S. RICCARDO di CHICHESTER (1197-1253)

Riccardo intraprese diversi viaggi per il bene della diocesi e della Chiesa universale. Innocenzo IV, il debellatore dell\’imperatore Federico II (fl250), lo incaricò di predicare per tutta l\’Inghilterra la settima crociata per la liberazione della Terra Santa dalle mani degli infedeli. Egli vi si dedicò con grande zelo e in tutte le città e paesi in cui giunse organizzò la raccolta delle elemosine per aiutare la spedizione di S. Luigi IX, re di Francia.

Questo santo vescovo e padre dei poveri nacque verso il 1197 nel castello di Wich, a venti chilometri da Worcester (Inghilterra), da ricchi genitori. Essi però caddero in tale miseria che, dopo la loro morte, il primogenito fu costretto a rimanere a lungo in prigione a cagione del debiti che avevano contratto. Il secondogenito, Riccardo, fece sforzi sovrumani per risollevare l\’economia domestica, e vi riuscì. Il fratello, pieno di riconoscenza, in un primo tempo gli volle cedere tutti i suoi beni, ma avendo presto mostrato rincrescimento di quel suo gesto affrettato, il santo, preferendo l\’accordo con il fratello maggiore a tutti i vantaggi della terra, gli fece la retrocessione dei beni per darsi agli studi.
Riccardo frequentò con molto profitto le più celebri università del tempo: prima quella di Oxford, e poi quella di Parigi. In quest\’ultima città affittò una camera in comune con due scolari e condusse con loro una vita pia e morigerata. Non mangiavano carne o pesce che una volta la settimana, la domenica, e non possedendo in tre che un mantello, andavano a prendere lezione uno dopo l\’altro. Ciò nonostante, più tardi confessò che non era mai stato così contento come allora e che l\’amore allo studio gli aveva impedito di pensare alle sue privazioni. Essendo d\’ingegno acuto e perspicace, in poco tempo fece rapidi progressi nel sapere tanto che al suo ritorno presso l\’università di Oxford fu dichiarato maestro di belle lettere.
Per maggiormente perfezionarsi nelle scienze, Riccardo si recò pure a studiare per sette anni giurisprudenza presso l\’università di Bologna. Essendo caduto malato il suo professore, egli lo sostituì con soddisfazione di tutti nell\’insegnamento per sei mesi. Costui avrebbe voluto trattenerlo con sé nello studio bolognese, gli offerse persino sua figlia in sposa e gli promise di farlo erede di tutti i suoi beni dopo la morte , ma il santo non si lasciò sedurre da quelle vantaggiose proposte. Ritornò ad Oxford e fu tanta la stima e l\’affetto di cui seppe circondarsi per la pietà, la modestia e il sapere che il corpo docente lo elesse cancelliere dell\’università, e S. Edmondo, arcivescovo di Canterbury, lo persuase ad accettare anche l\’ufficio di cancelliere della sua archidiocesi. Soprattutto in questo compito Riccardo mostrò una grande saggezza e una inviolabile fedeltà.
Egli seguì il suo vescovo in esilio a Pontigny (Francia), dove era stato costretto a rifugiarsi per sottrarsi alle inimicizie che si era attirato con la severa repressione della vita scandalosa del clero e degli abusi del re Enrico III nel conferimento dei benefìci. Alla morte di lui (11240), Riccardo, vedendosi ormai esonerato da ogni responsabilità, si ritirò nel convento dei Frati predicatori di Orléans e si preparò al sacerdozio studiando la teologia.
Ritornato in Inghilterra, il novello levita, amministrò una piccola parrocchia di cui era stato provvisto da S. Edmondo. Tuttavia, per volere di Bonifacio, che era successo a S. Edmondo, nell\’archidiocesi di Canterbury dovette riprendere le sue funzioni di cancelliere tant\’era grande il buon ricordo che aveva lasciato in quell\’ufficio. Nel 1244, essendo morto il vescovo di Chichester, Enrico III propose per quella sede un canonico suo favorito. L\’arcivescovo di Canterbury e i suoi suffraganei a quell\’indegno sostituirono Riccardo. Il re ne rimase sdegnato perché ben sapeva quanto le idee del prescelto concordassero con quelle dell\’arcivescovo defunto. Presso Innocenze IV furono fatti dei tentativi per ottenere la destituzione di Riccardo e l\’elezione dell\’indegno cortigiano.
Per sostenere la sua causa il santo non esitò di recarsi a Roma. Il papa riconobbe i suoi diritti, lo consacrò vescovo, lo munì di bolle e di una ordinanza per i suoi diocesani perché non riconoscessero altro vescovo all\’infuori di lui. Il re, furente, ordinò che fossero sequestrati tutti i beni dell\’eletto, cosicché Riccardo fu costretto a vivere in una casa d\’affitto e mangiare alla mensa altrui.
Questi ostacoli non impedirono all\’intrepido pastore di compiere integralmente il suo dovere: visitare le parrocchie, predicare la parola di Dio, togliere abusi e amministrare i sacramenti. La persecuzione durò due anni. Il re, vinto sia dalle minacce del papa che dalle rimostranze dei vescovi d\’Inghilterra, rimise Riccardo in possesso dei suoi beni. Si era così verificato quanto egli aveva predetto ai canonici, costernati per le violenze che gli ufficiali del sovrano usavano verso di lui. Libero ormai di esercitare il ministero, il vescovo raddoppiò di fervore verso Dio, di severità verso se stesso e di misericordia verso i poveri. Nelle visite pastorali prima sua preoccupazione era d\’informarsi dei malati esistenti nel luogo prescelto per andarli a consolare e disporli alla morte, e dei bisognosi per dispensare ad essi generose elemosine. Il fratello maggiore un giorno gli fece notare che le sue rendite non sarebbero bastate a simili profusioni. "È meglio – gli rispose il santo – vendere i propri cavalli e il vasellame d\’argento che lasciare le membra di Gesù Cristo nella miseria".
Riccardo non si accontentava di fare l\’elemosina a coloro che gliela domandavano, ma preveniva pure coloro che per vergogna non osavano chiedergliela. Fece costruire un ospizio per i vecchi, gli storpi, gl\’inabili al lavoro tant\’era la compassione che egli provava per gl\’infelici. Dio ricompensò con miracoli la sua generosità. Un giorno, distribuendo un pane che aveva benedetto, riuscì ad accontentare 3.000 poveri, e gliene rimase ancora a sufficienza per cento altri che sopraggiunsero dopo la prima distribuzione. Il suo biografo assicura che simili prodigi si ripeterono altre volte nella vita del santo.
Una speciale cura Riccardo si prese dei sacerdoti che versavano in necessità, non permettendo che mancassero del necessario. Con gli ecclesiastici scandalosi era però giusto e talvolta severo. Non potè, ad esempio, essere indotto a modificare la sentenza di condanna che aveva pronunciato contro un prete responsabile di grave delitto, né dalle preghiere dell\’arcivescovo di Canterbury, primate d\’Inghilterra, né dalle suppliche di altri prelati e signori del regno, né dalle istanze del re.
Non volle mai conferire benefici a qualsiasi parente, benché capace e degno. Aveva grande stima dei religiosi ferventi, e osservanti. D\’ordinario li abbracciava esclamando: "È buona cosa baciare le labbra che esalano il gradevole incenso delle sante preghiere offerte a Dio con devozione". Con cura estrema Riccardo raccomandava ai suoi maggiordomi e giudici di amministrare con fedeltà la giustizia. Un giorno il fuoco distrusse una delle sue case insieme con molti beni che conteneva.
Anziché turbarsene, il santo consolò i coloni dicendo loro che essi avevano ancora di che vivere, e che l\’infortunio era capitato perché non aveva fatto elemosine a sufficienza.
Riccardo intraprese diversi viaggi per il bene della diocesi e della Chiesa universale. Innocenzo IV, il debellatore dell\’imperatore Federico II (fl250), lo incaricò di predicare per tutta l\’Inghilterra la settima crociata per la liberazione della Terra Santa dalle mani degli infedeli. Egli vi si dedicò con grande zelo e in tutte le città e paesi in cui giunse organizzò la raccolta delle elemosine per aiutare la sfortunata spedizione di S. Luigi IX, re di Francia, contro l\’Egitto. Aveva proposto di andare a Dover (Kent), sul passo di Calais, quando fu assalito dalla febbre. Mandò ugualmente ad effetto il suo viaggio e nell\’ospedale maggiore della città benedisse una chiesa e un cimitero per la sepoltura dei poveri.
Prevedendo la fine dei suoi giorni, il santo ordinò al cappellano di preparare quanto occorreva per i suoi funerali. Chiese che gli fosse portato un crocifisso e lo baciò con trasporto raccomandando la sua anima a Dio. Si rivolse alla Vergine SS. e così la pregò con il suo clero: "Maria, Madre di Dio e di misericordia, difendeteci dal nemico e riceveteci nell\’ora della morte". Morì il 3-4-1253 prostrato dai digiuni, dai cilici e dai flagelli di cui faceva sovente uso. Fu sepolto nella cattedrale di Chichester, davanti all\’altare di S. Edmondo, che egli stesso aveva consacrato. Sul suo sepolcro si dice che tre morti abbiano riacquistato la vita. Urbano IV lo canonizzò nel 1262.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 4, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 42-45.
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