RITO

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". RITO (lat. ritus = usanza religiosa): nell'uso ecclesiastico è l'insieme delle cerimonie (inchini, benedizioni, segni di croce, imposizione delle mani, unzioni ecc.) e delle formule (orazioni, inni, antifone, versetti ecc.), di cui constano gli atti liturgici.

Di questi riti alcuni sono essenziali, ossia costituiscono l'essenza stessa del Sacrificio o dei Sacramenti (materia e forma; v. queste voci), sono d'origine divina e rimasero immutati attraverso tutte le vicende e tutte le trasformazioni, cui fu sottoposta la liturgia nel suo bimillenario sviluppo. Altri sono accidentali, ossia la cornice in cui s'inseriscono, si svolgono e s'illuminano i riti essenziali sono di origine ecclesiastica e si amplificano, si modificano e talora scompaiono sotto l'influsso di avvenimenti storici e secondo la diversità dei temperamenti e dei climi religiosi. Tale varietà dei riti accidentali, nell'unità fondamentale del culto cristiano, ha dato origine alle varie famiglie liturgiche, che vigono nella Chiesa fin dal sec. IV-V. Così abbiamo:
  Il rito antiocheno, al quale sono connesse la liturgia greco-geroso­limitana, la siro-maronitica, la caldaica, la bizantina (detta di S. Giovanni Crisostomo: è la più diffusa essendo usata in Turchia, Grecia, Bulgaria, Rumenia, Serbia, Russia).
  Il rito alessandrino, da cui derivano la liturgia greca di S. Marco, la copta, l'etiopica.
  Il rito gallicano, che comprendeva le liturgie ambrosiana, mozarabica, celtica, gallicana in senso stretto (in uso nelle Gallie).
  Il rito romano antico (cui era affine quello africano). Nell'età carolingia si verificò una specie di osmosi liturgica tra il rito romano e quello gallicano dando origine (almeno nella sua fondamentale fisonomia) all'attuale liturgia latina, che è la predominante nel mondo cattolico.