S. BEDA VENERABILE (672-735)

Trascorse tutta la sua vita nel monastero di Jarrow in Inghilterra,  dedicandosi solo alla preghiera, allo studio e all\’insegnamento. Della sua vasta produzione letteraria restano opere esegetiche, ascetiche, scientifiche e storiche. Tra queste c\’è l\’Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, un\’opera letteraria universalmente riconosciuta da cui emerge la Romanità (o meglio l\’universalità) della Chiesa. 

Questo "padre dell\’erudizione inglese" (Burke) è nato a Jarrow, nel Northumberland, sulle terre dell\’abbazia di Wearmouth, fondata nel 674 da S. Benedetto Biscop OSB. Rimasto orfano, a sette anni fu affidato dai parenti al suddetto sapiente abate il quale, tre anni dopo, lo commise al suo coadiutore S. Ceolfrido (+716) che con qualche religioso andava a fondare il monastero di Jarrow all\’imboccatura del Tyne. Fu là che Beda si iniziò alla vita benedettina, fu là che a diciannove anni ricevette il diaconato e a trenta il sacerdozio dalle mani di S. Giovanni di Beverley OSB., vescovo di Hexham. In seguito non ebbe mai altra dignità.
Beda trascorse tutta la sua vita a Jarrow, non lasciandolo che per visitare Lindisfarne e York. Lo afferma egli stesso nella sua opera principale in cinque libri intitolata Storia Ecclesiastica degli Angeli: "In questo monastero ho passato tutta la mia vita, consacrandomi interamente alla meditazione delle Scritture, e tra l\’osservanza della disciplina regolare e la cura quotidiana di cantare l\’ufficio in chiesa, ebbi sempre carissimo lo studio, l\’insegnare, lo scrivere" (Ivi, 5, 24). Monaco pacifico e metodico, si era proposto come fine di raccogliere dai suoi predecessori tutte le conoscenze, umane o divine, che potevano essere utili a coloro che doveva istruire con la parola o con la penna. Il suo ideale e la sua fede sono espressi nella preghiera che conclude l\’opera citata: "Vi supplico, o dolce Gesù, che come mi avete graziosamente accordato di bere con delizia le parole della vostra sapienza, mi concediate pure, nella vostra misericordia, di giungere un giorno a Voi, sorgente di ogni scienza e di comparire per sempre dinanzi al vostro cospetto".
Con questo ideale avente per scopo di fondere insieme la scienza e la pietà, Beda rafforzò in Inghilterra la tradizione di Aurelio Cassiodoro (+583) che a Vivarium, presso Squillace in Calabria, aveva insegnato ai suo monaci a valorizzare la scienza del passato e a trasmetterla alle generazioni future. Quando egli apparve, gli anglo-sassoni terminavano di entrare in seno alla Chiesa. L\’opera missionaria iniziata nel 597 da S. Agostino di Canterbury era stata vigorosamente sviluppata dai monaci S. Teodoro e S. Adriano, che papa S. Vitaliano (+672) aveva inviato ai britannici affinchè li ammaestrassero nel greco e nel latino, nella rettorica, l\’astronomia, la matematica e la musica. Beda fu il principale assimilatore e dispensatore di quella cultura, messa da lui soprattutto a servizio della S. Scrittura.
Insieme con S. Isidoro di Siviglia egli è la maggior figura di erudito dell\’alto medioevo, e divenne uno dei padri di tutta la cultura posteriore. Conosceva oltre l\’anglosassone, il greco e il latino, anche un po\’ di ebraico. Aveva familiari i poeti cristiani, ma non gli erano sconosciuti Aristotele e Ippocrate e soprattutto i classici romani le cui opere riteneva praticamente utili per coloro che devono studiare materie sacre.
S. Beda studiò specialmente di continuo i Padri e gli scrittori ecclesiastici raccogliendo, fin da giovane, larghissima copia di estratti dalle loro opere. Le sue trattazioni sacre sono quasi totalmente composte con questi materiali. Parte per gusto personale, parte per i bisogni della scuola e l\’indole dei tempi, egli fu un temperamento enciclopedico e quindi un poligrafo. Si può dire che possedeva tutte le scienze coltivate ai suoi tempi e in grado tale da esserne considerato maestro eccezionale. Lo studio gli fu agevolato dai numerosi e preziosi manoscritti che i suoi abati gli portavano dai loro frequenti viaggi sul continente e a Roma: di essi si fece egli stesso copista, collatore e correttore.
L\’insegnamento, la fama della dottrina e degli scritti gli procurarono molte illustri amicizie, come quella dei discepoli e poi abati del suo monastero, Vetberto e S.Cuthberto, Notelmo, arcivescovo di Canterbury, S. Acca vescovo di Hexham, i quali lo spronavano a comporre molte opere fornendogli magari il materiale storico e che furono poi ad essi dedicate. Fu pure in intima relazione con Ceovulfo, re della Northumbria, Albino, primo abate anglosassone del monastero di S. Agostino di Canterbury, Egberto, arcivescovo di York e maestro di Alcuino, il grande artefice della "rinascita carolingia". Nel 734 Beda era andato a far visita a quel suo antico scolaro, ma ne era ritornato colpito da una malattia da cui non si riprese più. A letto continuò a dettare brani scelti delle opere di S. Isidoro per uso dei suoi confratelli e la versione anglosassone del Vangelo di S. Giovanni.
Secondo il suo discepolo, S. Cuthberto, malgrado la crescente debolezza, continuava a passare senza interruzione dalla preghiera liturgica allo studio e viceversa. Morì il 25-5-735 in concetto di santità mentre, inginocchiato sul pavimento della cella, cantava il Gloria Patri. Il concilio di Aquisgrana dell\’836 lo chiamò "venerabile e ammirabile dottore dei tempi moderni" e Leone XIII il 13-11-1899 gli decretò il titolo di Dottore della Chiesa Universale. Le sue reliquie, trasportare a Durham accanto a quelle di S. Cuthberto, furono profanate sotto Enrico VIII. Rapito dalla sua figura di monaco umile e discreto "dall\’anima di cristallo", il Newmann disse di lui: "Beda è il tipo del benedettino, come S. Tommaso è il tipo del domenicano". Dante lo ha posto tra i saggi del cielo del sole (Par. 10, 131).
Beda fu maestro di monaci, teologo e predicatore di professione, ma si preoccupò pure di tutte le scienze del tempo non esclusa la versificazione.
Per questo Manitius Max (+1933), filologo e storico tedesco, lo definì " il più grande erudito del medioevo" e Martino Grabmann (+1949), studioso di teologia medioevale, "il primo teologo a carattere scientifico del medioevo, aperto anche alle scienze profane, che ha esercitato il suo influsso sulla teologia e storiografia della sua epoca. Lasciò numerosissime opere. La più importante è la Storia Ecclesiastica degli Angli, di cui narra le gesta fino al 731 prendendo per primo, come punto di riferimento, l\’anno dell\’Incarnazione del Signore.
Lasciò circa 60 libri di commento a quasi tutta la Bibbia seguendo le orme dei dottori latini. Fu il primo a proporre la teoria del senso storico, morale, allegorico e mistico della Scrittura, divenuta poi familiare agli scolastici. Notevole è pure il De ratione temporum contenente la continuazione, fino al 1063, dei calcoli del ciclo pasquale iniziati da Dionigi il Piccolo; tale calendario fece testo in tutta l\’Europa. Opere teologiche in senso proprio non ne compose. L\’aliquot quaestionum liber però lo colloca tra i precursori della Scolastica.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 295-297
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