S. BLANDINA di LIONE (177)

Blandina era una schiava cristiana, arrestata insieme alla sua padrona durante le persecuzioni scatenate a Lione nel 177 d. C. Ella dimostrò una fermezza straordinaria nell’affrontare il martirio. Ripeteva “io sono cristiana e tra noi non c’è nessun male”. Fu condotta inizialmente nell’anfiteatro dove sopravvisse ai vari supplizi. Rimasta sola, su di lei si accanì la ferocia pagana: ignuda e ricoperta con una rete, fu esposta ai lazzi degli spettatori ed alla furia di un toro. Infine fu finita con la spada. Santa Blandina, schiava nella vita, ma eroica e gloriosa martire nella morte, è raffigurata da secoli nell’arte, con gli attributi del suo supplizio: la rete, la graticola, il palo, i leoni, il toro.

E\’ veramente ammirabile Iddio nei suoi santi. Egli li suscita in ogni tempo, in ogni luogo e tra tutte le categorie sociali di persone. Il 2 giugno la Chiesa ci fa celebrare la memoria di due fanciulli: S. Blandina, vergine e martire a Lione con altri compagni, e S. Nicola il Pellegrino, a Trani (Puglia).
Lione, già colonia romana circa cinquant\’anni prima di Cristo, divenne, grazie alla sua eccellente posizione geografica, capoluogo di una grande provincia. Il primo agosto di ogni anno, in occasione dell\’anniversario della dedica dell\’ara eretta in onore di Augusto, nella città venivano celebrate grandi feste. Il cristianesimo penetrò nella regione attraverso la vallata del Rodano per opera di cristiani giunti dall\’Oriente.
Il primo vescovo di quella chiesa fu, nel secondo secolo, Potino, martire con Blandina nella persecuzione scatenata contro i cristiani dall\’imperatore Marco Aurelio nel 177, poco tempo prima dell\’apertura delle feste annuali. Possediamo quasi per intero la lettera, in greco, che la cristianità di Lione e di Vienna inviò ai fratelli delle chiese dell\’Asia e della Frigia per dare loro notizia del glorioso martirio dei suoi figli: Vezio Epagato, giovane nobile, Santo, primo diacono di Vienna, Maturo, neofita, Aitalo, giovane cittadino romano di Pergamo, Blandina, fanciulla schiava, Potino, vescovo nonagenario, Alessandro, medico frigio, Pontico, fanciullo di quindici anni e Alcibiade. Dalla lettera che, secondo Ernesto Renan, costituisce "uno dei documenti più straordinari di qualsiasi letteratura", apprendiamo come, nell\’estate del 177, il popolo si fosse sollevato contro i cristiani, e li avesse accusati d\’irreligiosità e di empietà; di sacrificare dei bambini; d\’incesti alla stregua di Edipo; e come li avesse quindi esclusi dalle case, dai bagni e dal foro, li avesse oltraggiati, presi a sassate e imprigionati quasi fossero dei volgari malfattori.
I persecutori arrestarono di preferenza i fondatori delle due chiese di Lione e di Vienna. In un primo tempo costoro furono interrogati nel foro da un tribunale militare alla presenza del popolo. Nessuno rinnegò la propria fede. Nel processo che si svolse davanti al governatore della provincia, Vezio Epagato si fece difensore degli arrestati. Siccome era un uomo in vista, coloro che si trovavano vicino al tribunale si misero a gridare contro di lui. Il governatore gli chiese se era cristiano. Con voce sicura Vezio gli rispose di sì, e allora fu aggiunto al numero dei martiri.
Durante l\’interrogatorio, dieci cristiani, intimoriti dai minacciati tormenti, apostatarono. Furono sostituiti da altri fedeli arrestati. I carnefici infierirono contro di essi e in modo speciale contro Maturo, perché neofita; Attalo, perché era stato il sostegno dei cristiani della città; il diacono Santo il quale, anche mentre era dilaniato con lamine di rame roventi, non faceva che ripetere imperterrito: "Io sono un cristiano!". La sua fortezza fece rinsavire l\’apostata Biblis che meritò così di essere aggiunto alla lista dei martiri. Più crudeli furono i tormenti escogitati contro Blandina "mediante la quale Cristo ha mostrato che quello che sembra, presso gli uomini, di poco prezzo e senza bellezza e degno di essere disprezzato, merita, presso Dio, una grande gloria, a causa di un amore per lui, che si mostra nella forza e non si glorifica nell\’apparenza. Noi tutti temevamo, con la sua padrona secondo la carne, che combatteva tra i martiri, che ella non potesse fare francamente professione della fede, a motivo della sua debolezza fisica. Ma Blandina fu ripiena di una tale forza che ella stancò e scoraggiò i carnefici, che si succedettero presso di lei dal mattino alla sera, ed esaurirono tutto l\’arsenale dei supplizi.
Essi si dichiararono vinti; non avevano più niente da fare. Si meravigliarono anzi che le restasse ancora un soffio di vita, dal momento che tutto il suo corpo era lacerato e tormentato. Essi certificarono che il minore di quei tormenti era sufficiente per toglierle la vita, eppure, con tutto il loro assortimento, non vi erano riusciti! Ma la martire, come un generoso atleta, ritrovava le forze per confessare la fede. Era per lei un conforto, un riposo e un ristoro alle sue sofferenze il dire: "Io sono cristiana, e presso di noi non c\’è niente di male".
Poiché i supplizi si dimostrarono impotenti a piegare la costanza dei confessori, essi furono ammassati in un tetra prigione, dove la maggior parte morì soffocata e fu data in pasto ai cani, e altri perirono a causa dei tormenti sofferti. I superstiti dopo alcuni giorni furono di nuovo interrogati. Tra essi comparve pure Potino, vecchio e malato, già discepolo di S. Policarpo a Smirne. Essendo il capo della comunità e avendo reso testimonianza alla verità, fu preso a calci e a pugni dai presenti che credevano di dovere vendicare così i loro dei. Ricondotto in carcere, vi morì due giorni dopo per le percosse ricevute. Maturo, Santo ed Attalo furono esposti alle belve, nell\’anfiteatro. I due primi furono da queste dilaniati, posti sopra una sedia di ferro rovente e poi uccisi.
Blandina era stata sospesa ad un palo ed esposta in pasto alle belve, che si gettavano su di lei. E poiché pareva sospesa come sopra una croce, e pregava con grande fervore, ella ispirava un grande coraggio ai combattenti. In quella lotta essi vedevano con i loro occhi corporali, attraverso la loro sorella, Colui che era stato crocifisso anche per loro, allo scopo di persuadere coloro che credono in lui che chiunque soffre per la gloria del Cristo ha eternamente in retaggio il Dio vivente. E poiché nessuna delle bestie l\’avevano allora toccata, fu levata dal palo e messa di nuovo in prigione, di riserva per un altro combattimento: affinchè, vittoriosa in diversi assalti, da una parte rendesse definitiva la condanna del serpente perverso, e dall\’altra eccitasse i suoi fratelli nella fede, ella piccola e debole e degna di disprezzo, dopo avere rivestito il grande e invincibile atleta, il Cristo, avendo a più riprese vinto l\’avversario e, mediante il combattimento, ottenuto la corona dell\’immortalità".
Attalo, essendo cittadino romano, fu rimesso in carcere in attesa delle istruzioni imperiali. Frattanto, anche gli apostati, vinti dal coraggio dimostrato dai loro fratelli, ritornarono alla fede. In occasione della festa del primo agosto gl\’invitti confessori furono tradotti davanti al tribunale.
Avendo tutti riconfermato di essere cristiani e di volere rimanere tali, chi era cittadino romano fu condannato alla decapitazione, gli altri alle belve. Durante l\’interrogatorio Alessandro incitò con segni del capo i perseguitati a non rinnegare la propria fede. La folla, già irritata perché gli apostati erano ritornati a migliori sentimenti, si mise ad urlare contro di lui. Il governatore lo fece arrestare, e avendo saputo che era cristiano, lo condannò alle belve con Attalo.
"Dopo tutti costoro, l\’ultimo giorno, che restava per i combattimenti singolari, Blandina fu introdotta di nuovo nell\’anfiteatro e con lei Pontico, di circa quindici anni. Ogni giorno erano stati condotti a vedere il supplizio degli altri, ed erano stati sollecitati a giurare per gli idoli dei pagani. E poiché non si piegavano dinanzi ad essi, anzi li disprezzavano, la folla divenne furiosa contro di loro al punto da non avere né pietà dell\’età del fanciullo, né rispetto per il sesso di Blandina. Furono esposti a tutte le crudeltà, ed essi percorsero tutta la serie dei supplizi; furono sollecitati a turno da ciascuno a giurare per gli dei, ma inutilmente. Pontico, incoraggiato dalla sua sorella nella fede – i pagani vedevano bene che era lei a esortarlo e a stimolarlo – sopportò generosamente tutti i supplizi finché fu immolato. Ma la beata Blandina, l\’ultima di tutti, come un madre generosa che ha lanciato i suoi figli innanzi e li ha inviati, dinanzi a sé, vittoriosi verso il re, percorse ella pure tutta le serie dei combattimenti dei suoi figli. Blandina affrettò il passo verso di loro, gioiosa e saltellante di allegria, giungendo al termine, come se fosse stata invitata ad un festino di nozze e non gettata alle belve. Dopo i colpi di staffile e il fuoco della graticola, fu avvolta in una rete e abbandonata ad un toro. E dopo essere stata proiettata per aria più volte dall\’animale, ma senza avere il sentimento di quanto avveniva tanto era soggiogata dalla speranza dei beni promessi e dall\’attesa dell\’incontro con Cristo, essa pure fu immolata. I pagani stessi confessarono che mai, davanti ai loro occhi, nessuna donna aveva sofferto tanti e simili tormenti".
I resti dei martiri, sorvegliati giorno e notte dai soldati per impedire che fossero seppelliti dai cristiani, dopo sei giorni furono bruciati. I pagani gettarono le loro ceneri nel Rodano quasi bastasse quello per togliere ai morti la speranza nella risurrezione della carne, per la quale erano andati coraggiosamente al martirio.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 30-33
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