S. GIOVANNA de LESTONNAC (1556-1640)

Prima di morire la santa volle bruciare gli scritti contenenti gl’intimi segreti del suo animo, ma i buoni esempi da lei dati non si cancellarono più dagli occhi delle sue figlie. Era sempre la prima al coro e al refettorio, quando bisognava praticare le solite penitenze. In memoria della Passione del Signore, di cui era devotissima, ogni venerdì scendeva in cucina per lavare i piatti, e ogni sabato serviva al secondo turno di mensa riservato alle sorelle coadiutrici. Praticò con vero rigore la povertà. Il giorno della settimana riservato alla Comunione, secondo l’uso del tempo, faceva una sola refezione; il venerdì si contentava di pane e acqua, e la quaresima di cibi non conditi. Dopo la morte fu trovata coperta di strumenti di penitenza.

La fondatrice dell’Ordine della Compagnia di Nostra Signora nacque a Bordeaux (Francia) nel 1556, primogenita dei sette figli che Riccardo de Lestonnac ebbe da Giovanna Eyquem de Montaigne, sorella del celebre saggista. Giovanna fu educata cristianamente dal padre. La madre, ostinata calvinista, cercò di guadagnarla alla sua causa parlandole con disprezzo del cattolicesimo, ma la fanciulla invece di aderire alle sue parole crebbe assetata di perfezione. Tredicenne, mentre pregava, sentì una voce inferiore che le disse: “Guardati figlia mia, dal lasciare spegnere questo sacro fuoco, che ti ho acceso in cuore e che ti porta con tanto ardore al mio servizio”.
          Giovanna avrebbe abbracciato volentieri la vita religiosa, ma le dispiaceva di non trovare nei conventi alcuna cura per sottrarre la gioventù femminile dalle mani dei calvinisti. Accettò quindi nel 1573 il matrimonio con Gastone, barone di Montferrant e di Landiras, che il padre le aveva proposto, da cui ebbe 7 figli. Alla morte del marito (1597) sentì più vivo il desiderio di adoperarsi per l’educazione della gioventù. Per sei anni visse nel ritiro e nella preghiera, interrotta soltanto dalle visite ai poveri, ai malati e ai prigionieri, poi, sistemati i figli, chiese e ottenne di entrare nel 1603 tra le Fogliantine di Tolosa. Iddio però permise che durante il noviziato le sua salute non reggesse all’austerità della regola.
         Ritornata tra i suoi familiari prese a vivere una vita di più intenso raccoglimento. Nel 1604 a Bordeaux scoppiò la peste. La santa si prodigò allora con tanto ardore nell’assistenza ai contagiati che alcune signorine, attratte dal suo esempio, vollero raccogliersi per tutta la vita attorno a lei. In quel fatto scorse un primo avvio concreto all’attuazione del suo disegno, ma la spinta definitiva le venne dal P. Giovanni de Bordes S. J. (1559-1620) il quale aveva notato con rammarico come soltanto gli ugonotti si occupassero attivamente dell’istruzione delle fanciulle. Concepì allora l’idea di istituire un Ordine femminile sullo stampo della Compagnia di Gesù. Ma dove trovare le pietre vive per l’edificio? Un giorno, mentre celebrava la Messa, gli apparve S. Pietro, accompagnato da S. Giovanni, il quale gl’indico la signora de Lestonnac inginocchiata all’estremità della balaustra, come la persona designata da Dio per quell’opera.
         La santa cominciò a radunare periodicamente in casa sua le volenterose signorine, alle quali se ne aggiunsero altre dirette dal P. de Bordes. Lo zelante gesuita partecipava sovente a quelle riunioni per spiegare loro le regole e la spiritualità di S. Ignazio. Quando ebbe steso la Formula dell’Istituto la presentò a Paolo V. Il papa approvò la nuova famiglia religiosa ed il suo fine specifico (1607), ma non nella progettata forma di un Ordine nuovo, alle dipendenze di una Madre generale, parallelo a quello dei Gesuiti. I tempi non erano ancora maturi per simili ardite innovazioni nella vita dei conventi femminili. Permise perciò la fondazione di una sola casa alle dipendenze dell’arcivescovo di Bordeaux, da aggregarsi ad un Ordine. Il cardinale Francesco Escobleau de Sourdis, pastore della diocesi, avrebbe preferito che la santa fondasse la sua famiglia religiosa con le Orsoline da lui istituite nel 1606. Sarebbe stato un suicidio. La Compagnia di Maria fu affiliata all’Ordine di S. Benedetto, educatore dell’Europa, e nel 1609 sotto la guida del P. de Bordes aprì le scuole modellate su quelle protestanti. Per volontà della fondatrice ogni anno le alunne si consacravano alla Vergine, nella ricorrenza liturgica della sua presentazione al tempio.
          Le Storie dell’Ordine riassumono così i primi due trienni di governo della santa: “Raramente si vide una subordinazione così perfetta, un maggior zelo e una pace più dolce in mezzo alla comunità”. E questo perché Madre de Lestonnac si preoccupava delle necessità spirituali delle sue figlio e dell’osservanza delle regole”. E meglio, diceva loro, usare un po’ di severità verso le persone singole, anziché nuocere al bene comune per troppa condiscendenza”. In genere, però, le esortava dolcemente alla virtù, le consolava nelle prove della vita, le serviva se malate, e le istruiva con saggi ammaestramenti. “Coraggio, figlie mie, diceva loro, più saremo morte al mondo, e più saremo atte alla salvezza delle anime”. Ovvero: “La presenza di Dio è come una scorciatoia della perfezione… Io l’ho così continua, che qualunque cosa faccia, tengo incessantemente Dio dinanzi agli occhi”. Non stupisce perciò che una religiosa l’abbia vista inginocchiata in preghiera nella sua cella davanti ad una statua della Vergine, mentre una colomba agitava leggermente le ali sopra il suo capo.
          Prima di morire la santa volle bruciare gli scritti contenenti gl’intimi segreti del suo animo, ma i buoni esempi da lei dati non si cancellarono più dagli occhi delle sue figlie. Era sempre la prima al coro e al refettorio, quando bisognava praticare le solite penitenze. In memoria della Passione del Signore, di cui era devotissima, ogni venerdì scendeva in cucina per lavare i piatti, e ogni sabato serviva al secondo turno di mensa riservato alle sorelle coadiutrici. Praticò con vero rigore la povertà. Il giorno della settimana riservato alla Comunione, secondo l’uso del tempo, faceva una sola refezione; il venerdì si contentava di pane e acqua, e la quaresima di cibi non conditi. Dopo la morte fu trovata coperta di strumenti di penitenza.
           Alla scuola di tanta virtù le monache si sentirono presto animate a portare altrove il fuoco del loro zelo. Madre de Lestonnac prima di morire aveva avuto la gioia di vedere fondate trenta case con scuole annesse, semenzaio di numerose vocazioni. Pur essendo tra loro indipendenti, per ogni importante questione le superiore di esse ricorrevano a colei che avevano convenuto di chiamare “Madre Prima”. Un bel giorno le loro relazioni furono bruscamente interrotte. Che era successo? Il 24-3-1622, dopo quattordici anni di governo della casa di Bordeaux, la fondatrice era stata improvvisamente sostituita. Madre Bianca Hervé, una delle prime professe dell’Ordine, soffriva con dispetto di essere messa da parte a causa del suo poco fervore. Bramosa di vendicarsi, con la complicità di uno dei confessori, fece credere al cardinale de Sourdis che Madre de Lestonnac voleva sottrarre sé e il suo monastero – contrariamente a quanto era prescritto nel breve di fondazione – alla giurisdizione di lui per non dipendere che dal papa, e quindi essere libera di costruire nuove case dove meglio le piacesse. Per un carattere tanto geloso della propria autorità come quello dell’arcivescovo, l’insinuazione malevola rivestì senz’altro l’apparenza di un’audacia inammissibile e credette, Madre Hervé, appena eletta superiora, prese a umiliare la santa senza pietà. La chiamava con il semplice nome di battesimo, e la costringeva a vivere ai margini della comunità. Un giorno la sorprese a scambiare con una consorella alcune parole. “Baciate la terra, Giovanna de Landiras. – la riprese indispettita – e ritiratevi nella vostra camera; non voglio che parliate con nessuna della comunità”. La santa, che era l’amante più appassionata dell’umiltà, fu fedelissima agli ordini, sempre, tanto da limitarsi a comunicare con le sue figlie col muovere degli occhi e con cenni del capo.
           L’Hervé, incolta – non sapeva né leggere, né scrivere – e boriosa, non teneva nessun conto ne alcun registro e riceveva novizie alla ventura. Il cardinale ebbe sentore di questo disordine e fece chiedere dal confessore alla fondatrice una relazione sullo stato della Comunità. La santa indicò candidamente gli abusi che bisognava togliere, ma il confessore, raggirato, invece di consegnare lo scritto al cardinale, lo consegnò alla superiora la quale, inviperita, giunse a dire in faccia alla fondatrice: “Alla fin fine otterremo un Breve da Roma per strapparvi cotesto velo, che ancora portate, e tornerete così a dare il becchime alle galline, a Landiras”. Nel cuore della santa le spine delle umiliazioni, durate tre anni, furono rese più pungenti dalla presenza nel monastero delle due sue figlie novizie, Maddalena e Marta, impotenti a recarle conforto e confuse. Fin che visse, il card. De Sourdis non depose più interamente le sue prevenzioni contro la fondatrice, la quale non fu più rieletta superiora. Ella poté però riprendere la corrispondenza con le sue figlie che da ogni parte le chiedevano consigli, allo scadere di Madre Hervé dalla sua carica.
         Nel 1626 Madre de Lestonnac andò a fondare il monastero di Pau, dove rimase fino al 1634, esercitando un benefico influsso sulle signore calviniste che accorrevano a visitarla, attratte dal suo fascino. Fu poi richiamata a Bordeaux dove occorreva rianimare il fervore sopito, e dare l’ultimo ritocco alle regole, preparate dal P. de Bordes e stampate nel 1638. Convinta che “non si lavorerà mai troppo per servire bene Dio” vi morì di apoplessia il 2-2-1640. Leone XIII la beatificò il 20-V-1900 e Pio XII la canonizzò il 15-5-1949. Le sue reliquie sono venerate nella prima casa dell’Ordine, riunito dall’8-12-1956 dalla S. Congregazione dei Religiosi sotto un regime centralizzato con voti solenni e clausura papale.

Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 28-32.
http://www.edizionisegno.it/

S. GIOVANNA de LESTONNAC (1556-1640)

Prima di morire la santa volle bruciare gli scritti contenenti gl’intimi segreti del suo animo, ma i buoni esempi da lei dati non si cancellarono più dagli occhi delle sue figlie. Era sempre la prima al coro e al refettorio, quando bisognava praticare le solite penitenze. In memoria della Passione del Signore, di cui era devotissima, ogni venerdì scendeva in cucina per lavare i piatti, e ogni sabato serviva al secondo turno di mensa riservato alle sorelle coadiutrici. Praticò con vero rigore la povertà. Il giorno della settimana riservato alla Comunione, secondo l’uso del tempo, faceva una sola refezione; il venerdì si contentava di pane e acqua, e la quaresima di cibi non conditi. Dopo la morte fu trovata coperta di strumenti di penitenza.
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