RIMPROVERARE

 In materia di educazione bisogna evitare due eccessi: il primo consiste nell’assenteismo completo; il secondo nella pignoleria. * I bambini, per definizione, mancano dì esperienza; è compito dei genitori avvisarli dei pericoli che possono incontrare. Ma le grida continue e sproporzionate di allarme finiscono con distogliere l’attenzione e la sensibilità; e quando ci sarà un vero pericolo da prevenire, l’intervento dei genitori non sarà preso sul serio.

* In materia di educazione bisogna evitare due eccessi: il primo consiste nell’assenteismo completo: “lasciar fare, lasciar passare“, o politica degli occhi chiusi: “fa’ ciò che vuoi, purché mi lasci in pace“, politica di rinuncia che può portare a conseguenze catastrofiche. Il secondo consiste nella pignoleria; essere sopra al ragazzo per ogni sciocchezza. Come sempre, il giusto sta nel mezzo: il fanciullo ha bisogno dell’aiuto dell’adulto, aiuto che a volte può anche consistere in una specie di continuo addestramento: il ricordo, per esempio, di un dolore (uno scapaccione o sgridata) in seguito ad un gesto o a un atteggiamento biasimevoli.

* I buoni esempi e gli incoraggiamenti al bene non sono sempre sufficienti nell’educazione. Il fanciullo non nasce perfetto. Ha tendenze anarchiche e, a volte, quando meno ci si pensa, può manifestare un carattere geloso, autoritario, indipendente, solitario, ecc… È dunque normale che babbo e mamma debbano incanalare e orientare nel senso giusto le giovani forze vive, con un rimprovero che, se ben proporzionato e dato a tempo e luogo, contribuirà a fargli toccare con mano i limiti del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto; in una parola, a formare il suo criterio morale.

* Perché un’ammonizione sia efficace bisogna che sia rara e breve. Se assume un atteggiamento teatrale, con strida convulse e acute, perde ogni effetto. Il bambino, dapprima impaurito, poi indifferente, lascerà passare la burrasca a scapito della vostra autorità e, ciò che è peggio, a danno della formazione della sua coscienza, poichè una coscienza non si forma da sola.

* I vostri interventi saranno più fruttuosi se avranno un carattere di pace e serenità, Allora, siatene certi, saranno uditi; e se lì per lì troveranno l’opposizione istintiva del bambino, lo aiuteranno però col tempo a padroneggiarla.

* La maggior parte dei genitori non sospettano fino a qual punto usino della loro autorità per fare continue ed inutili osservazioni, ripetute raccomandazioni accessorie, sollecitudini esagerate contrarie al bene che si vorrebbe ottenere.
Per poco che si osservi su un treno, in un giardino o in una casa una madre col figlio, si rimane sbalorditi per la quantità di avvisi a volte contraddittori e di rimproveri spesso irragionevoli e ingiustificati che piovono sui poveri piccoli: “Enrico, non correre, ti riscalderai troppo…“, qualche istante dopo: “Non rimanere piantato come un albero, va’ a giocare… Non avvicinarti tanto all’acqua; cadrai… Attento alle scarpe; non sporcarle!.., Sarai ancora disubbidiente come sempre… Enrico, cosa ti ho detto?… È insopportabile un fanciullo così.,.! Sei un buono a nulla; non so che fare con te“. E va ancor bene quando la mamma, non considerando il valore delle parole, non aggiunge: “Mi accorgo che hai il carattere di tuo padre!“.

* La premura materna deve entrare in opera quando è veramente richiesta. Facendo rimproveri senza capo nè coda, si rischia di falsare la coscienza del bambino, che non impara a stimare nel loro giusto valore ordini e proibizioni, di impedirgli di svilupparsi nel suo stile e di fare la sua esperienza personale subendo le conseguenze delle sue sciocchezze o delle sue imprudenze. Naturalmente ciò lo dobbiamo permettere là dove il bambino non corre rischio grave.

* Tra i vantaggi che offre il sistema delle reazioni naturali, noi costatiamo che, in primo luogo, dà allo spirito, in fatto di condotta, l’esatta nozione del bene e del male che deriva dall’esperienza degli effetti buoni e cattivi, secondo, che il fanciullo, provando le conseguenze delle sue cattive azioni, deve riconoscere più o meno chiaramente la giustizia della punizione; terzo, che essendo riconosciuta la giustizia della punizione e questa punizione essendo applicata direttamente dalla natura e non da un individuo, il fanciullo non si irrita, mentre il padre, compiendo il suo dovere passivamente, e cioè lasciando che la natura compia il suo corso, conserva una calma relativa; quarto, che essendo così stornata la mutua esasperazione, tra padri e figli vengono a crearsi legami più dolci e fecondi di buone influenze.

* Quando un bambino cade o urta contro un tavolo, fa un’esperienza di dolore che lo rende più attento per l’avvenire. Se tocca la sbarra di ferro del camino, se passa con la mano sulla fiamma d’una candela o lascia cadere una goccia d’acqua bollente sulla pelle, la scottatura che ne prova è una lezione che non sarà facilmente dimenticata. Un bambino mai puntuale non lo si lascerà andare a passeggio; un bambino negligente, che trascura o rompe gli oggetti di suo uso, subisce dai genitori il rifiuto di sostituire gli oggetti perduti o rotti. Più tardi un bambino che trascura i suoi vestiti sarà privato d’una gita o duna visita agli amici con la famiglia. Infine un giovane spensierato e ozioso non ottiene un posto piacevole; questi sono i castighi delle reazioni naturali che seguono i falli commessi.

* Perchè il bambino diventi cosciente della sua responsabilità e comprenda in modo concreto il valore di ciò che ha detto o commesso, uno dei mezzi più efficaci consiste nell’indurlo a riparare – quando è possibile – materialmente o moralmente il male fatto.

* Meglio rimproverare un fanciullo a tu per tu e a voce bassa (a meno che lo sbaglio non sia stato pubblico).

* Si facciano poche parole col bambino colpevole, non si discuta. Meglio tagliar corto senza ulteriori spiegazioni, col sorriso di chi ha buone ragioni, ma non crede opportuno per il momento manifestarle. Allora il colpevole offeso si sforzerà di indovinare quanto gli nascondete. Le ragioni che ha così spontaneamente trovate gli gioveranno più delle vostre, avendole attinte dalla sua coscienza.

* Non si pretenda sempre che i bambini riconoscano immediatamente il loro torto, poiché è veramente assai difficile che riconoscano subito di aver sbagliato. È già molto quando cessano di dichiararsi innocenti; vuol dire che hanno già coscienza della loro colpevolezza e si arrenderanno alle vostre ragioni.

* Rimproverando, bisogna evitare assolutamente di paragonare il fanciullo ad un altro: “Guarda come è delicato tuo fratello... — Ah! fossi sempre come il piccolo Giacomo !“, ecc. Ciò servirebbe solo a creare gelosie e inimicizie inconciliabili tra il fanciullo e il modello,

* Cosa perdonata, cosa passata: non riandate per una sciocchezza da nulla a falli antichi. Ritornarci sopra vuol dire non aver dimenticato e tenere sempre in serbo un episodio umiliante, pronti a propalarlo. C’è da scoraggiare per sempre un bambino, impedendogli così ogni sforzo per correggersi.

* Una lite tra fratelli e sorelle richiama comunemente l’intervento energico dei genitori, Ordinariamente dopo quattro o cinque minuti uno dei figli cede o perché più debole, o perché più ragionevole dell’altro. Perché dunque intervenire quando la cosa si può risolvere da sé in modo soddisfacente?
Non sciupiamo l’autorità per dei nonnulla, a meno che non ci sia qualche prepotenza da parte d’un despota a cui bisogna dare una più esatta nozione della giustizia distributiva e della carità fraterna.

* Conosco due bambini che dormono nella stessa stanza. Naturalmente a volte vengono a lite e quando è ora di andare a dormire giocano. Si è loro raccomandato, ma inutilmente, che quando si va a letto bisogna far silenzio: quando la luce è spenta e la mamma è partita, incomincia la baldoria. Una sera la mamma ritorna per sgridare i disubbidienti. Mezzo conscia della necessità d’infliggere una punizione e semi-intenerita dal sorriso che legge ancora sui piccoli musini, dice: “È dunque così difficile ubbidire? Le mamme sono ben da compatire; devono fare degli uomini buoni e retti con dei fanciulli disubbidienti. Come ci riuscirò con voi? Oh! ve l’assicuro, non è bello”. Era una semplice osservazione e la mamma non prevedeva risposta; ma subito il più giovane dei futuri “uomini buoni e retti” scrolla il capo e dice in tono impacciato: “Sì, Credo che deve essere triste per te quando non siamo buoni“. E la madre si ritira contenta e riconoscente.