si stimarono e si amarono.
Nel giorno della professione religiosa il cielo si spalancò di nuovo sull\’anima della beata. Tuttavia dopo d\’allora il Signore apparve piuttosto sotto l\’aspetto dell\’uomo dei dolori, e le comunicò sempre un grande desiderio di patire per la salvezza delle anime. La beata lo supplicò soltanto di riservare a lei le sofferenze che gli aveva chiesto per non essere di peso alla comunità.
Nel 1577 S. Teresa nominò Suor Anna priora delle malate. Potè così curare e vestire la riformatrice quando, recandosi in coro, precipitò dalle scale e si ruppe un braccio. La santa avrebbe voluto farsi aiutare dalla conversa anche per il disbrigo della corrispondenza, ma come fare che non sapeva scrivere? Un giorno la beata le disse: "Madre, datemi un modello e imparerò". S. Teresa tracciò alcune righe e gliele diede. La sera stessa Suor Anna, con quel modello davanti agli occhi, era già in grado di stendere una lettera alle religiose di Avila. Dopo d\’allora ne scrisse tante in nome della riformatrice la quale si limitava ad apporvi la firma o ad aggiungervi qualche riga.
Gli ultimi tre anni della vita di S. Teresa furono i più saturi di pene e di travagli. Il Vicario generale degli Scalzi le aveva ingiunto di visitare diversi monasteri ed ella, ormai soggetta ad attacchi di paralisi, si mise in viaggio in compagnia della sua infermiera la quale diceva dell\’augusta inferma "che era un paradiso il servirla, e che la più grande pena che ebbe accanto a lei fu quella di vederla soffrire". S. Teresa stimava assai Suor Anna perché era così prudente e gran serva di Dio da esserle più utile di molte coriste. Più volte l\’aveva esortata a sostituire il velo bianco con il nero, ma si era rifiutata perché preferiva una vita di nascondimento e di penitenza. Mentre S. Teresa stava per morirle tra le braccia, per lo spazio di un credo, la beata vide ai piedi di lei il Signore, venuto con i suoi santi a prenderne l\’anima.
Dopo la morte di S. Teresa ci fu una crisi nell\’Ordine. Il P. Nicola Doria cambiò indirizzo e sostituì molte priore. A reggere il monastero di Madrid mandò Madre Maria di S. Girolamo, nipote della santa, con Suor Anna di S. Bartolomeo. Per tutto il tempo che vi rimase, la beata cercò di amalgamare le suddite con la superiora. Il Signore un giorno le apparve sotto le sembianze di un giardiniere e le disse cingendole il capo con il braccio: "Qui vedrai che cosa sia vivere senza lamentele e cosa sia la carità". Suor Anna si distinse pure in quel tempo nella pratica dell\’umiltà, della discrezione conciliante, non pronunciò mai la minima parola che potesse indicare fatica, disgusto o impazienza.
In seguito Suor Anna andò con Madre Maria di S. Girolamo a fondare il monastero di Ocana. Mentre vi si santificava, le fu rivelato, nella notte di Natale, che sarebbe andata "a lavorare e a soffrire" in Francia. Chi aiutò le Carmelitane a stabilirsi a Parigi fu don Giovanni di Quintanaduenas Brétigny col tradurre e diffondere in Francia gli scritti di S. Teresa d\’Avila. Anche la B. Maria dell\’Incarnazione, al secolo Barbara Avrillot, sposata a Pietro Acarie, si adoperò per lo stesso scopo. Il generale dell\’Ordine era contrario. Difatti chi avrebbe predicato alle religiose ignare della lingua? Chi le avrebbe dirette e confessate? Nel 1604 Pietro de Bérulle (+1629), più tardi fondatore dell\’Oratorio e cardinale, accompagnato dal segretario di stato di Enrico IV, si presentò alla corte del re di Spagna per chiedergli alcune carmelitane per la Francia. Il nunzio persuase il superiore generale dell\’Ordine a sottoscrivere le patenti per Madre Anna di Gesù de Lobera (+1621), Suor Anna di S. Bartolomeo e altre quattro coriste, a condizione che le carmelitane di Parigi rimanessero sotto l\’ubbidienza dei Carmelitani Scalzi. Strada facendo la beata fu frequentemente visitata dal suo sposo divino. Un giorno le compagne le dissero che erano dispiaciute di averla presa con loro perché la ritenevano una buona a nulla. Il Signore le apparve inchiodato alla croce e la confortò dicendole: "Figlia, fatti coraggio; io ti aiuterò e sarò con te". Prima ancora che partisse le aveva detto, per risollevarla dallo scoraggiamento in cui era caduta: "Non lasciare di andarci perché diversamente non si farà nulla. Tutte le altre, arrivate colà, torneranno indietro".
A Parigi, Suor Anna attese alle solite occupazioni di portinaia e d\’infermiera. L\’impressione che fece ai prelati francesi fu talmente buona che, poco tempo dopo il suo arrivo, le consigliarono di passare tra le coriste. Per iniziativa di Madame Acarie e della principessa Caterina de Longueville, oltre al carmelo di Parigi fu fondato pure quello di Pontoise (1605). Madre Anna ne fu eletta priora. Ella era tanto convinta della sua incapacità che sentì il bisogno di ricorrere a Dio con la preghiera. Il Signore le apparve e le disse: "Fatti animo perché ti tengo nel mio cuore: ed Io sarò nel tuo!".
Al pensiero di dover governare quella comunità si sentiva, come condannata a morte. Ma se, ignara della lingua e delle scienze, supplicava il Signore perché l\’aiutasse, egli le rispondeva: "Eccomi qui, io ti custodisco come la pupilla dei miei occhi".
Se lo pregava di suggerirle quello che doveva raccomandare alle religiose nel capitolo, le diceva: "Osserva la regola, in essa troverai la forza di cui hai bisogno". Se si lamentava perché, non sentendosi all\’altezza del suo compito, si considerava come paglia, la consolava dicendole: "Appunto con della paglia io accendo il fuoco". Nessuna carmelitana contribuì quanto Madre Anna di S. Bartolomeo a comunicare ai monasteri di Francia il genuino spirito di S. Teresa. Il segreto del suo successo risiedeva nell\’umiltà. Il Signore le manifestava così la sua volontà: "Io voglio che tu nulla sia e nulla sappia, per potere fare con te quello che mi pare. I sapienti del mondo con la loro prudenza non mi danno ascolto perché pensano di sapere tutto da loro stessi".
Non era ancora terminato il suo primo anno di priorato a Pontoise, quando Madre Anna fu richiamata a Parigi perché sostituisse nel governo del monastero Madre Anna di Gesù, partita per la fondazione del Carmelo di Digione. La priora, confusa e timorosa, fece ricorso, come al solito, all\’orazione. Le apparve il Signore e le disse: "Coloro che fanno le opere di Dio, debbono camminare come io camminai in terra, afflitto e disprezzato". Nel monastero di Parigi la beata trascorse un anno in pace, poi, con lo zelo per la salvezza delle anime crebbero le tribolazioni. Scrisse nell\’autobiografia: "Le mie pene interne aumentarono al punto che, non sentendo più l\’unzione della grazia, mi credevo in stato di peccato mortale e a due dita dalla dannazione eterna". Alle tribolazioni morali si aggiunsero i dissapori con Pietro de Bérulle, suo superiore e confessore, il quale pretendeva di dirigere il monastero secondo le sue vedute personali. La beata fu irremovibile nel tutelare il vero spirito della riforma carmelitana. Un giorno, mentre pregava in coro, il Signore le disse: "Perché sei triste? Non dovresti essere contenta che dicano di te quello che vogliono, e ti considerino donna di poca testa e di poco valore. Di me dissero anche cose peggiori. Le leggi del mondo differiscono molto dalle mie. Quello che mi piace di più è la sofferenza, la mortificazione e la pazienza".
Al termine del suo triennio Madre Anna di S. Bartolomeo fu mandata a governare il monastero che era stato fondato da un nobile a Tours (1608). Oltre le persecuzioni da parte degli ugonotti dovette sostenere pure l\’incomprensione da parte di Pietro de Bérulle. Timoroso che i Carmelitani Scalzi costruissero dei conventi sul suolo francese e che la beata passasse sotto la loro giurisdizione, la fece sorvegliare dalla sottopriora, e ordinò che gli fossero spedite a Parigi tutte le lettere in partenza e in arrivo dalla Spagna. In mezzo a tante pene ogni tanto a Madre Anna appariva S. Teresa d\’Avila. Un giorno la condusse per mano fino in Fiandra.
Terminati i tre anni di priorato a Tours, Madre Anna optò per il carmelo di Parigi. In città, essendosi stabiliti i Carmelitani Scalzi con il favore della reggente Maria de\’ Medici, le sarebbe stato possibile comunicare con loro. Quando costatò che ciò non le era più possibile, fece di tutto per uscire di Francia. Fu allora destinata alla fondazione del monastero di Anversa (1612). Il Signore continuò a rivelarlesi e ad arricchirla di doni soprannaturali. Non stupisce perciò che ogni sorta di persone andasse a farle visita per chiederle consiglio e raccomandarsi alle sue preghiere. Le monache le attribuirono, per ben tre volte, la liberazione di Anversa dalle mani degli ugonotti olandesi capitanati da Maurizio di Nassau, principe di Grange.
Finché visse, Madre Anna fu a tutte le religiose modello di perfetta osservanza. Con tutte le suddite si mostrò comprensiva e materna. Sovente fu udita esclamare: "Preferisco soffrire in Purgatorio per essere stata troppo buona, anziché troppo severa". Se le consorelle la esortavano a dormire di più, a fare meno uso di cilici e di flagelli, rispondeva: "A questo misero corpo un po\’ di riposo basta. La vita è breve, serviamocene per lodare il Signore. Perché dovremmo starcene coricate lungo tempo come tante bestiole?". Vestendosi sospirava: "Ah, quanto mi pesa questo corpo! Sono stanca di averne cura. Oh, come desidero di vedere spezzate queste catene".
Nell\’ultima dolorosa malattia che sopportò con eroica pazienza vide le Tre divine Persone rivestite di abiti pontificali. Morì il 7-6-1626 dopo aver mormorato: "Ave Maria". Fu beatificata da Benedetto XV il 10-4-1917. Le sue reliquie sono venerate nel monastero di Anversa.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 71-77.
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