L’esame di coscienza

S. Gregorio dice chiaramente che “il contrassegno degli eletti e’ di fare l’esame di coscienza, e indizio di riprovazione il non farlo”.
Adattamento del libro: FR. REMO DELLE SCUOLE CRISTIANE, Pratica dell’esame particolare avvalorato dalla meditazione, Roma: ed. Lasalliana, 1958/5. 
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I . LA STRATEGIA SPIRITUALE


Una battaglia decisiva

Il progresso umano ha raggiunto, oggi, proporzioni colossali; si può dire altrettanto del progresso morale? Si sono inventati nuovi mezzi d’indagine, nuovi e spaventosi mezzi di distruzione; ma non si è trovato nessun nuovo espediente per indagare e veder meglio nell’anima umana, e distruggerne le tendenze depravate. Anzi, siamo tornati indietro, poichè si è sistematicamente distrutto il lavoro di secoli, e non si è fabbricato pressoché nulla.
S. Agostino ci ha lasciato la breve, ma significativa preghiera:
Signore, fa ch’io ti conosca per amarti, e che mi conosca per disprezzarmi: Domine, noverim te ut amem te, noverim me ut despiciam me.
Doppia conoscenza, che involge problemi di altissima importanza per tutti, ma più per chi è in obbligo di tendere alla perfezione. “La nostra natura corrotta dal peccato osserva lo Scaramelli (1) germoglia di continuo difetti e peccati. Sarebbe stolto il giardiniere che si contentasse di sbarbare una sola volta le erbe cattive, e poi non se n’occupasse più Anche l’anima religiosa che dopo il noviziato non pota e sbarba il giardino del suo cuore, diventa un orrido spinaio di colpe”.
A che pro, tagliare i rami d’un albero che ingombra il terreno, se non se ne estrae la radice? I rami si riprodurranno ben presto, e saranno più vigorosi di quelli tagliati. Si metta la scure alla radice, e i rami, privi di linfa e di nutrimento, seccheranno da sé.
Chi distrugge la tela di ragno, la vedrà sempre riprodursi, finché non si decida a sopprimere il ragno.
Quando la spina è entrata in un piede, non servono unguenti e pomate, se non si estrae la spina.
Così si dica per chi è tiranneggiato dall’eroismo, dalla vanità, dalla suscettibilità, dalla sensualità.
Un giorno Napoleone confidava a uno dei suoi marescialli:
Perbacco, ho fatto piegare la testa a tutti gli uomini dinanzi a me; eppure ce n’è uno che non ho mai domato
Ah, capisco rispose l’altro quell’uomo è certamente il Pontefice di Roma, il Vecchio del Vaticano.
No, quell’uomo sono io stesso!
Era vero. Aveva vinto centocinquanta battaglie, e ne aveva perduta una sola: ma la -più importante. Di qui la sua fatale rovina.
In quante anime si sono verificati veri disastri morali, perché non vollero comprendere la necessità della lotta attiva e costante contro le passioni!
Gesù ha detto: “Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (2). Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (3) “
È una battaglia; anzi, una battaglia decisiva per conservare la vita della grazia sulla terra, e aspirare alla gloria eterna nei cieli.

La condizione fondamentale

L’avevano trovata anche gli antichi filosofi. Nosce te ipsum: Conosci te stesso! È la parola più alta della sapienza greca, che i sette Savi avrebbero fatto apporre a lettere d’oro sul frontone del tempio di Delfo.
Ma poche sono le anime che si conoscono a fondo e che si seguono con, cura costante, perché poche sono le anime che anelano all’aristocrazia dello spirito e che amano salire; come relativamente pochi sono quelli che si danno a scalare le vette delle alte montagne
Alle anime indolenti e trascurate può applicarsi quanto la S. Scrittura dice della vigna dell’uomo pigro: “Sono passato vicino al campo di un pigro, alla vigna di un uomo insensato: ecco, ovunque erano cresciute le erbacce, il terreno era coperto di cardi e il recinto di pietre era in rovina” (4).
S. Agostino deplorava che gli uomini del suo tempo scrutassero spesso il cielo, le stelle, i fiumi, i mari, i monti, dimenticando di guardare in se stessi. Il grande Padre della Chiesa non biasimerebbe di meno gli uomini del tempo nostro, perché quell’aberrazione ha oggi raggiunto proporzioni allarmanti. E non è pure raro il caso di trovare mondani che passano delle ore dinanzi allo specchio, per rimirarsi il volto; e poi non impiegano un minuto per esaminare l’anima loro.
Un educatore corresse un giovane collerico, mettendogli uno specchio dinanzi agli occhi, in un accesso violento di stizza:
Guarda come sei bello!
Ma un effetto incomparabilmente più benefico produce l’accurato esame di coscienza, che è lavoro di scandaglio interiore, destinato a promuovere la riflessione personale, e l’autocontrollo sulla propria vita. Tale esame è un valido coefficiente d’introspezione psicologica, rivelando e riducendo le reali antinomie della vita; è l’a b c della perfezione, affinando la sensibilità morale; è uno dei più importanti e facili mezzi di perseveranza, obbligando alla serietà e alla continuità degli sforzi. Facendoci collaborare all’opera di Dio in noi, scuote la naturale indolenza, nella quale perdono rilievo le più forti convinzioni, e s’immiseriscono le più ricche energie. S. Giovanni d’Avila, vero maestro di spirito, dichiara apertamente: “Se fate con costanza l’esame di coscienza, i vostri difetti non potranno durare a lungo”. A ragione il Cardinale Mermillod definì l’esame di coscienza: l’atto essenziale della vita spirituale.
Con le riviste, gli esami, i ritiri, si imita l’uomo prudente, il quale, per ricorrere alle cure del medico, non aspetta di sentirsi male, ma chiede consigli anche quando sta bene. Così gode buona salute! Senza bisogno di cure radicali, di operazioni pericolose.

I due ostacoli

Sono l’orgoglio e l’apatia spirituale.
L’orgoglio, che non è affatto disposto ad accettare le osservazioni altrui, rifugge anche dagli sguardi introspettivi, per la vergogna naturale che si ha nel constatare le proprie miserie. Ne risulta l’accecamento, cagione di gravissimi danni a se stessi e all’attività che si svolge in qualsiasi campo, perché le bugie più funeste sono quelle che diciamo a noi stessi.
Osserva giustamente S. Francesco di Sales che “le verità meditate e non praticate, gonfiano talvolta lo spirito e fomentano la presunzione, sembrandoci di essere in realtà quali semplicemente abbiamo risoluto di essere” (5)
.
D’altra parte, l’apatia spirituale teme fin l’ombra di un serio lavoro interiore, e quella del sacrificio che occorrerebbe per rettificare quanto è difettoso. Pascal osserva acutamente:
L’uomo si fugge, perché si teme.
Eppure, quanti fastidi si sanno affrontare con encomiabile buona volontà, quando si tratta di certi interessi terreni; mentre si è poi penosamente apatici, indulgendo con indifferenza sorprendente, a omissioni e a trascuratezze negli esercizi spirituali!
Per questo, l’esame di coscienza è già di per sé un segno evidente di seria volontà di migliorarsi e di perfezionarsi. E anche “se si limitasse alla conoscenza delle proprie miserie, a provocare il pentimento sincero e il proposito di far meglio, a diminuire di qualche unità le cadute, e a usare maggiore indulgenza verso gli altri, sarebbe già un gran guadagno” (6).
D’altronde: a che serve illudersi e credersi diversi da quel che si è? Iddio ci conosce a fondo; e, spesso, chi ci sta vicino, ci conosce assai meglio di quanto pensiamo.
Coerenza e lealtà esigono che facciamo accuratamente i nostri esami di coscienza.

La bussola morale

Il navigante in mare aperto o sull’oceano immenso, non riesce a sottrarsi a un istintivo senso di smarrimento, non scorgendo che cielo e acqua. Abisso al disopra, abisso al disotto, abisso da ogni lato
Come dirigersi, per raggiungere sicuramente il porto? Il pilota si affida a quel prezioso strumento di ancora ignota origine che è la bussola; egli la consulta di continuo, specialmente nelle notti illuni. Così controlla la direzione della traversata.
Ora la nave procede veloce e sicura, senza temere inavvertite deviazioni di rotta: l’ago calamitato indica sicuramente il nord magnetico orientatore.
L’anima nostra è simile a nave, lanciata nel gran mare della vita e nell’oceano del mondo, per raggiungere la lontana spiaggia dell’eternità.
Iddio stesso ha provveduto gli uomini di uno strumento orientatore di mirabile precisione morale: la bussola dell’anima è la coscienza. Essa ci guida sicuramente nel ponderare, scrutare e soppesare, con seria disamina, ogni intima vicenda dell’anima. Bisogna consultarla e seguirla fedelmente, tra i facili adescamenti dei sensi, gli allettamenti fascinatori delle passioni, le insinuazioni si spesso ammaliatrici del mondo corrotto e corruttore.
La coscienza, eco fedele di arcana voce divina, ispira, dirige, consola, pungola la natura indolente o recalcitrante, che sbanda a destra e a sinistra senza concludere nulla. Perciò la S. Chiesa ci ripete nell’Invitatorio al Mattutino la pressante esortazione del Salmista: “Hodie si vocem eius audieritis, nolite obdurare corda vestra: Se oggi sentirete la sua voce, non vogliate indurire i vostri cuori” (7).
I marinai fanno il punto sul mezzodì di ogni giorno, per determinare le coordinate geografiche della longitudine e della latitudine, rispetto al luogo raggiunto.
Analogamente il buon cristiano fa ogni giorno con cura il suo esame di coscienza, per rendersi conto della posizione esatta dell’anima, nelle sue relazioni verso Iddio, il prossimo e se stesso.

L’esame dei santi e quello dei savi

L’esame di coscienza costituisce una delle armi più potenti per il progresso spirituale, consigliata e usata dai Santi.
Già S. Paolo ammoniva che “se mettessimo sotto giudizio noi stessi, non saremmo messi sotto giudizio da Dio” (8)
.
Dopo di lui i Padri della Chiesa attesero con ogni impegno all’esame di coscienza. S. Girolamo, S. Agostino, S. Giovanni Crisostomo e altri ne parlarono.
S. Gregorio
dice chiaramente che “il contrassegno degli eletti è di fare l’esame di coscienza, e indizio di riprovazione il non farlo” (9).
S. Bernardo vi dette un forte impulso.
Chi non ricorda l’avvertimento dell’amabile santa italiana Caterina da Siena: “Entra nella cella del conoscimento di te”?
S. Ignazio di Loiola si esaminava ogni ora su quanto aveva pensato, detto, operato; segnava le sue mancanze ogni giorno sopra un quadernuccio, che fu trovato sotto il guanciale, dopo la sua morte. Egli diresse i primi discepoli con l’esame di coscienza e l’uso dei sacramenti; insistendo sulla purificazione interiore, in vista dell’unione con Dio, insegnava che la malattia o qualche necessità, possono dispensare perfino dall’orazione, dalla Messa, dall’Ufficio, ma non dagli esami di coscienza.
Con l’impiego di questo mezzo, usato per ventidue anni, S. Francesco di Sales riuscì a correggere il suo carattere collerico, e ad acquistare una meravigliosa dolcezza.
Il Servo di Dio Frère Exupérien delle Scuole Cristiane, venticinque anni prima della morte, si era obbligato con voto a fare tutti i giorni il suo esame particolare
S. Teresa del Bambino Gesù dice che, all’età di quattro anni, dopo esserle morta la madre, tutte le sere chiedeva alla sorella Paolina che la metteva a letto: “Sono stata buona, oggi? Il Signore è contento di me? E gli Angeli, mi voleranno intorno?” Ecco un significativo indizio di esame di coscienza, come già lo presentiva un anima, favorita da specialissime grazie di predilezione.
Ma anche tra i cristiani del mondo è apprezzato e praticato tale esame. Negli scritti intimi del Presidente dell’Equatore, Garcia Moreno, l’eroe della fede e della patria, si è trovato questo proposito: Farò il mio esame di coscienza particolare due volte al giorno sull’esercizio delle virtù, e il mio esame generale tutte le sere.
Il “Capitano Santo“, Guido Negri, “aveva preso, da piccino, l’abitudine di esaminarsi ogni giorno sui difetti quotidiani; in questa norma di vita egli attinse il controllo sulle azioni, che lo aiuto ad ascendere ininterrottamente sulla via della santità” (10).
Il P. Lenoir, gesuita, cappellano militare dei Marinai francesi nella prima guerra europea, aveva una stima singolare per l’esame particolare di coscienza.
Non si contentava di farlo personalmente, ma ne aveva inculcato l’uso, perfino tra i suoi marinai, dicendo loro che l’esame particolare è la sentinella che sorveglia i punti malsicuri, attraverso i quali il nemico potrebbe introdursi nell’anima nostra.
Ai soldati distribuiva foglietti, da essi assai apprezzati invitandoli a restituirli appena riempiti delle cifre o dei segni convenuti.
Così venivano indicati con cifre o con buchetti sulla carta i numeri. delle bestemmie sfuggite, delle parole offensive, dei gravi atti d’impazienza.
Quei rudi marinai (les Marsouins) ci tenevano assai. Uno di essi scriveva al Padre: “L’esame particolare va avanti giorno per giorno Quanto bene mi avete fatto, dandomi questo mezzo di santificazione!”.
Un altro: “Mandate anche a me uno di quei preziosi foglietti, di cui mi ha parlato il nostro caporale, che ci tiene tanto”
In quanto a sé, il P. Lenoir continuò a segnare il suo esame sulla dolcezza, sino alla vigilia della sua morte, avvenuta sul Fronte macedone, il 9 maggio 1917.
Si conserva tuttora l’ultimo foglietto, macchiato del suo sangue (P. Guitton S. J.).
Nella vita di Aldo Marcozzi, l'”Adolescente radioso”, leggiamo: L’uso costante dell’esame particolare condusse Aldo alle più alte conquiste spirituali (11).
Il protestante Beniamino Franklin annotava fedelmente le sue mancanze in un libretto.
Diversi educatori propongono questo esercizio ai discepoli, per aiutarli a correggere i difetti più in vista. Così un professore atto, il Payot, raccomandava ai suoi studenti universitari il metodo ignaziano dell’esame particolare, per correggere i difetti di carattere.
Arturo Wellington, il duca di ferro inglese (1852), famoso generale, vincitore di Napoleone a Waterloo, aveva l’abitudine di spendere ogni sera quasi un’ora nel giudicare il proprio operato.
Egli attribuiva tanti suoi successi a questa bella abitudine.
Certamente non fu coi lampi di genio, ma con la metodica eliminazione degli errori, ch’egli salvò l’Inghilterra.
D’altronde sappiamo che i filosofi antichi, come Socrate, Plutarco, Seneca, Cicerone, Marco Aurelio, imponevano ai discepoli un esame circostanziato su quanto avevano detto, fatto, udito nel giorno.
Pitagora consigliava, ai suoi discepoli di non abbandonarsi alle dolcezze del sonno, prima di aver esaminato a lungo gli atti della giornata, e di aver interrogato la propria coscienza su quello che si è fatto, sul modo di farlo, e su quanto si è omesso di fare.
Ma, a differenza degli asceti cristiani, “negli Stoici lo spirito che vivifica tale processo di interiorizzazione non aveva nulla di religioso. Fidando sulle sole loro forze, e con lo scopo di dominare superbamente se stessi, senza farsi influenzare, ma dirigendo tutto, essi entravano nel loro io e lo scandagliavano un poco. Il loro esame di coscienza non era un atto di pietà verso Dio, ma solo un mezzo umano di formazione morale” (12).

Esame ed esami

La vita spirituale è stata paragonata a un mirabile congegno di meccanica, e, com’esso, ha bisogno di controlli regolari e periodici.
Si controlla spesso un’automobile, un aeroplano, un orologio I meccanici più avveduti moltiplicano le minute ispezioni per verificare il perfetto funzionamento delle macchine.
Anche l’attività spirituale ha bisogno di frequenti controlli, che si fanno con gli esami interiori, consistenti in uno sguardo. introspettivo e retrospettivo nella propria vita.
Di tali esami ce n’è tutto un assortimento: dall’esame di coscienza che precede la confessione, agli esami giornalieri, alle riviste settimanali e mensili, ai ritiri annuali È tutta una ricchissima fioritura, di cui si deliziano le anime ferventi.
Nella cittadina di Winchelsea, sulla costa orientale dell’Inghilterra, esiste tuttora una carica singolare: quella di sorvegliante della costa, regolarmente retribuita a spese del Comune, il quale nomina tutti gli anni un cittadino probo e onorato, che dovrà recarsi personalmente tre volte al giorno sopra un punto elevato, da dove si abbraccia un largo tratto di mare; lì osserva se vi sono vele sospette all’orizzonte, e, in caso positivo, le segnala all’autorità comunale.
Tale uso risale al secolo XIV, quando la cittadina fu sorpresa e devastata dai pirati francesi; per impedire il ripetersi della stessa sciagura, fu istituito il sorvegliante della costa, tramandato di generazione in generazione, ai primogeniti della famiglia Barden.
(Da un giornale di Massa Carrara)
Anche l’anima nostra è insidiata da nemici e da pirati: accorto è chi tre volte al giorno dà un’occhiata attenta, scrutando l’orizzonte della propria anima, coi tre esami, che mirabilmente inquadrano la nostra giornata, collegandosi e integrandosi a vicenda; l’esame di prevedimento – l’esame particolare – l’esame generale della sera.

L’ESAME Dl PREVEDIMENTO si fa all’alzata, vestendosi, o dopo la preghiera del mattino. È una rapida occhiata interiore alla giornata precedente, per considerarne le mancanze e non ricadervi; e un’occhiata alla giornata attuale, alfin di prevedere le difficoltà e le occasioni di mancare ai propri doveri.
Uno sguardo a ieri, e uno a oggi alla presenza di Dio: ecco l’esame di prevedimento.
1. In quali mancanze considerevoli sono caduto ieri? (Voti – Regole – Doveri di stato – Propositi fatti).
2. Che cosa prevedo di speciale per oggi? (Confessione – Comunione – Visite – Rendiconto Occupazioni).
3. In quali mancanze sono esposto a cadere oggi? Che cosa propongo per evitarle?
4. Quali punti di esame particolare controllerò oggi?
5. Su quale risoluzione della settimana o del mese, mi fermerò nell’esame generale di oggi?

L’ESAME CENERALE Si fa la sera, dopo l’esame particolare, o durante una visita in cappella, o a’ pie’ del letto. Consiste in un’attenta occhiata alla giornata trascorsa, per indagare come si sono assolti i propri doveri:
1. verso Dio:
preghiere, orazione, vita interiore;
2. verso il prossimo:
sottomissione ai superiori, carità coi confratelli, zelo e pazienza con gli alunni;
3. verso noi stessi:
regolarità, risoluzioni prese, ricerche personali a scapito del dovere
Con questo esame si emenda la propria vita, si prevengono le sorprese della morte e dei giudizi di Dio. S. Giovanni Crisostomo esorta: Ogni giorno, o cristiano, alla sera, prima di andare a riposo, cita a giudizio la tua coscienza, domandale conto delle opere compiute; e se in quel giorno hai fatto del male, scrutalo, rimproveratelo anche con durezza, e fa di pentirtene (13).

L’ESAME PARTICOLARE, invece, considera un solo aspetto dell’attività spirituale: attacca un solo difetto per distruggerlo, o concentra gli sforzi nell’acquisto di una virtù per volta.
Questo esame deve la sua origine al fatto che è impossibile combattere contemporaneamente e con successo più difetti. Anche la pedagogia moderna raccomanda la specializzazione degli atti di volontà.
L’esame particolare si fa due volte al giorno, cioè in due tempi: circa la metà e alla fine della giornata, prima o dopo l’esame generale.
Fra tutti gli esami di coscienza, quello particolare è l’ESAME per eccellenza, nella tattica spirituale.
Chi vuole distrigare un’arruffata matassa, non prende tutti i fili insieme, ma ne segue pazientemente uno alla volta, e ne viene a capo.
Un uomo impotente a rompere un fascio di verghe, ne rompe facilmente una per volta, dopo averle slegate.
Per la sua evidente efficacia, tutti i maestri della vita spirituale raccomandano con insistenza l’esame particolare come uno dei più potenti mezzi di santificazione. “Se non progrediamo come dovremmo nella vita spirituale, la colpa sta nell’uso difettoso dell’esame generale, e, più ancora, di quello particolare” (14).
È del P. Chaminade, fondatore dei Marianisti, la recisa asserzione: “Il religioso che non fa più l’esame particolare, ha cessato ogni progresso nella perfezione”.
Dal canto suo, il P. de Ravignan soleva dire: “Volete sapere a che cosa possono ridursi tutte le risoluzioni di un ritiro?” E rispondeva invariabilmente: “A fare ogni giorno, con fedeltà, il proprio esame particolare”.
Alcuni si allarmano al solo sentire nominare “Esame particolare”, e si pongono in una pregiudiziale posizione di difesa, quasi si volesse attentare alla loro tranquillità. Evidentemente, la nostra depravata natura che si cela sotto interessate apparenze di opportunità, non vede affatto di buon occhio un esercizio, destinato proprio alla estirpazione di difetti e d’inclinazioni sregolate; e preferisce fare il callo sopra abitudini ormai inveterate, e che secondano tanto bene i propri comodi; ma questo, precisamente, dimostra l’importanza dell’efficiente esercizio.
“Molti cavalli tirano il cocchio, e l’occhio li vigila tutti; ma pure, nel centro di quella quadriglia, ce n’è uno che esige maggiore attenzione del guidatore, o perché corre troppo o troppo poco, va a destra piuttosto che a sinistra, in modo da sviare anche gli altri.
I cavalli sono le molteplici facoltà che possiedi insinua Mons. Francesco Tònolo; il guidatore sei tu, che diventi esperto solo per mezzo del tuo esame particolare (15).
In questo opuscolo ci occuperemo prevalentemente dell’esame particolare, esponendo succintamente la dottrina ascetica ad esso relativa.

Un esame in cinque punti

Nella spiritualità ignaziana, l’Esame Particolare ha un’importanza capitale fra tutti gli esercizi proposti nei giorni di ritiro, perché non si limita a dare uno sguardo superficiale alle vicende grandi e piccole di una mezza giornata, ma scruta le disposizioni intime dell’anima, e i movimenlti che lo Spirito Santo, le passioni personali o il demonio, possono aver provocato.
Perciò S. Ignazio prescrive i cinque punti seguenti, per svolgere ordinatamente l’esame di coscienza:
1. Ringraziare Dio dei suoi benefici: il ricordo delle grazie ricevute prepara il cuore al pentimento, e stimola alla generosità. Si considerino varie serie di grazie.
2. Implorare l’assistenza dello Spirito Santo, per conoscere le colpe commesse, poiché l’amor proprio ci tiene nascoste molte nostre miserie.
3. Ricercare lealmente le colte commesse, tempo per tempo, rispetto al programma stabilito, dall’alzata fino al momento dell’Esame; segnarle esattamente, e paragonarle a quelle degli esami precedenti, per non restare nel campo delle vaghe aspirazioni.
4. Chiedere perdono a Dio, almeno delle colpe deliberate e volontarie esprimendo, con insistenza, vivi sentimenti di contrizione (16), come si fa nella confessione.
5. Prendere qualche buona risoluzione pratica, prevedendo le occasioni che si presenteranno; e sopratutto chiedere fervorosamente a Dio la grazia di eseguirla.
Qualche autore suggerisce di riconginugere i cinque punti dell’esame di coscienza all’adorazione delle cinque Piaghe di Gesù, dalle quali si fanno scaturire i sentimenti di gratitudine, d’implorazione, di pentimento. (17)Con un po’ di pratica, si riesce a fare speditamente gli atti sopraelencati.
Di questi punti il più importante è il pentimento, perché dalla sincerità del dolore dipende la forza delle risoluzioni, e, quindi, il progresso reale.
Chi passa tutto il tempo nella ricerca delle mancanze, senza pensare a detestarle, somiglia a chi pensasse solo a contare le ferite riportate, senza curarle
Il pentimento che segue premurosamente una mancanza, capovolge nell’anima la posizione, che da negativa si fa positiva: il NO, strappato alla fragilità umana, diventa un esplicito e consapevole SÍ di cooperazione alla grazia.
Molti ricavano poco frutto dall’esame ammonisce il Rodriguez (18) perché impiegano tutto il tempo nel cercare quante volte siano caduti nei difetti; e il resto lo fanno solo superficialmente; perciò, quante volte sono caduti oggi, tante cadranno domani Sta bene che cerchi i tuoi difetti; ma se non chiedi perdono a Dio e non proponi l’emenda, non ti correggerai neppure in venti anni”.
Gli autori moderni non sono meno espliciti:
“Sapendo che da noi stessi siamo incapaci di evitare il peccato, e, più ancora, d’innalzarci a Dio con la pratica delle virtù, dal fondo delle nostre miserie e appoggiati ai meriti infiniti di Gesù, noi supplichiamo Iddio di chinarsi fino a noi, per ritrarci dal fango in cui affondiamo, e sollevarci sino a Lui. Con tali disposizioni, più che con la minuziosa ricerca delle mancanze, l’anima si trasfigura sotto l’azione potente della grazia” (19).

Il punto nevralgico

Ultimo requisito a riprova del pentimento sincero, è l’infliggersi delle sanzioni, proporzionate al numero e alla gravità delle mancanze sfuggite. È stimolo e riparazione.
Il cavallo bizzarro che ha ricevuto una speronata dopo qualche capriccio, si guarda dal ricominciare
Anche per l’esame particolare, non bisogna limitarsi a nutrire semplici desideri Chi non crea in se stesso un ambiente di leale autocontrollo e di coraggiosa autoimposizione, non combinerà un gran che, nonostante le pie letture, le esortazioni e le direttive ricevute: Tanto sarà il tuo profitto, quanta sarà la violenza che ti farai: dice con rude franchezza l’Imitazione di G. C. (20).
“Nella spiritualità di S. Ignazio c’è il timbro militare: la lotta e la disciplina. Naturalmente non fu egli il primo a vedere la vita cristiana come un combattimento: Gesù stesso e dopo di Lui S. Paolo, l’avevano presentata così; all’epoca di S. Ignazio, uno dei libri che più concorsero al risveglio della pietà cristiana, fu proprio il Combattimento spirituale del teatino Lorenzo Scupoli. Ma, da buon capitano che aveva sognata e vissuta la vita delle armi, S. Ignazio organizza la vita spirituale come una lotta, con una strategia energica e finissima” (21).
“Non v’illudete dichiarava S. Margherita Maria alle sue novizie: non otterrete nulla senza combattere, e combattere a fil di spada. E vuol dire che anche voi dovete essere tra quei violenti che rapiscono con la forza il regno dei cieli” (22).
Ed è stato giustamente rilevato che per darsi a Dio, bisogna dapprima conquistarsi (23).
Le sanzioni debbono essere graduate, e adatte al genere delle colpe commesse. Perciò si fanno atti di umiliazione, se il soggetto di esame riguarda la lotta contro qualche manifestazione della superbia; atti di mortificazione, se si tratta di vincere la sensualità; ore di silenzio e di raccoglimento, se si vogliono riparare dissipazioni, distrazioni volontarie, ecc.
Alcune pratiche sono particolarmente care alle anime pie: prendere per un certo tempo, una positura un po’ incomoda alla natura baciare la terrarecitare una preghiera, scostati dal banco, o a mani giuntenon bere, o attendere un po’, quando si ha seteprivarsi di qualche dolce o caramellarinunziare a una comodità superflua, a una lettura curiosaqualche colpo di riga o di oggetto duro sulle dita (24).
Chi nota poco progresso, può stimolarsi computando come doppie, le mancanze (e quindi le sanzioni) contro uno dei punti fissati. Però, quando si prevede che un certo numero di mancanze sarà inevitabile, si può stabilire di computare e sanzionare solo da quel numero in poi, per non scoraggiarsi.
Si abbia per soggetto di esame, l’ATTENZIONE NELLE PREGHIERE VOCALI . Si computa sommariamente e in – circa il numero complessivo delle distrazioni, e si stabilisce di sanzionare soltanto le preghiere distratte che sorpassano un certo numero. Per esempio, fino a 6 preghiere distratte, nessuna sanzione, perché si sa per esperienza che non si riesce ad avere un’attenzione maggiore Successivamente, coi progressi realizzati, si potrà restringere quel numero a 5, 4, indulgendo sempre in misura minore alle colpe sfuggite alla propria fragilità. Così si evita lo scoraggiamento.
A conferma di questa prassi ascetica, riportiamo quel che si legge nella vita di S. G. B. de La Salle. Tra le risoluzioni prese in un ritiro, troviamo la seguente: “Almeno venti volte al giorno unirò le mie azioni a quelle di Nostro Signore, e procurerò di conformarmi alle sue viste e intenzioni. Ogni volta bucherò un pezzetto di carta; e per ogni volta che l’avrò tralasciato, dirò altrettanti Pater, baciando la terra, prima di coricarmi” (25).
Con la pratica coraggiosa dell’esame particolare seguito dalle sanzioni, il risultato sarà raggiunto sicuramente: “Non c’è difetto per quanto radicato, non c’è passione comunque violenta, che con l’esame particolare non possano vincersi, o, per lo meno, essere posti nell’impotenza di nuocere” (26).

Principi tattici della lotta spirituale

Esponiamo brevemente quelli inculcati dalla scuola ignaziana.
Ogni mattina si rinnovi la risoluzione di combattere il difetto preso di mira, e di esercitarsi nella virtù desiderata, con atti ben previsti.
Questo si fa specialmente nell’esame di prevedimento e nell’orazione. È il primo tempo di S. Ignazio.
Durante il giorno si combatta con generosità e costanza: cento colpi battuti debolmente con la mano, non fanno penetrare un chiodo nel muro come una sola, ma vigorosa martellata
Ci vuole costanza per acquistare le buone abitudini e le virtù morali: più numerosi sono gli atti, più presto si sviluppa e si consolida l’abitudine virtuosa.
Regola d’oro per l’acquisto di un carattere: Un solo sacrificio al giorno, purché sia ben sentito, è sufficiente a fare acquistare, a lungo andare, un carattere di ferro.
(Cf. A. Eymieu: Il governo di se stesso. Desclée, Roma)
Nonostante le precauzioni prese, si cadrà ancora, per la fragilità umana. È scritto che il giusto cade sette volte, e che si rialza (27). Quindi, niente scoraggiamento; ma si ripari subito con un piccolo atto di pentimento e col proposito sincero di far meglio.
S. Ignazio consigliava di battersi il petto dopo ogni mancanza; altri esortano a dire la giaculatoria:
Gesù mio, misericordia!
Giunto il momento dell’esame, si dia un’occhiata serena ai risultati raggiunti. Tale constatazione è necessaria alla volontà che ha bisogno di controlli, allo spirito che dev’essere guidato, alla virtù stessa che necessita di stimoli periodici. Con queste sintesi limpide ed equilibrate, l’anima impara a conoscersi, si tiene più um le e diffidente di sé, mentre è portata naturalmente a riporre maggior fiducia in Dio.
Però l’applicazione non deve cessare con l’esercizio dell’esame, ma estendersi un po’ a tutta la giornata, per secondare l’azione corroborante della grazia.
“Le ricerche sperimentali hanno provato che la intensità di un proposito non ne garantisce affatto la realizzazione anzi talora può essergli nociva; mentre risulta realmente efficace, il ricordo che se ne ha nel momento di agire; ciò che si ottiene prevedendo le occasioni in cui si dovrà attuare il proposito”. (G. Lindworsky S. J.: Psicologia dell’ascetica, Marietti).


* * *


C’è da chiedersi: Si devono segnare i risultati dell’esame particolare?
Ognuno può rispondere, interrogando lealmente la propria esperienza, se traeva maggior profitto quando li segnava o da quando non li segna più
Certo che il segnarli sopra un apposito libretto o foglio, che ognuno può preparare anche da sé è già qualche cosa, un segno di buona volontà, uno stimolo giornaliero a realizzare i propositi fatti.
Il P. Luigi Lallemant esorta: “Teniamo conto per iscritto, più volte al giorno, delle nostre mancanze: questo esercizio è di tale importanza, che, omettendolo, tutto il resto non potrà giovare gran cosa” (28).
“Non bisogna transigere su questo punto Si obbietterà: É` un mezzo inutile, troppo incomodo Ho smarrito il libretto, la matita Ragioni speciose e scuse ridicole! La buona volontà supera egregiamente tutte le difficoltà” (29).
È di certo cosa molesta alla natura, segnare ogni giorno le proprie mancanze o gli atti di virtù praticati; però chi non segna i risultati del suo esame particolare, arriva in breve tempo a non farlo più per niente. Così insegna la pratica della vita spirituale” (30).
Si domanda tale fedeltà, non tanto per conoscere esattamente il numero delle mancanze, quanto per tener desta l’attenzione dell’anima sopra di esse, e per provocare sforzi più generosi e costanti. Certo, non sarà il demonio della tiepidezza, a suggerire di segnare i risultati dell’esame particolare!
Del Servo di Dio, equatoriano, F. Miguel dei Fratelli delle Scuole Cristiane, si sono trovati i libretti dell’esame particolare di ben quarant’anni, di vita dinamica e laboriosissima, senza una lacuna È costanza da santi!
Tra gli appunti del compianto F. Sebastiano della stessa Congregazione (31) , leggiamo “Non debbo illudermi di ricercare le mancanze, senza segnarle; sarebbe segno di tiepidezza, e mi condurrebbe in brevissimo tempo a non fare più per niente l’esame particolare”.
È anche assai proficuo calcolare i totali settimanali e mensili, al fine di raffrontarli tra loro, e regolarsi per tralasciare o intensificare la lotta contro determinate manifestazioni.
Con leggerezza certuni parlano dell’aritmetica spirituale ignaziana.
Perché dovremmo essere meno accorti dei negozianti, i quali sono tutt’occhi nel fare periodici bilanci tra le entrate e le uscite? Essi faticano per una fortuna materiale; noi ci prefiggiamo un interesse di ordine ben più elevato, volendo comporre la nostra vita, in un quadro di superiore bellezza, degno di essere ammirato per l’eternità!
“Può essere monotono e fastidioso dover rientrare continuamente in noi stessi, per fare sempre le stesse cose: strappare le erbe da una terra ingrata. Ma che farci, se l’erba cattiva rinasce sempre? Lasceremo che invada liberamente il campo dell’anima nostra?” (32).


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Si presenta, ora, la questione: è meglio segnare le vittorie o le sconfitte, gli atti compiuti o quelli omessi?
Ecco la prima tattica è più incoraggiante: “Notiamo più volentieri gli atti di virtù che i difetti; e il frutto è ugualmente grande, se non maggiore. Non si progredisce in una virtù, senza diminuire I difetti che ad essa si oppongono; ma, finche ci applichiamo solo a estirparli, compiamo un lavoro negativo, e non si arriva mai alla perfezione. Pertanto, quando certi difetti si commettono di rado si consiglia l’esame nella forma positiva” (33).
Però, anche la notazione sotto forma negativa che consiste nel calcolare le mancanze sfuggite o gli atti proposti e non compiuti, ha i suoi vantaggi, sia per la semplicità del computo, sia per la maggiore praticità dei criteri per assegnarsi le sanzioni.
“S. Ignazio, nel secondo e terzo tempo dell’esame particolare, consiglia di computare le mancanze, segnando prima del pranzo e dopo la cena di ogni giorno, tanti punti sopra due lince orizzontali quante sono le cadute nel difetto o peccato” (34).
In pratica ognuno si regoli secondo i propri gusti e bisogni, esaminando i risultati ottenuti personalmente nell’impiego successivo e variato dei due metodi.
Alcuni, però, disapprovano il sistema di segnare un numero approssimativo o semplicemente apprezzativo, perché questa valutazione risente troppo dell’ottimismo o del pessimismo che suggerisce l’umore del momento.


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È bene avvertire che per certi temperamenti può essere non consigliabile seguire rigorosamente un metodo, e segnare minutamente le mancanze con tormentose introspezioni Citiamo uno dei migliori commentatori di S. Ignazio (35): “L’esame particolare è importantissimo per tutti; ma non si deve asserire la stessa cosa per il metodo preciso, che consiste nel segnare il numero comparativo delle disfatte e delle vittorie. Tale metodo è spesso inutile e anche nocivo agli scrupolosi e a chi manca di memoria e di giudizio. Costoro facciano diversamente il loro esame”, attenendosi alla sostanza di esso.
Il P. Grimal estende ad altre anime questo largo criterio di adattamento ai vari temperamenti: “Questi processi di contabilità possono allettare certe anime positive, e aiutare e stimolare certe altre troppo lente, troppo astratte. Siamo ben lontani dal condannarli. Spetta a ogni anima, seguire le sue attrattive o i consigli del suo direttore spirituale” (36).

I nemici e gli alleati

In guerra, si lotta, contro i nemici, e s’invoca il concorso di fidati amici ed alleati.
Così pure, nella lotta morale si fa guerra alle passioni, ai difetti, ai peccati; e si cerca di acquistare le virtù, e poi le buone abitudini, necessarie al proprio stato.
Ma non si fa una guerra giudiziosa, senza precisare prima il punto in cui si vuol dare battaglia: chi dirige male i suoi sforzi, li rende per lo meno inutili
È assioma essenziale della spiritualità cristiana sia essa ignaziana o berulliana, che la vera vita di orazione non può essere raggiunta in modo proficuo e duraturo, se prima non si è ottenuta la purificazione dei sensi e la pacificazione delle passioni.
Grande è l’aiuto che porge, a tal uopo, l’esame particolare; ma in questa lotta bisogna attaccare un difetto per volta.
Vale anche per la vita spirituale il monito di Mosè al popolo di Dio: “Non distruggerai i suoi nemici, tutti in una volta” (37) perché, “presi insieme, sono più numerosi e più forti di te” (38).
“Se tu, per esempio, spiega il Rodriguez (39) , vuoi fare l’esame particolare per togliere la superbia e acquistare l’umiltà, non devi pigliar la cosa tutta in blocco, il che equivarrebbe a fare l’esame sopra tre o quattro cose insieme, e non vi concluderesti nulla; ma devi ripartire la materia in più esercizi. Separando così i nemici, e attaccandone uno per volta, li vincerai agevolmente”.
È l’applicazione dell’episodio degli Orazi e Curiazi.
Non si deve pensare che, applicandosi alla lotta contro una passione, le altre possano tanto facilmente rialzare la testa e nuocerci; le passioni sono strettamente collegate tra loro, e i colpi ben assestati a una di esse, investono e mortificano tutte le altre.


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Allora: quali soggetti scegliere per il proprio esame particolare?
Bisogna pregare e riflettere.
Innanzi tutto vanno attaccati i difetti che offendono e scandalizzano il prossimo: così vogliono la giustizia e la carità.
Hai il difetto di parlare aspramente? chiederebbe il Rodriguez: Fa’ l’esame sulla carità, proponendo di vedere Nostro Signore in tutte le persone con le quali hai da fare.
Senti antipatia per qualche persona? Obbligati a pensare che Gesù l’ama, tutte le volte che la incontri.
Ti è difficile restare calmo nei contrattempi e nei dispiaceri? In ogni occasione penosa, imponiti di dire interiormente: Così vuole Iddio; così voglio io!
Ti senti portato al cattivo umore? Impegnati a conservare sempre sereno il volto.
Vorresti affrettarti in ogni cosa? Prometti di far tutto possibilmente con gravità
Le mancanze esteriori hanno un’importanza evidente, anche per la misteriosa influenza che il corpo esercita sull’anima; inoltre le cose esteriori sono più facili a controllare, e con la buona volontà si eliminano in poco tempo.
Perciò si tengano presenti: l‘apatia negli esercizi spirituali, le irregolarità più frequenti, la dissipazione, la loquacità, l’immodestia, la rilassatezza nel contegno, i modi grossolani, la precipitazione nell’operare, l’ostinazione nelle proprie idee, la suscettibilità


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In seguito si deve lottare contro la passione predominante, la quale, per le cadute anteriori o per le cattive abitudini contratte, rappresenta il punto più vulnerabile nella nostra vita morale, e costituisce il maggiore ostacolo al progresso spirituale. Eppure, siamo portati a usarle riguardi che rasentano il peccato e debolezze compromettenti, perché la passione dominante è la nostra passione beniamina, sebbene sia ragione e radice di tutti i nostri difetti e peccati. Chi vince la passione dominante stabilisce l’anima sua nell’ordine ideale e nell’armonia morale.
Un buon medico risale alla causa del male, e su quella fa convergere tutte le cure
Così, bisogna risanare certi focolai d’infezione spirituale, e immunizzare l’anima da insidie latenti regolare i moti interiori, sradicare l’orgoglio, la sensualità
Il sensuale sarà facilmente pigro all’alzata, goloso nei pasti, poco dignitoso nel contegno, immodesto in casa e fuori, avverso al lavoro e al sacrificio. Ma tali debolezze sono semplici manifestazioni di sensualità; attaccata coraggiosamente questa passione col desiderio di conformarsi alla vita mortificata di Gesù, tutte le miserie anzidette spariranno o si attenueranno notevolmente.
Così si dica della superbia, che ispira la compiacenza di sé, la vanità, la suscettibilità, l’ostinazione nel proprio parere, l’egoismo, lo scoraggiamento, la mancanza di riguardi verso altri
Se, come David, ci gettiamo sul Golia delle nostre passioni, e con l’aiuto di Dio lo colpiamo alla testa, tutti i nemici sono sbaragliati.
Decapitato Oloferne, il generalissimo dell’esercito nemico, l’intera legione dei difetti è in rotta.
Altrimenti si perde il tempo. Infatti i maestri della vita spirituale ci assicurano che, “fino a quando l’anima non avrà riportata una vittoria pressoché completa sulla passione dominante, non farà alcun progresso serio e duraturo nella via della perfezione. Né le visioni, né le estasi, né le mortificazioni, né i miracoli, ci fanno progredire di un passo, se cessiamo di combattere con santa ostinazione la passione che ci predomina”. (P. Faber) (40).


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Quando si è acquistato un certo dominio sulle passioni più pericolose per sé e più nocive alla propria missione, bisogna applicarsi a sviluppare le virtù opposte, e quelle per le quali si sente maggior attrattiva. Dice giustamente S. Francesco di Sales: “Molti s’ingannano, credendo di avere una virtù, perché non hanno il vizio contrario”. E spiega: “Astenersi dal male, è soltanto la base, sulla quale resta da innalzare l’edificio” (41). Alcuni, per il loro temperamento, hanno pochi difetti, pur non possedendo un’alta virtù; questi, attivando la vita spirituale con obbligarsi ad eseguire ogni giorno un certo numero di atti di una virtù determinata, possono raggiungere un notevole grado di perfezione, specialmente se aumenteranno quel numero, a mano a mano che ne acquisteranno l’abitudine. Le buone occasioni non mancano a un’anima attenta e fedele; talvolta le occasioni possono anche provocarsi: così si diventa animosi e volitivi.
Non è buona tattica quella di non vedere che il male, e di combattere sempre per estirpare colpe e difetti; a lungo andare si resta scoraggiati È bene esercitarsi anche direttamente all’incremento delle virtù e all’acquisto della santità.
Quando non si hanno occasioni di praticare certe virtù, come l’umiltà, la pazienza, la carità fraterna, è bene esercitarsi a produrre un determinato numero di relativi atti interni, più che con propositi, con aspirazioni adatte: “Dio mio, aiutatemi con la vostra grazia, a diventare più umile, più mansueto, più sacrificato!”.
Ecco un ampio campo d’azione, ricco di smaglianti orizzonti. Poche, infatti, sono le anime rette, che non si sentano dolcemente e fortemente attirate verso una virtù o un’altra. Nei Santi una virtù brillo su tutte le altre, aureolando di particolare splendore tutta la loro vita.
Vi sono, poi, certe buone abitudini da acquistare, soggetti fondamentali per la vita di perfezione, da richiamare spesso nei propri esami: la purità d’intenzione la perfezione delle azioni ordinarie la fedeltà agli esercizi di pietà la sottomissione cordiale la carità fraterna la regolarità il silenzio e la modestia l’uguaglianza di animo e di umore la conformità alla volontà di Dio ecc.

I lenti progressi

Poiché l’esame particolare è una lotta, esige che siano usate tutte le forze morali e spirituali; però non: bisogna aver fretta: non si raggiunge la cima d’una torre con un balzo, ma salendo uno scalino per volta. Ben a ragione osserva l’Imitazione di Gesù Cristo: “Se ogni anno correggessimo un difetto, in breve giungeremmo alla perfezione” (42).
Il progresso, però, deve essere continuo, anche se lento e non molto evidente; non ci accorgiamo che un albero cresce di giorno in giorno; eppure cresce
Perciò si deve cominciare dagli atti più facili e meno elevati, per raggiungere progressivamente i più difficili. Volendo far diversamente, s’incorrerà nello scoraggiamento e nell’insuccesso, per la sproporzione tra le reali risorse dell’anima e le difficoltà da vincere. Il coraggio è mantenuto dalla prospettiva del successo; la gradazione proposta assicura un esito felice. Di qui la necessità di dividere la materia di esame, abbracciandone poca per volta.
Chi manca spesso alla carità fraterna, può proporsi, in un primo tempo, di non parlar male degli altri, né d’indirizzar loro parole offensive. Corretti quei difetti, proporrà di vigilare per non mostrarsi di cattivo umore, non contraddire, né tagliare la parola ad altri, nelle conversazioni. In un terzo momento procurerà di parlare sempre bene del prossimo, e di mostrarsi affabile con tutti. Finalmente, completerà il suo lavoro, esercitandosi alla carità formale, con vedere e amare Dio in ogni persona.
Chi vuole giungere a fare con tutta la perfezione i suoi esercizi di pietà, potrà proporsi quattro gradi successivi di perfezione, nel suo esame particolare: Farli tutti: esattamente con perfezione esteriore con attenzione sostenuta con sentimento esplicito di amor di Dio.
Per acquistare una determinata virtù si può indirizzare il proprio esame, a produrre un certo numero di atti, nella mattinata e nel pomeriggio, aumentando progressivamente quel numero, sino a far radicare nell’animo, la virtù desiderata (43).
Tutto, perciò, non è perduto, se non si arriva subito allo scopo prefisso; Iddio non manca di valutare gli sforzi e di porgere valido aiuto alla buona volontà umana.


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Non bisogna cambiar soggetto di esame, prima di aver distrutto o molto indebolito il difetto antecedente, salvo non sia opportuno combatterne un altro per un certo tempo, e ritornare poi contro il primo con nuovo zelo Chi cambia troppo spesso, costruisce sulla mobile sabbia dell’incostanza, e si vedrà obbligato a ricominciare di continuo il proprio lavoro, col pericolo di disgustarsene e di abbandonarlo. “Mediante la pazienza ci ammonisce Gesù porterete molti frutti” (44).

Un segreto: convergenza e continuità di sforzi

Negli sforzi diretti a raggiungere la meta, non deve esserci dispersione di energie, ma unità vivificatrice, a costituire un tutto saldo e vigoroso, perché le potenze dell’anima nostra sono limitate, e più si disperdono, più si sciupa forza ed efficacia.
Perciò l’esame non deve prolungarsi in analisi esagerate o superflue, col pericolo di smarrirsi nel dedalo dei dettagli, a danno dei caposaldi fondamentali.
La convergenza di tali sforzi va estesa a tutti gli esercizi spirituali: dalle letture riferentisi al soggetto di esame, alle preghiere vocali per impetrare luce e vigore; dall’esame di prevedimento a quello generale e al particolare; dalla S. Messa e Comunione, all’esercizio della presenza di Dio, delle pie aspirazioni e giaculatorie indulgenziate, moltiplicate durante il giorno, per attingere sempre più largamente alle sorgenti ristoratrici della grazia.
Tutto deve tendere alla distruzione di un difetto o all’acquisto di una virtù; ma, sopratutto, la convergenza deve attuarsi tra l’Esame Particolare e la Meditazione sulle verità della Fede, mediante risoluzioni concordanti col soggetto di Esame.
L’esperienza mostra, infatti, che l’Orazione dà lumi e forza spirituale per condurre coraggiosamente il proprio Esame Particolare; questo, a sua volta, stimola e controlla giornalmente il frutto dell’Orazione, perché essa non degeneri in fatuo sentimentalismo. A questi due Esercizi spirituali può applicarsi normalmente, con tutta ragione, il noto asserto: simul stabunt, simul cadent: insieme stanno, insieme cadono.
Così l’esame particolare può costituire il filo direttivo di tutti gli esercizi, ed essere un faro che su tutta la vita dello spirito, proietta la sua luce feconda.
Finalmente occorre la costanza negli sforzi generosi. Alcuni compromettono il risultato dell’esame attaccando il loro difetto dominante a sbalzi, a scossoni, invece d’imporsi un lavoro calmo e metodico. Se ai giorni di lotta energica, seguono quelli di penosa indolenza, si distrugge con una mano quel che s’è costruito con l’altra.
La storia ci dice che i Cartaginesi, vincitori dei Romani a Canne nella seconda Guerra Punica, dopo essersi abbandonati ai deliziosi ozi di Capua ove svernarono, furono vergognosamente sconfitti poi al primo urto.
In modo analogo, il demonio sembra talvolta rassegnarsi alla sconfitta; lascia che l’anima goda il frutto della vittoria e si conceda pure il riposo. Ma è una finta. Quando si accorge che la vigilanza non è più accorta, che lo spirito battagliero è scemato, e quando l’anima meno se l’aspetta, lancia risolutamente il suo attacco; e spesso riesce a vincere, lasciando la vittima nel dolore e nello smarrimento di una – desolata prostrazione morale
Oggi vige il principio della nazione armata; s’indicono grandi manovre per simulare atti di guerra, e si predica alto: Si vis pacem, para bellum Se vuoi la pace, apprestati alla guerra!
Anche ai suoi Apostoli Gesù intimo: Vigilate et orate! (45)

Criteri direttivi

Nell’intento di aiutare le anime di buona volontà, e semplificare loro il lavoro, presentiamo in forma praticissima, un buon numero di argomenti per l’esame di coscienza, sia particolare che generale.
Sono esami sugli ostacoli da superare, come la superbia, la suscettibilità, l’egoismo, la sensualità, l’indolenza spirituale, la dissipazione, la disattenzione nelle preghiere.
Esami sulle virtù e buone abitudini da acquistare, per menare una vita interiore, con speciale riguardo alle virtù corrispondenti ai Voti religiosi, e all’esercizio dell’apostolato educativo.
Però non si tratta di rigide rotaie che tracciano un corso inflessibile, ma di utili indicazioni, e di guide alla libera iniziativa individuale.
Per disporre alla lotta instancabile, e rompere la monotonia di scarne enunciazioni e di aridi questionari, molti soggetti sono preceduti da brevi introduzioni, che presentano i singoli esercizi alla luce dei grandi principi, tramandatici dai Santi e dai più accreditati maestri spirituali. Diversi di quei “pensieri” possono servire per ottime meditazioni, nel tempo in cui si svolge l’esame di coscienza a essi relativo.
I questionari sono fatti seguire da pie aspirazioni, giaculatorie (46), brevi ma fervide preghiere, da ripetere a volontà durante il giorno, per impetrare l’aiuto divino.
Non c’è da spaventarsi per l’abbondanza della materia presentata; né si deve credere di dover abbracciare tutte le pratiche suggerite, né di seguire tutti i consigli e tutti i piccoli procedimenti indicati.
Ci troviamo come dinanzi a una tavola riccamente imbandita c’è di tutto, ma non è necessario, e neppure opportuno, prendere di tutto e in abbondanza Se entriamo in una farmacia ben fornita, vi troviamo tutti i rimedi e per tutte le malattie; ma, finché ci resta il lume della ragione, ci guardiamo bene dall’usarli o dall’ingerirli tutti
Ognuno prende quello di cui ha bisogno, e nella misura dell’esigenza personale di quel giorno, di quella stagione, di quel malessere improvviso
Le analogie tra corpo e anima, tra materia e spirito sono sorprendenti, e volute da Dio stesso.
Così, anche per le anime, possono presentarsi programmi ampi, anche particolareggiati, insomma copiosamente e industriosamente imbanditi. Ognuno esamina, scelga con criteri selettivi personali, le cose di cui sente più vivo e urgente il bisogno, in quello stato d’animo, in quel periodo di penoso turbamento, in quel tempo d’indolenza o di rilassamento che bisogna scuotere, per riprendere la via interrotta del fervore, della regolarità, dello zelo.
Perciò, ogni anima prenda liberamente, riduca cambi, aggiunga secondo i propri bisogni. Qui c’è una semplice guida E la ricchezza del materiale proposto, lungi dal disorientare o dal disanimare, deve allettare e incoraggiare.

Condizioni di vittoria

In un quadro riassuntivo, diamo le avvertenze sul modo di usare con frutto gli “itinerari” qui proposti:
1. Percorrendo l’indice analitico al principio del libretto, e quello alfabetico posto alla fine, si ha la possibilità di scegliere rapidamente il soggetto che risponde ai propri bisogni del momento. L’abbondanza dei soggetti e degli esercizi, consente di variarli a piacere.
2. Il tempo più adatto alla scelta del soggetto e del singolo esercizio, è quello del ritiro mensile e della rivista settimanale.
Prima di applicarsi a un soggetto od esercizio, è opportuno soffermarsi alquanto sui vari punti, per fissarseli bene in mente o trascriverli, determinarne la portata, stabilirne il modo di valutare e segnare vittorie o sconfitte.
Si scelgano uno o più punti, tra quelli segnati; gli altri potranno aggiungersi successivamente, o sostituire quelli precedentemente scelti, e di cui si è riportata vittoria,
3. La materia assegnata ai vari esercizi è piuttosto abbondante; così vengono suscitati sforzi morali sufficienti, anche se si presentano poche occasioni, perché tra i vari punti prenotati, qualcuno potrà applicarsi sicuramente ai bisogni attuali dell’anima.
Perciò si segua un solo esercizio, o parte di esercizio, per volta, e senza fretta. Non si deve credere che chi non si propone tutto in una volta, consegue poco o nulla
Per evitare, poi l’eccessiva moltiplicazione dei soggetti, alcuni esercizi contengono punti che solo indirettamente si riferiscono agli argomenti proposti, ma che possono essere tenuti ugualmente presenti, in particolari circostanze.
4 Dopo aver esaurito un soggetto, è bene riepilogarlo, applicandosi, almeno per una settimana, ad alcuni punti, scelti fra tutti gli esercizi seguiti, prima di applicarsi ad altro soggetto. Così si conferma e si ribadisce il frutto già riportato; il progresso si effettuerà a tappe piccole, ma sicure.
5. La semplice lettura di uno degli itinerari, seguita da brevi esami su ogni punto nel tempo riservato all’esame particolare, è di per sé sufficiente per obbligare l’anima a maggiore vigilanza, e per assicurare il frutto essenziale del pio esercizio.
Però, chi ha la pazienza e la costanza di segnare una o due volte al giorno, su apposito foglietto, le vittorie riportate o le mancanze sfuggitegli, si assicura un frutto senza paragone più certo, abbondante e duraturo.
Le indicazioni sparse qua e là, sono per queste anime generose.
6. Quando vengono proposti: atti, sacrifici, aspirazioni, riflessioni, si può fissare un minimo, e segnare quanto manca per raggiungerlo. Così, se si voleva ripensare almeno 3 volte alle risoluzioni prese nella meditazione del mattino, e vi si è pensato una volta sola, si segnano 2 mancanze.
7. I totali, giornalieri e settimanali, consentono di verificare il progresso o il regresso. Le sanzioni (penitenze, mortificazioni), senza- le quali l’esame è inefficace, si possono notare segnando una crocetta (+) al disotto dei totali giornalieri, appena sono state eseguite, come si fa coi debiti pagati.
8. È molto utile sottoporre periodicamente i risultati raggiunti al proprio Direttore spirituale; così non si resta vittima della propria immaginazione o della propria incostanza.


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La pratica rende più chiara la teoria; però è bene che ogni tanto si leggano i principi basilari contenuti in questa prima parte del volumetto. Chi approfondisce e pratica integralmente il metodo, lo trova chiaro, facile, ed efficace.

La vittoria nel campo più vasto

L’uso di questi soggetti si può estendere proficuamente ad altri aspetti e ad altre esigenze di vita spirituale.
Così si possono utilizzare i punti di vari esercizi, per ricercare le risoluzioni da prendere nelle meditazioni, che si riferiscono a un dato soggetto.
Una lettura attenta, distanziando le domande con buoni momenti di riflessione nel silenzio interiore dell’anima, si presta per le riviste settimanali e mensili come pure per gli esami di coscienza che si sogliono fare nel ritiro annuale.
Consultando gli “itinerari”, si fa un prezioso lavoro di penetrazione nella propria coscienza, facilitando lo studio analitico della passione predominante.
L’abbondanza degli argomenti pratici, offre materia adatta e varia per la direzione spirituale: risultati da sottoporre, consigli da chiedere
Anche la confessione sacramentale se ne può avvantaggiare per esami introspettivi, in vista della graduale purificazione da peccati, cattive abitudini, propensioni al male, ricerche personali a scapito dei propri doveri
In tal modo questi “soggetti” offrono molteplici possibilità: dalla lotta contro le più volgari manifestazioni dell’egoismo e della sensualità, si arriva, per gradi, alle più delicate sfumature e tonalità della purità di cuore e della delicatezza di coscienza.
A mano a mano che un vetro è nettato, la visione risulta più chiara e precisa Lasciando depositare il polverone sulla strada, e disperdere le nebbie, il cielo diventa sempre più terso
E così avviene nelle anime in via di purificazione secondo la parola di Gesù: Beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio (47). Dio e le cose di Dio
Il Divin Cuore di Gesù conceda a tante anime generose e apostoliche, di realizzare le condizioni di vittoria e di progredire rapidamente nella virtù, E,er essere pronte a sostenere con serena fiducia il grande ESAME che seguirà la vita di prova sulla terra, secondo la nota e confortante assicurazione di S. Agostino: Iddio risparmia chi si accusa, e non giudica chi si giudica da sé (48).

La grandezza vera delle anime

Nella mente di qualcuno potrebbe affiorare l’obiezione: una concezione così raffinata e metodica della vita spirituale, non può provocare l’avversione per questi esami di coscienza?
Dobbiamo riconoscere che la superficialità della vita spirituale e i vieti preconcetti di anime, anche tra le elette, possono distogliere dall’esame sereno e approfondito delle più serie questioni spirituali; e creare vere incomprensioni della psicologia e degli intendimenti dei Santi, i quali seppero unire una meravigliosa libertà di spirito, alla vigilanza minuziosa e costante sopra se stessi. Alcuni credono di avere l’anima grande perché non fanno più caso della fedeltà alle piccole cose, detta a buon diritto la virtù specifica dei santi (49).
Sono le minime finezze che danno l’ultimo pregio a un capolavoro. Così pure sono le sfumature, impercettibili ai più, che coronano la virtù e la santità, costituendo la espressione della vera grandezza di animo. “È veramente grande ammonisce S. Agostino chi è fedele nelle piccole cose: In minimo fidelem esse, maximum est” (50).
E quali esercizi saranno sacrificati innanzi tutto? Risponde un accreditato maestro di vita spirituale, il Beaudenon: Sono proprio i più importanti, perché anche i più pesanti; sarà la meditazione; sarà, specialmente, l’esame particolare (51).
Eppure; chi non vede come tutto in noi: fatiche giornaliere, riflessi di vita moderna, agitazioni sociali preoccupazioni materiali cospira oggi, non a semplificare, ma a minimizzare la nostra attività interiore?
Nessuno può negare che la vita divina in noi, sia frutto della grazia da una parte, e dello sforzo individuale con cui ciascuno deve studiarsi di annientare le tendenze corrotte della propria natura e sviluppare i germi di grazia immessi in noi, senza egoistici compromessi. E non è forse, attraverso queste analisi anche minute, questa insistente osservazione dei moti della natura in contrasto Con quelli della grazia, che l’anima scopre se stessa, che scende nell’abisso del suo nulla, e che, constatando giornalmente la moltitudine delle imperfezioni, sente impellente il bisogno del divino aiuto e lo implora con più fervida preghiera?
Iddio ci guardi dagli scrupoli, ma non ci guardi meno dall’infedeltà all’altissimo ideale religioso, inerente alla vocazione a cui Egli ci destinò!

Prospettive mistiche

Se tutti gli autori ascetici son d’accordo nel magnificare l’esame particolare, non tutti concordano nella valutazione del metodo da seguire Pur data la brevità imposta dal presente volumetto, e il suo carattere tutto pratico, non possiamo, per dovere di obbiettività, tacere del tutto, di metodi più o meno diversi da quello esposto finora.
Così c’è una discreta divergenza tra là dottrina spirituale del Padre Luigi Lallemant, con quella del Padre Rodriguez, ambedue gesuiti. Però, tutti e due si muovono nel campo dell’insegnamento, inculcato dai più autorevoli maestri di spirito.
Il Rodriguez, che si rivolge sopratutto ai novizi, inculca più fortemente l’esercizio delle virtù e delle buone opere; il Lallemant, che parla a uomini