S. GIOVANNI NEPOMUCENO NEUMANN (1811-1860)

Fedele fino allo scrupolo, non si concedeva eccezioni alle regole, anche quando aveva trascorso la notte al capezzale di un infermo. Nella sua grande umiltà sapeva con destrezza riservare a sé i lavori più ingrati e difficili e lasciare agli altri i più facili e appariscenti, specialmente nel corso delle missioni al popolo. Oltre la chiesa portò a termine anche la costruzione che doveva servire alle scuole e alla residenza dei Redentoristi, e compose per i bambini della prima comunione il “Catechismo Cattolico”, che nel 1889 raggiunse la ventunesima edizione.

Questa “gemma dell’episcopato degli Stati Uniti” nacque il 28-3-1811 a Prachatiz in Boemia, terzo dei 6 figli che ebbe Filippo, tessitore di calze. Giovanni crebbe timido, taciturno, schivo dei compagni, amante più dei libri che dei giuochi. La mamma, al vedere il figlio trastullarsi con altari e candele, intuì che un giorno sarebbe diventato sacerdote e ve lo preparò.
Nel 1823 il Neumann fu iscritto al ginnasio di Budweis. Alle materie scolastiche egli aggiunse lo studio della musica, del disegno, delle lingue e della botanica. Ogni tanto andava soggetto a forti depressioni psichiche, ma le superava prendendo ogni giorno parte alla Messa e visitando nel pomeriggio il SS. Sacramento. Nel 1831 la mamma gli suggerì di entrare nel seminario di Budweis. A contatto della Bibbia il giovane percepì sentimenti religiosi fino ad allora sconosciuti. Abbandonò quindi lo studio delle scienze naturali per approfondire le opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa, da S. Pier Canisio a S. Alfonso de’ Liguori.
Il Neumann concepì l’idea di farsi missionario durante il secondo anno di teologia, leggendo le lettere di S. Paolo e le relazioni dello sloveno Federico Baraga, l’apostolo degli indiani del Grand River (USA), pubblicate sulla rivista della Fondazione Leopoldina che organizzava gli aiuti alle missioni tedesche in America. “Da quel momento – scrive nel suo Diario – il mio proposito divenne così fermo e vivace che non fui capace di pensare ad altro”. Si preparò alla rude vita missionaria prolungando i digiuni per giornate intere, astenendosi dalle bevande alcoliche e dormendo talvolta poche ore per terra.
Lo studio di varie lingue moderne lo condusse al seminario metropolitano di Praga, dove ultimò nel 1835 il quarto anno di teologia nonostante il susseguirsi delle ansietà che già lo avevano tormentato nell’infanzia e nell’adolescenza. Lo disgustavano i professori infetti di giuseppinismo, la solitudine, la noia, ma l’edificio spirituale da lui eretto sugli insegnamenti degli esercizi spirituali e della Via della salute di S. Alfonso non si sfaldò. Pur sentendo antipatia per il Rettore seppe ubbidirgli sempre. Per acquistare la virtù dell’umiltà propose: ”Aiuterò i compagni quanto posso; incontrandoli, bacerò loro mentalmente le mani come fossero le stesse mani del mio Salvatore; li scuserò e li difenderò”. L’accidia era un po’ il suo spauracchio. Cominciava la giornata lavorativa alle 4 del mattino e la terminava verso mezzanotte. Si dedicava ai vari doveri con lo stesso metodo analitico, puntiglioso e volitivo. Se cadeva in qualche difetto s’imponeva aspri digiuni. A causa della mancanza di un’appropriata direzione spirituale andò soggetto a continui scrupoli e perplessità, tanto da ritenersi indegno di fare sovente la comunione pur sentendone ardente desiderio. Un giorno, dopo che si era incisa una croce sul petto con un ramoscello benedetto, esclamò: ”Dolcissimo Gesù, questa croce mi deve ricordare il tuo amore, i tuoi dolori e il mio dovere di unire i miei dolori ai tuoi.. Vorrei subire il martirio del fuoco se questo fosse il mezzo migliore per giungere ad amarti perfettamente”.
Il vescovo di Budweis, per non accrescere l’eccessivo numero del clero diocesano, differì l’ordinazione sacerdotale del Neumann a tempo indeterminato. Il Beato ne soffrì, ma la dilazione non gli impedì di seguire la vocazione missionaria. I vescovi degli Stati Uniti chiedevano aiuti sempre più urgenti ai loro colleghi tedeschi. Il coadiutore di Filadelfia, Francesco Patrizio Kenrich, aveva nominato suo procuratore per l’invio di sacerdoti nella propria diocesi il rettore del seminario di Strasburgo, Mons. Andrea Ràss (+1887). Il Neumann, poiché si sentiva ispirato ad essere il banditore del Vangelo alle anime abbandonate, s’impegnò ”a partire subito per l’America” appena il suo direttore di coscienza, Mons. Ermanno Dienti, gliene fece la proposta.
Il Santo lasciò la patria 1’8-2-1836 come semplice chierico, senza denaro, senza appoggi, senza meta precisa, fermamente deciso a non tornare più indietro. Annotò difatti: “Farò una, due, tre volte il giro delle diocesi americane. Chiederò solo di poter lavorare per le anime più abbandonate, tedesche o indiane che siano. Se nessuno mi accetterà, mi ritirerò in un deserto a far penitenza per i peccati miei e per quelli degli altri”. Sbarcò a New York il 2-6-1836 e fu subito ricevuto dal vescovo sulpiziano Giovanni Dubois il quale, il 19 dello stesso mese, l’ordinò suddiacono, il 24 diacono, il 25 sacerdote ed il 28 lo mandò a prendersi cura dei contadini ai confini nord-occidentali della diocesi, nella zona delle cascate del Niagara, tra Buffalo e Rochester.
Il Santo stabilì la sua residenza a Williamsville e fu bene accolto dai coloni, avversato dagli amministratori culturali e combattuto dai protestanti. Ma egli pregò: “Mio Gesù, Tu che mi hai costituito pastore di questo gregge disperso, dammi saggezza e umiltà, pazienza e rassegnazione; dammi un amore ardente per Te, o Santissimo, e amore paterno e sollecitudine per i fanciulli… Fammi santo, affinchè io diventi un valido strumento delle tue grazie a beneficio dei miei parrocchiani… non punire i miei figli spirituali a motivo dei miei peccati. O buon Pastore, o Santissimo Gesù, santificami e purificami dai miei peccati, affinchè il tuo santo amore torni ad albergare nel mio cuore e dal mio cuore la fiamma divampi nel cuore degli altri”. Promise perciò d’impiegare nelle opere parrocchiali tutto il denaro che avesse avuto a disposizione, di recitare ogni giorno il rosario, l’Ufficio della Madonna e le Litanie della Passione, di preoccuparsi soprattutto del decoro della chiesa e del buon funzionamento della scuola. Conscio dell’importanza dell’educazione cristiana della gioventù, si proponeva; “O Gesù, per amor tuo voglio amare i fanciulli… amarli di un amore paterno… Voglio insegnare loro il modo di conoscerti e di amarti; prima però fammi semplice, umile, povero, senza pretese e senza falsità!”.
Un anno dopo trasferì la sua sede a North Busch, l’attuale Kenmore, e di là raggiunse, attraverso boschi e paludi, i coloni che vivevano in capanne disseminate in zone impervie, per moltiplicare chiese e scuole. Ai genitori scrisse: “Quante volte desidererei di farmi in quattro per arrivare a tutti!”.
Per la conversione degli indigeni egli sognò persino la fondazione di un Istituto missionario. Invece Dio lo chiamò a farsi religioso tra i Redentoristi di Pittsburg (1840). Durante il noviziato, che fece in 6 diverse località e senza un maestro fisso, scrisse: “Per 4 anni mi sono sforzato di portare le mie comunità ad un fervore simile a quello osservato nelle comunità di San Giuseppe di Rochester e non ci sono riuscito. È stato questo il motivo, insieme al desiderio naturale, anzi soprannaturale, di vivere in una congregazione di sacerdoti per non essere abbandonato a me stesso nei tanti pericoli del mondo”. Durante il noviziato non gli mancarono umiliazioni e persino minacce d’espulsione, ma egli trionfò di tutti gli ostacoli supplicando Dio così: “Non permettere che io scelga da solo. Se la vocazione mi viene da Te, toglimi tutti i dubbi al riguardo. Se invece è tua volontà che io resti turbato e incerto, si faccia la tua volontà fino alla morte”.
Il Neumann, dopo remissione dei voti religiosi a Baltimora (1842), fu incaricato di visitare ogni 3 mesi una decina di stazioni missionarie alle quali era possibile accedere a piedi, a dorso di mulo o mediante imbarcazioni e vaporiere rudimentali. Nel 1844 fu eletto superiore della casa di Pittsburg e parroco. Fedele fino allo scrupolo, non si concedeva eccezioni alle regole, anche quando aveva trascorso la notte al capezzale di un infermo. Nella sua grande umiltà sapeva con destrezza riservare a sé i lavori più ingrati e difficili e lasciare agli altri i più facili e appariscenti, specialmente nel corso delle missioni al popolo. Oltre la chiesa portò a termine anche la costruzione che doveva servire alle scuole e alla residenza dei Redentoristi, e compose per i bambini della prima comunione il “Catechismo Cattolico“, che nel 1889 raggiunse la ventunesima edizione.
Poiché il Neumann sapeva porre “la regola alla base di tutto” e accoppiare alla pietà un carattere forte e prudente, i superiori, dal 1847 al 1849, lo elessero vicegerente di tutte le case americane e, dal 1851 al 1852, rettore-parroco della chiesa di Sant’Alfonso in Baltimora. Le cariche, anziché farlo inorgoglire, gli diedero l’occasione di moltiplicare il suo zelo predicando missioni ed esercizi spirituali in tedesco, francese e inglese, costruendo chiese, fondando scuole, dirigendo le associazioni parrocchiali e le confraternite, aiutando Congregazioni religiose a stabilirsi in America. Non stupisce perciò che, agli occhi dei suoi superiori egli passasse come “il più prudente, il più grande, il più buono di tutti i Redentoristi americani”.
Quando Mons. Kenrick fu promosso alla sede arcivescovile di Baltimora, mandò a Roma i nominativi di 3 sacerdoti che riteneva capaci di succedergli nella sede di Filadelfia. “Di essi – diceva tra l’altro – il P. Neumann mi sembra il più degno per la sua pietà singolare e la sua dottrina ”. Altri fecero risaltare in lui la mancanza di spiccate doti oratorie e l’appartenenza al popolo tedesco, allora tanto detestato per il suo nazionalismo, ma ciò nonostante Pio IX volle che fosse consacrato vescovo a Baltimora il 28-3-1852.
I Redentoristi ne rimasero stupefatti perché consideravano il Neumann un religioso santo e di buona cultura, ma non di grandi capacità di governo. Più sbalordito di tutti si mostrò lo stesso interessato che confidò ad un confratello: “Se il Signore mi lasciasse libero di scegliere tra il vescovato e la morte, non esiterei a scegliere la morte. Mi presenterei con minori responsabilità davanti al tribunale di Dio”. D’ora in poi il suo motto episcopale sarà: “Passione di Cristo, confortami”.
Nel prendere possesso della diocesi disse ai fedeli accorsi a salutarlo: “Sono venuto per guidarvi verso il bene e voglio farlo in modo fermo e paterno”. All’indomani del suo ingresso cominciò le visite alle scuole, agli asili, agli orfanotrofi, agli ospedali, alle carceri e ai collegi religiosi. A tutti raccomandava: “Siate figli di Dio, semplici e irreprensibili, senza macchia in mezzo al mondo, detestando il male e operando il bene, amandovi fraternamente nello Spirito Santo e servendo il Signore”. A tutti chiedeva la collaborazione per ultimare la costruzione della cattedrale ed erigere delle scuole parrocchiali allo scopo di “salvare sé stesso e il gregge”. Quando arrivò a Filadelfia non trovò che 2 scuole, prima di morire ne aveva fondate un centinaio, secondo uno schema didattico ed economico molto preciso. In esse era obbligatorio lo studio della dottrina cristiana. Il concilio plenario di Baltimora (1852) fissò il testo catechistico per i vari gruppi linguistici. Al Neumann fu affidato il compito di preparare per i tedeschi degli Stati Uniti il Piccolo catechismo. Nel 1889 aveva già raggiunto la trentottesima edizione.
Assillato dal voto di non perdere mai tempo, il santo vescovo si dedicò senza risparmio alla visita ininterrotta della diocesi che comprendeva un territorio vasto 38.000 chilometri quadrati. Ogni anno si recava nei centri più vicini e ogni 2 in quelli più lontani. Ovunque si fermava 3 o 4 giorni perché trasformava ogni visita in un corso di esercizi spirituali. Per cresimare una fanciulla inferma ebbe il coraggio di percorrere 40 chilometri in montagna, a dorso di un mulo. Fondò 80 nuove chiese, e in ognuna organizzò con le scuole l’opera delle Quarantore. Per non attendere sacerdoti dalla sola generosità degli stranieri, riformò il seminario maggiore, costruì il minore e dettò sagge costituzioni per la santificazione del clero. A tale scopo tenne 3 sinodi a Filadelfia, e nel 1852, 1855 e 1858 prese parte attiva ai 3 concili nazionali di Baltimora. Portò a termine la costruzione della cattedrale e fondò ospedali e orfanotrofi istituendo per il loro servizio le Suore del Terz’Ordine di S. Francesco. Altre suore salvò dallo sfacelo, come le Oblate della Divina Provvidenza per l’assistenza alla gente di colore, altre, come le Povere Suore della Scuola di Nostra Signora, fondate a Ratisbona (1833) dalla B. Teresa Gherardinger, aiutò a sistemarsi negli Stati Uniti.
Quando Pio IX l’8-12-1854 proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione della SS. Vergine, nella basilica di San Pietro, il Neumann era presente con altri vescovi. Due giorni dopo prese pure parte alla consacrazione della nuova basilica di San Paolo fuori le Mura. Prima di fare ritorno alla sede passò a Prachatiz per abbracciare per l’ultima volta il padre vecchio e cieco.
Nel concilio provinciale di Baltimora (1855) il Neumann propose lo smembramento della diocesi di Filadelfia. Consapevole delle proprie deficienze d’ordine naturale, avrebbe desiderato di esercitare il talento di rude missionario in una diocesi più piccola. Essendo timido, sempre esitante, avendo in orrore gli affari e le transazioni finanziarie, detestando gli inviti ufficiali e i protocolli, durante il concilio scongiurò i vescovi che gli concedessero di optare per una diocesi da erigersi. La Congregazione di Propaganda Fide gli diede invece un coadiutore nella persona del P. Giacomo Wood, parroco di San Patrizio in Cincinnati, al quale conferì subito tutti i poteri. Il Neumann poté così portare al vertice il suo zelo per i fanciulli, le giovani traviate e i poveri.
Il Santo non ebbe uguali in fatto di elemosine quotidiane e indiscriminate. Se qualche familiare borbottava perché non si rendeva conto a chi desse il denaro, rispondeva sorridendo: “Ma io lo do soltanto al Signore”. Anche ai bisognosi di guida e di conforto, sia sacerdoti che laici, egli fece pervenire a migliaia le sue lettere. In una sola notte giunse a scriverne 45 dopo aver letto, come al solito, 2 capitoli della Bibbia, uno in greco e l’altro in ebraico. Qualche volta, verso mezzanotte, era già cosi stanco da non riuscire a spiccicare una parola. Prendeva allora 2 o 3 ore di riposo sul pavimento o sopra un asse di legno, raramente sul letto, per ricominciare subito dopo a pregare, a studiare, a preparare istruzioni, conferenze e corsi di esercizi spirituali che predicava anche fuori della diocesi.
Molti stimavano il Neumann come un vescovo santo e alcuni, a conferma del loro giudizio, gli attribuirono guarigioni prodigiose a beneficio dei fanciulli che sempre predilesse. Il Santo morì d’infarto il 5-15-1860 mentre si recava all’ufficio postale per assicurarsi che fosse stato spedito a un parroco il calice che gli aveva donato. Poco prima aveva detto ad un confratello che era andato a trovarlo: ”Dobbiamo essere sempre pronti, perché la morte ci coglie dove e quando Dio vuole!”. In dosso gli fu trovato il cilicio. Paolo VI lo beatificò il 13-10-1963 e lo canonizzò il 19-6-1977. Le sue reliquie sono venerate nella cattedrale di Filadelfia. 

Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1 Udine: ed. Segno, 1991, pp. 70-76.
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