I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: La Grazia (II)

9. Abbondanza di grazie.
10. La grazia é un innesto divino.
11. La grazia é paragonata alla pupilla dell’occhio.
12. Eccellenza della grazia.
13. Potenza e meraviglie della grazia.
14. Utilità della grazia.
15. Conto che si deve rendere delle grazie.
16. Bisogna profittare delle grazie.
17. Mezzi per ottenere e conservare la grazia.

9. ABBONDANZA DI
GRAZIE. – «In Gesù Cristo abita corporalmente tutta la
pienezza della divinità, e noi ne siamo in lui riempiti»
(Coloss. II, 99-10). Ora, se siamo riempiti della divinità,
è chiaro che abbondano in noi tutte le grazie, poiché
abbiamo in noi l’autore di tutte, il quale, come ci dice S. Giacomo,
le dispensa largamente a tutti, senza muoverne rimprovero (1,5).
Quindi gli Atti Apostolici notano che la grazia si manifestava
abbondante nei cristiani (Att. IV, 33), e S. Bernardo
confessa che Gesù Cristo gli si era comunicato tutto intero, e
si era messo tutto quanto ai suoi servizi (Serm. in Cantic.).
S. Tommaso insegna, che Dio dà
con liberalità e generosità, non a prezzo; dà
universalmente, non a uno solo ma a tutti…; dà a
profusione…, con bontà senza rinfacciare il dono (3 p. q.
art. 9). S. Ambrogio ci assicura che Dio ricompensa le nostre buone
opere molto più abbondantemente di quello che esse si
meritino. Iddio, dicono d’accordo i teologi, punisce meno di quel che
l’uomo meriti, ma premia oltre olmi merito. Questa dottrina concorda
con quelle parole dell’apostolo Pietro: «Studiatevi sempre
meglio, o fratelli, di assicurare nel mezzo delle buone opere la
vostra elezione e vocazione; perché facendo questo. voi non
cadrete. E così vi sarà aperta una larga entrata nel
regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo (II
PETR. I, 10-11)».
Ah sì! ogni
uomo può dire col Salmista, che Dio lo ha prevenuto con le
benedizioni della sua clemenza (Psalm. XX, 3), e che l’anima
sua si è impinguata nei divini favori (Psalm.
rXII. 5). Chi non è ingrato ai benefizi di Dio deve
invitare quanti conosce e incontra a udire il racconto delle
ammirabili grazie di cui lo ha colmato il Signore (Psalm. LXV,
15), ed esclamare: «Che renderò io mai al Signore, in
ricambio di tanti beni di cui mi ha arricchito? (Psalm. CXV,
3).
Dio può dire
veramente che «ha inebriato le anime languide e saziato le
affamate» (JER. XXXI, 25); e in tutti coloro che vogliono, si
avvera quel detto d’Isaia: «Non sentiranno più né
la fame né la sete, perché Iddio misericordioso li
disseterà ai fonti delle acque» (XLIX, 10); di quelle
acque di cui diceva la Sposa dei Cantici: «La fontana
dei vostri giardini è una polla di acqua viva che si precipita
(su di me) dal Libano (dell’eternità)» (Cant. IV,
15).
Dio nutrisce i
cristiani col suo Vangelo, con la sua dottrina, con i suoi favori,
con la santa Eucaristia; li protegge nelle tentazioni; se si affidano
a lui e lo seguono, se vogliono cooperare alla sua grazia; escono
vincitori di tutte le tentazioni, non patiscono più né
fame, né sete.., Chi può contare le grazie che Dio
concede all’uomo? Grazie temporali…, grazie spirituali…; grazie
interiori…, grazie esteriori…; grazie di creazione…, di
redenzione…, di provvidenza…, di sacramenti…; grazie per il
corpo, per l’anima, per la mente, per il cuore, per la memoria, per
la volontà; grazie nel tempo…, grazie nell’eternità…,
grazie universali…, grazie particolari…, grazie ad ogni istante,
tanto che Dio può dire a ciascuno di noi quello che disse al
popolo ebreo: «Che altro c’era da fare alla mia vigna, che io
non l’abbia fatto?» (Is. V, 4).

10. LA GRAZIA È UN INNESTO
DIVINO. – La comunicazione della grazia ha molta rassomiglianza con
l’innesto delle piante; perché 1° come si fa l’innesto di
un albero di buona specie in un ramo di albero selvatico e sterile,
affinché produca frutti saporiti e deliziosi. così la
grazia comunicata dal cielo a noi, palloni selvatici e sterili, ci fa
produrre abbondanti ed eccellenti frutti di buone opere. 2° Si
prende il ramo da un albero di buona specie per innestarlo in uno di
cattiva; così la grazia viene da Dio, virtù e santità
per essenza, nel cuore dell’uomo di corrotta natura… 3° Alla
pianta selvatica si recide un ramo che è surrogato da un altro
produttivo; così la grazia taglia via da noi la parte del
vecchio Adamo e vi pone in vece il nuovo, cioè Gesù
Cristo… 4° La gemma che s’inserisce sull’albero, prende il
medesimo succo e gli si riunisce perfettamente; così con la
grazia noi veniamo incorporati a Gesù Cristo, uniti,
trasformati in lui, divinizzati… 5° Il ramo s’innesta su
l’albero affinché ne partecipi il succo; la grazia ci è
data perché assorbisca in noi tutto quello che è della
natura… 6° L’innesto si deve fare nella primavera, mentre gli
alberi sono in succhio; nessun tempo della vita è più
propizio per l’innesto della grazia nel cuore dell’uomo, che quello
della giovinezza… 7° La pianta si deve fendere fino al midollo,
se si vuole che l’albero profitti dell’innesto; così l’anima
deve aprirsi fino al cuore, per mezzo dell’amore di Gesù
Cristo, affinché possa unirsi a lui e formare un solo cuore.
Come il midollo si confonde col midollo, così il nostro cuore
si unisce al cuore di Gesù Cristo per mezzo della grazia… 8°
Come s’incide l’albero per l’innesto, così bisogna tagliare,
recidere, schiantare le passioni dal nostro cuore, se vogliamo che vi
alligni l’innesto di Gesù Cristo… 9° L’innesto è
diligentemente avviluppato e difeso dal freddo, dal caldo, dai venti,
dagli insetti nocivi e si copre perfino di fango; così l’anima
deve abbracciarsi a Gesù Cristo ed essere difesa contro tutte
le tentazioni di accidia, di gola, di orgoglio, di lussuria, ecc.,
per mezzo della meditazione del proprio niente, del fango di cui
siamo composti, delle miserie umane, della morte, dei peccati
commessi… 10° L’innesto si fa nell’alto della pianta; la grazia
deve dominare tutti i pensieri e i fatti nostri… 11° L’albero
selvatico e sterile che poco o nulla produceva, e quel poco di sapore
amaro e di nessun valore, produce in forza del legittimo innesto
frutti belli a vedersi e dolci al gusto; così la grazia deve
produrre in noi frutti di buoni esempi… 12° La pianta adotta
l’innesto; per mezzo della grazia, Dio ci adotta in figli… 13°
L’innesto si unisce indissolubilmente all’albero, il cuore deve
vincolarsi inseparabilmente alla grazia…

11. LA GRAZIA È
PARAGONATA ALLA PUPILLA DELL’OCCHIO. – «Avrà cura della
grazia come della pupilla degli occhi suoi», leggiamo
nell’Ecclesiastico (XVII, 18). Bello e vero è questo
paragone della grazia alla pupilla dell’occhio! Difatti, in primo
luogo, nella pupilla si riflette al vivo l’immagine della bellezza e
della bontà dell’occhio; e la grazia è il più
splendido riverbero della bellezza e della bontà di Dio,
poiché essa è la più pura partecipazione della
divinità… In secondo luogo la pupilla forma l’ornamento e il
brio del volto; la grazia è l’ornamento e la dignità
dell’anima; se si toglie o si offende la pupilla, si acceca l’uomo;
se si toglie la grazia si acceca, anzi si uccide l’anima. Spegnete il
sole nel firmamento lungo il g:orno, spegnete la luna e le stelle
lungo la notte, e il cielo diventa oscurità e tenebre;
togliete la grazia da un’anima, e voi distruggete il sole e le stelle
dello spirito, non vi restano che folte tenebre nell’intelligenza e
nella ragione, una tetra ed eterna notte pesa su l’anima priva della
grazia, perché questa è per lei quello che è il
sole per la terra e per il mondo…


12. ECCELLENZA DELLA. GRAZIA. – La
grazia è la sorgente della gloria dalla quale esce e alla
quale conduce… «L’acqua che io vi darò, dice Gesù
Cristo, è fonte di acqua che sale alla vita eterna»
(IOANN. IV, 14). Il Redentore chiama acqua viva la sua grazia, perché
viene dal cielo che è la vita e conduce al cielo. La grazia è
un fiume che mette foce nell’oceano della beatitudine eterna:
«Chi berrà di quest’acqua, è parola di
Gesù, non patirà più sete in eterno»
(IOANN. 1V, 13).
Benché le
nostre opere non abbiano nessuna proporzione con la gloria celeste,
in quanto sono opere dell’uomo, l’hanno tuttavia in certo qual modo,
in quanto sono le opere della grazia di Gesù Cristo; poiché
la grazia è, sia di natura sua, sia per la promessa di Dio, la
semenza della gloria. «Per mezzo della grazia, dice S.
Gerolamo, l’uomo cessa di essere debole e vano e diventa, diremo
quasi, un Dio (Lib. Sup. Ioann.)». Perciò S.
Paolo afferma; «Quello che era per me guadagno, l’ho giudicato
pèrdita, per Cristo. Del resto, pieno della scienza
sovreminente di Gesù Cristo nostro Signore, per suo amore mi
sono spogliato di ogni cosa; io reputo sterco e stimo perdita tutte
le cose, per guadagnare il Cristo» (Philipp. III, 7-8).
S. Pietro augurava ai fedeli, che si aumentasse in loro la grazia e
la pace nella conoscenza di Dio e del Signore nostro Gesù
Cristo, affinché sapessero come tutto ciò che spetta
alla potenza divina per riguardo alla vita e alla pietà, tutto
ci è stato dato per mezzo della conoscenza di colui che cl ha
chiamati per la propria sua virtù e gloria e che ha adempito
con le sue grazie le magnifiche e preziose promesse a noi fatte,
acciocché divenissimo partecipi della natura divina (II PETR.
I, 4).
Dio ci si comunica per mezzo della
sua grazia e dà se stesso al giusto, e per questa
comunicazione innalza l’anima fino a sé, la trasforma la
divinizza. Dio solo ha essenzialmente la natura divina. I fedeli e i
giusti ne partecipano, per mezzo della grazia; non essenzialmente, né
personalmente, ma In parte accidentalmente ed in parte
sostanzialmente.
1° Accidentalmente, col dono
della grazia santificante che è accidentale nel giusto, cioè
che vi è, ma che potrebbe non esservi, senza che la sua natura
ne rimanga annientata. In forza di questa grazia, no, partecipiamo
alla natura divina in modo strettissimo e quasi infinito. Infatti la
grazia è cosa tanto nobile ed eccellente, che sta
infinitamente al di sopra della natura degli uomini, e non si può
trovare, secondo l’unanime sentenza dei teologi, sostanza creata che
sa della stessa natura della grazia, poiché la grazia
partecipa della divinità a più alto grado, ad un grado
così sublime, a cui non arriva cosa o natura creata.
Per mezzo della grazia, l’uomo
viene dunque innalzato all’ordine, non angelico, ma divino; egli
diviene alleato e partecipe della natura divina. Non si può
dare per l’uomo partecipazione più grande alla divinità,
che quella che avviene per mezzo della grazia, eccetto la
partecipazione di Dio per mezzo della gloria; la quale però
allora soltanto si avvera, quando ebbe luogo la partecipazione alla
divinità per la grazia.
I peccatori meditino queste sublimi cose,
affinché vedano quello che hanno perduto perdendo la grazia
per un vile piacere, per un misero interesse, e si sforzino
senz’indugio a procurarsela; le meditino i giusti per non trascurare
nulla di ciò che è necessario per conservarla,
confermarla, accrescerla e compirla in se stessi. .
2° I giusti
partecipano alla natura divina non solo accidentalmente in virtù
della grazia santificante, ma anche, sostanzialmente, in virtù
della natura divina in se stessa che loro è comunicata e con
la quale vengono adottati da Dio come suoi figli, come eredi e come
deificati. Per intendere questa cosa, notate in primo luogo, che la
giustificazione formale e la nostra adozione consistono interamente
nella virtù e nella grazia che ci è data e che con noi
s’identifica, la quale in sé contiene e con sé apporta
lo Spirito Santo che è l’autore della carità e della
grazia. Infatti la grazia che adotta, non può andare separata
dallo Spirito Santo, né l’adozione dello Spirito Santo può
essere separata dalla grazia; a quel modo che non si possono separare
né il sole dai suoi raggi, né i raggi dal sole.
Infatti, lo Spirito Santo, per la carità e la grazia, ci
giustifica formalmente e abita in noi, ci vivifica e ci adotta.
Infatti, la giustizia inerente, o la grazia santificante, non è
una semplice qualità, ma comprende parecchie cose
inestimabili, come per es. la remissione dei peccati, la fede, la
speranza, la carità e, in una parola, lo Spirito Santo, autore
di tutti i doni. Nella giustificazione infusa l’uomo riceve tutte
queste grandi cose, dice il Concilio di Trento, sess. VI, cap.
VIII.
Notate, in secondo luogo, che
nella giustificazione e nell’adozione, non solamente la carità,
la grazia e i doni dello Spirito Santo sono dati all’uomo, ma egli
riceve inoltre la propria persona dello Spirito Santo e per
conseguenza tutta la divinità, ossia tutta intera la
Santissima Trinità; di modo che la divinità si trova
realmente e personalmente presente nell’anima del giusto con i suoi
doni e per i suoi doni, ed abita in quell’anima sostanzialmente come
in suo proprio tempio, e se la unisce, la indìa, e questo è
un favore, una dignità ed una sorgente di felicità in
certo qual modo infinita…
Da questa
comunicazione della propria persona dello Spirito Santo e della
Trinità intera, ne segue la suprema elevazione, o diremo la
deificazione dell’anima, e quindi un’adozione perfettissima e divina,
non solamente per la grazia, ma ancora per la sostanza divina, Perciò
S. Basilio disse che i santi sono dèi a cagione della dimora
che tiene in loro lo Spirito Santo (Homil.).
La grazia è
un’immensa partecipazione della santità e della bellezza di
Dio… «Arido tronco tu eri divenuto in Adamo dice S. Ambrogio
all’uomo; ma ora, per la grazia di Cristo, sei cambiato in un albero
fecondo di eccellenti frutti (Serm.)».
Udite gli elogi che
fa della grazia il Savio: «Io l’ho anteposta ai regni e ai
troni e le ricchezze ho stimate meno che polvere al suo paragone; non
l’ho fatta uguale alla pietra preziosa, perché l’oro al suo
confronto vale un granello di arena e l’argento al suo paragone è
fango» (Sap. VII. 8-9). «Essa è più
preziosa di tutti i diamanti; tutti i tesori e le ricchezze del mondo
non ne uguagliano il valore» (Prov. III,
15).

La grazia è
dunque il tesoro dei tesori; è la partecipazione della natura
divina al più alto grado, cioè per quanto può
parteciparne la creatura, non solo naturalmente, ma
sopranaturalmente…


13. POTENZA E MERAVIGLIE DELLA
GRAZIA. – Gesù Cristo cammina su le acque e vi sostiene anche
Pietro; calma la burrasca e porta in un batter d’occhio la barca a
terra. Per mezzo della sua grazia, i medesimi prodigi opera in noi
Gesù Cristo: ci fa calpestare il secolo, calma le tempeste
delle tentazioni, della concupiscenza, delle passioni e ci accoglie
nel porto dell’eterna salute. Ah! se la grazia di Gesù Cristo
abita nel nostro cuore, noi ci troveremo ben presto là dove
vogliamo andare, cioè al cielo… Di che potenza, di che
efficacia non dev’essere la grazia di quel Gesù Cristo, che su
la croce fece d’un malfattore un santo, e cambiò in un istante
Saulo di persecutore fierissimo in un apostolo zelante ed
operosissimo?
L’acqua risale fino al livello della sua
sorgente; e così pure l’acqua della grazia, che discende dal
cielo nell’anima giusta, spinge con tale impeto ed efficacia l’anima,
che l’innalza fino al suo divino Creatore; poiché la grazia è
la sorgente della gloria, prende l’uomo e lo trasporta con sé
nella gloria. La grazia è un fiume di acqua viva e chi naviga
in esso deve arrivare al porto della vita eterna.
«Affinché
lo, splendore delle rivelazioni non mi levi in orgoglio, dice il
grande Apostolo, fu dato alla mia carne un pungolo, l’angelo di
Satana che mi schiaffeggi. Perciò supplicai il Signore che mi
fosse tolto; ed egli mi rispose: Ti basta la mia grazia, perché
nella debolezza si manifesta la forza. Dunque volentieri mi glorierò
nella mia infermità, affinché in me si spieghi la forza
del Cristo… Soffriamo angustie in ogni cosa, ma non cadiamo
d’animo; siamo battuti, ma non prostrati; proseguitati, ma non
abbandonati; feriti, ma non morti» (II Cor XII, 7-9;
.IV, 8-9); e a Timoteo: «Il Signore mi accompagnò passo
passo e mi sostenne con la sua forza, affinché si compia per
mezzo mio la predicazione fra le genti: egli mi ha strappato alle
fauci del leone» (Tim. IX, 17).
Le anime, pie, sostenute dalla
grazia, portano le afflizioni ed avversità loro con più
facilità e coraggio, che non i cattivi la loro pretesa
felicità…
Parlando S. Giovanni
Crisostomo della grazia dello Spirito Santo nel giorno della
Pentecoste, dice: «La grazia spoglia della malignità e
veste della mansuetudine, toglie la schiavitù e dà la
libertà; perciò la terra fu cambiata in cielo, perché
quali stelle si possono paragonare agli apostoli?» (Serm. I
de Pentec
,). Ed in altro luogo afferma: «Ricetto
sicurissimo e torre inespugnabile è la grazia di Dio (Homil.
XLVI in Gen.
)».
«Al primo
risplendere della grazia in un’anima, scrive S. Gregorio, subito se
ne sente radicalmente mutata, cosicché lascia su l’istante di
essere quella che era e diventa quello che non era (Moral.)».
Ed a confermare la sua osservazione, dice altrove avrebbe gli esempi
di Davide, di Amos, di Daniele, di Pietro, di Paolo, di Matteo, ma
non gli basta a ciò la parola, tanto è sorprendente il
vedere la grazia dello Spirito Santo investire un giovane che si
trastulla su l’arpa e farne un salmista; posarsi su di un semplice
pastorello e cambiarlo in un profeta; discendere in un giovanetto e
crearlo giudice dei vegliardi; chiamare un pescatore e costituirlo
sublime predicatore; abbattere un persecutore e rialzarlo dottore
delle genti; scegliere un pubblicano e convertirlo in un evangelista
(Homil. in Evang.).
«Quali prodigi
opera la grazia! esclama S. Agostino. Quell’uomo che ieri vedevate
rotto alla gozzoviglia, oggi lo vedete sobrio e mortificato; ieri
impudico, oggi modesto e continente; ieri bestemmiatore, oggi
lodatore di Dio; ieri schiavo perduto della creatura, oggi servo
zelante e fervoroso del Creatore. Da che cosa deriva un cambiamento
così inaspettato, una diversità così prodigiosa?
Dalla grazia» (In psalm. LXXXVIII).
Pietro, senza la
grazia, è vinto dalla voce di una fantesca; con la grazia,
esce trionfante dei re, dei principi, degli imperi… Quello che è
impossibile per la natura, diventa non solo possibile ma facile, per
la grazia… Essa chiama, esorta, eccita, inspira, spinge, anima,
conforta, consola, rassoda… Di un uomo carnale, terreno,
scandaloso, forma un angelo di purezza, un modello di santità.
Eccovi la Maddalena…, S. Maria Egiziaca…, S. Agostino…, e cento
altri. «Ah! è proprio vero che se il Signore innaffia
della sua grazia un’anima, come dice S. Gerolamo, essa prontamente
germina e fiorisce come il giglio; getta profonde radici come il
cedro del Libano, il quale quanto più s’innalza, tanto più
spinge nel suolo le radici, per sfidare la potenza dell’impetuoso
aquilone» (Epist.).
Non appena la grazia si mostra in
un’anima, ecco questa fondersi come cera al fuoco, piangere i suoi
traviamenti, abbandonarsi rassegnata in Dio, diventare dolce e
mansueta, ardere di amore celeste. Allora i monti dell’orgoglio si
squagliano, i fiumi della vanità, dell’ambizione scompaiono,
le fiamme dell’impurità diventano ghiaccio, le anguste gole
della pusillanimità, del timore, dell’accidia, si chiudono e
restano colme… La grazia muta un leone, una tigre in un agnello; la
grazia cambia uno sparviero in una tortorella…; di un reprobo fa un
eletto; di un demonio, un angelo; di un mostro d’iniquità, una
splendida immagine di Dio… E la grazia che popola la terra di santi
e il cielo di beati… Dolce, mirabile e confortante cosa è
osservare le meraviglie operate dalla grazia nei martiri nelle
vergini, nei giusti di tutti i secoli.

14. UTILITÀ DELLA GRAZIA. –
Diceva Gesù alla Samaritana: Se tu conoscessi il dono di Dio,
lo cercheresti e lo dimanderesti! (IOANN. IV, 10). Ah, se noi
conoscessimo la grazia, i suoi vantaggi, oh! come ardentemente la
brameremmo, quanto sollecitamente la cercheremmo, come studieremmo di
procurarcela, di conservarla, di accrescerla! oh! come ci sembrerebbe
vile e spregevole ogni altra cosa!
La grazia rende
indifferenti a quanto il mondo ha di più lusinghiero,
attraente e seducente. Quando si bagnano le labbra nell’acqua sacra
della divina grazia, non si ha più sete del mondo, non si
brama che il cielo… La grazia dà la vita e l’immortalità…;
produce la pace…; la grandezza dell’anima…; la gioia nelle
traversie…; la speranza della gloria… «Fare le cose
eroiche, patire da forte avversità gravissime, è
proprio non dei romani, ma dei cristiani», diceva un autore
alludendo al fatto di Scevola (Anton. In Meliss.).
Per la grazia noi diveniamo gli
amici di Dio, siamo adottati in suoi figli e ci vantiamo di avere Dio
per padre… Per la grazia, noi siamo in comunione con la SS.
Trinità, con la Santa Vergine, con gli angeli, coi beati
tutti… Per la grazia, noi partecipiamo a tutti i meriti di Gesù
Cristo, a tutti i favori annessi al santo sacrifizio che si offre
senza interruzione nel mondo intero; ai meriti di tutti i santi…
Per la grazia, noi ci assicuriamo la ricompensa della vita eterna.
Grandi, inestimabili vantaggi
porta all’uomo la grazia: 1° Caccia e distrugge il peccato
mortale che è la somma sua disgrazia… 2° Rende la
persona accetta a Dio… 3° Fa l’uomo retto, santo, innocente,
giusto, somigliante a Dio al quale tiene sottomessa l’intelligenza,
la volontà e tutte le altre sue facoltà… 4° ci fa
figli di Dio, suo, eredi, coeredi di Gesù Cristo, templi dello
Spirito Santo, membra di Cristo… 5° Porta con sé le
virtù tutte e i doni dello Spirito Santo… 6° Rende
l’anima più splendida del sole, più bella della luna,
pura come gli angeli; terribile a tutti i suoi nemici… 7° E la
semenza della gloria; come dal seme nascono le piante, i fiori, i
frutti così dalla grazia nasce la felicità e la gloria
eterna… 8° La grazia chiude l’inferno, apre il cielo, dispone
di Dio come le piace.
Si può dire
della grazia quello che Salomone scrive della sapienza: «che
conduce il giusto per vie diritte, gli addita il regno di Dio, gli dà
la scienza dei santi, ne prospera il lavoro, ne benedice le imprese»
(Sap. X, 10). « E insieme con lei vengono tutti i beni»
(Ib. VII, 11).
«Dio visita la
terra dei nostri cuori, dice il Salmista, la feconda e la inebria di
beni. La pioggia benefica delle sue grazie fa germogliare tutte le
virtù nell’anima e la colma di gioia» (Psalm.
LXI V, 9-11). «Il latte delle vostre grazie, o Signore,
possiamo dire con la Sposa dei Cantici, è più
delizioso di ogni prelibato vino» (Cant. I, 1). Ah sì!
le mammelle spirituali della grazia nutriscono l’anima e la riempiono
di consolazioni; come i bambini trovano tutto il loro nutrimento e la
loro felicità al seno delle loro mamme, di modo che non
cercano né vogliono altro, così è della grazia,
della quale si può dire: «Chi di me si nutre, di me avrà
sempre fame; chi di me beve sempre sarà di me assetato»
(Eccli. XXIV, 29). Infatti, quanto più le anime fedeli
assaporano le dolcezze, le soavità della grazia, tanto più
sentono in loro aumentarsene la voglia. E’ proprio delle
delizie spirituali accrescere l’avidità, in chi le assaggia;
le grazie accrescono il desiderio saziandolo.
La grazia lenisce i
patimenti. «Quelli, dice S. Bernardo, che aborriscono e fuggono
la croce, vedono la croce, ma non l’unzione della croce. Voi che
amate la croce, sapete per prova che stillante dolcezza e miele è
la croce, perché unta delle grazie dello Spirito Santo che vi
aiuta» (Serm. in Cant.).
S. Paolo diceva: «In
mezzo a tutte le mie tribolazioni, io mi sento ridondare il cuore di
gioia e di alle grezza» (II Cor. VII, 4). La grazia,
infatti, cambia il fiele in dolcezza, mentre le dolcezze del mondo
cambiano il miele in amarezza. Basta una stilla di grazia a cambiare
in miele un mare di fiele; basta una goccia di voluttà carnale
a fare della vita intera un calice di amarezza.

15. CONTO CHE SI
DEVE RENDERE DELLE GRAZIE. – Contro coloro che non si curano delle
grazie di Dio, Gesù Cristo pronunziò una terribile
sentenza: «A chi fu dato molto, si domanderà molto; a
chi s è fatto più largo prestito, più larga
usura sarà richiesta» (Luc. XII, 48). Ricordate
la parabola del servo infingardo e quelle parole: «Rendimi
ragione della tua gestione» (Luc. XVI, 2), le quali
c’insegnano che se nulla mette tanto conto quanto il profittare della
grazia, niente per altra parte tanto nuoce quanto l’abusarne. «A
misura che s’aumentano i doni, dice S. Gregorio, cresce anche la
materia di cui s’avrà da rendere conto (Homil. IX
in Evang.
)».
Stiano scritte a caratteri
indelebili nel cuore nostro quelle parole di San Paolo agli Ebrei:
«E’ cosa difficilissima, per non dire impossibile, che
coloro i quali già furono una volta illuminati e ottennero il
dono perfetto e furono partecipi dello Spirito Santo e gustarono le
dolcezze della parola di Dio e le virtù del secolo venturo e
sono poi precipitati, ritornino un’altra volta a penitenza,
crocifiggendo nuovamente in loro stessi il Figliuolo di Dio ed
esponendolo all’ignominia, poiché la terra che beve la
pioggia che frequentemente cade in grembo, e produce erbe utili a chi
la coltiva, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e triboli,
essa è riprovata e prossima a maledizione; e la sua fine è
nel fuoco» (VI, 4-8).

16. BISOGNA PROFITTARE DELLE GRAZIE. – «Colui
che ci ha creati senza di noi, non ci salva senza noi (Confess.)»,
dice S. Agostino e con ragione; perché nessuno si salva se non
per mezzo della grazia, ma la grazia non salva se non in quanto le si
corrisponde e se ne trae profitto. Perciò S. Paolo scriveva a
Timoteo: «Bada di non trascurare la grazia che è in te e
questo avvertimento non ti cada mai dalla memoria, ma metti in esso
tutto l’animo ed ogni tua cura, affinché il tuo profitto
sia manifesto a tutti» (1 Tim. IV, 14-15). E agli Ebrei
raccomandava che nessuno non venisse meno alla grazia (Hebr.
XII, 15). Questo era il saluto di S. Giovanni, l’augurio di S. Pietro
ai primi fedeli: «Sia con voi, scriveva quegli alla casa di
Eletta, la grazia e la misericordia e la pace» (11, 3); e
questi chiudeva la sua seconda epistola dicendo: «Crescete
nella grazia e nella cognizione del Signor nostro e Salvatore Gesù
Cristo» (II PETR. III. 18). Infatti chi non profitta, scapita;
diceva S. Leone (Serm. de Pass.), e chi non acquista niente,
perde qualche cosa.
Non imitiamo la cieca
Gerusalemme nel fare poco profitto delle grazie perché non
avvenga che Gesù Cristo abbia anche da piangere su la nostra
perdita e rivolgerei quelle parole, rimprovero e sentenza a un tempo:
«Ah se tu conoscessi almeno in questo giorno che ancora ti è
concesso, quello che formerebbe la tua pace! ma ora tutto è
celato agli occhi tuoi» (Luc. XIX, 41-42).
«Beato chi mi,
ascolta, dice la grazia, e chi sta origliando alle mie porte per
udire le mie parole! Chi trova me, trova la vita e avrà la
salvezza dal Signore. Ma chi mi offende, nuoce all’anima sua; e chi
non mi ama, va incontro alla morte» (Prov. VIII, 34-36).
E chi non approfitterà
della grazia, se dà retta ai caldi inviti che gliene fa Dio
per mezzo dei suoi profeti? Udite, per esempio, quello che dice
Isaia: «Chi ha sete venga al fonte; chi è nell’indigenza
si affretti, compri e si sazi; venite e comprate, senza sborsare
prezzo, vino e latte. Ascoltate me, nutritevi del bene, della grazia,
e l’anima vostra sarà inebriata di dolcezze. Ascoltatemi e
venite a me, ascoltatemi e vivrà l’anima vostra, ed io
stabilirò con voi un patto sempiterno» (ISAIA. LV, 1-3).

17. MEZZI PER
OTTENERE E CONSERVARE LA GRAZIA. – 1° Bisogna averne grande
desiderio: «La grazia, come ci assicura il Savio, previene
coloro che la desiderano, per mostrarsi ad essi la prima. Chi sorgerà
di buon mattino a cercarla, non avrà da stancarsi per
trovarla, perché la incontrerà già seduta su la
soglia della sua casa» (Sap. VI, 14-15). S. Paolo
l’augurava larga ed abbondante su tutti i cristiani, dicendo: «La
grazia del Signor nostro
Gesù Cristo sia
con tutti voi» (II Thess. III, 18); e con ciò ha
dato a noi esempio di desiderarla per noi medesimi; perché, al
dire della Sapienza, quanti ebbero sete ed invocarono il Signore,
trovarono sempre l’acqua che li ha dissetati (Sap. XI,
4).
2° Bisogna
pregare per ottenerla, conservarla, aumentarla. «La chieda a
Dio, suggerisce S. Giacomo, il quale gliela dà in abbondanza»
(IACOB. I, 5). Così fece la Samaritana, la quale prontamente
soggiunse a Cristo: «Dammi, o Signore, di quest’acqua, affinché
non patisca mai più sete» (IOANN. IV, 15). Così
fecero coloro dei quali racconta il Salmista che «domandarono
ed ebbero dal cielo di che nutrirsi; avendo sete pregarono, ed il
Signore fece zampillare per loro una fonte nel deserto»
(Psalm. CIV, 39-40).
3° Bisogna
vegliare; perché la grazia, dice il Crisostomo, è data
solo ai vigilanti (Homil. ad pop.). Perciò S. Paolo
dice agli Efesini: «Scuotetevi, voi che dormite, levatevi di
mezzo ai morti e Cristo v’illuminerà con la sua grazia. Badate
adunque, o fratelli, di camminare cautamente, non da stolti, ma da
savi» (Eph. V, 14-16).
4° Bisogna schivare il peccato
od uscirne perché il peccato è il solo ostacolo alla
grazia.. La grazia non può stare col peccato, come la notte
col giorno, la vita con la morte.
5° Bisogna cercare la grazia
alla propria sorgente della grazia, cioè nei sacramenti.