Pratica dell’umiltà (1)

…di L. Beaudenom. Esercizi spirituali sull’umiltà. Prima meditazione. Primo punto: L’orgoglio tendenza innata e funesta. – Secondo punto: L’umiltà virtù riformatrice. – Terzo punto: L’umiltà sorgente di favori celesti…

PRIMA SETTIMANA


Bisogno d’essere umile


 


I MEDITAZIONE


1° E s e r c i z i o




Invito divino all’umiltà: «Sicut parvuli».



Primo punto: L’orgoglio tendenza innata e funesta. – Secondo punto: L’umiltà virtù riformatrice. – Terzo punto: L’umiltà sorgente di favori celesti.



Preparazione per la vigilia.


Prima d’incominciare la serie un po’ arida delle meditazioni nelle quali il raziocinio getterà le basi dell’umiltà, presenteremo alla nostra sensibilità una visione più dolce di questa virtù. il divino Maestro ce la mostra sotto le fattezze d’un fanciullino spirante candore. Non è che uno schizzo per ora, ma questo schizzo dà in modo mirabile la fisionomia dell’anima umile : nell’esterno nessuna affettazione, nell’interno nessuna pretesa; vi brilla l’incantevole semplicità degli sguardi e del portamento. Questa nativa semplicità è nel fanciullo senza merito e senza durata. Quel ch’egli possiede per una felice ignoranza, deve passare in noi mediante lo sforzo.


Sembra che il fanciullo conservi ancora un riflesso della primitiva innocenza. Questo riflesso puro, questa figura che sembra una visione, è l’ideale da raggiungere. In altro luogo ci verrà proposto un ideale più completo più alto ed anche infinitamente più amabile:«Imparate da me che sono mite ed umile di cuore»; allora l’immagine dell’umiltà riceverà in noi l’ultima mano col ricopiare fedelmente il capolavoro.


Create in me fin d’adesso un cuore desideroso e docile: ciò che Gesù insegna è necessariamente vero; ciò che Gesù domanda è necessariamente buono.


O Gesù, domani, mostratemi, come agli Apostoli, questo caro fanciullino, che deve essere il mio modello e fate che, sin d’ora, intraveda Voi sotto quei lineamenti!


 




Meditazione.


«Giunti a Cafarnao, come furono in casa, Gesù domandò loro: Di che cosa disputavate tra di voi per istrada? Ma essi tacevano: perché per istrada avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. E stando egli a sedere chiama a sè un fanciullo, lo pone in mezzo di essi e dice: In verità, in verità se non vi convertirete, e non diverrete come fanciulli, sicut parvuli, non entrerete nel regno di Dio. E chiunque accoglierà nel mio nome un fanciullo come questo, accoglie me stesso. Quegli che si farà piccolo come questo fanciullo, sarà il più grande… Gesù abbraccia il fanciullo e lo lascia andare» (Marco, 9, 32 seg.; Matteo, 18, 1 sg.).



Primo preludio. – Gettiamo i nostri sguardi sul cammino che dal Tabor va fino a Cafarnao. Il Salvatore va innanzi; gli Apostoli io seguono. Osserviamo i loro volti animati dalla discussione; ascoltiamo le loro pretese accolte con esclamazioni, gli argomenti dubbi che si avvicendano. – Così pure, nel cammino della vita, l’orgoglio preoccupa ed agita gli uomini. – Uniamoci col seguito di Gesù ed entriamo nella casa ospitale. Notiamo la cerchia dei dodici che lo circondano; e, discosto, il fanciullino che li guarda con la sua aria ingenua e curiosa.



Secondo preludio. – Chiediamo la grazia d’intendere questa importante lezione d’umiltà; e di far tesoro di ogni parola, proprio come se in questo momento e per noi soli uscisse dalla bocca del divino Maestro.



I. L’orgoglio, tendenza innata e funesta.


Consideriamo la violenza di questa tendenza e le sue conseguenze immediate. Essa si trova in uomini di bassa condizione e di semplici costumi. Essa sussiste in anime ammaestrate direttamente dal Salvatore.   Iddio la lascia negli Apostoli destinati alla più alta virtù. Chi, dunque, non la porterà nel fondo di se stesso?


Vediamo le sue conseguenze. Essa provoca fra gli Apostoli discussioni ardenti. Occupa e riempie completamente il loro spirito. Li rende indifferenti per la compagnia del loro Maestro…Oh! allontanarsi da Gesù!


Privarsi della sua conversazione! Fuggire i suoi sguardi! E per che cosa! … E tra noi non produce l’orgoglio effetti simili? dissensi, litigi, affievolimento della pietà?


 


II. L’umiltà, virtù riformatrice.


Pesiamo bene ogni parola del Salvatore: «Nisi conversi fueritis, se non vi convertirete». Dunque io non posso rimanere quel che sono per natura, per inclinazione, forse per abitudine. Bisogna che io sia un altro: da orgoglioso divenire umile. E questa è una condizione precisa, necessaria, assoluta: Nisi. Senza questo, non vi è luogo per voi nel regno dei cieli.


«Et efficiamini». Rifarsi, a dispetto di tutte le difficoltà e le ripugnanze. Ci vorrà tempo e pazienza: non è possibile rifarsi in un giorno.


«Sicut parvuli». Ecco la frase essenziale. Il fanciullino è il mio modello. Prima debbo abbassarmi, farmi piccolo, credermi piccolo; poi debbo agire a seconda di questa opinione. Dunque non alterigia nè sdegno, non ambizioni nè ricerche di precedenze, non preoccupazioni e disturbi d’amor proprio. Come il fanciullino debbo esser semplice, fiducioso, docile, buono, senza pretensione e senza affettazione; infine, seguendo la frase del Salvatore, non debbo farmi piccolo, ma piccolo in tutto: Sicut parvuli. Oh! che parola piena a un tempo e di tenerezza, e d’abbassamento.


«Non intrabitis in regnum coelorum. Non entrerete nel regno dei cieli».


Meditiamo i diversi sensi di questa espressione. Il regno di Dio è la pace dell’anima, ed io la voglio; – è la perfezione e vi tendo; – è la felicità eterna e vi sospiro. La missione dell’umiltà è di assicurarmi il possesso di questi beni.


O Gesù, se io mi farò piccolo in tutto entrerò nel gaudio di questi destini così belli!…


 


III. L’umiltà, sorgente di favori celesti.


1. Principio di grandezza. – «Statuit eum in medio eorum». Gesù pose il fanciullo in evidenza in mezzo agli Apostoli al posto di onore; e subito illustrò quest’atto con queste parole: «Quegli che si rassomiglierà a lui sarà il più grande nel cielo; erit maior». Se nel giudizio finale dovrà essergli assegnato un tal posto, vuol dire che lo merita fin da quaggiù: dunque lo occupa già negli occhi di Dio. Oh! quanto c’ingannano i nostri giudizi! Oh! Quali strani cambiamenti subirebbero le classi sociali se la luce della verità penetrasse le nostre tenebre!


2. L’umiltà, principio di consolazione. -«Quem cum complexus esset» : Gesù abbraccia il fanciullo. – Felicità di questo dolce privilegiato, oggetto delle carezze divine!… Felice piccolezza a cui s’inchina con amore la grandezza!… Se questo fanciullo non fosse stato piccolo in tutto Gesù non lo avrebbe degnato dei suoi amplessi…


Io mi dolgo delle mie desolazioni interne; io conosco appena il gusto della consolazione; Gesù non mi prende fra le sue braccia, non mi preme sopra il suo cuore. Perché? perché? Sarebbe Egli men buono, o sarei io troppo grande?… Sì, forse, per le mie pretensioni. Oh! io scelgo d’essere piccolo e d’essere amato… Tutte le soddisfazioni dell’amor proprio non valgono, messe insieme, una carezza di Gesù.


3. L’umiltà, principio di successo. – «Qui susceperit talem in nomine meo me suscipit» . Gesù innalza presso tutti gli uomini colui che rassomiglierà a questo fanciullo. Dichiara che accoglierlo è quanto accogliere Lui stesso.


Chi, dunque, non s’affretterà ad aprire a Gesù la propria abitazione, le proprie braccia, il proprio cuore? – Io sarò questo privilegiato, se mi farò piccolo.


Iddio, per rendere facile la sua raccomandazione, impreziosisce l’umiltà del dono di piacere. Quegli in cui brilla sembra che arrechi la tranquillità ed il sollievo.


Si sente, a non so qual segno, che quest’umile né saprebbe disprezzare né schernire. Sia che parli o che ascolti é in lui costantemente lo stesso desiderio di nascondersi, lo stesso desiderio che gli altri figurino. Quel che domanda, subito gli viene concesso: nulla in lui provoca quelle repulsioni istintive che l’orgoglio solleva. – Sarebbe ciò un’irradiazione dell’anima?… un privilegio della grazia?… una fuggevole apparizione di Gesù? «Qui receperit talem me recepit»… Oh! quanto vorrei farmi piccolo!


 


Proposito. – Essere un fanciullo perché Gesù mi ami.