REVIVISCENZA (dei sacramenti)

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". REVIVISCENZA (dei sacramenti): se un sacramento ora validamente ricevuto, ma senza l'effetto della grazia per causa della presenza dell'obice (v. questa voce), in seguito, passato il rito esterno e rimosso l'ostacolo morale, produce la grazia in virtù del rito in antecedenza posto, si dice che revivisce.

 Da questa descrizione appare che per la reviviscenza si richiedono alcune condizioni: 1° la rimozione dell'obice da parte del soggetto; 2° da parte del sacramento si esige a) che sia valido e infruttuoso o informe, (senza forma soprannaturale, che è la grazia) perché se il sacramento è invalido non esiste e se non esiste non può agire; b) che il rito esterno sia passato, perché se dura ancora il segno sacramentale non si può parlare di reviviscenza ma di collazione ordinaria della grazia; c) che il rito esterno lasci nel ricevente qualche effetto, perché la reviviscenza importa un influsso causale del rito esterno, che sarebbe inconcepibile se questo non lasciasse una reale impronta del suo passaggio; 3° da parte di Dio, finalmente, si richiede che voglia conferire la grazia anche in questa maniera straordinaria.
 Effettivamente reviviscono quei Sacramenti nei quali si realizzano le condizioni predette. Ora tre si verificano in tutti i sacramenti, ad eccezione della penitenza: la rimozione dell'obice, il sacramento valido ed informe, il passaggio del rito esterno. Non rimane dunque che indagare se le altre due condizioni trovino il loro compimento: la permanenza di un qualche effetto e la volontà di Dio di largire la grazia per via straordinaria.
 La permanenza di un effetto reale, il carattere, si verifica nel battesimo, nella cresima e nell'ordine; così pure la volontà positiva di Dio si desume dal fatto che altrimenti non potrebbe essere rimesso il peccato originale in colui che riceve indegnamente il battesimo e che nella cresima e nell'ordine, i fedeli rimarrebbero privi di quelle grazie che sono sommamente utili all'adempimento dei doveri cui vengono deputati. Anche quanto all'estrema unzione e al matrimonio, mentre da una parte troviamo la permanenza di una «interior unctio» e di un «vinculum», dall'altra ricaviamo la volontà divina dal fatto che anche questa volta i fedeli verrebbero privati di quegli aiuti che sono tanto efficaci per superare le ultime tentazioni dell'agonia e per affrontare con buon esito le difficoltà della vita coniugale. Soltanto la penitenza c l'Eucaristia non reviviscono, la prima perché non può essere sacramento valido ed infruttuoso, come insegnano comunemente i teologi, l'altra perché derogherebbe alla norma dell'agire divino: infatti nell'ipotesi della reviviscenza dell'Eucaristia, un fedele che per tutta la vita quotidianamente riceve in modo sacrilego la comunione, in fine, per un semplice atto di contrizione emesso nel sacramento della penitenza riceverebbe tanti aumenti della grazia quanti sono i sacrilegi commessi. Veramente ripugna pensare che Dio voglia premiare il peccato!