SS FABIANO E SEBASTIANO

Narra Eusebio di Cesarea nella Storia Ecclesiastica (VI, c. 29) che, mentre clero e popolo, riuniti, stavano discutendo per dare un successore al defunto pontefice, una colomba discese dall’alto e andò a posarsi sul capo di Fabiano il quale se ne stava confuso in mezzo all’assemblea senza che nessuno pensasse a lui. Il popolo ne rimase commosso; giudicandolo degno del papato, lo sollevò sulle braccia e lo collocò sulla cattedra vescovile nonostante la sua riluttanza. Una riproduzione di questa scena è stata ritrovata nel bassorilievo di una catacomba della via Appia.

(III secolo)

S. Fabiano, romano, o almeno italiano, fu uno dei papi che durante le persecuzioni governarono più a lungo la Chiesa di Dio. Venne eletto il 10-1-236 subito dopo la morte di S. Antero. Narra Eusebio di Cesarea nella Storia Ecclesiastica (VI, c. 29) che, mentre clero e popolo, riuniti, stavano discutendo per dare un successore al defunto pontefice, una colomba discese dall’alto e andò a posarsi sul capo di Fabiano il quale se ne stava confuso in mezzo all’assemblea senza che nessuno pensasse a lui. Il popolo ne rimase commosso; giudicandolo degno del papato, lo sollevò sulle braccia e lo collocò sulla cattedra vescovile nonostante la sua riluttanza. Una riproduzione di questa scena è stata ritrovata nel bassorilievo di una catacomba della via Appia.
Comunque si voglia giudicare il fenomeno, è un fatto che Fabiano, il primo laico eletto sommo Pontefice, fu un pastore santo e operoso. Durante i suoi quindici anni di governo consolidò la costituzione della comunità romana approfittando della relativa pace goduta dalla Chiesa sotto gli imperatori Gordiano III (+244) e Filippo l’Arabo (+249).
Alla divisione amministrativa in quattordici regioni risalente ad Augusto, egli sostituì quella in sette regioni, a ciascuna delle quali prepose, secondo il Catalogo Liberiano, una diaconia, centro organizzativo della carità per i poveri e di opere assistenziali diverse. Questo tipo di organizzazione si affermò e acquistò sempre maggiore importanza nella vita della Chiesa di Roma. Giovanni Battista De Rossi, studioso delle catacombe romane, è riuscito a ricostruire i confini delle sette circoscrizioni regionali. Anche i cimiteri furono posti alle dipendenze delle chiese delle singole regioni. È per questo che il Catalogo Liberiano attribuisce a Fabiano la costruzione di “molte fabbriche nei cimiteri”, vale a dire celle per adunanze sopra le catacombe preesistenti quali quelle di S. Callisto, Domitilla, S. Priscilla, Pretestato, ecc. Stabilì pure che ogni anno, il giovedì santo, si rinnovasse il crisma dopo aver bruciato quello dell’anno precedente.
S. Fabiano irradiò il suo zelo anche sulle chiese fuori Roma. Difatti, consacrò undici vescovi per diverse località; censurò e depose Privato, vescovo di Lambesis in Africa perché eretico e scandaloso; fu in relazione con Origene, da cui ricevette assicurazione della sua ortodossia contro accuse mossegli. Dall’autorità imperiale ottenne di far trasportare dalla Sardegna al cimitero romano di S. Callisto le spoglie mortali del papa S. Ponziano, condannato con il suo antagonista Ippolito ai lavori forzati nelle miniere, e prostrato dopo pochi mesi dagli stenti e dal clima micidiale.
Tanta attività organizzativa destò le ire dell’imperatore Decio, romano sincero, tradizionalista e formalista. Non riuscì a capire perché la Chiesa Cattolica non voleva dipendere dallo stato, ne inserirsi in esso come una ruota nell’ingranaggio. Credendo di ravvisare in lei un dissolvente delle tradizioni romane, scatenò per due anni (249-251) la più sistematica e temibile persecuzione che mai si fosse vista. In un determinato giorno del 250, in ogni località dell’impero, doveva radunarsi una giunta di autorevoli persone con il compito di citare davanti a sé quanti erano di religione sospetta, per offrire una vittima, o una libazione, o incenso agli idoli, o pronunciare una formula blasfema di rinuncia a Cristo, o finalmente partecipare a un banchetto di carni sacrificate agli dèi. Soltanto allora veniva ad essi rilasciato un certificato corrispondente alla relativa registrazione conservata negli archivi. Le defezioni furono numerose. Alcuni si presentarono spontaneamente a compiere il sacrificio, altri invece s’industriarono di ottenere col denaro il certificato del sacrificio che in realtà non avevano compiuto. S. Cipriano parla di numerosi lapsi (caduti), ma anche di una “moltitudine” di martiri.
Furono presi di mira specialmente i vescovi. Non poteva mancare quello di Roma che, secondo Decio, era “meno tollerabile” dei suoi rivali sparsi nell’impero. Fabiano fu una delle sue prime vittime. Morì il 20-1-250 secondo la testimonianza di S. Cipriano, dei documenti liturgici del IV secolo e dell’iscrizione sepolcrale, ritrovata nel 1854 nella cripta dei papi nelle catacombe di San Callisto. Il suo culto è già attestato nel secolo IV in data 20 gennaio con S. Sebastiano dalla Depositio Murtyrum o calendario della Chiesa di Roma.
Pochi martiri sono tanto celebrati e venerati quanto San Sebastiano. È un vero peccato che la sua vita e la sua gloriosa morte siano state descritte in modo leggendario verso la fine del secolo IV o l’inizio del V da un pio e fantasioso romano in concomitanza con la rapida diffusione del culto di lui.
Sebastiano, leggiamo nel Breviario romano, di padre Narbonese e di madre Milanese, fu caro all’imperatore Diocleziano per la nobiltà della sua nascita e per il suo valore. Capo della prima coorte, aiutava con l’opera e con i suoi beni i cristiani la cui fede professava segretamente. Con le sue esortazioni fortificava talmente quelli che vedeva paventare la violenza dei tormenti, che molti si offrivano spontaneamente ai carnefici per Gesù Cristo.
Tra questi ci furono i fratelli Marco e Marcelliano, che erano imprigionati a Roma presso Nicostrato, la cui moglie Zoe, alle preghiere di Sebastiano, ricuperò la voce che aveva perduta.
Quando Diocleziano ne venne a conoscenza, si fece venire innanzi Sebastiano e, dopo averlo severamente ripreso, si sforzò con ogni artifizio di distoglierlo dalla fede di Cristo. Ma non riuscendo a nulla né con le promesse, né con le minacce, lo fece legare a un palo e ordinò che i suoi stessi commilitoni lo trafiggessero con le frecce. Quando fu ritenuto morto, una donna, Irene, di notte lo fece portare via per dargli sepoltura. Accortasi che era ancora vivo, lo fece trasportare in casa sua e lo curò. Il martire, dopo poche settimane, riacquistò la salute. Non temette allora di farsi incontro a Diocleziano per rinfacciargli ancora più liberamente la sua empietà.
Alla sua vista dapprima l’imperatore stupì, perché lo credeva realmente morto; poi, e per la novità della cosa e per il severo rimprovero di Sebastiano, acceso d’ira, lo fece battere con verghe finché rese la sua anima a Dio. Il suo corpo fu gettato in una cloaca, ma Lucina, avvertita in sogno da Sebastiano, ne fece ripescare il cadavere e seppellire sulla via Appia in una località detta, per l’avvallamento del terreno, catacomba, cioè presso i burroni.
S. Ambrogio ha parlato di S. Sebastiano come di un illustre martire celebrato a Milano. Verso il 400 il suo nome figurava pure nel calendario di Cartagine, oltre che in quello di Roma. Nel IV secolo, sulla catacomba in cui fu seppellito, fu costruita una chiesa in onore dei santi Apostoli Pietro e Paolo. Dopo il IX secolo ne divenne titolare S. Sebastiano, dal 3-5-1957 patrono delle guardie di pubblica sicurezza. Nel 680 la peste cessò a Roma quando fu possibile portare in processione il corpo del martire fino a S. Pietro in Vincoli, La divisione delle sue reliquie fu fatta nell’826, sotto il pontificato di Eugenio II. La sua testa fu collocata nella chiesa dei Santi Quattro coronati; alcune ossa furono donate all’abbazia di San Medardo di Soissons; il resto del corpo fu trasportato nella basilica di S. Pietro.
Nello stesso giorno è venerato S. Fabiano forse perché parte delle sue ossa furono trasportate nella basilica di S. Sebastiano fuori le mura in un tempo imprecisato. Questi due eroi del cristianesimo furono degni emuli dei perseguitati dell’antico Testamento di cui è scritto nella Lettera agli Ebrei: “Gli uni furono stirati sulla ruota, non accettando la liberazione per ottenere una risurrezione migliore; gli altri poi provarono gli scherni e le sferze, e di più le catene e la prigione; furono lapidati, sottoposti a dure prove, segati morirono di spada, andarono raminghi, coperti di pelli di pecora, di pelli di capra, mendichi, tribolati, maltrattati. Di essi non era degno il mondo, e andavano errando per i deserti e le montagne e le spelonche e le caverne della terra” (11, 35-38), I nemici di Dio di tutti i tempi e di tutti i luoghi usano contro i suoi seguaci i medesimi sistemi, ma la vittoria finale è sempre dell’Onnipotente. Il sangue dei martiri, veramente, al dire di Tertulliano, è seme di altri cristiani.
 
 Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 231-234.
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