S. MARIA ORSOLA LEDOCHOWSKA (1865-1939)

Giulia Maria Ledochowska, nacque nel 1865 a Loosdorf, in Austria. A 21 anni entrò tra le Orsoline di Cracovia. Dedicò la sua vita a favore del prossimo e peregrinò tra la Russia, la Svezia e la Finlandia. Nel 1920 istituì la nuova Congregazione delle Orsoline del Sacro Cuore di Gesù agonizzante. Morì nel 1939.

La nobile famiglia dei Ledóchowski, la cui storia è strettamente legata a quella del primo millennio della Polonia, ha dato alla Chiesa uomini e donne insigni, per cultura, zelo e santità. Tra essi emergono Miecislao Ledóchowski (1822-1902), nominato da Pio IX arcivescovo di Gniezno e Poznan (1865), cardinale della Chiesa per la sua strenua opposizione a Otto Von Bismark (+1898) nel periodo della Kulturkampf (1875) e Prefetto della S. Congregazione di Propaganda Fide (1892); Ignazio Ledóchowski (1789-1870), zio paterno di Miecislao, valoroso ufficiale dell\’esercito; Antonio Ledóchowski, figlio di Ignazio, conte, che in seconde nozze sposò Giuseppina Salis-Zizers, contessa svizzera, dalla quale nacquero nove figli, tra cui Maria Teresa (+1922), la primogenita, fondatrice delle Missionarie di S. Pietro Claver e beata; Maria Giulia, in religione Orsola, la secondogenita, fondatrice delle Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante e beata (+1939); Vladimiro (+1942), Proposito Generale della Compagnia di Gesù dal 1915.
Giulia nacque il 17-4-1865 a Loosdorf, nella diocesi di S. Ippolito, suffraganea di Vienna (Austria), dove il nonno si era trasferito dopo il fallimento in Polonia dell\’insurrezione contro il predominio dello Zar Nicola I (1830). Fu educata dagli ottimi genitori, insieme agli altri fratelli, a una vita di fervente amore verso Dio, la Chiesa e la Patria. La beata crebbe adorna di una grande amabilità, motivo per cui si attirava le simpatie dei familiari e dei conoscenti. Nessuno dei Ledóchowski si prendeva cura dei fratelli più piccoli e li seguiva nei loro doveri anche scolastici come lei, nessuno era prediletto dal padre quanto lei, perché nelle depressioni malinconiche di cui soffriva trovava sollievo soltanto nelle sue premure.
Dopo l\’istruzione elementare ricevuta in casa, Giulia, dal 1875 al 1880, frequentò a S. Ippolito il collegio delle Religiose della B. V. Maria, dette Dame Inglesi. Per intelligenza, profitto e comportamento meritò di essere iscritta nel "Libro d\’oro" della scuola . Non se ne inorgoglì, motivo per cui le compagne continuarono a stimarla, ad amarla e a ricercarne la compagnia. In seguito si perfezionò in lingue, nella letteratura e nella storia, nella musica e nella pittura.
Nel 1883 la beata si trasferì con la famiglia a Lipnica Murowana, presso Cracovia, nella tenuta che il padre aveva comperato. Cominciò per lei una vita sotto molti aspetti nuova. Difatti, a fianco del padre, dovette occuparsi di questioni amministrative, venire a contatto con la gente del luogo e con le loro necessità. In questo modo divenne ben presto la confidente dei poveri e dei malati, che prese a soccorrere con generosità.
Nel 1885 nella regione si diffuse una epidemia di vaiolo. Il conte Antonio e la figlia Maria Teresa ne rimasero contagiati. Giulia li assistette con cura, ma nonostante ciò il padre morì. Prima di chiudergli gli occhi gli aveva chiesto il permesso di farsi religiosa e lo aveva ottenuto. Potè mandare ad effetto questo suo desiderio, sperimentato già da anni, il 18-8-1886, nel convento delle Orsoline di Cracovia.
Giulia iniziò il noviziato il 28-4-1887 con il nome di Maria Orsola. Dopo la professione religiosa si dedicò all\’insegnamento, nella scuola e nel pensionato annessi al convento, con grande successo perché non si limitava a impartire lezioni, ma cercava di seguire con amore e interesse le ragazze singolarmente. Con esse discuteva volentieri di argomenti riguardanti la religione, dei poveri che bisognava soccorrere a costo di qualche privazione, della necessità di una più fervente devozione mariana e di una più assidua frequenza ai sacramenti. Ed esse le aprirono volentieri il proprio cuore e badarono a non causarle dispiaceri. Suor Orsola riscuoteva grande fiducia non soltanto presso le alunno che la chiamavano "la felicità che cammina", ma anche presso le consorelle.
Difatti il 2-7-1904 la dessero superiora del convento di Cracovia. Per un aggiornamento dell\’attività apostolica delle Orsoline secondo le direttive di S. Pio X (+1914), si recò a Roma e ottenne che la clausura papale fosse mutata in diocesana. Nello spirito di S. Angela Merici (+1540), nel 1906 aprì il primo pensionato per le studentesse universitario tenuto da religiose con l\’approvazione dell\’Ordinario del luogo, il Card. Giovanni Puzyna (+1911), in cui affluirono pure diverse ragazze provenienti dai territori polacchi occupati dai russi. Anche Pio X s\’interessava vivamente dei cattolici residenti specialmente a Pietroburgo. La beata ne era venuta a conoscenza nel corso dei colloqui avuti con lui in Vaticano. Perciò, quando il parroco di S. Caterina, dalla suddetta città, chiese alle Orsoline di Cracovia di assumere la direzione dell\’internato per ragazze polacche che era annesso alla chiesa, Madre Orsola, incoraggiata e aiutata da Pio X, vi si recò nel 1907 con alcune suore in abiti civili. Lo zar Nicola II (+1918) era diventato più tollerante verso i cattolici dopo i moti Rivoluzionari scoppiati in Russia a causa della guerra da lui persa contro i giapponesi nel 1905.
Le insegnanti e le educatrici del pensionato, temendo che la beata vi volesse introdurre una disciplina religiosa, diedero ad intendere alle ragazze che la nuova direttrice si sarebbe presentato loro "con il rosario in una mano e con la verga nell\’altra". Al suo apparire le voltarono perciò le spalle, ma Orsola con il suo tatto, la sua bontà e la sua fermezza in breve tempo seppe guadagnarsi i loro cuori. Accertasi che l\’ambiente era impregnato di giansenismo, prese subito a parlare loro di Dio in termini di amore e istituì l\’associazione delle "Figlie di Maria" che divenne presto fiorente. Anche i cattolici residenti a Pietroburgo ne rimasero ammirati. Attratti dalla sua ricca personalità, cominciarono a frequentare le conferenze che teneva per i propri compatrioti. Per potere svolgere nel migliore dei modi la sua attività, la beata aveva ottenuto il diploma d\’insegnante di lingua russa.
A Pietroburgo d\’estate il clima era malsano. La Ledóchowska cercò di espandersi fuori città acquistando presso Sortavala, sul Golfo di Finlandia, un terreno su cui nel 1910 fece costruire un collegio detto "Stella maris" sul modello di quelli inglesi. Lo diresse personalmente recandosi sul posto ogni settimana sopra una slitta o una carrozza. Più di una volta nel percorrere i 35 Km. che separavano il collegio dalla stazione ferroviaria di Ussikirko, il giovane e inesperto cocchiere che la conduceva la fece ruzzolare con la compagna in mezzo alla strada. Appena fu in grado di parlare il finlandese, tradusse il catechismo e diversi canti religiosi e si prese cura dei poveri pescatori allestendo un piccolo dispensario.
Le autorità russe, dopo un periodo di relativa liberalizzazione, strinsero di nuovo i freni nei riguardi dei cattolici. Madre Orsola aveva chiesto e ottenuto nel 1908 che la casa di Pietroburgo fosse autonoma perché, a motivo della censura, diventava sempre più difficile comunicare con il convento di Cracovia. La fondatrice fu sottoposta a numerosi interrogatori e la casa di S. Caterina, dopo essere stata più volte perquisita, andò soggetta a una violenta campagna di stampa. Quando le autorità russe vennero a sapere che la Ledóchowska era religiosa, costei, con l\’aiuto della sorella, Madre Maria Teresa, ottenne da Pio X il proscioglimento dai voti e la dichiarazione ufficiale che essa non poteva essere detta "religiosa". Nonostante ciò Madre Orsola capì che la sua permanenza a Pietroburgo avrebbe potuto compromettere l\’internato di S. Caterina. Nominata una consorella come direttrice, si ritirò nella casa finlandese, ma nel 1914, con lo scoppio della prima guerra mondiale, fu definitivamente espulsa dai territori dell\’impero russo.
Orsola, non potendo ritornare in Polonia a causa della guerra, si rifugiò in Svezia e vi trascorse, lontana dalla sue suore, uno dei più duri periodi della sua vita. Eppure ebbe il coraggio di scrivere sovente a tante sue dipendenti: "Come Dio vuole! Con queste parole trascorrerai una vita tranquilla in mezzo alle bufere, raggiante nelle tenebre, forte nella lotta, traboccante di amore in mezzo all\’odio". Per bastare a se stessa diede lezioni di francese e studiò la lingua svedese con tanto impegno che, già nel 1915, fu in grado di fondare a Djursholm, presso Stoccolma, un istituto di lingue moderne per le giovani che non potevano, a causa della guerra, recarsi all\’estero. A Vevey (Svizzera) il famoso romanziere Enrico Sienkiewics (11916) aveva fondato un comitato per soccorrere i polacchi vittime della guerra. Venutane a conoscenza, Madre Orsola, con il permesso di Benedetto XV (+1922), percorse i paesi scandinavi e tenne circa 80 conferenze in varie lingue sulla situazione polacca per raccogliere fondi a favore dei suoi connazionali. Viaggiava sempre nella terza classe dei treni e, sovente, trascorreva le notti nelle sale di aspetto delle stazioni. A chi le raccomandava di avere più cura di sé rispondeva: "Non è lecito spendere i denari dei poveri". Per riuscire meglio nei suoi intenti apostolici fondò la prima rivista cattolica svedese intitolata "Scintille del sole" e la diresse.
Durante un viaggio in Danimarca Madre Orsola venne a sapere dai Padri Camillini che tanti bambini polacchi, in seguito a una grave epidemia, erano rimasti orfani. Nel 1917 decise di prendersene cura trasferendo la casa di Djursholm ad Aalborg. Per provvedere alle necessità di una settantina di loro fondò un istituto di lingue e una scuola di economia domestica. Per il moltiplicarsi del lavoro, un po\’ alla volta richiamò dalla Russia tutte le suore che vi si trovavano.
La sua idea fu quanto mai provvidenziale perché, con la Rivoluzione bolscevica di Ottobre, il loro trasferimento sarebbe stato molto più problematico. In quei periodi di turbamento madre Orsola cercò di restare fedele al carisma che Dio le aveva concesso. Meritò così la stima anche di persone di ideologie diverse. E\’ noto come il celebre musicista e uomo politico Ignazio Paderewski (+1941) le facesse visita ogni volta che ne aveva l\’opportunità, e il socialista Ignazio Daszynski (+1938), dopo aver preso parte a diverse conferenze di lei, auspicasse che nei conventi fossero molte le persone simili a Madre Orsola per operosità e intelligenza. Nel 1920 la beata ritenne urgente riportare in Polonia gli orfanelli e le quaranta suore che erano entrate in convento in Russia e in Scandinavia.
Non le fu però concesso di integrare la sua casa autonoma nell\’Unione delle Orsoline polacche. Seguì proprio allora il consiglio che Mons. Achille Ratti, nunzio apostolico, le aveva dato, di continuare perla strada che Dio le aveva ormai chiaramente indicato. Il 31 maggio dello stesso anno Orsola fu ricevuta in udienza da Benedetto XV il quale, essendo stato male informato su di lei, le disse con tono severo che avrebbe fatto bene a tornare nel proprio convento e che non faceva del bene una suora girovaga. La fondatrice rimase profondamente addolorata per la ingiusta osservazione. Più tardi scriverà: "Avrei voluto piangere. A dire il vero, pensavo che gli altri per avere sopportato l\’esilio e la persecuzione vengono accolti festosamente, e io non lo pretendevo, ne desideravo; però un rimprovero simile da parte del Santo Padre era molto doloroso". In quello stesso giorno la beata ebbe il coraggio di offrire la sua vita per il papa. La prova però fu talmente forte che si sentì venire meno le forze e assalire da una febbre altissima.
Di lei si presero cura amorevolmente la sorella Madre Maria Teresa e il fratello P. Vladimiro. Per evitare che a causa di false insinuazioni le fossero fatti torti, costui incaricò il canonista P. Pietro Vidal (+1938) di esaminare il caso e di dare per scritto il suo parere. Benedetto XV, resosi conto del suo sbaglio, dopo pochi giorni concesse a Madre Orsola tutto ciò che gli aveva chiesto. La fondatrice poté stabilire la sua comunità a Pniewy, presso Poznan, con la considerevole somma di 20.000 corone svedesi avute in dono dal console norvegese Stolt-Nielsen, e trasformare la casa autonoma di Pietroburgo in congregazione delle Orsoline del S. Cuore di Gesù agonizzante, dette "Orsoline Grigie", per l\’istruzione e l\’educazione della gioventù e il soccorso ai bisognosi. Le costituzioni, adattate alle nuove condizioni di vita e di lavoro, furono approvate definitivamente nel 1930. Prima di morire la beata fonderà 35 case in Polonia, Italia e Francia e lascerà uno stuolo di circa 800 suore, ben addestrate ai loro compiti.
Nella sua nuova residenza la Ledóchowska, ardendo dal desiderio di aiutare sempre più i bisognosi, si assunse la cura di altri bambini polacchi reduci dal Giappone e dalla Siberia. Per mantenerli, lei stessa si sobbarcò con le sue religiose alla coltivazione dei campi, non disponendo del denaro necessario per assumere operai. Diceva a ognuna di loro: "Va\’ al lavoro con Gesù, lavora per lui, sotto il suo sguardo; lavora come lui lavorò un giorno, con il sudore alla fronte, e il tuo lavoro si trasformerà nella più pura preghiera".
In premio di tanta serena donazione di sé agli altri, Dio le mandò numerose giovani provenienti anche da famiglie aristocratiche, con l\’aiuto delle quali poté mettersi al servizio delle diocesi più depresse con la catechesi nelle scuole, nelle borgate delle grandi città, ai confini orientali della Polonia. Spinte dalla miseria, molte ragazze furono costrette a emigrare in Francia per lavorare nelle fabbriche. Orsola, preoccupata dei pericoli ai quali si trovavano esposte, inviò con loro alcune suore perché ne condividessero le fatiche come operaie, e creassero un foyer in cui fosse loro possibile vivere in conformità alla educazione cristiana ricevuta. Aveva quindi ragione di scrivere: "La nostra politica è l\’amore". "Siamo tutti figli di un Padre, il Padre nostro che è nei cieli; dobbiamo dunque – con solidarietà – aiutarci a vicenda".
Madre Ledóchowska da Mons. Achille Ratti era considerata una persona santa e colta. Sapeva che aveva introdotto in Polonia, tra i fanciulli, una Crociata Eucaristica e che la sosteneva con due riviste che raggiunsero presto una tiratura di oltre 80.000 copie. Eletto papa con il nome di Pio XI nel 1922, la chiamò a Roma e le affidò prima la cura di un pensionato per studentesse universitario, e poi l\’evangelizzazione della zona di Primavalle, una delle più povere della capitale. La beata ne diede notizia alle suore in questi termini: "Vi sono solo baracche rosse e ci daranno una di quelle. Ho chiesto di non costruire per noi niente di meglio. E così vivremo insieme ai poveri, cureremo i malati e daremo a tutti il nostro amore". Trovava così modo di conformarsi giornalmente alla volontà di Dio che considerava la migliore preghiera, la migliore penitenza e la migliore espressione di amore. Alle sue figlio scriveva:
"Accada quel che accada: voi rimanete nella beata certezza che il Cuore di Cristo vi condurrà per la strada buona anche se seminata di spine". E le animava incessantemente alla fiducia "anche se l\’orizzonte della vita dovesse essere nero come la notte". Per conto suo pregava: "Signore, fa che io veda il mondo, gli uomini, ogni evento della vita nella tua luce".
La fondatrice ebbe successo nella sua opera perché dotata di eminenti capacità organizzative, psicologiche e formative. Già nel 1905, in qualità di superiora delle Orsoline di Cracovia, aveva insistito perché le novizie ogni giorno leggessero o meditassero la S. Scrittura. Divenuta fondatrice e superiora generale delle Orsoline Grigie, volle che ogni candidata alla vita religiosa ricevesse in dono una copia del Nuovo Testamento. Esigeva che basassero la loro spiritualità sulla persona e l\’attività apostolica e salvifica del Signore Gesù. Rivolgendosi a ciascuna di esse scrisse: "Leggi e rileggi il Vangelo… vi troverai Gesù che diventerà l\’inseparabile compagno della tua vita, tuo consigliere, tua forza nella debolezza, tuo maestro nei momenti tenebrosi".
La beata nelle conferenze che faceva alle sue Orsoline insisteva perché la loro devozione fosse non soltanto cristologica, ma anche eucaristica e mariana. Molto tempo prima che fosse diventato una consuetudine, ella dispose che le sue figlie fossero dotate tutte di un Messaline perché si familiarizzassero con i divini misteri e li vivessero. Secondo la sua volontà l\’adorazione eucaristica doveva fare parte della vita quotidiana delle suore. Tra la loro attività e la loro preghiera doveva esistere una sintesi perfetta. Perciò scriveva loro: "Quanto più siamo assorbite dal lavoro, tanto più profondo deve essere il fondamento della nostra vita di preghiera" che "è il ponte che unisce il tempo all\’eternità, il cielo alla terra, l\’uomo a Dio".
Caratteristica peculiare della fondatrice fu la letizia che sempre le trasfigurò il volto anche quando era assorbita dalle visite alle case che aveva fondato, dalla redazione di riviste, dal carteggio epistolare, dalle consultazioni di autorità ecclesiastiche, dalle più svariate necessità di ogni giorno. Nell\’articolo: "L\’Apostolato del Sorriso", pubblicato nel 1936 in " Campana di S. Olaf ", scrisse: "Dio si è riservato il diritto di santificare gli uomini per mezzo della croce, a noi invece ha lasciato il soave dovere di sorreggerli nel penoso cammino lungo la via della croce, seminando intorno piccoli raggi di felicità e di gioia. Possiamo farlo spesso, molto spesso, con un sorriso di amore, di bontà, quel sorriso che parla loro dell\’amore e della bontà di Dio". Tra altri suoi scritti si legge: "La serenità di animo non è solo una virtù che richiede forza e coraggio, non è soltanto una penitenza che crocifigge la natura, ma è anche un apostolato assai efficace. Forse nulla colpisce tanto gli indifferenti e i non credenti quanto la vista di una persona sempre serena, raggiante di una felicità inferiore, sorridente, sebbene sia noto che essa porta le proprie croci ed è angustiata da molteplici preoccupazioni. Questa santa gioia dello spirito parla da sé dell\’azione di Dio, rivela l\’esistenza di una realtà soprannaturale, dove l\’anima trova la felicità che il mondo non è in grado di dare".
Nel giubileo d\’oro della sua professione Madre Orsola confidò: "In questi 50 anni trascorsi in religione non ho avuto un momento in cui mi sia sentita infelice". Di lei attestò il dottore che l\’assistette negli ultimi giorni della vita: "Posso dire che in 35 anni di professione medica non mi è mai capitato di vedere un\’ammalata così calma e rassegnata al passo estremo". E questo perché era intimamente convinta che "non vi è al mondo felicità più grande di questa: sentirsi figli di Dio".
Orsola, assistita dal fratello P. Vladimiro, morì a Roma il 29-5-1939 dove, in previsione della seconda guerra mondiale, aveva convocato le superiori delle varie case per fare loro le ultime raccomandazioni. Un cancro intestinale le aveva procurato atroci dolori che sopportò eroicamente pregando e non ricercando calmanti. Al vedere una suora scoppiare in pianto accanto al suo capezzale, non potendo parlare, sorridendo le fece con la mano un gesto che indicava il cielo.
Le spoglie mortali della Ledóchowska dal 22-3-1959 sono state venerate a Roma nella cappella della casa generalizia delle Orsoline Grigie fino nel 1989, anno in cui furono traslate a Pniewy (Polonia). Giovanni Paolo II ne riconobbe l\’eroicità delle virtù il 14-5-1983 e la beatificò nel duomo di Poznàn il 20-6-1983.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 341-349
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