SACRIFICIO DEI GENITORI PER I LORO FIGLI

Non vi è nulla di più bello dell’amore di un padre e di una madre per il figlio. Ma si è convinti che quest’amore è una pianta delicata che, per non impedire lo sviluppo e il perfezionamento legittimo del bambino, deve sapersi evolvere nelle sue manifestazioni e nelle sue esigenze?

* Non vi è nulla di più bello dell’amore di un padre e di una madre per il figlio. Ma si è convinti che quest’amore è una pianta delicata che, per non impedire lo sviluppo e il perfezionamento legittimo del bambino, deve sapersi evolvere nelle sue manifestazioni e nelle sue esigenze? Pochi genitori comprendono questa evoluzione. È l’origine di una serie di conflitti più o meno latenti che sconcertano sovente i papà più amorosi e le mamme più tenere.

* Che si voglia o no, il sacrificio indicherà il vero amore. Nessuno ha un amore più grande di colui che si sacrifica per coloro che ama.

* La mamma soprattutto deve superarsi per giungere a comprendere lo sviluppo dei rapporti che deve avere con il figlio. Per nove mesi fu tutto suo, dipendente completamente da lei: con lei si nutriva, respirava. Nei primi mesi questo piccolo essere era ancora ciecamente legato a lei. Se lo nutrì ella stessa, come è desiderabile, era ancora un po’ del suo sangue che ella gli comunicava dandogli il latte. E il debole esserino non poteva trovare altro appoggio e protezione che nelle sue braccia. Poi a poco a poco il fanciullo cresce, e prendendo contatto con la libertà impara anche ad essere indipendente. Nei primi anni è ancora legato alla madre: ella è la sua prima educatrice, la sua confidente provvidenziale, il suo rifugio in tutte le circostanze. Ma il fanciullo cresce ancora; la sua personalità si afferma insieme con la sua autonomia. Allora ella si accorge che il fanciullo non è più con lei come prima e incomincia a rimpiangere, suo malgrado, gli anni in cui se lo prendeva sulle ginocchia, se lo stringeva al cuore…

* II bimbo è diventato un ragazzo, una ragazza. Con tutto questo la madre non vuole comprendere che la forma della sua autorità deve evolversi. Siccome non può più comandargli come quando era piccolo, esclama: ” Com’eri più ubbidiente e delicato quando eri piccolo! “. E come per un ritorno al passato riprende a fare delle raccomandazioni come se fosse di fronte a un bimbo di otto anni.
Alcune madri poi pretendono di essere l’oggetto esclusivo dell’amore del figlio. Cosa che forse lo condurrà a sacrificarsi per essa con rischio di sciupare la sua vita, a meno che il fanciullo non conquisti violentemente la sua legittima autonomia, il che non avverrà senza strappi e senza sofferenze da una parte e dall’altra.

* L’amore materno non deve essere il solo fattore della vitalità del ragazzo. Bisogna che lontano da sua madre, anche se soffre un po’ di separazione, sia capace di vivere. È cosa opportuna che la madre si sappia separare da lui nei primi anni, affidandolo ad altri per qualche tempo. Si evita così la fissazione troppo esclusivista su di lei.

* Se alla nascita si deve tagliare il cordone ombelicale per permettere al bambino di vivere indipendentemente dalla madre, questa deve imparare ancor meglio a saper tagliare nella vita il ” cordone ” invisibile, ma molto più resistente, che la lega affettivamente in modo tutto speciale al figlio: non si tratta affatto della distruzione sistematica dell’amore materno e filiale, ma d’un adattamento alle circostanze della vita, di un amore liberatore e che non rende schiavi.

* L’amore materno, che soffoca i fanciulli nel momento in cui dovrebbero essere spinti fuori del loro nido, fa pensare agli alberi che si piantano per proteggere una casa dal sole cocente: finiscono con l’estendersi in maniera tale che bisogna tagliare i loro rami se non si vuole morire soffocati e illanguidire nella oscurità.

* Molto sovente una madre non si rende conto dell’estremo torto che può fare al figlio e soprattutto alla figlia chiudendoli in un amore troppo stretto. Quando è ancor piccolo ha bisogno di sentire quasi fisicamente attorno a sé la protezione materna; ma divenendo adulto, la madre deve saperlo slegare progressivamente e insensibilmente, senza rompere il mutuo amore, per farlo scivolare sulla pista che lo condurrà alla piena indipendenza affettiva e intellettuale.

* La madre di fronte al figlio rappresenta una complicazione d’altro ordine: sa istintivamente che grazie al carattere virile che si sviluppa in lui, si libererà completamente dalla sua influenza materna. Ha paura di perderlo, di vederlo uscire dalla sua zona di influenza, e assume allora un atteggiamento che si può chiamare coercitivo: cerca con tutti i mezzi, senza accorgersi, di opporsi alla formazione virile del suo ragazzo.
Tra i mezzi non buoni ci sono le proibizioni che mantengono il ragazzo in una vita infantile, ma anche tutte le suggestioni che lasciano nel suo spirito l’impressione di
non essere ancora un uomo e lo terranno ancora a lungo bambino.
La cosa è complicata dal fatto che non sempre l’adolescente stesso è fermo nel suo desiderio di sviluppo e anche lui resiste a questa evoluzione pubertaria psichica,
rifiutando di abbandonare i vantaggi infantili per i benefici di cui non conosce ancora l’interesse. È allora che si vedono ragazzi dall’andamento femmineo mostrare alla madre una gentilezza straordinaria, molte attenzioni, tutto ciò a scapito dell’evoluzione che dovrebbe essere in via di compimento. Non si può immaginare la frequenza di questa situazione che passa del tutto inosservata se non ci si libera in una inchiesta chiaroveggente e precisa. Le opposizioni fatte dalla madre allo sport o allo scoutismo, al cameratismo franco, a stare fuori dalla famiglia, alle letture che potrebbero svilupparlo e a volte anche alla vera capacità di lavoro del giovane, sono uno degli aspetti di questa opposizione coercitrice.

* Spesso basta spiegare alle mamme l’origine di questi conflitti affettivi per condurle al vero senso materno che deve ricercare l’interesse dei loro figli e nient’altro.
Molte, sotto pretesto di voler meglio perfezionare l’educazione dei loro figli nel periodo delicato della pubertà, li schiacciano con un cumulo di raccomandazioni, d’ordini, di biasimi che finiscono con l’esasperarli. La molteplicità delle osservazioni abitua il giovane: fa il sornione, lascia passare il temporale e si rifugia in una sordità psichica che sola gli permette di non essere completamente guastato.

* Bisogna ammettere nella sensibilità infantile un minimo di indipendenza, senza la quale la personalità rischia di essere compromessa. E un minimo che permetterà domani al fanciullo di affermarsi e di distaccarsi dalla famiglia. È un errore frequente dei genitori credere che il fanciullo si distaccherà da solo e presto dall’ambiente familiare. Se gli educatori non lo preparano a superare le difficoltà affettive di distacco, il fanciullo resterà sempre in balia di quelle persone che costituiscono il suo nucleo familiare. Di qui le tendenze così sviluppate della nostra età, a continuare le tendenze infantili; è dal grado di altruismo, cioè dal distacco dagli affetti primitivi, che si misura il grado di sviluppo affettivo di un individuo. È la collaborazione ferma e affettuosa dei genitori, affievolita presto sul piano affettivo e in seguito sempre più sul piano intellettuale, che permetterà al fanciullo di affermarsi e di distaccarsi come personalità.

* E questa collaborazione comprensiva e ferma che gli darà confidenza in se stesso per essere capace di sentire e pensare da solo, per amare e detestare liberamente quando è necessario. Vi è da notare qui che molti genitori desiderano che i loro figli siano non quello che questi vogliono, ma quello che essi sognano. Invece di favorire lo sviluppo naturale del fanciullo tendono a imporre con molto esclusivismo il loro modo di sentire e di vedere; invece di mettersi al loro posto per comprenderli e aiutarli con più efficacia li identificano con se stessi. Dimenticando che il ragazzo è e deve essere se stesso, lo si vuole come il modello immaginato, cosa che comporta non poca difficoltà da superare da parte della sensibilità infantile. Questo accade quando i genitori dimenticano quella fondamentale verità che educare i figli vuol dire dimenticare se stessi.

* II fanciullo non è che un futuro uomo, un essere spirituale, un’anima chiamata anch’essa a un destino eterno con l’uso della sua libertà. Il ragazzo è un valore affidato da Dio alle mani dei genitori. La vecchia dama può avere per suo divertimento un cagnolino di lusso; il fanciullo invece non è per i genitori, ma i genitori per il fanciullo. Prima di uscire dal seno materno si è nutrito per nove mesi della vita di sua madre; ancora adesso, fatto uomo, dovrà uscire dal focolare dopo essersi nutrito di tutto ciò che i genitori avevano di meglio da trasmettergli: abitudini, tradizioni, modo di vedere la vita… Il compito dei genitori, quello materno soprattutto, è un compito di disinteressamento, di dimenticanza di sé:
” Non io, ma lui… ” .

* II segreto della felicità per i genitori: lavorare non a realizzare il proprio sogno, ma a fare coincidere i loro desideri con la volontà di Dio sul loro figlio.

* Se l’amore è fondato sulla dimenticanza di sé e sul sacrificio, diciamolo pur chiaro, il sacrificio ripaga. Perché il fanciullo diventato adulto conserverà tanto più la sua riconoscenza, il suo affetto verso i genitori, quanto meglio avrà compreso — senza bisogno di ricordarglielo continuamente — quello che deve a coloro che si sono sacrificati disinteressatamente per lui, senza alcuna ricerca di se stessi. Così i vostri figli, realizzando la loro vocazione personale, saranno più tardi la vostra vivente ricompensa.