S. LUIGI GONZAGA (1568-1591)

Nacque il 19 marzo del 1568, dal duca di Mantova. Già all\’età di 10 anni Luigi aveva deciso che la sua strada era quella di una vita dedicata al  prossimo. Decise di entrare nella compagnia di Gesù e per questo sostenne due anni di lotte contro il padre. Rinunciò al titolo e all\’eredità ed entrò nel Collegio romano dei gesuiti, dedicandosi ai poveri e agli ammalati. Durante l\’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590, trasportando sulle spalle un moribondo, rimase contagiato e morì. Era il 1591 ed aveva solo 23 anni.

Questo patrono della gioventù, specialmente studiosa, nacque il 9-3-1568 nel castello di Castiglione delle Stiviere presso Mantova, primogenito di Ferrante Gonzaga, principe dell\’Impero e marchese di Castiglione, e da Marta Tana Santena di Chieri. Costei desiderava consacrare il suo figliolo al Signore, il padre, invece, voleva che il figlio seguisse la carriera della armi. Lo condusse perciò con sé ai campi militari di Casalmaggiore (Cremona) dove a cinque anni imparò a sparare l\’archibugio e a usare il linguaggio volgare dei soldati. Quando il padre, capitano di Filippo II, re di Spagna, dovete partire per Tunisi, Luigi pose fine a quella che più tardi chiamerà la sua "vita di peccato", di cui sentì sempre un\’estrema vergogna e per cui fece aspre penitenze.
Nel 1577 Don Ferrante mandò Luigi con il fratello Rodolfo a Firenze, come paggi del granduca Francesco I de\’ Medici, per metterli al riparo da una pericolosa epidemia. In quella tenera età il santo non manifestava leggerezza puerile, ma una singolare modestia e amore al ritiro e al silenzio, come persona grave e devota. Divideva bene il tempo tra lo studio, la lettura delle vite dei santi e la preghiera intensa. Prima di agire si domandava sempre: "Che cosa mi giova questo per l\’eternità?".
I divertimenti, le feste a corte, le parate militari e i tornei lo annoiavano soltanto. Non conosceva ancora la preghiera mentale, ma la lettura di un piccolo libro sui misteri del Rosario sviluppò la sua devozione verso la Madonna, alla quale, dopo una confessione generale, fece voto di perpetua castità nella chiesa della SS. Annunziata. Benché non sperimentasse mai la più piccola tentazione contro tale virtù, si diede fin d\’allora a una severa mortificazione, alla vigilanza sulla collera, l\’interno malcontento, la loquacità, e alla fuga delle donne.
Richiamato dal padre a Mantova (1579), Luigi fu afflitto da calcoli renali. Il regime al quale fu sottoposto gli ottenne una guarigione perfetta, ma ne rimase scossa la salute. Trasferitesi a Castiglione, egli decise di continuare i digiuni e le penitenze in cui aveva trovato il bene dell\’anima sua, ai quali unì lunghe ore di orazione.
Durante un\’assenza del padre, Luigi ricevette al castello S. Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano e visitatore papale. Il porporato, ammirato della maturità di giudizio di lui, il 22-7-1580 lo ammise alla prima Comunione. Da quel giorno "l\’Angelo di Castiglione" nutrì un amore ardentissimo all\’Eucaristia, assistette quotidianamente alla Messa e fece ogni domenica la comunione.
Nel 1580-81, durante il suo soggiorno a Casale Monferrato (Alessandria), Luigi fece grandi progressi nelle lingue antiche, lesse Seneca, Plutarco e gli autori spirituali e prese la risoluzione di farsi religioso frequentando i conventi dei barnabiti e dei cappuccini nonché il santuario di Crea. Quando ritornò a Castiglione (1581) non si sa come abbia fatto a vivere con un\’oncia di cibo al giorno e a macerare il suo corpo con catene e speroni da cavallo che si applicava alle scapole prima di coricarsi. Cominciò allora a soffrire dolori di testa che non lo lasciarono più. Costretto ad accompagnare in Spagna, con i genitori, l\’imperatrice Maria d\’Austria, sorella di Filippo II, vi rimase due anni quale paggio di Don Diego, erede del trono, e fece gli studi di filosofia di cui diede pubblico saggio all\’univesrsità di Alcalà. Il discorso latino con cui salutò Filippo II dopo la sottomissione del Portogallo dimostra quanto fosse solida la sua formazione letteraria. Malgrado le raccomandazioni del padre, disertava le lezioni di danza e di scherma. Preferiva leggere gli scritti di fra Luigi da Granada OP., e darsi all\’orazione mentale, che prolungava a volte fino a cinque ore il giorno. La morte di Diego lo confermò nel suo totale disprezzo per il mondo. Decise di farsi gesuita (1583) perché gli piaceva impegnarsi per l\’educazione della gioventù, la conversione degli infedeli e perché nella Compagnia di Gesù non avrebbe potuto conseguire onori ecclesiastici.
Per lungo tempo suo padre non ne volle sapere e, per innamorarlo del mondo, ritornato in Italia, gli fece visitare le corti di Mantova, Ferrara, Parma e Torino. Vi acconsentì soltanto dopo averlo scorto, attraverso una fessura della porta, a disciplinarsi fino al sangue, e aver assistito all\’esame della sua vocazione da parte del P. Gagliardi S.J.
Il 2-11-1585 Luigi abdicò a favore del fratello Rodolfo al marchesato di Castiglione di cui, come primogenito, era stato investito dall\’imperatore, e poi raggiunse a Roma il noviziato di S. Andrea al Quirinale. Tre mesi dopo Don Ferrante morì pentito per essersi tanto opposto alla volontà di Dio riguardo al figlio. Alla notizia, Luigi non se ne afflisse. Alla sua famiglia non pensava oramai che per pregare. Non volle più sentir parlare della sua nobile origine; frequentò di preferenza i fratelli coadiutori; amò uscire poveramente vestito con una bisaccia sulle spalle per la questua; nel pomeriggio andava a visitare i carcerati e gl\’infermi per disporli ai sacramenti e servirli negli uffici più umili; nelle feste volentieri si recava a catechizzare per le piazze di Roma i poveri e i contadini.
Il suo direttore spirituale notò in lui tanta innocenza, luce di Dio e alta perfezione, che lo giudicò santo e lo propose, come tale, all\’imitazione di tutti. Abituato , dopo ripetuti sforzi, a meditare senza divagarsi, giunse ad uno stato abituale d\’intima unione con Dio. Un giorno fu udito esclamare: "Il P. Rettore mi proibisce di fare orazione per non causarmi sforzo alla testa, ma devo fare maggior fatica per distrarmi da Dio, che per tenere la mente raccolta in Lui". Gli piaceva meditare sulla Passione di Gesù e l\’Eucaristia. Dalla preghiera non riusciva a distogliersi neanche quando i superiori, di proposito, lo occupavano in azioni manuali come servire a mensa o aiutare in cucina. Quando sentiva il preludio dell\’estasi sospirava: "Mio Signore, allontanati da me, perché devo fare l\’ubbidienza". Era suo maestro di noviziato il P. Pescatore. Dopo un emottisi, costui fu mandato a Napoli con Luigi in lettiga e due connovizi a cavallo. Essendo però sopravvenuta al santo una erisipela con febbre, dopo sette mesi di filosofia dovette ritornare a Roma, nel Collegio Romano, dove il 25-11-1587 emise i suoi primi voti. In febbraio e marzo 1588 ricevette gli ordini minori e si applicò allo studio della teologia sotto la guida di S. Roberto Bellarmino e all\’esercizio dell\’umiltà per soffocare l\’accentuata tendenza a impuntarsi quando si sentiva contrariato nel suo zelo per le penitenze esteriori. Raggiunse una così grande perfezione che il Bellarmino, suo confessore, lo ritenne confermato in grazia. In settembre 1589 il P. Claudio Acquaviva, Proposito generale, ordinò al Gonzaga di recarsi a Castiglione per regolare tra suo fratello Rodolfo e il duca di Mantova il possesso del castello di Solferino. Composta la controversia a favore del fratello, indusse questi a regolarizzare il matrimonio che aveva contratto clandestinamente con una donna di condizione inferiore. Poi si trasferì nella casa dei Gesuiti di Milano dove gli fu rivelata la sua prossima morte. Si mise quindi a vivere con maggior fervore e a studiare la teologia con la stessa diligenza di prima. Senza che ne facesse domanda, fu di nuovo chiamato a Roma affinchè continuasse a edificare i confratelli del Collegio Romano.
Nel 1590-91 la fame e la peste causarono a Roma la morte di 60.000 persone. Luigi fu destinato dapprima al servizio dell\’ospedale di San Sisto e poi a quello di Santa Maria della Consolazione. Per strada il 13-3-1591 incontrò un appestato, se lo caricò sulle spalle e rientrò contagiato. Languì a letto per parecchi mesi durante i quali scrisse alla madre: "Nonostante le cure dei medici, mi è restata la febbre, ma io me la passo allegramente con la speranza di essere chiamato presto da Dio dalla compagnia dei mortali a quella degli Angeli e dei Santi del Cielo. Io prego di far orazione affinchè Gesù sommerga nel mare rosso della sua Passione le mie imperfezioni". Il Bellarmino gli aveva assicurato che non sarebbe passato per il Purgatorio. Dalla contentezza il santo entrò in una specie d\’estasi che si protrasse per tutta la notte durante la quale apprese che sarebbe morto il giorno dell\’ottava delle festa del SS. Sacramento. Ma il 21 giugno 1591, il malato apparve agli occhi dell\’infermiere ancora in buone condizioni, tanto che dovette insistere più volte per ottenere il Viatico. Il Bellarmino stesso non fu ammesso a restare presso di lui la notte in cui morì confortato dalla benedizione di Gregorio XIV. Pochi istanti prima Luigi per tre volte disse placidamente al confratello sacerdote che lo assisteva: "Faccia attenzione, che muoio…".
Maria Maddalena de\’ Pazzi vide l\’anima di lui immersa in tanta gloria quanta non ne avrebbe potuto supporre in cielo. La pia madre del santo, in fin di vita per l\’assassinio di Rodolfo (1593) fu istantaneamente guarita da Luigi, che le apparve sorridendo. Il P. Cepàri, suo biografo, registrò 206 prodigi autenticati, operati per intercessione del Gonzaga, che Benedetto XIII proclamò patrono della gioventù nel 1725 e canonizzò il 31-12-1726. Nel 1605 era stato beatificato. Le reliquie del santo sono venerate a Roma nella chiesa di Sant\’Ignazio.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 230-235
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