Il Santo Rosario meditato da d. Giussani

…Nel proporvi di vivere il Rosario con una riscossa particolare della coscienza, sono guidato dall’impressione, forte, che ho avuto nel viaggio in Terra Santa…

IL SANTO ROSARIO


Il Santo Rosario, la preghiera più diffusa che la tradizione popolare ci abbia consegnato, ha consacrato nei secoli l’aspetto più umile della vita della Madonna. Recitandolo, è come se la figura di Maria si imponesse nel suo aspetto più semplice e più nascosto. Ma nel proporvi di vivere il Rosario con una riscossa particolare della coscienza di quello che è la Madonna nella vita dell’uomo e del mondo, sono soprattutto guidato dall’impressione più forte che ho avuto nel viaggio in Terra Santa. La cosa che più mi ha stupito e mi ha come reso immobile nello spirito – immobile nel senso dello stupore – è stato quando ho visto la piccola, restante casa-grotta in cui viveva la Madonna e ho letto una targa di nessun conto su cui era scritto: Verbum caro hic factum est – Il Verbo si è fatto carne qui -. Sono rimasto come pietrificato dall’evidenza improvvisa del metodo di Dio, che ha preso il niente, proprio il niente.


MISTERI GAUDIOSI


Com’era familiare alla gioia il cuore di Maria, pur nella profondità senza paragone della sensazione di mistero, di oscurità in cui lei penetrava giorno per giorno. Che cosa sostiene questa apparente contraddizione? La fede. La certezza che tutto è di Dio, che Dio è il padre di tutti, che il mondo è destinato a una positività eterna. Non avesse pensato tutti i giorni a questo, non si fosse alzata la mattina pensando a questo, non si fosse mossa durante il giorno pensando a questo, non fosse andata a riposare la sera pensando a questo, sarebbe stata una teoria astratta, sarebbero stati dei pensieri.


Il mistero che adesso ci viene proposto è il mistero dell’ Incarnazione di Gesù, della Sua Nascita. In questo si specifica il ricordo generale, la memoria generale del nostro rapporto con Lui, ell’essere stati chiamati da Lui. Egli è nato, concepito e nato da una donna.


1. Annuncio dell’Angelo a Maria


Le parole dell’Angelo potevano confondere di stupore e di umiltà la giovinetta cui erano indirizzate. Però non erano tali da essere totalmente incomprensibili; avevano qualche cosa per cui erano comprensibili all’animo di quella ragazza che viveva i suoi doveri religiosi.


La Madonna le ha abbracciate: «Io sono la serva del Signore. Avvenga di me secondo la tua parola». Non perché capisse, ma nella confusione diventata sterminata per il Mistero che si annunciava vibrando nella sua carne, la Madonna aprì le sue braccia, le braccia della sua libertà e disse: «Sì». E stette all’erta tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti della sua vita.


Lo stato d’animo della Madonna, quello stato d’animo che opera un atteggiamento e lo decide di fronte alle occasioni e al tempo, lo stato d’animo della Madonna come si può definire meglio che con la parola “silenzio”? Il silenzio proprio come colmo di memoria. Due cose contribuivano a questa memoria, due cose determinavano questo silenzio.


La prima era il ricordo dell’accaduto. L’accaduto conservava intatta la sua meravigliosità, il suo mistero vero, il suo mistero di verità, perché – ed è la seconda cosa – aveva qualcosa di presente: quel Bambino, quel giovane presente, quel Figlio presente.


2. Maria va a visitare Elisabetta


La Parola di Dio non è espressione letteraria, ma è indice di un avvenimento, è sempre un fatto: la Parola di Dio è Cristo. La Sua parola parte dalla promessa di un avvenimento. La figura della Madonna è tutta riempita di memoria, la parola del suo popolo, e tutta protesa a ciò che gli avvenimenti significano (l’annuncio dell’Angelo, il saluto di Elisabetta). Per questo Elisabetta ha usato la miglior espressione che si potesse dire di una persona: «Beata colei che ha creduto all’adempimento della parola del Signore».


Anche a ognuno di noi, con la trasmissione della fede, è stato detto che la vita ha un destino. Nella sincerità del nostro cuore può riecheggiare in modo vero il Magnificat. Qualunque sia la condizione attuale della nostra vita è gratitudine perché cammino a quel destino in cui vedremo Dio.


La Madonna, il giorno dopo l’annuncio, nella luce mattutina nuova, decise di andare subito ad aiutare la cugina Elisabetta che dall’Angelo aveva sentito incinta di sei mesi; e fece a piedi quei centoventi chilometri di strada di montagna, velocemente, come dice il Vangelo. E la carità quello che nasce da questa luce mattutina con cui anche noi ci alzeremo tutte le mattine, con cui affronteremo tutte le ore undici della giornata, o le ore quattro della giornata, o le ore ventidue della giornata; questa luce mattutina ci da una tenerezza verso gli uomini, verso gli uomini sconosciuti e verso gli uomini ostili, verso gli uomini estranei; non più estranei, ma parte di noi.


3. Nascita di Gesù a Betlemme


II Natale ci obbliga ad affondare lo sguardo alla radice, fino a quel punto dove sorgono le cose, insorgono le cose, dove irrompe l’Essere nel velo del nulla o, meglio, in quel nulla che si copre del velo dell’apparente, s’annida dentro la tenda che il pastore sradicherà dopo averla usata un giorno e la butterà via perché non faccia peso al suo camminare. «È venuto ad abitare tra di noi». L’avvenimento della presenza di Colui che solo può scoprire il mistero delle cose, cioè il mistero dell’Essere, cioè il mistero della vita. Svelare il Mistero significa svelare qualcosa che resta mistero. Nessun uomo ha mai visto il Suo volto, il volto dell’Essere: nessun uomo! Ma Tu, o Bambino che vieni, sei venuto a svelare questo Mistero, il Mistero che nessun uomo ha mai visto.


Con la gioia nel cuore adoriamo Cristo che nasce, tutti i giorni dal mistero di oggi, dal mistero di un oggi. Cristo nasce. Con la gioia del cuore, la memoria nostra si affissi su di Lui e si sprigioni in un nuovo canto; che la nostra vita diventi nuova, perché il canto della vita è la vita stessa. Che diventi nuova, tutti i giorni nuova, che si rinnovi. Perché questo è il frutto della certezza della sua misericordia, della certezza che la sua potenza è più grande della nostra debolezza. Certi del “Dio con noi”. Solo da questa certezza può venire la gioia, solo dalla certezza del “Dio con noi” può venire la gioia.


Non c’è nessun’altra fonte. La coscienza di questa Presenza è più grande di qualsiasi cosa che uno possa fare per gli altri. Noi siamo stati chiamati ad averne coscienza; perciò, oltre il desiderio di un’affezione quotidiana a Lui, noi dobbiamo desiderare con tutto il cuore che la nostra vita renda testimonianza a questo nel mondo, che attraverso noi abbia ad accorgersi, vale a dire che la nostra vita sia veramente immanente coscientemente, partecipante alla vita del popolo di Dio, del popolo Suo che Gli appartiene, tutto pieno di opere buone.


4. Gesù presentato al Tempio


Quando la Madonna si è recata al tempio, otto giorni dopo, per offrire il suo Pri mogenito, nel grande tempio nel quale ogni giudeo identificava la maestà di Dio, essa certamente si sentiva come nullificata dalla grandezza e dalla maestà di Dio. Ma, nella percezione della grandezza del tempio, un sentimento penetrava e prevaleva: la grandezza di Dio era il Bambino che aveva tra le braccia, era il Bambino che piangeva, era il Bambino che allattava. Vedendo da che cosa Dio ha fatto nascere quello che è il fattore decisivo della storia e del mondo, come dirà il vecchio Simeone, e che divide il mondo in due – perché è proposta davanti alla quale si divide in due il cuore dell’uomo e si dividono in due tutti i cuori degli uomini – , vedendo da che cosa è nato Colui che le porte degli inferi non verranno più a distruggere, una forza umana la più grande di tutte, vedendo da che cosa è sorto, si rimane come pietrificati dallo stupore. Tutto il resto è comprensibile da tutti gli uomini – il senso religioso, lo chiama- no -, ma questo impatto e questo avvenimento è totalmente impensabile, imprevedibile, totalmente nuovo, totalmente e veramente incomprensibile: Dio fatto parte della nostra esperienza, dell’esperienza del nostro io, dell’esperienza della maternità della Madonna, dell’esperienza di ogni azione che compiamo.


5. Gesù ritrovato nel Tempio fra i dottori


Proviamo a immedesimarci nella realtà della Madonna. La sua autorità, l’autorità per lei e per il suo sposo, Giuseppe, chi era? La presenza di quel Bambino, che magari non parlava ancora, che quando ha incominciato a parlare e ad agire fece quella sortita a dodici anni, che stupisce come un istante di Mistero che solleva il suo velo; l’autorità era quella Presenza, per cui la regola era la convivenza con quel Bambino, con il loro Bambino. Tutto ciò vive come coscienza. La coscienza è un occhio spalancato sul reale, che come tale non passa. Factum infectum fieri nequit: non si può impedire che una cosa che è fatta, sia. Ciò che è fatto rimane per sempre. La regola della Madonna era la presenza di quel Bambino. Così preghiamo la Madonna che ci aiuti a partecipare a questa coscienza con cui ha vissuto; che una Presenza costituisca la regola della nostra vita e quindi la compagnia della nostra vita e l’autorità nella nostra vita e la dolcezza della nostra vita. Questo ideale deve essere l’ideale pregato, domandato, richiesto, mendicato, di ogni giornata. 


 


Ritorniamo a tè, o Madonna, e tu epura dal nostro cuore tutta questa nebbia che normalmente lo avvolge e che impedisce ai nostri occhi di vederti in tutta la potenza e l’inesorabilità della tua presenza determinante il significato, il senso, la consistenza di qualsiasi cosa tocchiamo, in qualsiasi formulazione noi ci flettiamo.


Madonna, facci essere fedeli nel guardare alla tua presenza tutte le volte che tu ci riscuoti, tutte le volte che è necessario per noi; per questo gli Angelus del mattino, del mezzogiorno e della sera costituiscono gli archi portanti della nostra bellezza e della nostra costruttività nel mondo.


Avvenga in noi, o Spirito di Dio, come avvenne nella Madonna: il mistero del Verbo si fece carne in lei, si fece parte della sua carne e coincideva con le sue espressioni. Così la memoria di Cristo diventi carne della nostra carne, diventi parte di tutte le nostre azioni, consiglio per ogni pensiero e fiamma per ogni affetto, e si muova in noi con tutte le nostre mosse, da mattina a sera, nel mangiare e nel bere, in tutto il vivere e nel nostro morire.


MISTERI DOLOROSI


La Madonna sentiva che la creatura che aveva in seno sarebbe dovuta, un giorno, morire – e questo ogni madre, cercando di non pensarlo, lo sente -, ma non che sarebbe risorto. Questo è l’avvenimento che unicamente è paragonabile al mistero dell’inizio; come si è formato il seme dentro il suo seno, così, raggiunta la maturità del tempo, sarebbe risorto; quell’uomo sarebbe risorto. Ma lei non lo sapeva. «Avvenga di me secondo la tua parola» sulla bocca della Madonna è lo stesso che: «Signore, sia fatta la tua volontà» sulla bocca di Cristo. La corrispondenza tra l’Angelus e la Croce è nel fatto che tutti e due dicono: «Avvenga di me secondo la tua parola». È il gesto dell’obbedienza nella sua essenzialità pura. La sua essenzialità pura fa strappare da qualche cosa che Dio chiede, per passare attraverso una croce e una resurrezione da cui scaturisce una fecondità senza limite, una fecondità col limite del disegno di Dio. La fecondità scaturisce dalla verginità. Non si può concepire la verginità che così.


1. Gesù nell’orto degli ulivi


«Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire: “Padre, salvami da quest’ora [di fronte al pensiero del sacrificio, di fronte al pensiero della morte, del rinnegamento di sé…]?”. Ma per questo sono giunto a quest’ora [per questo, per questa condizione sono stato scelto, chiamato, educato amorosamente dal mistero del Padre, dalla carità del Figlio, dalla luce calda dello Spirito. Ora l’anima mia è turbata e che devo dire: “Padre, salvami da quest’ora? Tira via questa condizione, Padre, tira via questa condizione… devo dir questo?”. Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!]». Così potrò dire alla fine: «Padre, glorifica il tuo nome [glorifica la Tua volontà, avvera, realizza il tuo disegno], che io non comprendo [perché non comprendeva la grande ingiustizia]. Padre, glorifica il Tuo nome davanti al quale io sono in timore e tremore, in obbedienza, cioè in amore: la mia vita è il Tuo disegno, è la Tua volontà».


Quante volte – pregando lo Spirito e la Madonna – dovremo rileggere questo brano per immedesimarci con l’istante più lucido e più affascinante nel quale la coscienza dell’uomo Cristo, Gesù, si è espressa; la si può sorprendere, dai suoi recessi più profondi fino ai picchi più alti del suo esempio di amore all’Essere, di rispetto all’oggettività dell’Essere, dell’amore alla sua origine e al suo destino e al contenuto del disegno del tempo, della storia. «Padre, se è possibile, che io non muoia; pero non la mia ma la tua volontà sia fatta». È la suprema applicazione del nostro riconoscimento del Mistero, aderendo all’uomo Cristo inginocchiato e grondante sangue dai pori della pelle nell’agonia del Getzemani: la condizione per essere vero in un rapporto è il sacrifìcio.


2. Gesù flagellato alla colonna


La compagnia dell’Uomo-Dio alla nostra vita è diventata tragedia, inconcepibile, inimmaginabile, che sfida l’immaginazione di chiunque. In tutti i secoli della storia non si può immaginare – neanche per gioco, fosse una fiaba – una tragedia più grande di questa: la compagnia di Dio fatto carne dimenticata, oltraggiata dall’uomo; tragedia che nasce dal cinismo delle nostre istintività perseguite. Si danno convegno attorno a questo “legno”, la cattiveria dell’uomo che vien meno alla chiamata dell’Infinito, i disastri che questo delitto provoca, così che la morte dell’Uomo-Dio è la somma e il simbolo di tutti questi disastri. E, nello stesso tempo, pure si da convegno la potenza irresistibile di Dio, perché proprio quel supremo disastro, quella cattiveria diventano strumento per una vittoria e per una redenzione di essa. Questo è l’enigma che Dio mantiene nella vita, perché questo grande disegno di bontà, di saggezza, di sapienza e di amore deve essere prova, deve attuare l’idea di prova. Perché prova? Perché il mondo è nel male, il mondo è posto nel Maligno.


3. Gesù coronato di spine


Quella piccola testolina che la Madonna, come ogni madre davanti al figlio neonato, avrà stretto senza stringerla, accarezzata con delicatezza come fa ogni madre, guardata con stupore e con ammirazione, sarebbe dovuta essere incoronata di spine. Salve caput cruentatum. Come la Madonna risentiva in sé questo male del mondo, senza dettaglio e senza accuse, ma come dolore già sterminato che doveva culminare nello sguardo alla morte di suo Figlio!


4. Gesù sulla via del calvario


Dio venuto tra gli uomini va al patibolo: sconfitto, un fallimento; un momento, una giornata, tre giornate di nulla, in cui tutto è finito. Questa è la condizione, la condizione del sacrificio nel suo significato più profondo: sembra un fallimento, sembra di non riuscire, sembra che gli altri abbiano ragione.


Il rimanere con Lui anche quando sembra che tutto finisca o sia finito, rimanergli accanto come ha fatto Sua Madre: solo questa fedeltà ci porta, presto o tardi, all’esperienza che nessun uomo al di fuori della comunità cristiana può provare nel mondo: l’esperienza della Resurrezione.


E noi siamo capaci di lasciarlo per altro amore questo Cristo che si inoltra nella morte per salvarci dal male, cioè affinché noi cambiamo, perché il Padre eterno rigeneri in noi quello che il delitto della dimenticanza ha surclassato! Quest’uomo che si avventa sulla croce per brandirla, per abbracciarla, per inchiodarvisi sopra, per morire, una cosa con quel legno, «lasceremolo noi per altro amore»? Si svena quell’Uomo per noi e noi dobbiamo lasciarlo per altro amore?


5. Gesù muore in croce


Noi siamo peccatori e la morte di Cristo ci salva. La morte di Cristo fa diventare bene qualsiasi nostro passato, ma il nostro passato è pieno d’ombra che si chiama peccato. Ed è la morte di Cristo che ci salva. Non si può riconoscere Cristo in croce senza immediatamente capire e sentire che questa croce deve toccare noi, che non possiamo fare più obiezione al sacrificio; non c’è più obiezione al sacrificio da quando il Signore è morto.


Proprio attraverso il nostro sguardo fisso sulla croce – dove è Colui che ci guarda con l’occhio fìsso dell’eternità, fisso di pietà e di volontà di salvezza, avendo pietà di noi e del nostro nulla -, attraverso lo sguardo fisso alla croce, diventa esperienza di redenzione quello che sarebbe una cosa così estranea da sembrare a noi astratta, arbitrariamente creata. È fissando la croce che noi impariamo a percepirne sperimentalmente l’invadente Presenza e l’ineluttabile necessità di grazia per la perfezione della nostra vita, per la gioia della nostra vita. È nella Madonna che la adorazione del nostro cuore trova il suo esempio e la sua forma. Infatti non fu appena per Cristo la condizione della croce: la morte di Cristo in croce salva il mondo non isolata in se stessa. Non è da solo che Cristo salva il mondo, ma è con l’adesione di ognuno di noi alla sofferenza e alla croce. Lo dice S. Paolo: «Io compio nella mia carne d’uomo i sacrifici che mancano alla croce di Cristo, alla passione di Cristo».


 


Con tè, o Maria, riconosciamo che non è castigo la rinuncia che è chiesta alla nostra vita, ma condizione per la salvezza di essa, per l’esaltazione di essa, per l’incremento di essa. Maria, fa’ sì che la nostra offerta, l’offerta della nostra vita aiuti il povero mondo, questo povero mondo, ad arricchirsi nella conoscenza di Cristo e a gioire nell’amore a Cristo.


MISTERI GLORIOSI


La Madonna, quando pregava con le parole dei profeti, quando attendeva da umile e fedele ebrea, non poteva immaginarsi che quel seme sarebbe stato concepito e come sarebbe stato concepito. Non avrebbe potuto pensare, quando lo vedeva giocare piccolo, quando ha cominciato a sentirlo urtare la mentalità comune, quello che sarebbe successo dopo la morte, nella morte. Quel seme posto nel suo seno, quel seme che poi è stato posto nel seno della morte, come di lei ha fatto la regina del mondo, così della morte ha fatto la sua schiava ultima, l’ha vinta. È la vittoria sopra la morte. Bisogna pregare la Madonna con tutto il cuore, perché in lei è iniziato tutto il Mistero, e siccome Dio è l’unico che tratta l’uomo secondo la totalità del suo io, lei incominciò a capire quando incominciò a essere madre, quando disse: «Sì». Allora cominciò a capire. Incominciò. Era ancora un infinitesimo, ma incominciò a capire. E che cosa cominciò a fare?


A portare, a “gestire”. Che cosa? La Realtà di ogni cosa che è nel mondo. Concependo Cristo, incominciando a gestire Cristo, incominciò a concepire, incominciò a gestire ogni cosa che è nel mondo perché ogni cosa che è nel mondo è fatta di Cristo. «Tutto in Lui consiste».


1. Gesù risorge da morte


E’ morto per risorgere, perché la gloria di Dio attraverso la sua venuta nel mondo non è la croce, ma la resurrezione. È morto per risorgere ed è risorto per rimanere. Il miracolo da cui si capisce che è proprio Dio che rimane tra noi, è l’unità, l’impossibile unità tra gli uomini. Il mistero pasquale, innanzitutto, ci è richiamo al più grande avvenimento che il tempo della storia possa albergare in sé. Tutto il tempo e la storia sono fatti per questo: perché ci siano persone che rinascano al Battesimo, rinascano dalla morte e resurrezione di Cristo; la fede in Cristo morto e risorto ci rende nuove creature. Questo è il vero soggetto della vita del mondo, il soggetto vero, quello che ascolta la voce della verità, di Colui che è la Verità, di Colui che è morto per testimoniare la Verità che Egli è: chi vive la coscienza di essere nuova creatura. Questa creatura nuova che il Battesimo porta dentro di noi – nonostante lasci tutte le tracce dell’uomo vecchio in noi e quindi stabilisca un contrasto, una lotta a cui non possiamo sottrarci tutti i giorni -, in questa novità però, portata dal Battesimo, il nostro io lentamente si confonde sempre di più con Cristo. Dire: «Io» significa dire sempre di più: «Tu», «Tu, o Cristo», e giudicare in modo diverso vuoi dire giudicare secondo la Sua mentalità: metanoeite, cambiate mentalità. E amare vuoi dire sempre più amare quello che ama Cristo e come ama Cristo, perché ama Cristo: l’identità tra noi e Cristo, cioè la vita come memoria.


2. Gesù ascende al cielo


L’Ascensione è la festa dell’umano. Con Gesù l’umanità fisica, carnale entra nel dominio totale con cui Dio fa tutte le cose. È Cristo che discende alla radice di tutto. È la festa del miracolo: un avvenimento che per sua forza richiama al mistero di Dio.


Per questo l’Ascensione è la festa dove tutto il Mistero si raccoglie e dove si raccoglie tutta l’evidenza delle cose. È una festa straordinaria e stranissima, dove tutti i volti di tutte le cose si danno convegno per gridare all’uomo ignaro, distratto, oscuro e “malviso”, la luce di cui sono fatte; per ridargli il significato per cui lui è entrato in rapporto con ogni cosa, per urlargli il compito che ha nelle cose, la parte sua tra le cose. Perché tutto dipende da lui: tutte le cose sono state fatte per l’uomo.


Chiunque cerca di rendere testimonianza al Signore con la sua vita già fa parte del mistero della sua Ascensione, perché Cristo asceso al cielo è l’Uomo per cui tutto è fatto, l’Uomo che ha incominciato a prendere possesso delle cose del mondo.


3. Lo Spirito Santo scende su Maria e gli Apostoli


Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam. Vieni Santo Spirito [il Creatore]. Vieni attraverso la Madonna. Attraverso la carne del tempo e dello spazio, perché la Madonna è l’inizio della carne come tempo e spazio: è attraverso di essa che viene.


E’ attraverso la Madonna che tutto il rinnovamento del mondo passa; come è passata da Abramo la scelta del popolo eletto, così il nuovo e definitivo popolo eletto – cui noi siamo stati chiamati a partecipare – passa dal ventre di una ragazza, dalla carne di una donna. Per questo l’affiatamento e l’affezione a tè, madre di Dio e madre nostra, è grande, come quella per tuo Figlio.


Lo Spirito è l’energia con cui l’Origine, il Destino e la Fattura di tutto, mobilitando tutto secondo il suo disegno, ha investito la nostra vita e l’ha portata nel cuore di quel disegno, volenti o nolenti.


L’unica condizione è che non l’avessimo rifiutato, cioè che non lo rifiutassimo, cioè che non lo abbiamo a rifiutare.Lo Spirito ci ha rivelato che Cristo è morto e risorto e questo è il significato esauriente della tua vita. Questo è il dono di Cristo risorto, il dono dello Spirito, che guarisce alla radice, ci ridà la grande possibilità, che è riconoscere che tutto viene da Dio attraverso Cristo, che è il metodo usato da Dio.


4. Maria è assunta in cielo


Nell’Ascensione il Signore, con la sua Resurrezione, è diventato il dominatore del mondo e perciò c’è uno tra noi che salverà tutto quello che siamo, che è così potente da salvare la nostra vita, da conservarla tutta, per ridarcela tutta perdonandoci i nostri peccati. La dimostrazione di questo è il mistero dell’Assunzione, in cui ha preso l’umanità della Madonna e non l’ha lasciata in balia della morte, neanche un momento.


Con il mistero dell’Assunzione il Signore dice: «Vedete, io non vi farò perdere niente di quello che vi ho dato, di quello che avete usato, di quello che avete gustato, persino di quello che avete usato male, se voi sarete umili di fronte a me. Beati i poveri di spirito, cioè: se voi riconoscete che tutto è grazia, che tutto è misericordia, perché i vostri criteri sono niente, il mio criterio è tutto». La Madonna già sta a quel livello ultimo, profondo dell’Essere da cui tutti gli esseri traggono consistenza, vita e destino. Per questo è stata assunta al cielo, là dove sta il mistero di Dio: perché fosse per noi madre quotidiana dell’avvenimento.


La glorificazione del corpo della Madonna indica l’ideale della moralità cristiana, la valorizzazione di ogni momento, il valore di ogni istante. Perciò è la valorizzazione della vita, della nostra esistenza, della vita del corpo del mondo, è l’esaltazione della materia vissuta dall’anima, vissuta dalla coscienza che è rapporto con Dio, è la valorizzazione della nostra vita terrena, non perché fortunata per particolari circostanze, ma perché attraverso ogni cosa più piccola si veicola il nostro rapporto con l’Infinito, con il mistero di Dio.


5. Maria è incoronata Regina nella gloria del Paradiso


Regina del cielo vuoi dire regina della terra, regina della verità della terra, della terra nella sua verità permanente, perché veritas Domini manet: la verità dell’Essere rimane.


L’attesa del ritorno di Cristo – e questo ognuno di noi è chiamato a sperimentarlo – è la passione, la gioia, la speranza gioiosa di quel giorno quando tutto il mondo sarà veramente se stesso, tutta l’umanità Lo riconoscerà e Cristo veramente sarà “tutto in tutti”. Quel momento è il significato di tutto ciò che c’è, è il significato di tutto il tempo, di tutto ciò che si fa ed è il vertice, il cuore della speranza. Perché la gloria dell’uomo dipende da questo, in questa adesione l’uomo comincia a gridare la gloria di Dio. La nostra vita cerca la gloria perché è fatta per essa e la gloria non è qualcosa promesso per l’avvenire, ma è una promessa già cominciata e già adempiuta; e che si compie per noi nella misura in cui la nostra persona si offre e riconosce che la consistenza di tutto è Cristo. Il Paradiso non è altrove: sarà qui. Il Paradiso è la verità totale tra tè e me, nel rapporto tra tè e me; è la verità totale nel rapporto tra me e l’immagine che mi viene dal pensiero, tra me e le cose. Il Paradiso è una festa che «compie omne festo che’l core ha bramato».


 


La mano della Madonna di introduca nel Mistero, perché questo è il Senso delle nostre giornate, il significato del tempo che scorre; ci guidi nel cammino il suo sguardo, ci educhi il suo esempio, la sua figura costituisca il disegno del nostro proposito. Madre generosa, che generi per noi la grande presenza di Cristo, noi vogliamo essere consolati,confortati, alimentati, arricchiti, allietati da quella presenza che è rinata dalla tua carne e per questo ti chiediamo di farci partecipi della tua libertà, della tua disponibilità, della tua via.