Compendio di teologia ascetica e mistica (21)

…CAPITOLO I. Dell’orazione affettiva. Natura dell’orazione affettiva. Vantaggi dell’orazione affettiva. Gli inconvenienti e i pericoli dell’orazione affettiva. Metodi d’orazione affettiva. Il metodo di S. Ignazio. Il metodo di San Sulpizio….

PARTE SECONDA


LIBRO II


CAPITOLO I.


Dell’orazione affettiva.


 


975. Le anime proficienti continuano a fare gli esercizi spirituali degl’incipienti, n. 657, aumentandone il numero e la durata e accostandosi così alla preghiera abituale già descritta al n. 522, che non si attua interamente se non nella via unitiva. Si applicano soprattutto all’orazione affettiva, che a poco a poco sostituisce per loro la meditazione discorsiva. Ne, esporremo quindi: 1° la natura; 2° i vantaggi; 3° le difficoltà; 4° il metodo che vi si può seguire.


 


ART. I. Natura dell’orazione affettiva.


 


976. 1° Definizione. L’orazione affettiva, come dice la parola, è quella in, cui dominano i pii affetti, ossia i varii atti, della volontà con cui esprimiamo a Dio il nostro amore e il desiderio di glorificarlo.


In questa orazione il cuore ha parte maggiore della mete. Gl’incipienti, come abbiamo detto al n. 668, hanno bisogno d’acquistar convinzioni, onde insistono sui ragionamenti, dando posto molto limitato agli affetti. Ma a mano a mano che queste convinzioni si radicano profondamente nell’anima, occorre minor tempo per rinnovarle, onde lasciano maggior campo agli affetti. Invaghita dell’amor di Dio e della bellezza della virtù, l’anima si innalza più facilmente con pii slanci all’autore d’ogni bene per adorarlo, benedirlo, ringraziarlo, amarlo; a Nostro Signore Gesù Cristo, suo Salvatore, suo modello, suo capo, suo amico, suo fratello, per presentargli i più affettuosi sentimenti; alla SS. Vergine, madre di Gesù e madre nostra, dispensiera dei divini favori, per esprimerle il più filiale, il più confidente il più generoso amore, n. 166.


Altri sentimenti le scaturiscono, spontaneamente dal cuore: sentimenti di vergogna, di confusione e di umiliazione alla vista delle proprie miserie; desideri ardenti di far meglio e confidenti preghiere per averne la grazia; sentimenti di zelo per la gloria di Dio che la muovono a pregare per tutte le grandi cause della Chiesa e delle anime.


977. 2° Passaggio dalla meditazione all’orazione affettiva. A questa orazione non si giunge così tutto d’un tratto. Vi è un periodo di transizione in cui si mescolano più o meno le considerazioni e gli affetti. Ve n’è un altro in cui le considerazioni si fanno ancora ma sotto forma di colloquio: Aiutatemi, o Signore, a intender bene la necessità di questa virtù; e si fanno alcuni minuti di riflessione; poi si continua: Grazie, o Signore, dei vostri lumi divini; degnatevi di imprimermi più profondamente nell’anima queste convinzioni, perché possano più efficacemente influire sulla mia condotta… Aiutatemi, vi prego, a vedere quanto io sia lontano da questa virtù… e che cosa debbo fare per meglio praticarla… già fin di quest’oggi. Viene poi il momento che i ragionamenti cessano quasi intieramente o almeno si fanno così brevi che la maggior parte dell’orazione trascorre in pii colloqui. Si sente però talora il bisogno di rifarsi momentaneamente alle considerazioni per dare sufficiente occupazione alla mente. In tutto ciò bisogna seguire i moti della grazia accertati dal direttore.


978. 3° Segni che giustificano questo passaggio. A) Conviene conoscere i segni onde si arguisce che è tempo di lasciar la meditazione per l’orazione affettiva. Sarebbe cosa imprudente farlo troppo presto; perché, non essendo allora l’anima ancora abbastanza progredita per alimentar questi affetti, cadrebbe nelle distrazioni o nell’aridità. Ma sarebbe anche a dolere che si facesse troppo tardi; perché, secondo l’avviso di tutti gli autori spirituali, l’orazione affettiva è più fruttuosa della meditazione, essendo specialmente gli atti della volontà quelli per cui glorifichiamo Dio e attiriamo in noi le virtù.


B) Questi segni sono ì seguenti: 1) quando, non ostante la buona  volontà, torna difficile far ragionamenti o trarne profitto, e d’altra parte uno si sente portato agli affetti; 2) quando le convinzioni sono così profondamente radicate che l’anima si sente già convinta fin dal principio dell’orazione; 3) quando il cuore, distaccato dal peccato, corre facilmente, a Dio o a Nostro Signore. Essendo però noi cattivi giudici in causa propria, sarà bene sottoporre questi segni al giudizio del direttore.


979. 4° Mezzi per coltivare gli affetti. A) i pii affetti si moltiplicano e si prolungano principalmente, con l’esercitarsi nella virtù della carità, scaturendo essi da un cuore in cui domina l’amor di Dio. È l’amore che ci fa ammirare le perfezioni divine; illuminato dalla fede, ci mette dinanzi agli occhi la bellezza, la bontà, la misericordia infinita di Dio; onde nasce spontaneo un sentimento di riverenza e di ammirazione che eccita a sua volta la riconoscenza, la lode, la compiacenza; quanto più si ama Dio e tanto più questi vari atti continuano. Lo stesso avviene dell’amore a Nostro Signor Gesù Cristo: quando si ripensa ai benefici indicati al n. 967, ai patimenti sostenuti per noi, da quest’amabile Salvatore, all’amore di cui ci dà continua prova nell’Eucaristia, uno si abbandona facilmente a sentimenti di ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di compassione, di amore, e sente bisogno di lodare e di benedire Colui che ci ama tanto.


980. B) A fomentare questo divino amore, si consiglierà ai proficienti di meditar spesso sulle grandi verità che ci ricordano ciò che Dio ha fatto e non cessa di fare per noi :


a) L’abitazione delle tre divine persone nell’anima nostra e la paterna loro azione su noi (n. 92‑130).


b) La nostra incorporazione a Cristo e la parte sua nella vita cristiana (n. 132‑153); la sua vita, i suoi misteri, soprattutto la dolorosa sua passione e l’amor suo nell’Eucaristia.


c) La parte della SS. Vergine, degli Angeli e dei Santi nella vita cristiana (n. 154‑189): abbiamo così un mezzo prezioso di variare gli affetti, rivolgendoci ora alla Madre celeste, ora ai SS. Angeli, soprattutto all’angelo custode, ora ai Santi, massime a quelli che c’ispirano maggior divozione.


d) Le preghiere vocali che, come il Pater, l’Ave Maria, l’Adoro te devote latens deitas, etc… sono piene di sentimenti di amore, di riconoscenza, di conformità alla volontà di Dio.


e) Le principali virtù, come la religione verso Dio, l’obbedienza verso i superiori, Il umiltà, la fortezza, la temperanza, e principalmente le tre virtù teologali. Si considereranno queste virtù non così in astratto ma come praticate da Nostro Signore, e appunto per assomigliare a lui e dargli prova del nostro amore si cercherà di praticarle.


f) Non si lascerà di meditar sulla penitenza, sulla mortificazione, sul peccato, sui novissimi, ma in modo diverso dagl’incipienti. Si considererà Gesù come perfetto modello di penitenza e di mortificazione, come carico dei nostri peccati che sono da lui espiati con lungo martirio, sforzandoci d’attirarlo in noi con tutte le sue virtù. La meditazione sulla morte, sul paradiso e sull’inferno si farà per distaccarsi dalle cose create e unirsi a Gesù, onde assicurarsi la grazia d’ una buona morte e un bel posto in paradiso presso Gesù.


 


ART. II. Vantaggi dell’orazione affettiva.


Sono vantaggi che derivano dalla natura stessa di questa orazione.


981. 1° Il principale è una più intima e più abituale unione con Dio. Moltiplicando gli affetti, produce in noi un aumento d’amor di Dio; onde gli affetti vengono ad essere effetto e causa: nascono dall’amor di Dio, ma anche lo perfezionano, perché le virtù crescono con la ripetizione degli stessi at ti. Aumentano pure la conoscenza delle divine perfezioni. Perché, come nota S. Bonaventura, [1]“il miglior modo di conoscere Dio è di sperimentar la dolcezza del suo amore: modo di conoscenza più eccellente, più nobile e più dilettevole della ricerca per via di ragionamento”. Come infatti si giudica meglio dell’eccellenza di un albero col gustarne i saporosi frutti, così si giudica meglio dell’eccellenza degli attributi divini con lo sperimentare la soavità dell’amor di Dio. Questa conoscenza aumenta a sua volta la carità e il fervore, e ci dà nuovo slancio a praticar più perfettamente tutte le virtù.


982. 2° Aumentando la carità, l’orazione affettiva perfeziona pure tutte le virtù che ne derivano: a) la conformità alla volontà di Dio; perché si è lieti di far la volontà della persona amata; b) il desiderio della gloria di Dio e della salvezza delle anime; perché, quando uno ama, non può tenersi dal lodare e far lodare l’oggetto del suo amore; c) l’amor del silenzio e del raccoglimento; perché si vuole stare da solo a solo coll’amato, onde pensare più spesso a lui e ripetergli il proprio amore; d) il desiderio della comunione frequente; perché si desidera di possedere più perfettamente possibile l’oggetto del proprio amore, beati di riceverlo nel cuore e restargli uniti per tutto il giorno; e) lo spirito di sacrificio; perché si sa che non possiamo unirci al divin Crocifisso e per lui a Dio, se non in quanto rinunziamo a noi stessi e ai nostri comodi, onde portar la croce senza stancarci e accettar tutte le prove che la Provvidenza ci manda.


983. 3° Vi si trova pure spesso la consolazione spirituale; non vi è infatti gaudio più puro e più dolce del trovarsi in compagnia d’ un amico; e, poiché Gesù è il più tenero e il più generoso degli amici, si gustano, lui presente, gaudii di paradiso: esse cum Jesu dulcis paradisus. È vero che accanto a questi gaudii vi sono pure talora aridità o altre prove, ma si accettano con dolce rassegnazione ripetendo continuamente a Dio che si vuole amarlo e servirlo a qualunque costo; e il pensiero che si soffre per Dio è gia addolcimento di pena e consolazione.


Si può aggiungere che l’orazione affettiva è meno faticosa dell’orazione discorsiva; perché in quest’ultima uno si stanca presto nel filo dei ragionamenti, mentre che, abbandonando il cuore a, sentimenti di amore, di riconoscenza, di lode, l’anima gode dolce riposo e serba gli sforzi pel tempo dell’azione.


984. 4° Infine l’orazione affettiva, semplificandosi, ossia diminuendo il numero e la varietà degli affetti per intensificarne solo alcuni, ci conduce a poco a poco all’orazione di semplicità, che è già contemplazione acquisita e prepara quindi alla contemplazione infusa o contemplazione propriamente detta le anime che vi sono chiamate. Ne parleremo nella via unitiva.


 


ART. III. Gl’inconvenienti e i pericoli dell’orazione affettiva.


Anche le cose migliori hanno inconvenienti e pericoli; e così è pure dell’orazione affettiva che, se se non è fatta secondo le regole della prudenza, conduce ad abusi. Ne indicheremo i principali con i rispettivi rimedi.


985. 1° Il primo è la tensione, che induce stanchezza ed esaurimento. Vi sono infatti di quelli che, volendo intensificare gli affetti, fanno sforzi di testa e di cuore, si affannano, si eccitano violentemente a produrre atti e slanci di amore, in cui ha più parte la natura che la grazia. Con tali sforzi il sistema nervoso si stanca, il sangue affluisce al cervello, una specie di lenta febbre consuma le forze, e si è presto esausti. Può anche accadere che ne seguano disordini fisiologici e che ai pii affetti si mescolino sensazioni più o meno sensuali.


986. E’ grave difetto a cui bisogna porre subito rimedio, seguendo i consigli di un savio direttore a  cui si paleserà questo stato. Ora il rimedio è di convincersi bene che il vero amor di Dio consiste assai più nella volontà che nella sensibilità, e che la generosità di quest’amore non sta negli slanci[2] violenti ma nella risoluzione calma e ferma di non rifiutar nulla a Dio. Non bisogna dimenticare che l’amore è atto della volontà, il quale spesso, è vero, rifluisce sulla sensibilità producendovi emozioni più o meno forti, ma non sono queste la vera devozione, queste non ne sono che manifestazioni accidentali che devono restar subordinate alla volontà ed essere da lei moderate; altrimenti prendono il sopravvento, ‑ il che è un disordine, e in cambio di fomentare la soda pietà, la fanno, degenerare in amore sensibile e talora sensuale; perché tutte le emozioni violente sono in fondo dello stesso genere e si passa facilmente dall’una all’altra. Bisogna quindi cercare di spiritualizzar gli affetti, calmarli, metterli a servizio della volontà; e allora si godrà una pace che sorpassa ogni intendimento “pax Dei quae, exsuperat omnem sensum”[3].


987. 2° Il secondo difetto è l’orgoglio e la presunzione. Avendo buoni e nobili sentimenti, santi desideri, bei disegni di progresso spirituale; sentendo fervore sensibile e, in tali momenti, disprezzando i piaceri, i beni e le vanità del mondo, uno si crede volentieri molto più avanti di quello che è e quasi si immagina di toccare ormai le vette della perfezione e della contemplazione; avviene anche talora che, durante l’orazione, si trattiene il respiro in attesa di comunicazioni divine. ‑ Tali sentimenti mostrano invece chiaramente che si è ancora molto lontani da quelle alte vette, perché i santi e le anime fervorose diffidano di sé, si stimano sempre i più cattivi e credono volentieri gli altri migliori di loro. Bisogna quindi rifarsi alla pratica dell’umiltà, della diffidenza di sé, tenendo conto di ciò che diremo più tardi di questa virtù. Del resto, quando sorgono questi sentimenti d’orgoglio, Dio si dà pensiero di ricondurre egli stesso queste anime a giusti sentimenti della loro indegnità ed incapacità, privandole di consolazioni e di grazie particolari; onde capiscono allora quanto siano ancor lontane dalla sospirata meta.


988. 3° Vi sono pure di quelli che pongono tutta la devozione nella ricerca delle consolazioni spirituali, trascurando i doveri del proprio stato e la pratica delle virtù ordinarie; purché facciano belle orazioni, pensano di essere già perfetti. ‑ E’ grande illusione: non ci può essere perfezione senza conformità alla divina volontà; ora questa volontà è che osserviamo fedelmente, oltre i comandamenti, anche i doveri del nostro stato, e che pratichiamo tanto le piccole virtù della modestia, della dolcezza, della condiscendenza, della gentilezza, quanto le grandi. Credersi santo perché si ama la orazione e soprattutto le sue consolazioni, è dimenticare che perfetto è solo colui che fa la volontà di Dio: “Non sono coloro che mi dicono: Signore, Signore, quelli che entreranno nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio”[4].


Quando però si sanno rimuovere gli ostacoli e i pericoli coi mezzi da noi indicati, l’orazione affettiva torna utilissima al progresso spirituale e allo zelo apostolico. Vediamo quindi quali sono i metodi di meglio coltivarla.


 


ART. IV. Metodi d’orazione affettiva.


Questi metodi si riducono a due tipi: il metodo di S. Ignazio e quello di San Sulpizio.


 


I. Il metodo di S. Ignazio[5].


Tra i metodi ignaziani ce ne sono tre che si riferiscono all’orazione affettiva: 1° la contemplazione; l’applicazione dei sensi; 3° la seconda maniera di pregare.


 


I° La contemplazione ignaziana.


989. Si tratta qui non della contemplazione infusa ne della contemplazione acquisita, ma di un metodo particolare di orazione affettiva. Contemplare un oggetto non vuol dire guardarlo così alla sfuggita, ma posatamente e con gusto fino a che se ne sia pienamente soddisfatti; è guardarlo con ammirazione, con amore, come la madre contempla il suo bambino. Questa contemplazione può rivolgersi ai misteri di Nostro Signore o agli attributi divini.


Quando si medita un mistero: 1) si contemplano le persone che intervengono in tal mistero, per esempio, la SS. Trinità, Nostro Signore, la SS. Vergine, gli uomini, se ne osserva l’esterno e l’interno; 2) se ne ascoltano le parole, chiedendosi a chi siano rivolte e che cosa significhino; 3) si considerano le azioni, natura e circostanze; il tutto allo scopo di porgere i propri doveri a Dio, a Gesù, alla Madonna, e conoscere ed amar meglio Nostro Signore.


990. Onde tal contemplazione riesca più fruttuosa, si considera il mistero non come fatto passato ma come cosa che si sia presentemente svolgendo sotto i nostri occhi; ed è infatti presente per la grazia che vi è annessa. Poi vi si assiste non come semplice spettatore ma prendendovi parte attiva, per esempio unendosi ai sentimenti della SS. Vergine nel momento della nascita del Dio Bambino. Vi si cerca pure un risultato pratico, per esempio, più intima conoscenza di Gesù e amore più generoso per lui.


È facile, come ognun vede, far entrare in questo quadro tutti i sentimenti di ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di amore verso Dio, come pure di compunzione, di confusione, di contrizione alla vista dei nostri peccati, e infine tutte le preghiere che possiamo fare per noi e per gli altri.


Onde poi la molteplicità di questi affetti non porti danno alla pace e alla tranquillità dell’anima, non si deve dimenticare questa saviissima osservazione di S. Ignazio :[6] “Se trovo in un punto i sentimenti ‘ che volevo eccitare in me, mi ci fermerò e riposerò, senza darmi pensiero di passar oltre, sino a che Il anima mia sia pienamente soddisfatta; perché non è la copia della scienza che sazia l’anima e la soddisfa ma il sentimento e il gusto interiore delle verità da lei meditate”.


991. L’orazione poi sugli attributi divini si fa considerando ognuno di questi attributi con sentimenti di adorazione, di lode e di amore, conchiudendo coll’intiero dono di sé a Dio[7].


 


2° l’applicazione dei cinque sensi.


992. Si indica con questo nome un modo di meditare molto semplice e molto affettuoso, che consiste nell’esercitare i cinque sensi immaginativi o spirituali su qualche mistero di Nostro Signore, per imprimerci più profondamente nell’anima tutte le circostanze di questo mistero, ed eccitarci nel cuore pii sentimenti e buone risoluzioni.


Prendiamo un esempio tratto dal mistero di Natale.


1) Applicazione detta vista. Vedo il bambino nel presepio, la paglia ove giace, le fasce che lo avvolgono… Vedo le sue manine tremanti di freddo, i suoi occhi molli di lacrime… E’ il mio Dio: io l’adoro con viva fede… ‑ Vedo la SS. Vergine: che modestia! che celeste bellezza!… La vedo prendere in braccio il bambino Gesù, fasciarlo coi pannolini, stringerselo al cuore e adagiarlo sulla paglia: è suo figlio ed è suo Dio! Ammiro e prego… Penso alla santa comunione: è pur quello stesso Gesù che ricevo io… Ho io la stessa fede e lo stesso amore?


2) Applicazione dell’udito. Sento i vagiti del divin Bambino… i gemiti strappatigli dal dolore… Ha freddo, ma soffre specialmente dell’ingratitudine degli uomini… Sento le parole del suo Cuore al Cuore della santa sua Madre, la risposta di lei, risposta piena di fede, di adorazione, di umiltà, di amore; e mi unisco ai suoi sentimenti.


3) Applicazione dell’odorato. Aspiro il profumo delle virtù del presepio, il buon odore di Gesù Cristo, e supplico il ‑Salvatore di darmi quel senso spirituale che mi faccia aspirare il profumo della sua umiltà…


4) Applicazione del gusto. Gusto la felicità di essere con Gesù, Maria, Giuseppe; la felicità di amarli; e per gustarla meglio me ne starò raccolto e silenzioso vicino vicino al mio Salvatore.


5) Applicazione del tatto. Tocco piamente e riverentemente con le mani il presepio e la paglia ove sta coricato il mio Salvatore e amorosamente li bacio… E, se il divin Bambino me lo vuoi permettere, gli bacio i santi piedini.[8]


Si termina con un pio colloquio con Gesù, con sua madre, chiedendo la grazia d’amar più generosamente questo Salvatore divino.


 


3° la seconda maniera di pregare.


993. La seconda maniera di pregare consiste nel ripassare adagio nella mente qualche preghiera vocale, come il Pater, l’Ave, la Salve Regina, ‘ ecc., per considerare e gustare il significato di ogni parola.


Così, per il Pater considererete la prima parola e direte: O mio Dio, voi l’Eterno, l’Onnipotente, il Creatore di tutte le cose, m’avete adottato per figlio, voi siete mio Padre. Lo Siete perché nel battesimo mi avete comunicato una partecipazione della vostra vita divina e ogni giorno me l’aumentate nell’anima… Lo siete perché mi amate come mai nessun padre e nessuna madre amarono il proprio figlio,perché avete per me premura tutta paterna.[9]


Uno si ferma su questa prima parola finché ci trova significati e sentimenti che portino qualche luce, forza o consolazione. Se avviene anzi che una o due sole parole forniscano sufficiente materia per tutto il tempo dell’orazione, non bisogna darsi pensiero di passar oltre; si assaporano queste parole, se ne trae qualche conclusione pratica, e si prega per poterla eseguire.


Ecco dunque tre modi semplici e facili per praticar l’orazione affettiva.


 


II ‑ Il metodo di San Sulpizio.


 


Abbiamo già notato, n. 701, che questo metodo è molto affettivo; le anime progredite non hanno dunque che da giovarsene tenendo conto delle seguenti osservazioni.


994. 1° Il primo punto, l’adorazione, che per gli incipienti era molto breve, si prolunga sempre più, occupando talora da solo più di metà dell’orazione. L’anima, accesa d’amor di Dio, ammira, adora, loda, benedice, ringrazia ora le tre divine persone insieme, ora ognuna di loro in particolare, ora Nostro Signore, perfetto modello di quella virtù che si vuole attirare in noi. Porge pure, secondo le circostanze, ossequio di venerazione, di riconoscenza, di amore alla SS. Vergine e ai Santi, sentendosi tratta, nel farlo, a imitarne le virtù.


995. 2° Il secondo punto, la comunione, diviene anch’esso quasi intieramente affettivo. Le poche considerazioni che si fanno sono molto brevi, e sotto forma di colloqui con Dio o con Nostro Signore: “Aiutatemi, o mio Dio, a convincermene sempre più”… sono accompagnate e seguite da effusioni di riconoscenza per i lumi ricevuti, da ardenti desideri di praticar la virtù che si medita. L’esame su questa virtù si fa sotto lo sguardo di Gesù e confrontandosi con questo divino Modello; onde avviene che si vedono assai meglio i propri difetti e le proprie miserie per ragione del contrasto tra lui e noi; e allora i sentimenti di umiliazione e di confusione che si provano sono più profondi, maggiore la confidenza che si ha in Dio, perché uno si sente alla presenza del divin medico delle anime, onde esce spontaneamente dal cuore quel grido: “O Signore, il vostro amico è molto ammalato: Ecce quem amas infirmatur”[10]. Quindi ardenti preghiere per ottener la grazia di praticar questa o quella virtù; preghiere non solo per sé ma anche per gli altri e per tutta la Chiesa; preghiere confidenti, perché, essendo incorporati a Cristo, si sa che queste preghiere sono da lui spalleggiate. 996. 3° Anche la cooperazione, nel terzo punto, si fa più affettuosa: la risoluzione che si prende, viene offerta a Gesù perché la approvi; si vuol praticarla per incorporarsi più perfettamente a lui e si fa per questo assegnamento sulla sua collaborazione, diffidando di sé; si lega poi questa risoluzione al mazzolino spirituale, ossia a una pia invocazione che si viene spesso ripetendo nel corso della giornata e che ci aiuta non solo a metterla in pratica ma ad affettuosamente ricordarci di Colui che ce l’ha ispirata.


997. Vi sono però dei casi in cui l’anima, trovandosi nell’aridità, non può far di questi affetti se non con grande fatica. E allora, dolcemente abbandonandosi alla volontà di Dio, protesta di volerlo amare, di restargli fedele, di tenersi a ogni costo alla sua presenza e al suo servizio; riconosce umilmente la sua indegnità e la sua incapacità, si unisce con la volontà a Nostro Signore, offrendo a Dio gli ossequi che egli gli rende e aggiungendovi il dolore che prova nel non poter far di più per onorare la divina Maestà. Questi atti di volontà sono anche più meritorii dei pii affetti.


Tali sono i principali metodi d’orazione affettiva scelga ognuno quello che meglio gli conviene e tolga da ciascuno ciò che fa ai presenti suoi bisogni ,e alle soprannaturali predilezioni dell’anima sua, seguendo i movimenti della grazia. Progredirà così nella pratica delle virtù.




Note:




[1] III Sent., dist. 35, a. I, q. 2: “Optimus enim modus cognoscendi Deum est experimentum dulcedinis; multo enim excellentior et nobilior et delectabilior est quam argumentum inquisitionis”.



[2] Vi sono certamente Santi che hanno talora di questi slanci d’amore che si palesano al di fuori con manifestazioni sensibili; ma non sono loro che li eccitano, è la grazia di Dio; e sarebbe presunzione il volere eccitare in sé violente emozioni col pretesto di imitare i Santi.



[3] Phil., IV, 7



[4] Matth., VII, 21.



[5] S. Ignazio, Esercizi spirituali, Sett. 2a; R. Maumigny, Pratique de l’oraison mentale, e  I P Va.



[6] Esercizi Spir., not. 2, add. 4; Durand, Médit. et lect. pour une retraite de 8 ou 10 jours, p. 256‑259).



[7] Si veda l’ultima contemplazione di S. Ignazio, Es. Spir., Sett. IVa.



[8] S. Ignazio non osa giungere sino a tal punto, ma altri santi l’osarono e si possono imitare, se la grazia vi ci porta.



[9] A Durand, op. cit. p. 458‑459; R. De Maumigny, I. c., e. vi.



[10] Joan., XV, 4.