SS CANUTO IV (1040-1086) e CANUTO LAWARD (1096-1131)

Canuto dovette fuggire provvisoriamente in Svezia, in attesa che la morte del fratello (1080) lo mettesse senza contrasti sul trono di Danimarca. A differenza del suo predecessore, soprannominato “il fannullone”, egli cercò di stabilire, su basi religiose, la sua autorità regale che, secondo la mentalità del tempo, concepiva come la spada della divina giustizia. Autoritario per temperamento, seppe ridurre la potenza dei vassalli, punire le trasgressioni della legge con forti ammende pecuniarie, migliorare la sorte degli affrancati e degli stranieri.
 

19 gennaio
S. Canuto IV, primo martire e patrono della Danimarca, fu figlio naturale del re Sven Estridsen, il cui nonno, pure di nome Canuto, aveva regnato in Inghilterra. Il padre, non avendo figli legittimi, fece impartire a questo suo secondogenito un’accurata educazione giacché cresceva dotato di eccellenti qualità.
Quando fu in grado di comandare un esercito, Canuto diresse due spedizioni dal 1069 al 1075 contro Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra, ma non ebbe successo. Tra il bottino fatto sulle coste nemiche figurò la ricca cassa del protomartire inglese S. Alfano, che fu conservata più tardi nella chiesa omonima di Odense, nell’isola Fionia. Coraggioso e sagace, seppe invece coprirsi di gloria negli anni successivi nel corso di diverse spedizioni sulle coste della Prussia e dell’Estonia, contro le incursioni dei pirati e dei popoli confinanti.
Alla morte del padre (1076), Canuto cercò di impossessarsi della corona danese, ma a lui fu preferito il fratello maggiore Harold III, da chi desiderava approfittare della sua mollezza per godere il più a lungo possibile delle antiche libertà acquistate dal popolo. Canuto dovette fuggire provvisoriamente in Svezia, in attesa che la morte del fratello (1080) lo mettesse senza contrasti sul trono di Danimarca. A differenza del suo predecessore, soprannominato “il fannullone”, egli cercò di stabilire, su basi religiose, la sua autorità regale che, secondo la mentalità del tempo, concepiva come la spada della divina giustizia. Autoritario per temperamento, seppe ridurre la potenza dei vassalli, punire le trasgressioni della legge con forti ammende pecuniarie, migliorare la sorte degli affrancati e degli stranieri. Ebbe a cuore pure la conversione alla fede delle province della Curlandia, della Livonia e della Samogizia.
I suoi successi non diminuirono per nulla tanto la sua pietà quanto il suo amore per i poveri. Per assicurare l’ordine nel regno era convinto di dover dare il buon esempio a tutti. Egli aveva scelto una sposa degna di lui nella persona di Adele, figlia del conte Roberto I di Fiandra, dalla quale ebbe tre figli, tra cui il B. Carlo il Buono (+1127). Questi, dopo aver combattuto in Palestina, retto con saggezza il popolo fiammingo, e difesi i diritti della Chiesa, fu assassinato nella chiesa di S. Donaziano, in Bruges. Nella giovinezza aveva avuto soltanto buoni esempi dal padre che castigava il proprio corpo con rigorosi digiuni, faceva uso della disciplina, portava il cilicio, s’intratteneva frequentemente con Dio e proteggeva i ministri di lui.
La Chiesa gli doveva molta riconoscenza perché, durante la lotta per le Investiture, egli si schierò decisamente a lato di S. Gregorio VII (+1085). I sostenitori della sua riforma trovarono sempre un asilo sicuro in Danimarca. A merito di S. Canuto bisogna ascrivere l’aver risollevato la posizione sociale dei vescovi e dei sacerdoti, e l’aver esentato il clero dalla giurisdizione civile. Animato da viva fede, attribuì molta importanza all’osservanza delle prescrizioni religiose, ma il suo progetto d’introdurre le decime ecclesiastiche naufragò dinanzi alla violenta opposizione del popolo, irritato dalla severità dei collettori. Il re colmò ugualmente di privilegi e di donazioni le chiese povere e il 22-5-1085, eresse a Lund, il capoluogo religioso del paese, dieci prebende e una scuola cattedrale.
La lotta che egli condusse contro le vecchie libertà del popolo, allo scopo di rafforzare la sua autorità e quella della Chiesa, in contrasto alla tradizione politica dei re danesi, provocò grande scontento nelle classi sociali. Il livore si tramutò in aperta ribellione quando, nella primavera del 1085 il re si preparava a una spedizione contro l’Inghilterra, e la flotta attendeva il segnale della partenza a Vestervig, nel Limfjord. Mentre soggiornava nello Schleswing, l’esercito gl’invio, tramite suo fratello Olaf, un ultimatum, ingiungendogli di cominciare immediatamente la campagna o di rinviare la flotta alle proprie basi. Canuto fece arrestare Olaf come traditore e trasferì presso il conte Roberto I di Fiandra, suo suocero. In quelle condizioni fu costretto a rinviare la flotta e a punire i principali ribelli con forti ammende. La dura oppressione causò la sollevazione dello Jutland. Il re si salvò con la fuga a Odense.
Il 10-7-1086 mentre ascoltava la Messa nella chiesa di Sant’Albano, fu avvertito che i rivoltosi stavano per sopraggiungere. Il conte Erik gli consigliò la fuga, ma egli disse che preferiva cadere nelle mani dei ribelli anziché abbandonare i suoi sostenitori. Prevedendo imminente la sua morte, andò a prostrarsi davanti all’altare, fece un’umile confessione delle sue colpe, dichiarò di perdonare ai suoi nemici, ricevette la comunione e si mise a recitare dei salmi. Verso sera i ribelli investirono la chiesa in cui Canuto si era rifugiato. Benedetto, suo fratello, ne difese le porte. Gli assalitori scagliarono contro la testa del re una pietra da una finestra. Senza interrompere la preghiera, lo sfortunato monarca stese le braccia verso l’altare per implorare la misericordia da Dio. In quell’atteggiamento fu colpito a morte da un giavellotto. Con lui e il fratello trovarono la morte altri diciassette sudditi fedeli, dopo aver opposto una tenace resistenza e ricevuto gli ultimi sacramenti.
Nel 1095 i resti mortali del re furono collocati, per volere del clero, che venerava in lui un martire nel servizio della Chiesa, nella cripta di S. Albano. Pasquale II ne autorizzò l’elevazione del corpo (1101) dopo che, sotto Erik III, un’ambasciata fu mandata a Roma con un’attestazione dei miracoli avvenuti sulla sua tomba. Nel medio evo in Danimarca sorsero molte chiese, altari e gilde in onore del loro patrono. Oggi le sue reliquie si trovano a Odense, nella cripta della chiesa protestante di San Canuto.
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Con S. Canuto IV fu sovente confuso suo nipote, S. Canuto Laward, duca di Schleswig. Il padre di costui si chiamava Erik I il Buono ed era lui pure figlio naturale di Sven Estriden. Laward nacque a Roskilde verso il 1096. Dopo la morte dei genitori fu educato dal conte di Sjaelland. Più tardi si trasferì alla corte del duca di Sassonia, il futuro imperatore Lotario, dove prese contatto con la brillante cultura tedesca.
Quando ritornò in Danimarca prese parte a una sfortunata campagna contro i Vendi, e nella battaglia di Ljutka rimase ferito. Per le sue doti eccezionali suo nonno Niels, re del paese, lo nominò duca dello Jutland meridionale con il compito di difendere le frontiere danesi contro i Vendi. Assolvette con tanta diligenza quel compito che fu salutato il salvatore del regno. Dotato di un alto senso di giustizia, ristabilì la sicurezza e l’ordine nel suo ducato, che organizzò secondo le consuetudini germaniche. Protesse la Chiesa, moltiplicò le donazioni al clero, e organizzò persino una crociata contro i pagani di Smaaland (Svezia). Nel 1129 egli comperò dall’imperatore Lotario la sovranità sui Vendi dell’ovest, e ricevette da lui la corona regale. Egli consolidò la sua autorità sul nuovo paese appoggiando con vigore l’azione missionaria che S. Vicelino (+1154) aveva iniziata nel 1127 per mandato dell’arcivescovo di Brema.
I successi e l’affetto di cui Canuto era circondato eccitarono ben presto la gelosia e la diffidenza del re Niels e di suo figlio Magno. In un incontro a Ribe, fu accusato di essersi appropriato del titolo di re di Danimarca, e di aver introdotto nuove usanze di sua propria autorità. Enrico Skadelaar, cugino di Canuto, ordì segretamente con Magno un complotto contro di lui. Il mattino del 7-1-1131, con altri congiurati, lo assassinò proditoriamente nella foresta di Haraldsted presso Ringsted (Sjaeland). Grande fu il cordoglio tra la popolazione per la tragica morte del loro duca. Persino i suoi avversari politici testimoniarono ch’egli fu “un uomo puro e sobrio, che si distinse per la sua saggezza, la sua eloquenza e i buoni costumi”. Diversi miracoli che si verificarono sulla sua tomba accrebbero la generale convinzione che egli fosse un santo.
Nel 1146 le ossa di Canuto furono collocate nella chiesa del monastero benedettino di Ringsted, che divenne il luogo delle sepolture reali. Nel 1169 Alessandro III lo canonizzò in seguito alla richiesta del figlio di lui, Valdemaro I il Grande, artefice del risveglio politico e religioso della Danimarca. Nel medio evo numerosi pellegrini visitarono la sua tomba e la sua cappella di Haraldsted. Le sue reliquie andarono perdute al tempo della riforma protestante. Non figura nel Martirologio romano il 7 gennaio perché è stato confuso con suo zio Canuto IV.

 Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 223-226.
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