NOSTRA SIGNORA di LOURDES

Si fece il segno della croce ed anch’io allora fui in grado di farlo. Dopo non ebbi più paura. Recitai il rosario; la fanciulla faceva scorrere i grani del rosario, ma le sue labbra non si muovevano. Mentre pregavo, la guardavo incantata. Aveva un abito bianco che le scendeva fino ai piedi, che erano quasi nascosti dalle pieghe, tranne la punta. Il vestito era chiuso attorno al collo da un’arricciatura da cui pendeva un cordone. Un velo bianco le copriva la testa, cadeva lungo le spalle, le braccia, fino a coprirle tutto il vestito. I piedi erano nudi e su di essi spiccava una rosa gialla. Un nastro azzurro le cingeva la vita e scendeva lungo la gonna. La catena del rosario era gialla e luminosa, e i grani bianchi, grossi, e lontani l’uno dall’altro. La fanciulla era giovane, viva e circondata da un’aureola di luce. Quand’ebbi finito il rosario mi salutò sorridendo, si ritirò e scomparve improvvisamente nella nicchia assieme alla luce radiosa che la circondava”.

L’8-12-1854 Pio IX, nella basilica di
S. Pietro, alla presenza di oltre 200 cardinali, arcivescovi, vescovi, e di una
moltitudine di fedeli esultanti, con la bolla Ineffabilis Deus definì
solennemente che la B. V. Maria, “fin dal primo istante del suo
concepimento, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, e in vista
dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, fu preservata immune da
ogni macchia di peccato originale”. Con tale definizione la Chiesa poneva
il suggello ad una verità contenuta almeno implicitamente nella Scrittura, e
che nel corso dei secoli era stata oggetto di accese polemiche tra gli
studiosi. Nella Chiesa greca la dottrina dell’Immacolato Concepimento di Maria
raggiunse il suo pieno trionfo nel secolo VII, con la celebrazione della festa
della Concezione. Quando nel secolo IX detta festa fu introdotta anche nella
Chiesa latina, si accese una controversia tra i teologi che si protrasse per
molti secoli. S. Bernardo protestò contro l’introduzione di essa
nell’arcidiocesi di Lione. Anche S. Bonaventura, S. Alberto Magno e San Tommaso
d’Aquino furono contrari al singolare privilegio, benché ammettessero la
santificazione della Madonna immediatamente dopo la sua concezione nell’utero
materno, perché sembrava loro difficile salvare il dogma della universalità e
dell’assoluta necessità della Redenzione.
 Papa Sisto IV nel 1483 proibì, sotto pena
di scomunica, ai sostenitori di una sentenza di tacciare di eresia i fautori
dell’altra. La scuola francescana prevalse nella costante difesa del grande
privilegio della Madre di Dio. Che ella sia stata concepita immacolata si
deduce dal Protoevangelo (Gen. III, 15) in cui fu preannunciato il
trionfo totale della donna e della sua discendenza, capeggiata da Cristo, sulle
forze del male, impersonate da Satana, l’avversario. Anche nelle parole rivolte
dall’angelo a Maria: “Ave, piena di grazia”, i Padri hanno veduto
proclamata a riguardo di lei una santità completa ed assoluta, senza limiti di
tempo.
 Il dogma, definito da Pio IX nel 1854,
in seguito al consenso universale della Chiesa cattolica, quattro anni dopo fu
confermato dal cielo, con le apparizioni dell’Immacolata a Lourdes.
 Giovedì 11 febbraio 1858 Luisa
Soubirous, madre di Bernadetta, si accorse di non avere più legna sufficiente
per cuocere il pranzo nella povera stamberga in cui si era ridotta a vivere con
la famiglia. Bernadetta, sua sorella Antonietta e l’amica Giovanna Abadie di
dodici anni, andarono a farne provvista nel bosco comunale. Strada facendo
raccolsero pure gli ossi che poi avrebbero venduto alla cenciaiola per
comperare del pane. Nel loro vagare giunsero per la prima volta davanti alla
rupe chiamata di Massabielle, nella quale era scavata una grotta naturale piena
di detriti ammassati dal torrente Gave che le scorreva davanti. All’ingresso,
sopra un monticello di sabbia, l’Abadie scorse un osso e l’indicò col dito alla
compagna. Per giungere alla grotta avrebbe dovuto attraversare il canale del
mulino Savy, che poco più innanzi sboccava nel torrente, e la pozzanghera che
ne copriva il fondo era troppo larga perché la potesse superare con un salto.
Abadie e Antonietta gettarono gli zoccoli sull’altra sponda e, a piedi nudi,
guadarono l’acqua gelata. Bernadetta, a causa dell’asma che aveva contratta fin
dai sei anni, non osò imitarle.
 Tuttavia, al rifiuto delle compagne
di gettare qualche pietra nell’acqua che le permettessero di passare senza
scalzarsi, per non rimanere sola in quel luogo deserto, si apprestò a togliersi
le calze e a raggiungere le compagne ormai scomparse dietro i cespugli della
riva del Gave, quando improvvisamente sentì un rumore di vento come se stesse
per scatenarsi un temporale.
 Era mezzogiorno e i pioppi del prato
non muovevano foglia, Bernadetta, persuasa di essersi ingannata, mise
cautamente un piede nell’acqua. Sentì ripetersi lo stesso rumore. Guardò allora
verso la grotta e vide agitarsi le rose canine ed i rovi che s’intrecciavano
sull’entrata. Nell’apertura della cavità più alta della roccia – raccontò la
veggente il sabato successivo nel suo dialetto all’abate Pomian, cappellano
dell’ospizio delle Suore dell’Istruzione Cristiana di Nevers – “vidi una
fanciulla vestita di bianco, non più grande di me, che mi salutò con un leggero
movimento della testa e contemporaneamente alzò le braccia, aprendo le mani,
come le sante Vergini; dal braccio sinistro le pendeva un rosario. Io ebbi
paura e indietreggiai. Volevo chiamare le mie compagne, ma non ne avevo il
coraggio. Mi stropicciai gli occhi più volte perché credevo d’ingannarmi.
Sollevando lo sguardo, vidi che la fanciulla mi sorrideva con molta grazia, e
sembrava mi invitasse ad avvicinarmi: ma io avevo ancora paura. Non era però la
stessa paura che avevo provato tante altre volte, perché sarei sempre rimasta a
guardare “quella là”, mentre invece quando si ha paura si cerca di
scappare al più presto. Mi venne allora l’idea di pregare. Misi la mano in
tasca e presi il rosario che porto abitualmente con me. Mi inginocchiai e volli
farmi il segno della croce, ma non fui capace di sollevare la mano fino alla
fronte, perché il braccio ricadde. La fanciulla intanto si girò verso di me.
Ora teneva in mano il suo grande rosario. Si fece il segno della croce ed
anch’io allora fui in grado di farlo. Dopo non ebbi più paura. Recitai il
rosario; la fanciulla faceva scorrere i grani del rosario, ma le sue labbra non
si muovevano. Mentre pregavo, la guardavo incantata. Aveva un abito bianco che
le scendeva fino ai piedi, che erano quasi nascosti dalle pieghe, tranne la
punta. Il vestito era chiuso attorno al collo da un’arricciatura da cui pendeva
un cordone. Un velo bianco le copriva la testa, cadeva lungo le spalle, le
braccia, fino a coprirle tutto il vestito. I piedi erano nudi e su di essi
spiccava una rosa gialla. Un nastro azzurro le cingeva la vita e scendeva lungo
la gonna. La catena del rosario era gialla e luminosa, e i grani bianchi,
grossi, e lontani l’uno dall’altro. La fanciulla era giovane, viva e circondata
da un’aureola di luce. Quand’ebbi finito il rosario mi salutò sorridendo, si
ritirò e scomparve improvvisamente nella nicchia assieme alla luce radiosa che
la circondava”.
 Quando, circa venti minuti dopo,
Antonietta e Abadie, curve sotto il carico di legna, ritornarono verso la
grotta, scorsero Bernadetta inginocchiata e ancora in estasi. Ritornata
improvvisamente in sé, ella attraversò il canale, si infilò le calze senza
mostrare di avere freddo, nonostante fosse rimasta tutto il tempo a piedi nudi.
Strada facendo raccontò brevemente alla sorella quello che aveva visto, e
Antonietta, appena giunta a casa riferì ogni cosa alla madre la quale concluse
pensierosa: “Bisogna pregare; è forse l’anima di qualche nostro parente in
Purgatorio”.
 La Vergine SS., che solo più tardi
manifesterà il suo vero nome, per altre 17 volte apparirà nella stessa maniera
all’umile figlia dei Soubirous, la quale si recherà all’appuntamento quasi
sempre sul far del mattino, dopo aver ascoltato la Messa. L’accompagnerà
qualche zia, o la mamma stessa, e sarà seguita da una folla sempre più numerosa
ed entusiasta, specialmente dopo che si verificarono, a conferma delle
apparizioni, i primi miracoli. Non tutte le volte, però, la Regina del cielo
parlerà in dialetto a Bernadetta rapita in estasi. Il 18 febbraio, durante la
terza apparizione, la veggente chiese con ingenuità alla sconosciuta, presentandole
carta, penna e calamaio: “Volete avere la bontà di mettere il vostro nome
per iscritto?”. Le rispose la signora: “Quello che ho da dirvi non è
necessario che lo scriva. Volete avere la bontà di venire qui per quindici
giorni?”. Avendo la fanciulla risposto affermativamente, la visione
soggiunse: “Io non vi prometto che sarete felice in questo mondo, ma
nell’altro”.
 Durante la quarta apparizione (20
febbraio), dopo quaranta minuti di estasi, la “Signora” insegnò
parola per parola a Bernadetta una preghiera che avrebbe dovuto recitare lei
sola per tutta la vita. Nella settima ( 23 febbraio), le confidò tre segreti
con l’obbligo di non rivelarli a nessuno. Nell’ottava (24 febbraio), per tre
volte esclamò, triste in volto: “Penitenza!” e raccomandò alla
veggente: “Pregate Dio per i peccatori”. Nella non (25 febbraio)
ordinò a Bernadetta: “Andate a bere alla fontana ed lavarvi”. La
Soubirous, ubbidiente, si alzò per recarsi al Gave, ma a un cenno della Signora
bruscamente si arrestò. Secondo le indicazioni ricevute, si diresse all’angolo
sinistro della grotta, si pose a scavare con le mani nella sabbia e subito
sgorgò un’acqua fangosa. Per la conversione dei peccatori la
“Signora” le impose due atti di penitenza. Anzitutto volle che bevesse
di quell’acqua torbida. Bernadetta per tre volte la prese e la gettò via tanto
le ripugnava, poi ne bevette e con essa si bagnò il viso. Lì accanto crescevano
alcuni ciuffi d’erba. All’ordine della “Signora”: “Mangiate di
quell’erba”, Bernadetta ne prese una foglia dal sapore disgustoso e, dopo
averla masticata, la ingerì. Nella decima apparizione (27 febbraio), la visione
ordinò alla Soubirous: “Baciate la terra in penitenza per i peccati”
e nella tredicesima (2 marzo) le comandò: “Andate a dire ai sacerdoti che
vengano qui in processione e che facciano costruire una cappella in questo
luogo”.
 Al tempo delle apparizioni reggeva la
parrocchia di Lourdes Mons. Domenico Peyramale. Bernadetta, nonostante le
incutesse “più paura di un carabiniere”, si recò subito in
presbiterio per recapitargli il messagio. L’accoglienza che egli riservò alla
sua parrocchiana non fu incoraggiante. “Se quella Signora – le disse
burbero – crede di aver diritto ad una cappella, chiedile da parte mia che lo
provi, facendo immediatamente fiorire il rosaio alla grotta!” Le rose
canine, invero, non fioriranno fuori stagione, ma l’iniziale incredulità del
Peyramale fu provvidenziale, perché dimostrò che il clero non ebbe parte alcuna
in quegli avvenimenti e obbligò la Vergine a dare altri segni dell’autenticità
della sua presenza. Difatti, mentre i giornali anticlericali della Francia
gettavano il discredito sul soprannaturale, Luigi Bourriette, lavoratore delle
cave di pietra di Lourdes, lavandosi gli occhi con l’acqua ancora fangosa sgorgata
miracolosamente nella grotta, il giorno innanzi, riacquistava il perfetto uso
dell’occhio perduto nello scoppio di una mina. E mentre a Lourdes le autorità
civili si agitavano e cercavano d’impedire l’accesso alla grotta, mentre tre
medici sottoponevano a una lunga visita Bernadetta e gridavano
all’allucinazione pur di non ammettere l’intervento diretto di Dio, Croisine
Duconte, benché dissuasa dai presenti, immergeva con fede nell’acqua fredda che
scorreva sempre più abbondante fuori della grotta il suo bambino moribondo e lo
ritraeva guarito.
 Dal 4 al 25 marzo Bernadetta non
ritornò più sul luogo delle apparizioni. Frequentò la scuola di catechismo
presso le Suore dell’ospizio onde prepararsi alla prima comunione fissata per
la festa del Corpus Domini. Il 25 marzo, però, mossa da interna ispirazione,
sentì prepotente il bisogno di recarsi alla grotta. Quando vi giunse trovò che
la Signora l’aspettava in piedi nella cavità più alta della roccia. Nell’estasi
la veggente per tre volte la supplicò di manifestarle il suo nome. Soltanto
alla quarta implorazione la Signora, dopo aver assunto un’aria grave, abbassò
le braccia che teneva aperte, congiunse le mani, le avvicinò al petto, levò gli
occhi al ciclo ed esclamò: “Io sono l’Immacolata Concezione!”.
 La veggente non capì subito il valore
di quelle parole, e per non dimenticarle, mentre si dirigeva alla canonica, le
ripeté meccanicamente di quando in quando, onde poterle riferire in modo esatto
al parroco. Mons. Peyramale rimase folgorato da quella frase che Bernadetta non
aveva mai udito, e che non era in grado di comprendere. Il dogma
dell’Immacolata Concezione riceveva il suo più autentico suggello. D’allora in
poi il curato di Lourdes difese energicamente Bernadetta contro l’ostilità dei
pubblici poteri locali e centrali, che si trasformò tosto in vera persecuzione
sotto lo specioso pretesto di combattere la superstizione, impedire immaginari
disordini per l’accorrere della folla e tutelare la pubblica igiene.
 L’Immacolata apparirà ancora due
volte alla sua piccola confidente. Durante la diciassettesima apparizione (7
aprile), per un quarto d’ora i testimoni presenti, tra cui il medico condotto
Pietro Dozous, videro la fiamma del cero, scivolato tra le dita di Bernadetta,
lambirle la mano senza bruciarla. L’ultima apparizione si verificò verso sera,
il 16 luglio.
 Essendosi sentita attratta verso la
grotta, la Soubirous vi andò, ma non riuscì ad entrarvi a causa di una
palizzata fatta erigere dall’autorità civile nell’intento d’impedire l’accesso
ai devoti. Stando inginocchiata sull’opposta riva del Gave la contemplò più
bella del solito, forse perché il 3 giugno aveva finalmente potuto accostarsi
al banchetto eucaristico.
 Mons. Peyramale, appena seppe dal
sindaco di Lourdes e dal procuratore imperiale che era intenzione del prefetto
della provincia far condurre la veggente “vittima di
un’allucinazione” a Tarbes “per essere trattata come malata”,
insorse sdegnato: “Andate pure a riferire al signor Prefetto che i suoi
soldati mi troveranno sulla soglia della porta di quella povera casetta, e che
dovranno atterrarmi, passare sul mio corpo e schiacciarmi prima di torcere un
capello a quella fanciulla”.
 Lourdes, in seguito alle apparizioni
dell’Immacolata, è diventata la città della preghiera e dei miracoli. Ogni anno
folle enormi di pellegrini e di malati si recano davanti alla grotta di
Massabielle a implorare grazie per sé e per i propri cari. Ciò dimostra che la
bianca regina dei Pirenei, oggi come ieri, regna nei cuori e conduce ancora gli
uomini al suo Figlio, medico delle anime e dei corpi.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,

I Santi canonizzati del
giorno
, vol. 2, Udine: ed. Segno,
1991, pp. 158-164.

http://www.edizionisegno.it/