S. GIOVANNA D ARCO (1412-1431)

Figlia di contadini, analfabeta, lasciò giovanissima la casa paterna per seguire il volere di Dio, rivelatole da voci misteriose, secondo le quali avrebbe dovuto liberare la Francia dagli Inglesi. Ottenne grandi vittorie con cui raggiunse tale fine. Ma, lasciata sola, nel 1430 fu fatta prigioniera dai Borgognoni, che la cedettero agli Inglesi. Tradotta a Rouen davanti a un tribunale di ecclesiastici inglesi, dopo estenuanti interrogatori ed un iniquo processo fu condannata per eresia ed arsa viva. Fu riabilitata nel 1456. Nel 1920 Benedetto XV la proclamava santa.

Questa condottiera di eserciti, patrona della Francia, nacque forse il 6-1-1412 a Domrémy, nei Vosgi, tra la Lorena e la Champagne, da onesti contadini. Allora gran parte del territorio nazionale, compresa Parigi, si trovava in mano degl\’Inglesi e dei loro alleati Borgognoni. Il Delfino Carlo VII, spodestato da Enrico V, re d\’Inghilterra, avvilito e incapace, attendeva lo svolgersi fatale degli eventi. Resisteva ancora la città di Orléans. La sua caduta avrebbe significato la fine della dinastia dei Valois. Tuttavia, era volontà di Dio che la Francia come nazione sopravvivesse.
Per risollevarne le sorti, Egli suscitò questa analfabeta contadinella la quale, a tredici anni, per la prima volta, intese nell\’orto di casa, verso mezzogiorno, quelle che in seguito chiamerà "le sue voci". "Giovanna, le dicevano, sii sempre buona e pia, ama molto Dio e frequenta la Chiesa".
La pastorella, che talora prendeva parte a balli con le amiche, si sentì spinta ad emettere il voto di perpetua verginità. Ogni tanto le apparivano S. Michele, S. Caterina e S. Margherita, e quando se ne andavano piangeva perché avrebbe voluto che la prendessero con loro. A diciassette anni ricevette l\’ordine formale di andare a salvare Orléans: "Figlia di Dio, va da Roberto di Baudricourt, nella città di Vaucouleurs, perché ti dia delle persone che ti accompagnino". "Signore, replicò l\’umile contadinella, io non sono che una povera giovane e non so cavalcare nè fare la guerra". Suo padre, per giunta, era persuaso che ella fosse una visionaria, e dichiarava che non le avrebbe mai permesso di frammischiarsi a soldati.
Alle ripetute insistenze delle voci: "Parti, figlia di Dio! Va\’, è necessario. Salva la Francia!", Giovanna, accompagnata dallo zio Durand, si recò a Vaucouleurs per esporre al comandante delle milizie la missione ricevuta dal cielo. Baudricourt la considerò una pazza, ma ella, dopo aver inutilmente insistito di essere condotta dal Delfino, gli disse: "Sappiate che in questo momento una terribile battaglia avviene presso Orléans e che i nostri sono sconfitti". Alcuni giorni dopo un corriere giunse a dare la triste notizia che il 22-2-1429 le truppe francesi erano state sconfitte nella battaglia detta des Harengs. "Come hai fatto a saperlo?" le chiese il comandante. "Sei forse una indemoniata?". Il curato la esorcizzò con grande dispiacere di Giovanna perché, avendogli fatta la sua confessione, era in grado di conoscere la verità. Conosciuto che quello che diceva non proveniva dal demonio, il popolo di Vaucouleurs le comperò un cavallo, un\’armatura e una spada che, per altro, la pulzella mai adoperò.
A Chinon si presentò alla reggia scortata da sei gentiluomini. Il Delfino, per metterla alla prova, si travestì da borghese, si confuse tra i cortigiani, ma Giovanna, benché non lo avesse mai visto, lo riconobbe immediatamente. "Perché mai, gli disse risoluta, vi nascondete, Signore, mentre io sono venuta apposta per aiutarvi a distruggere i nemici della patria e a incoronarvi re di Francia?". Carlo esitò. "Abbiate fede nelle mie parole, perché Dio è con me", lo rassicurò la coraggiosa contadinella. E per vincere gli ultimi suoi dubbi gli manifestò un segreto di coscienza: "Vi ricordate, sire, che il giorno dei Santi, al momento della comunione, chiedeste a Gesù Cristo che, se non eravate l\’erede legittimo al trono, vi togliesse il potere e la volontà di difendervi, e che se Egli era adirato ancora verso la Francia facesse ricadere su di voi solo il castigo?".
Impressionato da quella rivelazione, il Delfino riconobbe che la missione di Giovanna d\’Arco veniva dal cielo, ma per convincere anche i suoi cortigiani la sottopose, per tre settimane, ad un meticoloso esame da parte di ventotto dottori dell\’università di Poitiers ai quali la pulzella tenne testa con arguzia. Dopo che alcune signore ne accertarono la verginità, tutti la considerarono veramente una creatura di Dio. Ella predisse al Delfino la cessazione dell\’assedio di Orléans, la consacrazione di lui a Reims, l\’occupazione di Parigi e, infine, la liberazione del duca di Orléans, prigioniero a Londra dal 1415.
Vestita da guerriero e con i capelli tagliati, la pulzella volle una bandiera bianca, ornata dei gigli di Francia, con l\’immagine di Cristo in trono tra Angeli e la scritta: Gesù-Maria! Prima d\’iniziare la lotta ordinò che dagli accampamenti fossero allontanate le meretrici, volle che tutti i soldati si confessassero e si astenessero dalla bestemmia. Non sapendo scrivere dettò una lettera per i generali inglesi esortandoli ad abbandonare l\’impresa. Partì quindi da Blois con una piccola scorta e marciò intesta ad una colonna di carri con viveri per gli assediati di Orléans. Dopo aspri combattimenti, in cui Giovanna fu ferita al petto, l\’8-5-1429 gli inglesi furono costretti a togliere l\’assedio. L\’ardore della pulzella scompigliava consigli di guerra, capitani e guerrieri per fare loro eseguire quello che le sue voci ordinavano. Convinta di avere una missione da compiere, ad ogni istante cercava di conformarsi alla volontà di Dio alimentando il suo spirito con la comunione bisettimanale, la confessione ogni due giorni e trascorrendo in preghiera il pomeriggio e magari la notte intera nelle chiese del luogo in cui si trovava di stanza con i soldati.
La liberazione d\’Orléans non era che una parte di quanto il re del cielo aveva imposto a Giovanna. Presentandosi al Delfino: "Signore, gli disse, venite a Reims a ricevere la sacra incoronazione. Non indugiate! E\’ necessario giungervi prima del giovane re d\’Inghilterra, Edoardo IV, e per far questo dobbiamo continuare le vittoriose battaglie. Non basta aver liberato Orléans, bisogna cacciare gli inglesi dalle altre città occupate lungo le rive della Loira". Il re non seppe decidersi pensando ai 200 chilometri che doveva percorrere in territorio nemico per giungere a Reims. D\’altra parte le voci esortavano Giovanna ad insistere. Il 26-5-1429 confidò al Delfino a Loches: "Dopo che ho fatto la mia preghiera, sento una voce che mi dice: \’Figlia di Dio, va\’, va\’, va\’! Io sarò il tuo aiuto. Va\’! Allora provo una grande gioia". Carlo VII elaborò con lei un piano di guerra, ordinò che fosse raccolto un nuovo esercito e venisse affidato al Duca Giovanni d\’Alancon, suo cugino, ma sotto la guida e i consigli della santa.
Il 10 giugno, per liberare le rive della Loira, ella partì alla volta di Jargeau, inseguì il nemico a Beaugency e lo sconfisse a Patay così clamorosamente che lo stesso teologo Giovanni Gerson fu indotto a riconoscere in lei l\’opera soprannaturale. Frattanto il Delfino, timido e fiacco, se ne stava nel castello di Sully-sur-Loire. Vi accorse Giovanna da Orléans a dirgli: "Venite almeno a passare in rivista i vostri soldati vittoriosi!". Al loro legittimo re aprirono le porte successivamente le città di Auxerre, Troyes e Chàlons-sur-Marne.
A Reims, abbandonata da inglesi e borgognoni, Giovanna d\’Arco ebbe accoglienze trionfali. Il 17 luglio assistette con il suo stendardo, a fianco di Carlo VII, alla cerimonia della consacrazione di lui mentre il popolo scandiva l\’invocazione rituale: "Noel, Noel!". Dopo l\’incoronazione l\’eroina esclamò: "Gentile re, ora è compiuta la volontà di Dio".
Al termine delle feste, Giovanna, che riteneva finita la sua missione, pensò di ritornare a casa col padre, i fratelli e lo zio Durand, venuti a Reims per assistere al suo trionfo. Ignoriamo perché si sia invece fermata. Dopo Reims ella avrebbe voluto imprimere uno slancio risolutivo all\’azione militare, ma fu contraddetta dall\’azione politica della corte e lasciata pressoché sola. Essa insistette perché si approfittasse dell\’entusiasmo generale per assalire Parigi e liberarla dalle mani degli Inglesi. Geloso dei suoi trionfi, Carlo VII rifiutò il suo consiglio dando così modo ai nemici di rinforzarsi. Quando decise di impadronirsene era ormai troppo tardi. Il 26 agosto Giovanna occupò il ponte St-Denis, ma urtò contro l\’indolenza e la diffidenza del re e dei suoi consiglieri.
Nell\’attacco dell\’8 settembre a porta St-Honoré fu nuovamente ferita, ma rimase tutto il giorno ad animare i combattenti. Poi l\’esercito fu sciolto e l\’impresa rimandata all\’anno seguente dai capi che non erano animati dalla stessa fede. Con suo grande rammarico la condottiera degli eserciti francesi non si sentì più consigliata dalle sue voci riguardo ai fatti d\’armi. Il re pensò soltanto, da parte sua, a logorarne il prestigio in azioni secondarie, incerte. La costrinse a vivere con sé sulla Loira e tentò persino di ridurla a una umiliante inazione. Lo scacco subito sotto le mura di Parigi fu imputato all\’eroina che venne così a perdere quell\’alone di invincibilità che la circondava. Carlo VII, stanco della lotta, ricadde nella sua apatia. La salvatrice della sua corona, però, soffriva della comune inazione. Mentre si recava, senza il permesso del re, a combattere gl\’inglesi a Melun, le sue voci le rivelarono che sarebbe stata fatta prigioniera prima della festa di S. Giovanni del 1430. Non cessò per questo di combattere. Compì un felice colpo di mano a Lagny. Nella primavera del 1430, divenuta gravissima la minaccia borgogna contro Compiègne e le altre città del nord di partito francese, il 23 maggio ella corse in loro aiuto con duecento soldati.
Abbandonata a se stessa dalle autorità, alle sei di sera, rientrando da una ricognizione al di là dell\’Oise e rimasta ultima come capo, cadde nelle mani degli assedianti.
La "strega", come la chiamavano i nemici, fu consegnata a Giovanni di Lussemburgo, vassallo del duca di Borgogna, il quale la vendette agli inglesi per 10.000 tornesi dopo un lungo peregrinare di prigione in prigione e due infelici tentativi di evasione. Le sue voci la esortavano "ad accettare tutto volentieri perché se ne sarebbe andata al regno dei cieli". Carlo VII non mosse un dito per liberare colei che gli aveva salvato il regno. Giovanna fu processata a Rouen da giudici succubi agli inglesi, sotto la direzione del vescovo di Beauvais, Pietro Cauchon. Senza difensori, per più settimane fu persino rinchiusa in una gabbia di ferro con pesanti catene ai piedi, alle mani e al collo. Conscia di avere dinanzi un tribunale di guerra nemico, ella seppe tenere fede all\’idea per cui moriva. Non rinnegò le sue voci neppure alla minaccia della tortura. Fu accusata di aver affermato false visioni, di essersi data alla magia per ingannare principi e popolo, di aver vestito abiti maschili, di aver abbandonato la casa paterna senza il permesso dei genitori.
Il 24 maggio, nel cimitero di St-Ouen, fu indotta con la violenza e con l\’astuzia ad abiurare quelli che si dicevano i suoi errori. Ella dichiarò di voler ubbidire alla Chiesa, ma quando si accorse che la libertà personale era un\’insidia per farle ammettere di aver peccato, subito ritornò a dichiarare la sua fede nelle "voci". Fu ritenuta per questo eretica "relapsa", consegnata al braccio secolare e bruciata viva il 30-5-1431 sulla piazza del mercato vecchio di Rouen mentre il suo confessore, il P. Martino Ladvenue OP., le teneva innalzata dinanzi agli occhi la croce e il popolo, fremente di sdegno, gridava: "Banditi, traditori… condannate una innocente!"- Al palo della catasta di legna era affisso un cartello con la scritta: "Eretica, recidiva, blasfema, apostata!". La diciannovenne condottiera di eserciti morì invocando il nome di Gesù, S. Michele e S. Caterina. Le sue ceneri furono buttate nella Senna. Giovanna d\’Arco, gloria e salvezza della Francia, fu beatificata da Pio X l\’11-4-1909 e canonizzata da Benedetto XV il 16-5-1920.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 349-354
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