I Normanni in Inghilterra e in Sicilia


Prof. A. Torresani. 15. 1 Dall’Eptarchia al regno d’Inghilterra; 15. 2 Lo sviluppo della Normandia; 15. 3 Da Guglielmo il Conquistatore a Enrico II; 15. 4 I Normanni nell’Italia meridionale; 15. 5 Ruggero II re di Sicilia; 15. 6 Cronologia essenziale; 15. 7 Il documento storico; 15. 8 In biblioteca


Cap. 15 – I Normanni in Inghilterra e in Sicilia



Dopo aver esaminato le principali direzioni seguite dalle spedizioni dei Vichinghi, è opportuno studiare ora le realizzazioni politiche operate da quei Vichinghi che si erano stanziati lungo il basso corso della Senna, nella regione chiamata Normandia.


Cresciuti di numero e sempre attirati dall’ideale eroico dell’avventura, i Normanni dettero vita a due importanti creazioni, il regno d’Inghilterra e il regno di Sicilia. In entrambi i casi gli invasori, poco numerosi, realizzarono un modello politico e amministrativo imposto dall’alto, ai danni del potere fin allora quasi indipendente dei grandi vassalli. Con l’arrivo dei Normanni aumentarono anche le tasse e quindi la necessità per i proprietari terrieri di migliorare la coltivazione e lo sfruttamento della terra per far fronte agli accresciuti prelievi fiscali.


Più facile la conquista dell’Inghilterra perché ai Normanni di Guglielmo il Conquistatore bastò sconfiggere a Hastings il re Aroldo e poi schiacciare una successiva ribellione di Anglosassoni; più complessa la conquista del sud d’Italia per la presenza di Bizantini, Longobardi, Arabi e per la vicinanza dei territori controllati dal papa che proprio in quegli anni esercitava una crescente influenza politica ergendosi di fronte all’impero germanico come difensore della libertà. In entrambi i casi i conquistatori normanni dettero prova di notevole moderazione politica dopo gli episodi cruenti della conquista, e di lungimiranza per conservare il potere, inserendo i nuovi regni nel gioco politico europeo in posizioni di primo piano.


Le monarchie normanne risultarono più forti dei governi distrutti perché si riservarono le terre migliori, che davano i maggiori redditi, impiegati per abbattere ogni velleità autonomistica della grande feudalità, o dei liberi comuni che perciò non poterono svilupparsi fino a formare piccoli Stati come avvenne nell’Italia settentrionale.



15. 1 Dall’eptarchia al regno d’Inghilterra



Fino alle invasioni vichinghe l’Inghilterra aveva mantenuto l’antica divisione in sette regni, incapaci di operare uno sforzo congiunto nei confronti dei pirati vichinghi. Nell’879 i nobili dello Hwicce, il regno posto lungo il fiume Severn tra il Galles e l’Anglia orientale, fecero atto di sottomissione ad Alfredo re del Wessex, la regione a sud del Tamigi.


Alfredo il Grande Questa mossa politica convinse i danesi a ritirare le loro forze nell’Anglia orientale, nella Mercia e nel regno di York (Danelaw). Per due decenni ci fu una pace quasi completa, impiegata da re Alfredo per riorganizzare il suo regno. Ci furono riforme militari, per esempio la formazione di una flotta permanente e la costruzione di numerose fortezze. Ci furono riforme civili, per esempio la codificazione delle leggi, ma soprattutto un deciso impulso all’istruzione e alla religione, ridotte a mal partito dalle invasioni danesi. Il re stesso imparò a leggere e scrivere, fino al punto di poter tradurre alcune opere dal latino.


Ripresa delle scorrerie vichinghe Nell’885, Alfredo riuscì a riconquistare Londra e la parte occidentale del Danelaw. Nell’892 ci fu una crisi pericolosa, dovuta allo sbarco di un esercito vichingo proveniente dalla Francia: l’obiettivo era la valle del fiume Severn, la regione meno saccheggiata dell’isola. Dopo un anno di razzie, gli invasori si reimbarcarono in direzione della Francia.


Edoardo il Vecchio Alfredo morì nell’899 e per cinquant’anni il regno di Wessex conservò una certa stabilità. Ad Alfredo successe il figlio Edoardo il Vecchio che adottò una politica volta a sottomettere il resto dell’Inghilterra. Nel 918 i danesi furono sconfitti, e la Mercia accolse Edoardo come sovrano: anche i Gallesi fecero atto di sottomissione.


Atelstano Edoardo morì nel 925. Gli successe il figlio Atelstano che rese effettiva la sottomissione del regno di York, sconfiggendo una coalizione guidata dal re di Scozia. La fama di Atelstano raggiunse il continente e perciò non meraviglia il fatto che le sue sorelle sposassero la prima Carlo il Semplice, la seconda Ugo il Grande conte di Parigi e padre di Ugo Capeto, la terza Ottone I di Sassonia, il restauratore del Sacro Romano Impero. Anche Etelstano cercò di razionalizzare l’amministrazione del regno.


Edmondo Atelstano morì nel 939 e gli successe il fratellastro Edmondo mentre i Danesi del regno di York tentavano una sollevazione. Edmondo fu costretto ad affidare il Cumberland a Malcolm re di Scozia, per tenere sotto controllo i sempre inquieti Norvegesi. Edmondo cercò l’aiuto del clero per umanizzare le leggi, per esempio per impedire la faida o vendetta del sangue che perpetuava i conflitti tra clan rivali. Un’altra riforma fu il raggruppamento delle contee, in genere tre, sotto un solo duca, segno della debolezza della monarchia che si trovava costretta a rafforzare il potere dei duchi, dando loro terre di nuova conquista che il re non poteva amministrare direttamente.


Edredo Edmondo fu assassinato ancor giovane nel 946: lasciava due figli piccoli, e perciò il regno fu assunto da Edredo, figlio di Edoardo, che regnò fino al 955: il regno d’Inghilterra rimase unito dal Forth fino al canale della Manica.


Eadwig ed Edgardo La morte prematura di Edredo che non aveva figli, permise l’accesso al trono del figlio maggiore di Edmondo, Eadwig, il quale si affrettò a liberarsi dai consiglieri del padre e dello zio, il più importante dei quali, Dunstano abate di Glastonbury, fu esiliato. Nel 957 scoppiò una rivolta che richiamò Dunstano dall’esilio e cercò di porre sul trono il fratello minore del re, Edgardo: Eadwig conservò il Wessex, mentre Edgardo fu riconosciuto re nei territori posti a nord del Tamigi: l’unità del regno non andò perduta solo perché nel 959 Eadwig morì, e il fratello fu riconosciuto unico sovrano d’Inghilterra. Fino alla morte del re Edgardo, avvenuta nel 975, durò la pace, dedicata alla riforma ecclesiastica, necessaria a causa del lassismo diffuso perfino nei monasteri le cui proprietà erano state usurpate. Tuttavia, anche in Inghilterra giunsero i monaci di Cluny.


Riforme di Edgardo Edgardo promulgò numerose leggi che regolavano i contratti, reprimevano il furto, istituivano corti di giustizia: alcune di quelle corti furono poste sotto il controllo dei monasteri riformati. Questa decisione non fu felice, perché ben anche i maggiori feudatari vollero avere corti di giustizia che non furono un modello di equità.


Conflitto tra Edoardo ed Etelredo Edgardo morì ancor giovane nel 975 lasciando due figli, Edoardo nato dalla prima moglie, ed Etelredo nato dal secondo matrimonio: la madre di quest’ultimo tentò di far sollevare la Mercia per assicurare al proprio figlio un regno, ma l’insurrezione fu schiacciata. Nel 978 Edoardo fu assassinato, probabilmente per istigazione della matrigna, e perciò Etelredo, all’età di soli dieci anni, iniziò un lungo regno, fino al 1016, destinato a portare molte sventure all’Inghilterra.


Precarietà del potere di Etelredo Nei primi anni di regno non avvennero fatti drammatici. Nel 980 ci furono nuovi attacchi di Vichinghi, rinnovati due anni dopo, ma il paese aveva una flotta e numerose fortezze che infondevano fiducia. Ma presto ci si accorse che si trattava di fiducia mal riposta e che l’unità inglese era precaria. Infatti sui danesi del Danelaw governavano conti danesi che si regolavano secondo proprie leggi, ammettendo l’autorità del re solo se erano lasciati in pace. Anche la Chiesa era lontana dall’aver vinto la sua battaglia contro l’ignoranza e gli abusi morali. La cosa più grave era che, nel frattempo, i regni scandinavi si erano rafforzati più dell’Inghilterra: la Norvegia sotto Aroldo Bellachioma, e la Danimarca sotto Aroldo Denteazzurro non apparivano più un coacervo di tribù selvagge, e per di più lo spirito vichingo stava conoscendo una rinascita.


Ripresa delle scorrerie vichinghe La nuova incursione in Inghilterra iniziò nel 991 quando Olaf Tryggvessön, pretendente al trono di Norvegia, sbarcò sulle coste dell’Essex, incendiò Ipswich, e a Maldon sconfisse e uccise il duca dei Sassoni orientali Brihtnoth, immortalato nel più affasciante dei poemi eroici sassoni. In luogo di riunire le sue forze e attaccare Olaf, il re Etelredo pagò un riscatto di 10.000 sterline per allontanare Olaf dal paese: fu una decisione folle perché Olaf ricominciò le scorrerie due anni dopo, e nel 994 fece causa comune con Svend Barbaforcuta, cacciato dalla Danimarca. Essi tentarono di saccheggiare Londra i cui abitanti si difesero bene, e perciò i due alleati si portarono nel Sussex dove razziarono cavalli per devastare in profondità il territorio. Etelredo pagò un nuovo riscatto, questa volta di 16.000 sterline: Olaf fu tanto soddisfatto che si fece battezzare e poi si recò in Norvegia per rivendicare quel trono. Svend, invece, andò in Danimarca ma solo per tornare in Inghilterra con maggiori forze.


Tradimento di Pallig Sulle coste del Wessex avvennero altre scorrerie, ma i comandanti di Etelredo bisticciarono tra loro, e il re ebbe l’infelice idea di assoldare un gruppo di mercenari guidati da Pallig, un danese cognato di Svend. All’inizio le cose andarono in modo soddisfacente, ma qualche anno dopo un nuovo sbarco danese avvenuto nel Devon, indusse Pallig a passare dalla parte del nemico con le navi al suo comando.


Rappresaglia sassone e vendetta danese Etelredo ricorse a una misura odiosa: nel 1002 fece massacrare i congiunti dei traditori, compresa Gunilde, sorella di Svend Barbaforcuta. Secondo l’etica cavalleresca, Svend aveva il dovere della vendetta, e l’esercitò in modo terribile: nel 1003 Svend incendiò Salisbury, Whilton, Exeter; nel 1004 saccheggiò Norwich e Thetford; nel 1006 fu saccheggiato il Kent e l’isola di Wight, mentre Etelredo doveva raccogliere l’enorme riscatto di 36.000 sterline, che gli alienò del tutto la simpatia dei sudditi. Nel 1010 i Danesi erano di nuovo in Inghilterra al comando di Thorkil il Lungo che dopo aver battuto un esercito inglese, cominciò a devastare le regioni fin allora risparmiate. Etelredo non trovò alcun comandante disposto a guidare un esercito inglese, e perciò si piegò a pagare un nuovo riscatto, più esoso del precedente, difficile da raccogliere. Nel 1012 i Danesi tornarono in patria, meno Thorkil, passato al servizio di Etelredo.


Svend sconfigge Etelredo Nel 1013 Svend penetrò con la flotta nel Humber, accolto dai Danesi del Danelaw. Poi discese verso sud. In una battaglia per il controllo del ponte di Londra, Svend fu sconfitto e perciò si diresse verso Bath per assicurarsi il Wessex occidentale, che non oppose seria resistenza. Tali diserzioni convinsero Etelredo che la partita era perduta: si imbarcò diretto in Normandia alla corte del cognato, il duca Riccardo il Buono.


Complicazioni dinastiche Svend si recò al suo campo sul fiume Trent per celebrare col figlio Canuto il successo, ma morì nei primi mesi del 1014. La sua morte provocò una reazione a catena nel mondo scandinavo: il figlio Canuto fu proclamato re dai soldati, ma non era il primogenito, e perciò la corona di Danimarca fu assegnata al fratello Aroldo. Etelredo fu richiamato in Inghilterra quando Canuto decise di guidare in Danimarca una spedizione per far valere i suoi diritti. Etelredo mandò a morte i duchi passati dalla parte di Svend, e le loro terre furono assegnate a Eadric l’Arraffatore che con cinico opportunismo guidava la politica del re. Questa decisione esasperò Edmondo, erede al trono: egli fece rapire la vedova di uno dei duchi giustiziati, la sposò e fece sollevare le popolazioni dei ducati assegnati a Eadric. Nel Danelaw Edmondo acquistò grande popolarità, ma si attirò anche l’odio implacabile di Eadric che ebbe modo di manifestarsi quando Canuto tornò in Inghilterra, senza incontrare alcuna resistenza da parte di Etelredo. Il Dorset e il Somerset furono devastati, mentre Edmondo ed Eadric guidavano congiuntamente le forze anglosassoni. Eadric consumò un nuovo tradimento passando dalla parte di Canuto, ed Edmondo dovette abbandonare il Wessex. Nel 1016 la stessa cosa avvenne in Mercia e perciò Canuto poté risalire l’isola fino al Humber: rimaneva ancora indipendente l’Anglia. In quell’anno Etelredo morì. Edmondo vinse alcune battaglie, ma compì l’imprudenza di raccogliere tra le sue file Eadric, che ancora una volta tradì il suo re passando dalla parte di Canuto. Costui decise che era più opportuno giungere a un compromesso col valoroso avversario: a Edmondo fu concesso il Wessex, mentre Canuto diveniva re del Danelaw e della Mercia. Alcune settimane dopo l’accordo Edmondo morì ancor giovane: rimaneva un fratello minore del defunto, ma il terrore dei Danesi consigliò di accettare la sottomissione a Canuto (1017).


Canuto re d’Inghilterra e Danimarca Canuto ripudiò la prima moglie e sposò la vedova di Etelredo, Emma di Normandia, assai più anziana di lui, per evitare che i due figli di lei e di Etelredo potessero avanzare pretese al trono: essi furono educati in Normandia sotto la tutela del duca Riccardo. Canuto fece di tutto per far dimenticare le sue origini, adottando usi e costumi inglesi, un po’ meno barbari di quelli danesi. Dal 1018, quando morì il fratello maggiore Aroldo, divenne re di Danimarca, e per l’Inghilterra iniziò un periodo di pace. Canuto nominò numerosi duchi danesi per venir aiutato nei compiti di governo. Eadric fu condannato a morte, sostituito da Leofwine, un inglese, la cui famiglia fece rapida fortuna. Nel 1018 l’esercito scandinavo fu rimandato in patria, e Canuto rese noto che intendeva governare in accordo coi vescovi inglesi, ritenendo che la Chiesa fosse l’unico strumento in grado di civilizzare l’isola. Nel 1030 Canuto sconfisse Olaf il Santo e poté impadronirsi della Norvegia. Da allora Canuto visse in Inghilterra fino alla morte, avvenuta nel 1035.


Difficoltà di successione La successione in Inghilterra e in Danimarca, per volontà di Canuto, doveva toccare al figlio natogli da Emma, Harthacnut, ma la scelta non piacque ai sudditi: solo nel Wessex l’earl Godwine sostenne i diritti di Harthacnut. Nel corso di un’assemblea tenuta a Oxford, fu eletto il secondogenito di Canuto, Aroldo Piededilepre; i Norvegesi, invece, elessero Magnus, figlio di Olaf il Santo e tornarono indipendenti: per cinque anni Harthacnut rimase in Danimarca per respingere gli attacchi di Magnus.


Harthacnut Il regno di Aroldo Piededilepre durò fino al 1040 senza avvenimenti importanti. Emma, rifugiata a Bruges, convinse il figlio Harthacnut a raccogliere una flotta e ad attaccare il fratellastro, ma Aroldo morì prima della guerra, per cui Harthacnut poté venir incoronato, rivelando subito un carattere crudele e sanguinario: morì nel 1042. Gli Inglesi dovettero operare di nuovo la scelta di un re, e fu Edoardo, figlio di Etelredo e di Emma, incoronato nel 1043.


Edoardo il Confessore Costui, passato alla storia col nome di Edoardo il Confessore, per educazione era un normanno, già quarantenne, scapolo, mite, coscienzioso, vissuto in un ambiente più colto di quello trovato in Inghilterra. Probabilmente non parlava bene l’inglese: forse anche per questo motivo i suoi elettori si illusero di spadroneggiare a corte, ma Edoardo li disilluse perché chiamò a ricoprire le maggiori cariche vescovi e consiglieri fatti venire dalla Normandia.


Potenza di Godwine Edoardo dovette appoggiarsi anche a Godwine che aveva favorito la sua ascesa al trono: questi raggiunse un grado di potenza notevole e il re dovette cercare di contrapporgli altre forze. Poiché il re non aveva discendenti, Godwine riuscì a fargli sposare la propria figlia Edith. Verso il 1051, Godwine fu giudicato colpevole da un tribunale ed esiliato: le sue cariche furono assegnate a stranieri, e la figlia Edith esiliata in un convento. Tuttavia l’esilio di Godwine fu breve anche a causa di una visita di Guglielmo di Normandia, il futuro conquistatore che non nascondeva le sue pretese al trono britannico qualora il re morisse senza figli. Godwine riuscì a rientrare in Inghilterra facendo fuggire molti stranieri venuti al seguito di Edoardo; riebbe le proprietà e la figlia tornò a corte: da quel momento il re non poté liberarsi dalla stretta tutela di Godwine anche se costui morì presto, nel 1053. Le sue cariche passarono in eredità al figlio Aroldo, che cominciò a brigare per assicurarsi la successione.


Aroldo Mentre Aroldo era proiettato nella corsa al trono ebbe un incidente: fece naufragio in Normandia, fu arrestato e consegnato al duca Guglielmo. Sembra che per riavere la libertà Aroldo abbia giurato fedeltà al duca di Normandia. In seguito Aroldo poté tornare in patria.


Morte di Edoardo il Confessore Edoardo morì nel 1066, ultimo rappresentante della dinastia di Alfredo il Grande. Nel corso del secolo e mezzo successivo alla morte del restauratore del regno di Wessex, l’Inghilterra aveva conosciuto una grande crescita sociale ed economica. Il paese era ancora caratterizzato dalla massima varietà di situazioni locali come ai tempi dell’eptarchia e perciò era difficile da governare. L’est era più densamente popolato dell’ovest e il sud molto più del nord. Dal punto di vista sociale, nei distretti danesi i contadini erano meno sfruttati che altrove e la schiavitù era quasi del tutto scomparsa. Dopo i duchi e i conti, venivano i guerrieri (i Sassoni non avevano cavalleria), al seguito del loro signore feudale. Poi c’erano gli affittuari di un fondo di circa cinque acri, e infine i contadini senza terra propria, tenuti a prestazioni di lavoro da una a tre giornate la settimana nei fondi dei signori feudali da cui dipendevano col loro villaggio. In una società dipendente dalle attività agrarie, per assicurare il benessere bastava la pace, buoni raccolti e stabilità di governo: alla morte di Edoardo venne meno quest’ultimo fattore, e il paese si aprì alla conquista normanna.



15. 2 Lo sviluppo della Normandia



Il ducato di Normandia era stato creato nel 911 da Carlo il Semplice re di Francia a favore di Rollone (911-931) che suddivise il suo non vasto territorio (circa un sesto dell’Inghilterra) tra i baroni che l’avevano aiutato nelle sue imprese militari.


I discendenti di Rollone A Rollone successe il figlio Guglielmo Lungaspada (931-942), e poi il nipote Riccardo Senzapaura (942-996). Sappiamo poco dei primi tre duchi, ma sicuramente si può dire che al termine del X secolo gli antichi colonizzatori erano divenuti non solo cristiani, ma anche francesi perché avevano adottato la lingua, le leggi e la struttura sociale francese, confondendosi con la preesistente popolazione. Infine, furono adottate le tattiche militari francesi che prevedevano eserciti formati in prevalenza da cavalleria pesante, abbandonando l’antica pratica del combattimento a piedi con ascia e scudo.


Riccardo II Nel 996 divenne duca Riccardo II il Buono, così soprannominato perché in lui ebbero profondo influsso gli ideali diffusi dai monaci di Cluny.


Organizzazione politica del ducato La corte dei duchi di Normandia funzionava con l’apparato di uno Stato autonomo: c’era un conestabile, un ciambellano, un cancelliere e un quartiermastro, una ventina di visconti, importanti ufficiali preposti a ogni unità amministrativa di base, nominati dal duca e revocabili (ossia il loro ufficio non era ereditario): la loro funzione più importante era il controllo delle proprietà del duca poste in ogni viscontado, ossia raccogliere i tributi, organizzare la leva dei soldati, mantenere l’ordine e amministrare la giustizia. C’erano anche cinque contee, appannaggio di consanguinei del duca: esse non erano più grandi dei viscontadi, differivano da essi solo per il fatto che non vi erano importanti proprietà del duca. La conclusione che possiamo trarre è che i duchi di Normandia mantennero sempre una forte presa all’interno di ognuna delle suddivisioni minori dei loro territori, o perché esse appartenevano alla famiglia del duca o perché c’erano proprietà ducali accanto a quelle dei baroni.


I vescovi I vescovi erano subordinati al duca, ossia non esistevano in Normandia vescovi-conti con propria giurisdizione, e normalmente era il duca a nominare i vescovi.


I baroni Per quanto riguarda i baroni, sappiamo che non c’era un vincolo giuridico per mantenere l’unità delle baronie: perciò gli eredi si suddividevano l’eredità con susseguente indebolimento della loro forza e perciò molti baroni finirono con l’esser ricchi solo di aspirazioni. Questa circostanza spiega la tendenza all’emigrazione da parte di gruppi di cavalieri in cerca di fortuna oltremare.


I piccoli proprietari Quanto al resto della popolazione, essenzialmente composta di contadini, c’erano piccoli proprietari che prestavano servizio militare a piedi; poi un piccolo nucleo di persone dedite al commercio e abitanti nelle otto città normanne, tutte sotto la giurisdizione diretta del duca.


Roberto I Riccardo II il Buono morì nel 1026. Gli successe il figlio Roberto I, duca dal 1027 al 1035. Costui occupò una posizione di primo piano nelle vicende di Francia perché aiutò il re Enrico I a conquistare il trono. Anche Roberto edificò monasteri e cattedrali che rimangono i gioielli artistici della regione. L’iniziativa del duca indusse anche altri baroni a seguire il suo esempio: una fondazione di iniziativa baronale fu il monastero di Bec presso Brionne che nel giro di pochi anni, soprattutto per merito di Lanfranco di Pavia, divenne il più famoso della Francia settentrionale. Infine, durante il governo ducale di Roberto I avvenne la fondazione della prima contea normanna dell’Italia meridionale, quella di Aversa a nord di Napoli (1030).


Roberto I in Terrasanta Nel 1034 Roberto I decise di compiere il pellegrinaggio a Gerusalemme. Prima di partire il duca chiese ai suoi baroni di impegnarsi ad accettare come successore, in caso di morte, il proprio figlio illegittimo Guglielmo: i baroni accettarono e fu nominato un comitato di quattro tutori. Sulla via del ritorno, Roberto si ammalò e morì in Asia Minore (1035).


Guglielmo il Conquistatore Guglielmo fu proclamato duca senza obiezioni. Che i tempi fossero difficili lo dimostra il fatto che tre dei tutori furono uccisi, ma è anche vero che i tempi d’oro della turbolenza feudale stavano declinando: fin dal 1042 anche in Normandia fu proclamata la “tregua di Dio”, che consisteva nel limitare a tre giorni alla settimana la possibilità di fare guerre private. Nel 1047 il duca fu proclamato maggiorenne: i baroni ordirono contro di lui una congiura, col pretesto della sua nascita irregolare. Guglielmo riuscì a fuggire, chiese aiuto al re di Francia Enrico I, lieto di ricambiare l’aiuto ricevuto in occasione analoga. La battaglia contro i baroni ribelli ebbe luogo presso Caen, vinta da Guglielmo. Come già detto, nel 1051 Guglielmo aveva visitato l’Inghilterra, spargendo la notizia che re Edoardo gli aveva promesso la successione al trono inglese.


Tensione politica tra Francia e Normandia Il matrimonio di Guglielmo con Matilde, figlia di Baldovino di Fiandra, rovesciava il rapporto delle forze nei confronti del re di Francia, che si schierò dalla parte dei baroni spodestati da Guglielmo: tuttavia l’esercito francese fu sconfitto. In seguito, approfittando delle difficoltà della corona di Francia al momento della successione di Filippo I, Guglielmo mise le mani anche sulla regione del Maine. Nel 1065 Guglielmo risultava il maggiore feudatario francese; era consigliato per le questioni ecclesiastiche dal più colto monaco del tempo, Lanfranco di Bec; teneva in pugno i feudatari minori: quando nel gennaio 1066 giunse la notizia della morte di Edoardo re d’Inghilterra, ritenne di avere i titoli per rivendicare quel trono.



15. 3 Da Guglielmo il Conquistatore a Enrico II



Quando Aroldo assunse la successione di Edoardo il Confessore sapeva che l’avversario più difficile da superare sarebbe stato Guglielmo duca di Normandia.


Preparazione dello sbarco in Inghilterra La conquista d’Inghilterra fu preparata da Guglielmo mediante una campagna di opinione pubblica volta a screditare l’avversario, presentato come usurpatore e spergiuro. Guglielmo tenne un’assemblea di baroni e li convinse ad aiutarlo, poi fece costruire una flotta. La storia della spedizione è raccontata da un singolare documento, la Tapisserie de Bayeux, una banda di lino ricamato con lane colorate, alta 70 centimetri e lunga circa 70 metri, fatta confezionare dalla regina Matilde e donata alla cattedrale di Bayeux. Le figure sono accompagnate da didascalie, e possono venir lette come un romanzo a fumetti. Si sa che le navi furono circa 700: ciascuna poteva trasportare una dozzina di cavalli, e forse due dozzine tra cavalieri, soldati, marinai. Per attraversare il canale della Manica bisognava attendere la marea opportuna e il vento favorevole: non era impresa di poco conto, specie per la presenza di cavalli, una novità assoluta, perché in genere i Vichinghi non portavano cavalli in mare, bensì si dedicavano alla razzia per provvedersene. A conti fatti, l’esercito del Conquistatore non doveva contare più di 2000 cavalieri e 3000 tra marinai e fanti. La spedizione poté prendere il mare solo a settembre mentre Aroldo era impegnato a respingere un’incursione norvegese penetrata nello Humber: qui Aroldo colse una grande vittoria, liberando lo Yorkshire dai Norvegesi, mentre Guglielmo attendeva in Normandia il vento favorevole. Il 28 settembre uomini e cavalli poterono imbarcarsi e la flotta normanna salpò. La mattina dopo le navi attraccarono a Pevensey: subito l’esercito normanno si mise a costruire una fortificazione intorno al borgo di Hastings.


La battaglia di Hastings Avuta notizia dello sbarco, Aroldo si diresse a sud e il 13 ottobre si accampò su una collina distante sei chilometri dal mare. Gli inglesi combattevano quasi tutti a piedi e anche se erano più numerosi degli avversari, si tennero in atteggiamento difensivo sulla collina obbligando i Normanni ad attaccare in salita. Guglielmo, dopo il fallimento delle prime cariche, finse la fuga e subito i malconsigliati inglesi si posero all’inseguimento, facendo proprio ciò che non dovevano fare: i cavalieri normanni girarono i propri cavalli e iniziarono la strage. Anche Aroldo fu ferito a morte da una freccia. Al calar della notte l’esercito inglese era stato messo in rotta.


Caduta di Londra Cinque giorni dopo la battaglia di Hastings, Guglielmo occupò Canterbury, poi compì un largo giro intorno a Londra per attaccarla da nord-ovest impedendo l’arrivo di rinforzi dall’Inghilterra centrale. I maggiorenti di Londra compresero l’inutilità della resistenza e si sottomisero. A Natale Guglielmo fu incoronato re d’Inghilterra nella nuova cattedrale di Westminster.


Conclusione della conquista d’Inghilterra Guglielmo fece terminare i saccheggi e le rapine: le grandi possessioni della casa di Godwine furono distribuite in modo accorto tra i suoi guerrieri, in attesa di conquistare il Wessex occidentale, la Mercia e la Northumbria. Guglielmo mantenne le leggi e le tradizioni inglesi e poi tornò in Normandia per regolare le questioni del ducato. Alla fine del 1067 Guglielmo tornò in Inghilterra per completare la conquista del Devon e della Cornovaglia. Nel 1068 ci fu la grande insurrezione inglese che costrinse Guglielmo a guidare una spedizione in direzione di York. Tuttavia tra i nemici del Conquistatore non si arrivò mai all’unità d’azione, e perciò egli riuscì a batterli separatamente. Nel 1070 Guglielmo ritornò a sud e congedò il suo esercito.


Ordinamento amministrativo dell’Inghilterra Dopo la guerra iniziò la sistemazione del nuovo regno. Come già era avvenuto in Normandia, il re si riservò ampie proprietà in ogni regione, pur trovando abbastanza terra per ricompensare i suoi guerrieri: anche le baronie lasciate a inglesi dovettero sottostare a nuove condizioni, più favorevoli alla corona. I baroni dovevano rendere omaggio al re e giurargli fedeltà; dovevano fornire al re un determinato numero di cavalieri ben equipaggiati in grado di combattere per almeno quaranta giorni all’anno; i baroni dovevano presentarsi a corte in caso di convocazione; infine, dovevano fornirgli aiuto in denaro in determinate circostanze. Se una di queste condizioni non era rispettata, la baronia poteva venir confiscata. La successione prevedeva la devoluzione al re in caso di mancanza di eredi legittimi; se c’era un erede maschio costui doveva pagare una tassa di successione alla corona: era in atto la tendenza a rendere indivisibile il feudo; se gli eredi erano di sesso femminile, il re poteva conceder la mano dell’ereditiera a chi gli piacesse.


Il nuovo catasto delle proprietà fondiarie I grandi trasferimenti di proprietà avvenuti dopo la conquista indussero Guglielmo a far redigere per fini fiscali un nuovo catasto delle proprietà terriere, il Domesday Book, un fondamentale documento che indica la situazione delle proprietà, i censi pagati, il numero della fattorie e delle famiglie di contadini presenti prima della conquista e i cambiamenti intervenuti fino al 1087.


Le riforme ecclesiastiche Le riforme di Guglielmo si indirizzarono anche alle questioni ecclesiastiche notoriamente acute prima della conquista. Infatti sotto i re anglosassoni la disciplina ecclesiastica e lo studio erano apparsi carenti. I monasteri per lo più avevano rifiutato la riforma di Cluny, e le loro proprietà non erano state tutelate e regolate dal diritto canonico non ancora introdotto in Inghilterra. Dopo il 1070 Guglielmo attuò con mano ferma la riforma della Chiesa inglese: in primo luogo nominò arcivescovo di Canterbury Lanfranco, già abate di Bec; un altro normanno, Tommaso di Bayeux, fu nominato arcivescovo di York. Sotto questi due prelati la Chiesa inglese cambiò aspetto: quando si rendeva vacante una sede era attribuita a un vescovo normanno. I monasteri furono riformati, lo studio incoraggiato. I canonici delle cattedrali furono più rispettosi del celibato, e in tutta l’Inghilterra iniziò la costruzione delle cattedrali in stile anglo-normanno. Guglielmo rifiutò ogni subordinazione al papa, continuando a nominare vescovi e abati come se la questione delle investiture non riguardasse l’Inghilterra: Gregorio VII, non entrò in conflitto col re inglese perché lo zelo del Conquistatore per la fede non poteva essere maggiore.


Morte di Guglielmo il Conquistatore Nei suoi ultimi anni nessuno osò contrastare il potere di Guglielmo. Nel 1087, Guglielmo morì lasciando il ducato di Normandia al figlio maggiore Roberto, e l’Inghilterra all’altro figlio, Guglielmo il Rosso. La successione non fu indolore perché intorno ai due fratelli si formarono due partiti contrapposti. Guglielmo il Rosso riuscì a sopraffare in Inghilterra i fautori del fratello, e poi cominciò a brigare per recuperare anche la Normandia. Essi avevano un fratello minore, Enrico, che era riuscito a costruirsi una contea semindipendente nel Cotentin: i fratelli maggiori lo spossessarono dividendosi le spoglie (1091).


La questione scozzese Nel 1092 Malcolm Canmore re di Scozia invase il Northumberland costringendo Guglielmo il Rosso a lasciare la Normandia e a dirigersi verso il nord, penetrando nel Cumberland e nel Westmoreland, che dal 945 facevano parte del regno di Scozia: da quel momento in poi il confine dei due regni fu fissato all’altezza del Solway Firth. Malcolm Canmore invase ancora una volta il territorio inglese ma perì in un’imboscata. Gli Scozzesi più irriducibili vollero mettere sul trono il fratello di Malcolm, ma la regina Margaret, con l’aiuto inglese, riuscì ad assicurare il trono al proprio figlio Edgardo che da allora evitò di attaccare il potente regno del sud. Sistemate le questioni di confine con la Scozia, Guglielmo il Rosso si volse contro il Galles ancora indipendente: solo il Galles del nord riuscì a respingere l’attacco dei baroni normanni e a mantenersi indipendente.


Inizia il conflitto religioso A differenza del padre, Guglielmo il Rosso fu in perenne attrito con la Chiesa d’Inghilterra perché desiderava mettere le mani sui beni della Chiesa. Per di più, la sede vescovile di Canterbury fu lasciata vacante per molti anni dopo la morte di Lanfranco. Colpito da grave malattia, Guglielmo il Rosso acconsentì la nomina di Anselmo di Aosta alla carica di arcivescovo di Canterbury. Anselmo pose come condizione la restituzione delle terre vescovili e il riconoscimento di Urbano II come papa legittimo. Il re dapprima accettò, ma dopo aver recuperato la salute non mantenne le promesse, e perciò Anselmo rifiutò di pagare le somme che gli venivano chieste. Divenuta insostenibile la sua posizione, chiese di recarsi a Roma. Guglielmo il Rosso negoziò col legato papale la deposizione di Anselmo in cambio del riconoscimento di Urbano II. Dopo aver ottenuto questo risultato, il legato rifiutò di deporre Anselmo perché il papa riponeva ogni fiducia in Anselmo. Nel 1097 Guglielmo attaccò ancora il suo arcivescovo che finalmente poté andare a Roma, permettendo al re di occupare tutte le terre di Canterbury.


Guglielmo il Rosso recupera la Normandia Nel 1096 Guglielmo recuperò la Normandia perché il fratello Roberto, sempre in cerca di avventure, aveva accettato di partecipare alla Prima crociata, cedendo il suo feudo. I progetti di Guglielmo il Rosso prevedevano altre acquisizioni in Francia, ma nell’anno 1100 durante la caccia una freccia vagante uccise l’odiato re d’Inghilterra.


Enrico I Poiché non lasciava eredi, il fratello Enrico I assunse la corona d’Inghilterra, essendo Roberto ancora in Oriente. Il primo provvedimento di Enrico fu la riduzione di tasse e di altre angherie del tempo di Guglielmo il Rosso. Enrico I sposò la figlia del re di Scozia, Edith, il cui nome fu mutato in quello di Matilde. Nel 1106 Enrico I conquistò la Normandia, facendo imprigionare il fratello Roberto, ritornato dalla crociata.


Ripresa del conflitto ecclesiastico Per quanto riguarda le questioni ecclesiastiche, durante il soggiorno romano Anselmo di Canterbury aveva preso parte a un sinodo che stabilì di rifiutare ogni interferenza del potere politico nelle nomine ecclesiastiche. Tornato in Inghilterra, divenne inevitabile il conflitto tra Enrico I e Anselmo. Questi fu costretto a tornare a Roma per cercare un compromesso. Esso consisteva nell’attribuire ai capitoli l’elezione dei vescovi e degli abati, ma tale elezione doveva avvenire alla presenza del re cui il neoeletto doveva prestare l’omaggio feudale per i benefici di origine regia. Anselmo morì nel 1109, dopo aver reso meno completa la subordinazione della Chiesa al re, un problema centrale nella politica britannica.


Problemi di successione Enrico I ebbe seri problemi dinastici. Il figlio Guglielmo Aetheling fece naufragio sul canale della Manica nel 1120. Enrico I aveva una figlia, Matilde, sposata con l’imperatore Enrico V di Svevia. Un nuovo matrimonio del re d’Inghilterra risultò sterile, ma la morte dell’imperatore di Germania Enrico V, permise all’imperatrice Matilde di risposarsi. Enrico I d’Inghilterra scelse una soluzione risultata lungimirante anche se inoperosa a breve termine: fece proclamare da un’assemblea di baroni l’omaggio feudale a Matilde e a Goffredo Plantageneto duca di Angiò. Nel 1133 nacque il presunto erede di nome Enrico: due anni dopo morì Enrico I d’Inghilterra.


Stefano di Blois Poiché non era realistica una reggenza di Matilde che sarebbe durata almeno quindici anni, si fece avanti un nipote del re defunto, Stefano di Blois, ben accolto dalla città di Londra: fu incoronato e poco dopo fu riconosciuto re dal papa Innocenzo II. Stefano di Blois non seppe sfruttare i primi successi: ben presto la spodestata Matilde cominciò a brigare contro Stefano, favorendo attacchi in partenza dalla Scozia e dalla Normandia. Nel 1140 Goffredo e la moglie Matilde passarono la Manica e approdarono in Inghilterra sollevando numerose contee contro il re Stefano di Blois: la guerra civile durò fino al 1148, conclusa col ritorno di Matilde in Normandia.


Enrico II Plantageneto Nel 1149 il giovane Enrico ormai sedicenne sbarcò in Inghilterra; nel 1152 sposò Eleonora d’Aquitania che gli portò in dote i feudi della Francia occidentale, da Limoges ai Pirenei. Eleonora era stata moglie del re di Francia Luigi VII che, ripudiandola, compì un gesto politicamente sconsiderato, perché offrì a Enrico II una vistosa parte del regno di Francia. Enrico II Plantageneto compì una marcia trionfale nell’Inghilterra centrale, e quando si diffuse la notizia della morte del primogenito di Stefano di Blois, il vecchio re riconobbe il diritto di successione al trono di Enrico II: ciò avvenne nel 1154 ponendo termine a un periodo turbolento durato quindici anni, nel corso dei quali si erano indebolite le pretese della corona a un dominio assolutista, facendo intravedere la possibilità di accordo tra re, baroni e Chiesa senza sopraffazione di una componente sulle altre.


Estensione del regno di Enrico II Enrico II aveva radunato un insieme di feudi che andava dal fiume Tweed ai Pirenei, ma si trattava di possessi nominali, ciascuno retto da una intricata rete di rapporti feudali tra i regni di Francia e di Inghilterra. Appare chiaro che l’unione di territori così estesi non poteva durare a lungo.


Scozia e Galles Il primo problema da risolvere erano i rapporti coi regni di Scozia e Galles. Nei confronti del Galles Enrico II lanciò una grande offensiva nel 1165, ma il suo fallimento assicurò a quel fiero paese l’indipendenza per un altro secolo. Per quanto riguarda la Scozia, il nuovo re Malcolm IV accettò di restituire il Cumberland e il Northumberland, rendendo omaggio feudale per altre terre tenute in qualità di vassallo del re d’Inghilterra.


Thomas Becket arcivescovo di Canterbury All’inizio del suo regno Enrico II aveva accordato piena fiducia al cancelliere Thomas Becket, divenuto ricco e potente. Nel 1161 morì l’arcivescovo di Canterbury: il re nominò arcivescovo il suo ex cancelliere, pensando di aver un servitore fedele. Ma Thomas Becket, dopo aver assunto la nuova dignità, pose le sue energie a difesa del clero inglese, divenendo un arcivescovo modello perfino dal punto di vista ascetico, e difensore dei diritti della Chiesa: si mise a recuperare le terre appartenute a Canterbury, anche a costo di scontrarsi con avversari che vivevano a corte. Divampò un’intricata questione di giurisdizione riguardante i chierici che si fossero macchiati di qualche delitto. Becket oppose un netto rifiuto alla richiesta di farli giudicare da un tribunale del re.


Conflitto tra Enrico II e Thomas Becket Enrico II rimase urtato dall’opposizione alla sua volontà: tolse a Becket il compito di educare l’erede, poi gli revocò i benefici e i castelli concessi in precedenza. Nel 1164, in un’assise celebrata a Clarendon, il re volle che Becket giurasse fedeltà alle consuetudini che da allora avrebbero regolato i rapporti tra Chiesa e Stato. Becket non ritenne di poter sottoscrivere le assise di Clarendon, e compì un primo tentativo di andare in esilio. In un processo intentatogli da un ufficiale del re, Becket decise di non presentarsi in tribunale: inviò quattro cavalieri e lo sceriffo di Kent che lessero una sua lettera. Il processo fu celebrato e Becket vinse la causa, ma subito dopo fu accusato di disprezzo del tribunale per non essersi presentato di persona. Becket oppose che nessun tribunale poteva giudicarlo, tranne quello del papa, ma il re fu implacabile. Molti vescovi fecero pressioni su Thomas Becket perché si dimettesse, appellandosi alla clemenza del re, ma Becket rifiutò: fece appello al papa e minacciò la scomunica contro coloro che davano corso al giudizio di un tribunale laico contro il vescovo. I vescovi si trovarono in posizione difficile stretti tra la disobbedienza al re o al loro arcivescovo. Becket non fu condannato, ma costretto alla fuga. La reazione del re fu terribile arrivando a esiliare tutti i famigliari di Becket.


Assassinio nella cattedrale Nel 1170 Enrico II volle che il figlio Enrico il Giovane venisse incoronato re d’Inghilterra: la cerimonia fu realizzata dall’arcivescovo di York in spregio ai diritti del primate. Nel luglio di quell’anno Becket accettò di riconciliarsi col re, lasciando aperti i problemi che avevano provocato la rottura: il 1° dicembre Becket sbarcò in Inghilterra, il giorno di Natale pronunciò un violento discorso contro i nemici e quattro giorni dopo fu assassinato nella cattedrale di Canterbury.


Scomunica di Enrico II Il re fu raggiunto dalla notizia in Normandia il 1° gennaio 1171. Il papa Alessandro III attese qualche mese prima di scomunicare i vescovi inglesi e normanni. Ben presto si diffuse la notizia di miracoli operati per intercessione di Thomas Becket. Probabilmente Enrico II non impartì l’ordine agli assassini, i quali ritennero però di attuare un suo desiderio.


Inizia la conquista d’Irlanda Non essendo opportuno il suo ritorno in Inghilterra, Enrico II decise di iniziare la conquista d’Irlanda. Il pretesto fu la richiesta di aiuto del re del Leinster, il quale fece atto di sottomissione a Enrico II chiedendogli uomini per rientrare in patria. La situazione dell’Irlanda era caotica: c’erano cinque regni dai confini incerti retti da clan in lotta permanente. I Normanni del Galles condussero spedizioni in Irlanda occupando la zona intorno a Dublino, ma in seguito Enrico II sostenne i capi indigeni contro gli avventurieri normanni dei quali non si fidava: l’Irlanda perciò non fu completamente occupata.


Assoluzione di Enrico II Nel 1172 Enrico II tornò in Normandia per ricevere l’assoluzione papale, accettando di fare pubblica penitenza: fece varie promesse tra cui quella di farsi crociato in Terrasanta, ma in seguito tale voto fu commutato in quello di costruire tre monasteri.


Ribellione dei figli Nel frattempo i figli di Enrico II, incoraggiati dalla madre Eleonora d’Aquitania, cominciarono a ribellarsi. Enrico il Giovane, Goffredo, Riccardo, cercarono di crearsi un potere indipendente dal padre: la ribellione fu scatenata dal tentativo compiuto da Enrico II di dare un dominio anche al quarto figlio, Giovanni Senzaterra. Enrico il Giovane, genero del re di Francia, si rifugiò presso quella corte, seguito da Goffredo e da Riccardo. I baroni dei territori continentali si unirono alla rivolta. Tra i baroni dell’isola, quello di Leicester si pose a capo di una rivolta baronale ostile a Enrico II. La guerra civile divampò in Normandia e in Inghilterra, ma i ribelli non attuarono un piano organico e perciò fin dal 1173 la Normandia fu pacificata, e nel 1174, con la sconfitta dei baroni inglesi, anche in Inghilterra tornò la pace.


Morte di Enrico II Le successive ribellioni ebbero origine presso la corte di Francia, dopo l’avvento al trono di Filippo II Augusto che non tralasciò alcuno sforzo per disintegrare l’esteso complesso di feudi amministrato da Enrico II Plantageneto. La caduta di Gerusalemme nel 1187 e la successiva crociata, la Terza, per un poco sopirono le contese. Nel 1188 Enrico II si recò per l’ultima volta in Normandia per affrontare il figlio Riccardo in coalizione con Filippo Augusto, rimanendo sconfitto. Quando Enrico II seppe che anche il figlio Giovanni lo aveva abbandonato, perdette ogni speranza e morì lasciando una precaria eredità.



15. 4 I Normanni nell’Italia meridionale



Quando all’inizio del secolo XI i Normanni fecero la loro comparsa nell’Italia meridionale, trovarono il paese diviso in piccoli Stati: la Sicilia era occupata dai Saraceni; i Bizantini dominavano in Puglia e in Calabria; Capua, Benevento e Salerno erano rette da principi longobardi; infine Amalfi, Gaeta e Napoli avevano dato vita a piccole repubbliche marinare. In Puglia alcune città si erano date i primi statuti comunali.


Ribellione antibizantina di Melo da Bari Le pretese bizantine caddero del tutto quando Melo, un nobile longobardo nato a Bari, iniziò nel 1009 una ribellione antibizantina in Puglia. I principi di Capua e di Salerno gli promisero aiuti, ma Melo fu sconfitto e dovette rifugiarsi in Germania. Nel 1016 Melo ritornò brigando con un gruppo di Normanni pellegrini a San Michele al Gargano: da costoro ricevette la promessa di cavalieri reclutati in Normandia.


I Normanni nell’Italia meridionale Il principe di Salerno si assicurò il servizio di un primo contingente di Normanni. Nel 1017 Melo compì un secondo tentativo di cacciare i Bizantini dalla Puglia, ma fu sconfitto e fu ristabilita l’autorità dell’impero d’Oriente sulla Puglia: Melo tornò in Germania e morì; i mercenari normanni si posero al servizio di vari signori locali.


Rainolfo Dopo la morte dell’imperatore Enrico II avvenuta nel 1024, il duca di Napoli prese al suo servizio i Normanni guidati da Rainolfo, concedendogli la contea di Aversa (1029). Rainolfo non era un semplice avventuriero, bensì un politico in grado di comprendere la situazione. Per prima cosa fece venire in Italia altri Normanni: tra il 1034 e il 1036 giunsero i figli di Tancredi d’Altavilla, Guglielmo e Drogone, subito al servizio di vari signori locali.


Guglielmo e Roberto d’Altavilla Nel 1042, il generale bizantino Giorgio Maniace, in lite col suo imperatore, si mise in marcia contro Costantinopoli, permettendo a Guglielmo Braccio di Ferro la conquista della Puglia. Guglielmo morì nel 1048 e il suo posto fu preso dal fratello Drogone. Poi si mise in luce un altro figlio di Tancredi d’Altavilla, Roberto il Guiscardo (l’astuto) che ricevette da Drogone l’incarico di conquistare la Calabria. Il tipo di guerra condotto da Roberto era quello di una banda di ladroni: saccheggi, incendio di raccolti, sequestro di persone, furto di cavalli. A Roberto si unirono altri predoni locali, iniziando una sistematica spoliazione del territorio, tanto che il papa Leone IX fu indotto a chiedere l’aiuto dell’imperatore Enrico III (1049).


Conflitto tra papato e Normanni La guerra contro i Normanni fu condotta da Leone IX, ma a Civitate sul Fortore il suo esercito fu sconfitto e il papa fu fatto prigioniero (1053), trattato con deferenza, perché i Normanni potevano ottenere solo da lui il riconoscimento giuridico di sovrani di una parte d’Italia.


Alleanza tra Normanni e papato Nel 1059 i Normanni dettero un’importante svolta alla loro politica, riconciliandosi col papato, oppresso dalla nobiltà romana e dalle mire imperiali, mentre occorreva l’indipendenza da entrambi per promuovere la riforma religiosa. Con notevole intuito politico, il papa Nicolò II comprese di poter ricevere aiuto solo dall’alleanza con i Normanni del sud, ancora pirati e predoni, ma suscettibili di evoluzione pacifica. L’incontro avvenne a Melfi di Puglia tra Nicolò II e i due capi normanni Riccardo di Capua e Roberto il Guiscardo: dopo aver ricevuto il giuramento feudale, Nicolò II concesse a Riccardo l’investitura a principe di Salerno, e a Roberto l’investitura come duca di Puglia, Calabria e Sicilia. Roberto il Guiscardo si impegnò a pagare al papa il tributo giurando fedeltà alla Chiesa. Nel 1060 il Guiscardo occupò la città di Taranto, ma in seguito dovette affrontare una ribellione dei nobili normanni che evidentemente non accettavano la supremazia degli Altavilla: la guerra terminò nel 1068. A partire da quel momento il Guiscardo poté estendere la conquista sul territorio siciliano, dopo un ultimo intervento in Puglia per cacciare i Bizantini da Bari (1071).


La conquista della Sicilia La conquista della Sicilia – opera soprattutto di Ruggero perché il fratello era trattenuto sul continente – fu resa più facile dal dissidio tra gli emiri musulmani che governavano l’isola. Messina fu occupata fin dal 1061, Palermo cadde nel 1072: per altri dodici anni i Normanni avanzarono lentamente data l’esiguità delle loro forze. In seguito la Sicilia fu divisa in due parti: l’alta sovranità apparteneva a Roberto che controllava Palermo, metà di Messina e la Val Demone; Ruggero controllava il resto. Poiché la conquista era avvenuta per conto del Guiscardo, la nobiltà normanna non poteva accampare pretese come nell’Italia meridionale, dove i nobili si consideravano pari al Guiscardo. Nel 1072 il Guiscardo dovette tornare in fretta sul continente per sedare una rivolta di vassalli in Puglia, appoggiata da Riccardo di Capua. Il conflitto tra i due più eminenti capi normanni rimase acuto, complicato dai rapporti col papa Gregorio VII, che arrivò a scomunicare il Guiscardo cercando l’accordo con Riccardo di Capua. I due capi normanni ritennero opportuno riappacificarsi per obbligare Gregorio VII a fare maggiori concessioni, approfittando del conflitto per le investiture tra papato e impero.


Conflitti nell’Italia meridionale L’unico alleato meridionale rimasto al papa, il principe di Salerno, fu privato dai Normanni dei suoi possedimenti (1077), che nello stesso anno posero l’assedio intorno a Benevento, città del papa. Nel 1078 fu inflitta la scomunica contro i Normanni per l’aggressione al territorio papale. Riccardo di Capua morì nel 1078: il figlio Giordano ritenne prudente non esasperare il papa per non compromettere il diritto di successione, suscitando una ribellione contro Roberto in Puglia.


Potenza di Roberto il Guiscardo Nel 1080 la rivolta fu sedata e il Guiscardo divenne più potente che mai. Anche il papa ritenne necessario prendere accordi con Roberto: a Ceprano ci fu un incontro col papa risultato favorevole a Roberto cui fu tolta la scomunica senza reali garanzie di pace. In seguito, il potente duca di Puglia si volse contro l’impero d’Oriente cedendo al fascino che quel mondo esercitava su tutti gli occidentali: fu conquistata la città di Durazzo in Illiria in punizione per l’aiuto fornito ai ribelli di Puglia negli anni precedenti, ma nel 1082 Roberto dovette tornare in Italia per rispondere al drammatico appello di Gregorio VII, assediato in Roma dall’imperatore Enrico IV. Procedendo con calma, Roberto marciò su Roma solo nel 1084, senza scontrarsi con l’imperatore: i Normanni non si lasciarono sfuggire l’opportunità di saccheggiare la città eterna, conducendo con sé a Salerno il papa Gregorio VII. In seguito il Guiscardo tornò nell’Illirico riportando qualche sconfitta, ma anche una splendida vittoria che gli permise di occupare l’isola di Corfù: nel 1085, sopraggiunse per l’infaticabile guerriero la morte che pose termine a un cinquantennio di guerre nell’Italia meridionale.


Il figlio del Guiscardo, Ruggero Borsa (1085-1111) non aveva l’energia del padre e il ducato di Puglia decadde, anche per le insidie del fratellastro Boemondo di Taranto. Il maggiore sostegno gli venne da Ruggero I, conte di Sicilia. Ruggero I di Sicilia morì nel 1101, il figlio primogenito due anni dopo: perciò la Sicilia fu ereditata dal fratello minore Ruggero II.



15. 5 Ruggero II re di Sicilia



Ruggero II rimase sotto la tutela della madre fino al 1112. Fu un sovrano audace, avventuroso, sempre proteso ad ampliare il suo dominio, architettando piani estesi oltre le coste della Sicilia, come quello di controllare le rotte mediterranee per espandere il commercio siciliano. Progettò la conquista delle coste africane per avere il controllo del canale di Sicilia.


Debolezza del ducato di Puglia Il regno di Guglielmo duca di Puglia (1111-1127) fu ancora più debole di quello del padre Ruggero Borsa: quando morì, il suo territorio era diviso in numerose signorie. Alla morte di Guglielmo, il ducato di Puglia fu ereditato da Boemondo II di Antiochia. Ruggero II approfittò della lontananza del cugino usurpandone l’eredità, mettendo tutti, anche il papa Onorio II, di fronte al fatto compiuto. Nel 1128 Onorio II si trovò costretto a investire il conte di Sicilia del ducato di Puglia. Nel 1129 il nuovo duca convocò i vassalli a Melfi, impose nuove norme al contratto feudale, seguendo il modello siciliano che otteneva la reale obbedienza dei vassalli.


Ruggero II re di Sicilia Nel 1130 i territori occupati dai Normanni in un secolo di conquiste furono sottoposti a un unico potere centrale, e perciò il titolo di duca apparve troppo modesto a Ruggero II che ormai esigeva quello di re. Approfittando della doppia elezione papale di Anacleto II e di Innocenzo II, Ruggero II chiese all’antipapa Anacleto, in cambio del riconoscimento, la concessione del nuovo titolo: nel dicembre 1130 nella cattedrale di Palermo Ruggero II fu acclamato re di Sicilia.


Conflitti nell’Italia meridionale Sia l’imperatore germanico che l’imperatore d’Oriente giudicarono illegittimo quel titolo poiché entrambi vantavano diritti su quei territori. Anche il papa considerava illegittima l’unione dell’Italia meridionale con la Sicilia, pur temendo altrettanto l’unione del regno di Sicilia con l’impero tedesco. I nuovi metodi di governo, infine, non piacevano ai baroni dell’Italia meridionale. Una prima rivolta del baronato meridionale avvenne nel 1132. Ruggero II ristabilì la situazione a sua favore, ma la ribellione divampò di nuovo costringendo Ruggero II a un nuovo intervento militare. Nel 1136 l’imperatore Lotario riuscì a occupare Bari e Salerno: per tre anni Ruggero II dovette combattere per ristabilire la sua autorità Nel 1139 Ruggero II fu scomunicato dal papa Innocenzo II che tentò una spedizione al sud, rimanendo sconfitto. Per riavere la libertà, Innocenzo II fu costretto a confermare il titolo di re di Sicilia fin allora usurpato, perché concesso da un antipapa. La pace in ogni caso non durò a lungo perché Ruggero II esigeva il diritto di nominare i vescovi, proprio ciò che al papa appariva in contrasto con la più preziosa conquista seguita alla lotta per le investiture.


Concessioni del papa a Ruggero II Al tempo del papa Eugenio III si rese necessario concedere a Ruggero II il diritto di legazione apostolica, ossia di rappresentare il papa nelle questioni ecclesiastiche del suo regno, ma non ancora il diritto di nomina dei vescovi. Nel 1151 i rapporti col papa divennero ancora più tesi perché Ruggero II fece incoronare re di Sicilia il figlio Guglielmo I, senza il consenso del papa. Ruggero II, forte del denaro che i suoi possedimenti gli fruttavano, seminò discordia nell’impero germanico favorendo a più riprese la ribellione dei Guelfi di Baviera contro gli Svevi. Infine il re di Sicilia fu aiutato dalla crisi dei rapporti internazionali durante la Seconda crociata che gli permise di attaccare l’impero d’Oriente in Grecia.


Due imperi contro il re di Sicilia Di ritorno dalla crociata l’imperatore tedesco Corrado III si incontrò con l’imperatore bizantino Manuele Comneno prendendo la decisione di attaccare congiuntamente il re di Sicilia nel corso del 1149. Ancora una volta Ruggero II finanziò la rivolta dei Guelfi di Baviera; infine, il pericolo fu stornato dalla morte di Corrado III (1152). Nel corso di quegli anni fu realizzato anche il piano di occupare le città della costa prospiciente la Sicilia in Africa, avvalendosi dell’ammiraglio Giorgio di Antiochia: furono occupate Tripoli, Bona, Tunisi. In seguito i Normanni cercarono di interferire nelle questioni religiose arabe, compromettendo quelle conquiste, del resto precarie.


Morte di Ruggero II Ruggero II morì nel 1154. Nonostante l’abilità del fondatore della monarchia normanna di Sicilia nessuno dei problemi del nuovo regno appariva risolto. I baroni normanni sembravano calmi, ma non avevano perso la speranza di riprendere il loro potere; gli abitanti delle città rimpiangevano la precedente indipendenza; i nobili erano impazienti di assumere gli incarichi a corte, assegnati a personaggi di categorie sociali inferiori; il papa e l’imperatore Federico I rimanevano ostili al re di Sicilia.


Guglielmo I il Malo Guglielmo I, soprannominato il Malo perché proseguì la politica paterna ostile alla nobiltà, delegò molti poteri a Maione da Bari. Nell’anno della sua ascesa al trono, nel 1154, Federico Barbarossa compì la prima calata in Italia: il re di Sicilia ritenne opportuno offrire a Manuele Comneno la pace e la restituzione di Tebe, ma la proposta fu respinta. Anche Venezia rifiutò le proposte di pace provenienti dalla Sicilia. Manuele Comneno, quando seppe che il Barbarossa si trovava in Italia, inviò Michele Paleologo per far sollevare i baroni normanni. I Bizantini riuscirono a impadronirsi di alcune città della Puglia e stabilirono cordiali rapporti col papa Adriano IV, deluso per il mancato intervento del Barbarossa contro i Normanni.


Rivolta dei baroni siciliani Guglielmo I nel 1155 cadde gravemente ammalato, mentre si ribellavano anche i baroni siciliani. L’anno seguente tale ribellione fu domata. Ma dopo che Guglielmo I ebbe sconfitto le truppe bizantine e la Puglia fu riconquistata, la repressione si abbattè tremenda sui ribelli: Bari fu distrutta e il papa fu assediato a Benevento. Costretto a trattare, il papa Adriano IV concesse a Guglielmo I il regno di Sicilia, il ducato di Puglia, Napoli, il principato di Capua e la Marsica, in cambio di un censo annuo. Infine, in Sicilia, il vescovo di Palermo fu elevato al rango di metropolita. Tale concessioni del pontefice incrinarono i rapporti del papato con l’impero: invece di mantenersi equidistante tra i due potentati, il papa fu costretto a cercare l’alleanza dei Normanni.


Nuova alleanza tra papato e Normanni Da quel momento Guglielmo I pose a fondamento della sua politica l’alleanza col papato, aiutando i comuni dell’Italia settentrionale nell’ostinata resistenza contro il Barbarossa, essendo necessario a quest’ultimo il controllo della pianura padana per potersi recare a Roma. Morto il papa Adriano IV, il successore Alessandro III fu eletto con l’appoggio del re di Sicilia.


Prosegue la politica ostile ai nobili Nel 1160 fu assassinato Maione da Bari, il potente cancelliere di Guglielmo I, e i congiurati riuscirono per breve tempo a catturare anche il re. La vendetta di Guglielmo I fu tremenda quando riprese in mano la situazione. La carica di Maione fu assegnata a Matteo di Aiello che proseguì la politica ostile ai nobili. L’ultimo grande successo politico di Guglielmo I fu l’insediamento a Roma del papa Alessandro III che, di ritorno dalla Francia, fece vela fino a Messina, entrando in Roma sotto scorta normanna (1165). L’anno dopo Guglielmo I morì: lasciò il trono al figlio Guglielmo II sotto la reggenza della madre Margherita di Navarra.


Reggenza di Margherita di Navarra La morte del fiero re normanno fece rinascere nella nobiltà il progetto di recuperare l’indipendenza posseduta in passato: ci si aspettava l’attenuazione del centralismo amministrativo, ma Margherita chiamò a corte Stefano di Perche per assumervi la carica di cancelliere e l’arcivescovato di Palermo. Ben presto avvenne una prima sollevazione, domata dall’arcivescovo Stefano, ma al secondo tentativo i rivoltosi riuscirono nel loro intento, obbligando l’arcivescovo ad abbandonare il regno. Per qualche tempo i nobili in rivolta tolsero ogni potere alla reggente, imponendo un consiglio di rappresentanti dei nobili ribelli. Questi ultimi furono esautorati da Matteo di Aiello che riportò in auge i vecchi sistemi in attesa che Guglielmo II raggiungesse la maggiore età.


Fallimento della politica del Barbarossa Nel 1166 Federico Barbarossa discese in Italia e tutto lasciava pensare che l’anno seguente avrebbe attaccato il regno normanno, ma fu costretto dalla pestilenza a compiere una precipitosa ritirata. Più tardi, la Lega lombarda, vittoriosa a Legnano, costrinse il Barbarossa al compromesso di Venezia, dove i legati del re di Sicilia ebbero una parte di primo piano. Seguì una tregua di quindici anni tra impero e Normanni del sud, finché maturò la svolta capitale del regno di Sicilia: il Barbarossa combinò il matrimonio tra il proprio figlio Enrico VI e la zia di Guglielmo II, Costanza d’Altavilla, erede del regno normanno perché Guglielmo II non aveva figli: il matrimonio fu ratificato nel 1185.


Costanza d’Altavilla ed Enrico VI Guglielmo II il Buono aveva sposato Giovanna, figlia di Enrico II Plantageneto nel 1176: da quell’anno i rapporti tra i due regni normanni si infittirono.


Guglielmo II riprende i progetti di espansione Anche l’altra aspirazione di Ruggero II fu ripresa, ossia l’attacco contro i Saraceni d’Africa. Guglielmo II decise di partecipare alla Terza crociata di cui avrebbe voluto assumere il comando, ma la morte lo colse nel 1189. Prima di morire Guglielmo II fece giurare fedeltà alla zia Costanza, mentre a Palermo si formarono due fazioni, ostili tra loro, ma concordi nel rifiuto di un re tedesco. La fazione guidata da Matteo di Aiello mise sul trono Tancredi duca di Lecce, nipote di Ruggero II.


Tancredi di Lecce e Ruggero d’Andria Tancredi dovette affrontare grandi difficoltà a causa della rivolta dei Saraceni di Sicilia e dei sostenitori di Ruggero d’Andria, il candidato della seconda fazione palermitana che si affermò sul continente. Inoltre si trovò in casa Riccardo Cuor di Leone che si lamentava del cattivo trattamento riservato alla sorella Giovanna, vedova di Guglielmo II, e della mancata consegna di un importante lascito testamentario a suo favore. Il fiero re d’Inghilterra si impadronì di Messina e si fece consegnare tutto ciò che ritenne di suo diritto. Partito Riccardo Cuor di Leone nel 1191, Tancredi rimase solo ad affrontare Enrico VI che reclamava il trono che gli spettava come dote della moglie Costanza. Alleatosi con Pisa e Genova, Enrico VI giunse fino a Roma dove si fece incoronare imperatore dal papa Celestino III, poi proseguì verso l’Italia meridionale. Assediò Napoli, mentre Costanza rimaneva a Salerno. La partenza dei soldati tedeschi indusse i Salernitani a consegnare Costanza a Tancredi, nel frattempo sbarcato sul continente. Nel 1192, nel tentativo di tirare dalla sua parte il papa Celestino III, Tancredi rinunciò al diritto di nomina dei vescovi siciliani. La mediazione papale tra Tancredi ed Enrico VI fallì. Tancredi di Lecce morì nel 1194, lasciando Guglielmo III, un bambino troppo piccolo sotto la reggenza della madre Sibilla. Quando Enrico VI ebbe riordinato le questioni di Germania, intraprese la conquista del sud d’Italia che ora nessuno poteva contendergli: nel Natale 1194 Enrico VI fu incoronato re di Sicilia a Palermo, alla presenza di Sibilla e di Guglielmo III, che però quattro giorni dopo furono giustiziati sotto pretesto di aver organizzato un complotto.



15. 6 Cronologia essenziale



879 I nobili del regno di Hwicce si sottomettono ad Alfredo re del Wessex.


885 Re Alfredo conquista Londra e una parte del Danelaw.


911 Carlo il Semplice, re di Francia, cede a Rollone il ducato di Normandia


925-939 Atelstano, fi