S. GREGORIO DI NISSA (ca. 335-394)

San Gregorio fu oratore stimato, ma meno vivo del Nazianzeno, fu uomo di azione, ma inferiore a Basilio. Fu invece il più speculativo dei Cappadoci e il più profondo dei padri greci del secolo IV. Contro Eunomio, vescovo ariano di Cizico, difese energicamente dalle accuse suo fratello, e contro Apollinare di Loadicea rivendicò a Cristo un corpo umano e un’anima razionale. Nella controversia trinitaria rappresentò l’ortodossia cattolica e seguì la terminologia già fissata dagli altri cappadoci. Nella spiegazione teologica del dogma qualche volta fu molto audace, altre volte invece assai impreciso.

S. Gregorio di Nissa è uno dei grandi “Padri
Cappadoci” a nessuno di loro inferiore come filosofo, teologo e mistico.
Fratello di S. Basilio il Grande e di S. Macrina, di cui scrisse la vita, nacque
a Cesarea verso il 335. Si applicò allo studio delle lettere in patria e in
seno alla famiglia molto religiosa e ricca. Non pare che abbia avuto occasione
di frequentare le grandi scuole del tempo, tanto più che suo padre era retore e
avvocato.
 Gregorio nella sua chiesa adempiva già l’ufficio di
lettore quando, sedotto dalle attrattive del mondo, innamorato dell’arte di Libanio, sofista e rètore pagano, si fece professore di belle lettere e sposò
la giovane Teosebia. Tuttavia, le rimostranze di suo fratello e di S. Gregorio
di Nazianzo gli fecero ben presto comprendere la vanità del mondo. Allora
abbandonò la cattedra, verso il 360 raggiunse i suoi amici nel cenobio fondato
da S. Basilio sulle rive dell’Iris, nel Ponto, per darsi all’ascesi e allo
studio della Scrittura e dei grandi teologi, in modo speciale Origene. Possiamo
farci un’idea del suo stato d’animo in quel tempo leggendo il De Virginitate
che scrisse per ordine di Basilio, suo maestro. Da quanto dice era pienamente
felice di potersi dedicare alla vita contemplativa, lontano dal tumulto degli
affari.
 In quella solitudine Gregorio rimase per oltre dieci anni,
fino a tanto cioè che suo fratello, eletto metropolita di Cesarea di Cappadocia, nel 371 lo richiamò per consacrarlo, nonostante la sua resistenza,
vescovo di Nissa. S. Basilio non poté mai vantarsi delle attitudini
amministrative dell’eletto. In diverse lettere egli si lamenta della sua
ingenuità. A chi, nel 375, gli propose di inviarlo in missione a Roma, onde
superare le difficoltà sorte con papa Damaso, che non si rendeva ben conto
della situazione in Oriente, rispose, conscio dell’inesperienza assoluta di lui
negli affari ecclesiastici: “Gregorio sarebbe certamente venerato e
apprezzato da un uomo benevolo, ma con un uomo altero come Damaso, compreso
della sua importanza, posto in alto e appunto per questo incapace di intendere
coloro che, dal basso, gli dicono la verità, la visita di uno così estraneo
all’adulazione come Gregorio, non servirebbe a nulla”.
 Ciò nonostante S. Basilio aveva un’assoluta fiducia in
lui perché lo sapeva fedele sostenitore del Concilio di Nicea. Fu difatti il
suo costante attaccamento alla dottrina di S. Atanasio che gli attirò l’odio e
la persecuzione degli ariani. Nella primavera del 376, un sinodo di vescovi
cortigiani, convocato da Demostene, governatore del Ponto, e tenuto a Nissa
stessa, depose Gregorio durante la sua assenza, con il falso pretesto di aver
dilapidato i beni della sua chiesa. Questi avrebbe voluto ritirarsi ma S.
Gregorio di Nazianzo lo esortò a tenere duro. La morte dell’imperatore Valente,
avvenuta il 9-8-378 nella lotta contro i Goti. Gli permise difatti di rientrare
trionfalmente nella sua sede.
 Nel 379, nove mesi dopo la morte di suo fratello, S.
Gregorio prese parte al concilio di Antiochia, riunito per estinguere lo scisma
Meleziano ivi sorto e in cui si vide affidare dai padri conciliari una missione
di grande fiducia presso i vescovi discordi del Ponto e dell’Armenia. Mentre
assolveva il suo compito, nel 380 fu scelto come arcivescovo di Sebaste. Egli
protestò per quella sua elezione, ma per qualche mese s’incaricò
provvisoriamente dell’amministrazione religiosa della diocesi.
 Il vescovo di Nissa, se era poco abile negli affari,
s’imponeva con la sua eloquenza e la vastità della scienza filosofìca e
teologica. Nel 2° concilio ecumenico radunato da Teodosio I nel 381 a
Costantinopoli fu salutato “colonna dell’ortodossia”. In esecuzione
del 3° canone del concilio, l’imperatore stabilì che sarebbero stati esclusi,
come eretici notori, dalle chiese della provincia del Ponto, coloro che non
erano in comunione con i vescovi Elladio di Cesarea, Otreio di Mitilene nella
Piccola Armenia, e Gregorio di Nissa. E probabile che il santo sia stato
incaricato di redigere la professione di fede che concluse i lavori del
concilio. Sembra pure che abbia ricevuto l’incombenza di stabilire l’ordine
nelle chiese della Palestina e dell’Arabia. San Gregorio ricomparirà ancora più
di una volta, a Costantinopoli per i discorsi d’occasione e per le grandi
orazioni funebri in morte della principessa Pulcheria e dell’imperatrice
Flacilla. Nel 394 prese parte al concilio celebrato sotto la presidenza del
patriarca Nettario. Nella suddetta città, dopo d’allora, il suo nome non
compare più nei documenti del tempo. Se ne deduce che sia morto poco dopo.
 San Gregorio fu oratore stimato, ma meno vivo del
Nazianzeno, fu uomo di azione, ma inferiore a Basilio. Fu invece il più
speculativo dei Cappadoci e il più profondo dei padri greci del secolo IV. Contro
Eunomio
, vescovo ariano di Cizico, difese energicamente dalle accuse suo
fratello, e contro Apollinare di Loadicea rivendicò a Cristo un corpo
umano e un’anima razionale. Nella controversia trinitaria rappresentò
l’ortodossia cattolica e seguì la terminologia già fissata dagli altri
cappadoci. Nella spiegazione teologica del dogma qualche volta fu molto audace,
altre volte invece assai impreciso.
 La vita spirituale non è considerata dal Nisseno come
contemplazione di Dio presente nell’anima, bensì come un avvicinarsi dell’anima
a Dio e come l’unione con Lui nell’estasi dell’amore. La via della perfezione
comincia quindi con l’illuminazione della fede, che coincide con la
purificazione dell’anima; attraversa la seconda fase, che è l’oscurarsi delle realtà
sensibili, mentre l’anima scopre in sé l’immagine della Santissima Trinità;
nella fase finale sfocia nella conoscenza di Dio nella tenebra, che spinge
l’anima alla ricerca instancabile dello Sposo divino, perché trovare Iddio non
è riposarci in Lui, ma cercarlo senza sosta.
 L’escatologia di Gregorio è molto discussa perché da una
parte afferma l’eternità delle pene dell’inferno, e dall’altra – basandosi
sull’efficacia dell’immenso amore del Verbo incarnato e sul trionfo finale del
regno di Dio – insegna la restaurazione universale, teoria tanto cara ad
Origine, ma riprovata dalla Chiesa.
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Sac. Guido Pettinati SSP,

I Santi canonizzati del
giorno
, vol. 3, Udine: ed. Segno,
1991, pp. 105-106.

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