L’ascesa della Prussia


Prof. A. Torresani. 6. 1 Il re sergente – 6. 2 La giovinezza di Federico II – 6. 3 Federico II conquista la Prussia – 6. 4 Il rovesciamento delle alleanze e la guerra dei Sette anni – 6. 5 La rinascita culturale della Germania – 6. 6 Cronologia essenziale – 6. 7 Il documento storico – 6. 8 In biblioteca


Cap. 6 L’ascesa della Prussia



Nel corso di quattro generazioni un insieme abbastanza eterogeneo di contee, ducati, principati, posti tra il basso Reno e l’Oder, fu trasformato in un potente Stato fondato su un esercito permanente divenuto l’asse portante della vita statale. Per mantenerlo, si attuò un sistema di tassazione efficiente, il miglioramento dell’agricoltura, una decisa crescita delle attività industriali, il miglioramento della legislazione.


Il grande elettore Federico Guglielmo di Brandeburgo comprese per primo le potenzialità del suo Stato: la vittoria di Fehrbellin del 1675 sugli Svedesi fu importante per ciò che accadde in seguito. Gli aiuti francesi non ridussero il Brandeburgo a pedina nelle mani del Re Sole, bensì furono la premessa per una politica internazionale di vasto respiro. Il grande elettore morì nel 1688; il figlio Federico I fu riconosciuto dall’imperatore Leopoldo I come re di Prussia, un titolo che sanciva la crescita politica del Brandeburgo. Il figlio Federico Guglielmo I, dedicò le sue cure alla creazione di un esercito permanente di oltre 70.000 soldati, cifra che, rapportata alla popolazione dello Stato prussiano, appare straordinaria. Quando lo strumento fu messo a punto, nel 1740, arrivò al potere Federico II, il re più significativo del XVIII secolo, colto, amico degli illuministi, grande generale. Federico II scatenò a freddo la guerra di successione austriaca e la guerra dei Sette anni, entrando nel concerto delle potenze europee. La Gran Bretagna prese atto di questa novità e si alleò con la Prussia che, a partire dal 1763, divenne custode del nuovo ordine europeo. Le campagne militari di Federico II apparvero leggendarie e le sue tattiche di combattimento furono studiate dagli strateghi successivi.


Il bellicismo prussiano non era qualcosa di innato nelle popolazioni tedesche del nord, bensì qualcosa di pianificato e voluto con energia da una serie di sovrani che svilupparono con coerenza i presupposti dell’assolutismo.



6. 1 Il re sergente



Federico Guglielmo I, confermato a Utrecht come re di Prussia, dedicò il tempo del suo regno, durato fino al 1740, alla creazione di un grande esercito permanente e allo sviluppo economico del suo Stato.


Il regno di Prussia Il regno di Prussia era in realtà un mosaico di entità minori: la Prussia orientale con Königsberg era un territorio isolato dal resto dello Stato per la presenza a cuneo del porto polacco di Danzica; poi c’era il Brandeburgo con la capitale Berlino; la Pomerania con la città e il porto di Stettino; il Magdeburgo con la città omonima; i ducati di Cleve, Merk e Ravensberg in Renania, separati dal resto dello Stato prussiano dal ducato di Hannover, dal 1714 dominio ereditario dei re inglesi; poi i principati di Minden e Halberstadt e altri minori.


Riforme amministrative Il grande elettore Federico Guglielmo (1640-1688) aveva iniziato l’unificazione amministrativa di quell’insieme di feudi, migliorando la rendita delle terre demaniali (circa un quarto del territorio), introducendo un efficace sistema di tassazione indiretta che colpiva determinati consumi essenziali (sale, birra, tabacco, ecc.) e soprattutto accettando sussidi dalla Francia che gli permisero di essere indipendente dal punto di vista finanziario dagli Stati (nobiltà, cavalieri, città libere). L’amministrazione del demanio permise la creazione di una burocrazia centralizzata, devota al sovrano e preposta, come compito principale, al mantenimento di un reggimento acquartierato in ogni provincia.


Perdura il ristagno economico La Prussia, fino al secolo passato, era un paese agricolo. Il commercio era scarso e praticamente entravano nel paese solo i prodotti di lusso destinati alla corte e a poche famiglie ricche. La Germania del nord risentiva ancora gli effetti della guerra dei Trent’anni.


L’esercito pilastro dello Stato prussiano L’esercito permanente fu istituito nel 1644 tra le proteste degli Stati (nobiltà, cavalieri, città libere) che cercavano di evitare il pagamento delle imposte necessarie al suo mantenimento. Il grande elettore Federico Guglielmo ricorse alle minacce, all’arresto delle personalità più in vista e allo svuotamento di potere delle diete provinciali che da allora si occuparono solo di amministrazione locale, lasciando il potere effettivo alla burocrazia centrale. L’imposta diretta per l’esercito si chiamava contribuzione: la nobiltà ne fu esentata, ma a patto che gli Junker (i grandi proprietari terrieri) entrassero nell’esercito in qualità di ufficiali.


Riordino amministrativo Il re Federico Guglielmo I curava il suo reggimento della guardia addestrandolo personalmente. Poi si dedicava a reperire i fondi crescenti necessari al mantenimento del grande esercito, molto costoso anche in tempo di pace. A questo fine il re attuò le riforme in grado di permettere un più efficace impiego delle terre del demanio, individuato nell’affitto a breve termine di grandi estensioni di terreno concesse ad agenti che versavano all’erario una quota annuale.


Affitto delle terre demaniali Questo sistema di affitti a breve termine stimolò un’attiva categoria di medi coltivatori che si sforzavano di migliorare i sistemi di produzione. Dopo sei anni il fisco prendeva atto dei miglioramenti avvenuti e perciò poteva aumentare il canone di affitto. Quando ci si accorse che le città pagavano meno tasse delle campagne, il governo introdusse una tassa indiretta sui generi alimentari: anche in questo caso le nuove tasse stimolarono l’aumento di produttività. L’esazione delle tasse esigeva una burocrazia efficiente e onesta, qualità ottenute mediante accurati controlli.


Il reclutamento dell’esercito I soldati erano ingaggiati da un migliaio di colonnelli arruolatori che accorrevano in ogni parte d’Europa dove ci fosse notizia di carestie e disastri naturali. In genere, il premio di ingaggio era diviso in due parti, di cui una depositata in banca e l’altra consegnata al soldato per provvedersi di armi. Uno stipendio regolare permetteva al soldato di acquistare i viveri.


Onnipresenza dell’esercito La disciplina era severa e le punizioni esemplari nei casi di violenza ai civili, anche perché i soldati alloggiavano presso famiglie di artigiani o piccoli borghesi che affittavano una camera. In molte piccole città i soldati arrivavano a metà della popolazione adulta: nel tempo libero i soldati aumentavano le loro entrate lavorando nei campi. Era naturale, perciò, che tutto lo Stato prussiano assumesse una marcata fisionomia militaresca e che le parate o le manovre annuali divenissero l’avvenimento più importante della vita sociale.


Controllo sociale L’accresciuto controllo sociale portava a non tollerare l’ubriachezza, il vagabondaggio e anche le manifestazioni di malcontento, frutto, secondo la mentalità protestante, di scarsa laboriosità e di disordine personale. I funzionari statali intervenivano anche in questo settore con piglio militaresco, volto a ottenere regolarità, disciplina, compostezza come se tutta la vita non fosse altro che preparazione all’entrata nell’esercito.


Tramonto delle autonomie medievali Un poco alla volta furono abolite le antiche corporazioni medievali di arti e mestieri coi loro statuti autonomi, perché sembravano intralciare lo sviluppo dello Stato. I lavoratori ricevevano un attestato dell’istruzione e del grado di abilità: quando cambiavano datore di lavoro consegnavano l’attestato al nuovo padrone, tenuto a compilarne uno nuovo se il rapporto di lavoro cessava: era una prassi che accresceva il controllo sociale sulla popolazione.


È favorita l’immigrazione in Prussia Il complesso di territori confluiti nello Stato prussiano era poco popolato e perciò il governo fu largo di ospitalità verso stranieri disposti a stabilirsi in Prussia: il grande elettore accolse alcune migliaia di ugonotti fuggiti dalla Francia intorno al 1685 in seguito alla revoca dell’Editto di Nantes. Costoro appartenevano all’alta e media borghesia francese, banchieri, industriali e artigiani in possesso di capacità tecniche messe a frutto specialmente a Berlino. Nel 1723 furono cacciati da Salisburgo circa 20.000 contadini evangelici, subito accolti e collocati nella Prussia orientale. Perfino i Gesuiti, cacciati dagli Stati retti da dinastie borboniche, trovarono accoglienza a Berlino purché aprissero centri di insegnamento.


Stabilità politica della Prussia Mediante queste riforme militari, finanziarie, economiche perseguite con inflessibile energia, Federico Guglielmo I riuscì in 25 anni a preparare la Prussia alla spettacolare ascesa avvenuta nel corso del regno di Federico II. La struttura di governo era efficiente, le entrate erano di circa 7 milioni di talleri annui, di cui 5 destinati alle spese militari. Con gli altri due milioni erano coperte le spese della pubblica amministrazione e le spese di corte, ridotte al minimo: ma così facendo era possibile accantonare ogni anno una certa somma che accresceva il tesoro per l’eventualità di una guerra. L’esercito con 72.000 effettivi, era superato solo dagli eserciti francese e russo.


Scomparsa dell’analfabetismo L’istruzione, le arti, la cultura in genere non entravano nella visuale del re sergente cui bastava che la popolazione sapesse leggere, scrivere e far di conto: spesso erano i sarti e i soldati anziani ad aprire nei villaggi povere scuole elementari per impartire i primi elementi del sapere ai ragazzi.



6. 2 La giovinezza di Federico II



Non era una vita brillante quella che si poteva fare in Prussia nel XVIII secolo. Quando il principe ereditario divenne adulto, scoppiò un clamoroso conflitto tra padre e figlio che sembrava preannunciasse un insanabile contrasto di caratteri, con imprevedibili conseguenze politiche.


Federico II in contrasto col padre Federico II, nei ritratti giovanili, appare elegante, raffinato, non tanto disposto a occuparsi di soldati quanto di musica che proprio allora Johann Sebastian Bach conduceva a vertici ineguagliati nella vicina Sassonia.


Composizione del contrasto Il conflitto tra padre e figlio era grave perché nella struttura rigidamente assolutista assunta dallo Stato prussiano tutto dipendeva dalla personalità del sovrano. Per qualche tempo sembrò possibile l’esclusione del caparbio principe dalla successione al trono. Tuttavia, col passare del tempo, il giovane comprese, dietro l’atteggiamento tetro e avaro di Federico Guglielmo, l’esistenza di un grande progetto, non estraneo alla più esuberante personalità del figlio. Quel progetto si concretò nella decisione di invadere la Slesia, scatenando il conflitto con l’impero di Maria Teresa.


Cultura di Federico II Federico II scrisse un’opera di filosofia politica, l’Antimachiavel, in cui mostrava disprezzo per i conquistatori e ammirazione solo per coloro che fossero dotati di autentica umanità, contraddicendo le dure massime del segretario fiorentino. I contemporanei, dopo aver sperimentato conn Federico II il più scaltro diplomatico, il generale più volitivo, il re più efficiente nell’esazione delle tasse, dovettero sospettare in lui il più grande dei geni machiavellici.


Nascita del nazionalismo tedesco La notevole attitudine agli studi umanistici suggerì a Federico II la possibilità di unire l’edificazione dello Stato per fini di potenza con l’ambizione di divenire un principe anche delle lettere, delle scienze e delle arti. Tutte le popolazioni di lingua tedesca divennero in qualche modo fridericiane, anche quelle che non appartenevano al suo Stato e per due secoli la Germania divenne non solo la massima potenza militare, ma anche la nazione più feconda sul piano culturale. La convinzione di fondo di Federico II che “l’uomo è fatto per l’azione” è riecheggiata nel Faust di Goethe dove, contraffacendo l’inizio del Vangelo di san Giovanni, si dice “in principio era l’azione”.


Ambiguità di Federico II C’è qualcosa di ambiguo in questa personalità così ricca di doti: forse il giovanile Antimachiavel va letto alla luce del convincimento di Federico II che la forza crea la verità, che il successo coonesta i mezzi impiegati per raggiungerlo. Gli ideali fridericiani furono più tardi ribaditi dal Bismarck con la sua Realpolitik, la politica dei fatti compiuti: i contemporanei che definirono “grande” il re dopo la sua prima campagna militare, non videro altro che il prodigio operato da un piccolo Stato posto in una zona periferica d’Europa assurto al rango di grande potenza.



6. 3 Federico II conquista la Slesia



La guerra di successione spagnola fu seguita da alcune conseguenze che Carlo VI d’Absburgo accettò con riluttanza quando sottoscrisse il trattato di Utrecht.


La ripresa della Spagna sotto l’Alberoni In Spagna, il potente ministro di Filippo V ed Elisabetta Farnese, il cardinale Giulio Alberoni, aveva operato la ripresa di quel paese, inducendo le altre potenze europee – Gran Bretagna, Province Unite, Francia e impero – a coalizzarsi. L’imperatore Carlo VI rinunciò a pretendere il trono spagnolo, riconobbe la successione nel ducato di Parma e Piacenza all’infante don Carlos insieme col diritto di successione anche nel granducato di Toscana, dove la dinastia dei Medici era avviata all’estinzione; infine operò lo scambio tra Sicilia e Sardegna, ceduta a Vittorio Amedeo II di Savoia: in Sicilia operava ancora la flotta spagnola e solo dopo la caduta dell’Alberoni (1720) fu chiuso il lungo periodo di guerre collegato alla successione spagnola (pace dell’Aia).


Sorge il problema della successione austriaca L’imperatore dovette affrontare il problema della propria successione, perché dal suo matrimonio erano nate solo due figlie, Maria Teresa e Maria Anna. Già nel 1713 l’imperatore aveva diffuso un documento in cui chiedeva di confermare “la durevole, indissolubile unione dei regni e delle terre absburgiche”. Con qualche resistenza da parte del Tirolo e dell’Ungheria, la volontà dell’imperatore fu accolta: nel Tirolo perché la popolazione era legata alla dinastia, e in Ungheria perché le armate absburgiche guidate dal principe Eugenio avevano riportato una memorabile vittoria sui Turchi a Petervaradino nel 1716, liberando l’Ungheria meridionale e Belgrado (pace di Passarowitz, 1718).


La Prammatica Sanzione Si poneva il problema di far passare a livello internazionale il progetto di successione al trono di Maria Teresa in luogo di una delle figlie del fratello maggiore Giuseppe I, che secondo la legge vigente precedevano Maria Teresa. Le due donne avevano sposato il duca di Sassonia la prima, e il duca di Baviera l’altra. Nel 1724 fu sottoposta alle cancellerie europee la Prammatica Sanzione che abrogava le antiche disposizioni di legge. Secondo la prassi politica del tempo, tuttavia, ogni concessione doveva essere compensata da un vantaggio per il concedente e perciò le potenze europee avanzarono le loro pretese.


La guerra di successione polacca Ostili rimasero solo la Baviera, la Sassonia e il Palatinato; più tardi anche la Sassonia accettò la Prammatica Sanzione quando l’imperatore si unì a Prussia e Russia per portare sul trono di Polonia Augusto III di Sassonia, in luogo del candidato della Francia Stanislao Leszczynski, suocero di Luigi XV: la breve guerra accesa per la successione polacca vide da una parte la Francia, i domini spagnoli in Italia, il re di Sardegna, il duca di Baviera, il Palatinato e Colonia; dall’altra l’impero e la Russia che ebbero la meglio. La pace fu sottoscritta a Vienna nel 1735 dove tuttavia fu sollevato un nuovo problema. Maria Teresa sposò Francesco Stefano di Lorena nel 1737, ma la Francia esigeva un compenso per accedere alla pace: fu deciso di assegnare la Lorena allo sfortunato pretendente al trono di Polonia Stanislao Leszczynski con la clausola che, alla sua morte, la Lorena sarebbe passata alla Francia; a Francesco Stefano fu assegnato il granducato di Toscana, dopo la morte di Gian Gastone de’ Medici, l’ultimo rappresentante di quella famiglia (i duchi di Lorena erano parenti dei Medici di Firenze). Il re di Sardegna e la Spagna aderirono nel 1739 a questo trattato, che comportava l’accettazione della Prammatica Sanzione.


Caratteristiche dell’impero absburgico Quando nell’ottobre 1740 Carlo VI morì, lasciava un’eredità difficile. Gli esaltatori della civiltà austriaca giustamente mettono in luce le notevoli realizzazioni della cultura barocca, manifestazione esteriore e visibile dell’intima unione tra una società aristocratica e la Chiesa cattolica che sembrava aver trionfato sui nemici interni, i protestanti, e sui nemici esterni, i Turchi. La vita di corte si svolgeva in una cornice splendida e raffinata, dove confluivano gli apporti culturali della Germania, dell’Italia, dei Paesi Bassi, della Spagna e della regione danubiana. I nobili accorrevano da ogni parte dell’impero e costruivano i loro palazzi intorno alla Hofburg di Vienna. Accanto all’imperatore vigilava il più grande soldato dell’epoca, il principe Eugenio di Savoia: per lui fu costruito il palazzo del Belvedere, simile a una reggia. Ma quando il vecchio soldato morì, nel 1736, l’esercito appariva antiquato, rispetto a quello prussiano.


Arretratezza economica dell’impero I critici della civiltà austriaca, al contrario, rimproverano l’arretratezza delle strutture amministrative e finanziarie del paese; deplorano il pauperismo dei territori al di fuori di Vienna; condannano una nobiltà incapace di razionalizzare la coltivazione dei feudi. Sia i difensori sia i critici della società absburgica hanno molte ragioni, valide solo a patto di non dimenticare la funzione svolta dagli Absburgo nell’Europa danubiana e balcanica nei confronti di popolazioni arretrate, prive di stabilità politica e di adeguate risorse culturali: il passaggio dalla dominazione a turca a quella absburgica significò il passaggio nell’area della civiltà occidentale sotto un dominio che non conosceva l’intolleranza nazionalistica o il militarismo esasperato da fiscalismo oppressivo. Le nazionalità più forti dei Paesi Bassi e della Lombardia godevano di notevole autonomia; l’Ungheria appariva inquieta e suscettibile quando si trattava dei suoi diritti, e perciò fu sempre trattata con riguardo dal governo di Vienna.


Federico II occupa la Slesia Quando nell’ottobre 1740 Carlo VI morì, Federico II di Prussia decise di agire: a dicembre scatenò un attacco contro la Slesia, ricca di ferro, carbone e manifatture tessili. La decisione di Federico II fu grave, in primo luogo perché avveniva da parte di un membro del Reich contro il sovrano; perché non esisteva alcun pretesto che giustificasse la guerra; infine perché mise in pericolo l’esistenza stessa del Reich tedesco.


Proposte di pace di Federico II La Slesia fu occupata dall’esercito prussiano. Dopo aver compiuto l’attacco, Federico II si affrettò a proporre a Maria Teresa la cessione della Slesia contro la promessa di alleanza per difendere gli altri domini absburgici e il voto alla dieta imperiale a favore di Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa.


Maria Teresa continua la guerra Con meraviglia di Federico II, Maria Teresa respinse le proposte prussiane e si accinse a difendere con la forza il suo diritto, asserendo che se avesse ceduto non avrebbe ottemperato alla Prammatica Sanzione e nessuna parte del suo impero sarebbe stata sicura.


La guerra si estende Al principio del 1741 Maria Teresa sperava nell’intervento di Giorgio II re d’Inghilterra ed elettore di Hannover che intendeva difendere i suoi domini tedeschi. Giorgio II temeva soprattutto un’alleanza tra Spagna e Francia per cui era importante ricostituire la tradizionale alleanza tra le potenze marittime e l’Austria, appianando il conflitto con la Prussia.


Difficoltà di Giorgio II d’Inghilterra Giorgio II come duca di Hannover aveva libertà di scelte politiche, ma come re d’Inghilterra dipendeva dal Parlamento che non avrebbe accettato di subordinare gli interessi britannici a quelli dell’Hannover. Maria Teresa non comprese la delicata posizione di Giorgio II e quell’incomprensione è alla base del successivo rovesciamento delle alleanze.


Difficoltà della Russia Maria Teresa riteneva di poter contare sull’aiuto russo per premere sulla Prussia, ma in Russia in quel momento stava avvenendo il trapasso di poteri nelle mani della zarina Elisabetta, in guerra contro la Svezia. L’elettore di Sassonia e re di Polonia cercava di stabilire la contiguità territoriale tra Polonia e Sassonia, che poteva avvenire solo ai danni della Prussia e dell’Austria, e perciò praticava una politica di attesa degli sviluppi.


Battaglia di Mollwitz A marzo 1741 apparve chiaro che Giorgio II non riusciva a piegare il Parlamento inglese: il premier Robert Walpole era contrario al coinvolgimento della Gran Bretagna contro la Prussia, cercando una soluzione diplomatica del contrasto tra impero e Prussia. La Francia inviò in missione il maresciallo Belle-Isle presso i principi elettori di Germania, proponendo la nomina del duca di Baviera Carlo Alberto, marito della pretendente al trono imperiale. In aprile l’esercito austriaco passò all’offensiva in Slesia, sconfiggendo a Mollwitz l’esercito prussiano.


Si consolida il possesso della Slesia Dopo la battaglia di Mollwitz il piano di Belle-Isle appariva attuabile: una serie di operazioni congiunte dell’esercito francese e di quello bavarese per invadere la Boemia e occupare Praga, cercando di ottenere l’appoggio della Sassonia e della Prussia. A luglio i bavaresi occuparono Passau, mentre le truppe francesi superavano il Reno per congiungersi con i primi. A ottobre fu occupata la Boemia e perciò Maria Teresa fu obbligata a scendere a patti con Federico II.


L’Austria supera il punto critico Nel gennaio 1742 Carlo Alberto di Baviera fu eletto imperatore col nome di Carlo VII, ma il nuovo sovrano non ebbe alcuna autorità effettiva sul Reich tedesco. Maria Teresa aveva superato il momento più difficile della sua successione quando si recò a Presburgo per presiedere la dieta ungherese, davanti alla quale tenne un coraggioso discorso affermando che affidava la sua corona, il suo destino e quello dei figli al valore e alla lealtà degli ungheresi. Colpiti dall’infelicità della giovane regina i cavallereschi magiari affermarono di mettere a disposizione dell’impero il loro sangue, acclamando il primogenito di Maria Teresa, Giuseppe, ancora in braccio alla madre, come futuro imperatore.


Riprendono i problemi dell’equilibrio Nella primavera 1742 Federico II era propenso a concludere la pace con Maria Teresa per molti motivi: la stanchezza dell’esercito, l’esaurimento delle riserve finanziarie, l’impossibilità di accendere prestiti all’estero perché Gran Bretagna e Province Unite gli erano ostili. La guerra procedeva stancamente perché i coalizzati all’interno dei due schieramenti perseguivano obiettivi discordanti: Gran Bretagna e Province Unite miravano a impedire un rafforzamento della Francia e non la guerra contro la Prussia; la Francia mirava a un definitivo indebolimento dell’impero, ma senza rafforzare la Prussia; la Spagna mirava a rientrare in possesso di Milano e di Napoli. Il fatto nuovo di questo conflitto rispetto ai precedenti era l’indebolimento delle Province Unite che non mostravano il dinamismo di un tempo. La società olandese appariva opulenta e soddisfatta di sé, non più timorosa della propria sopravvivenza sotto l’ombrello britannico. Per non avere troppi fronti di combattimento, le potenze navali insistevano per la pace tra impero e Prussia.


La guerra in Italia La morte di Carlo VI era sembrata quanto mai opportuna a Filippo V di Spagna per riprendere i territori della penisola perduti quarant’anni prima. Il re aveva collocato uno dei figli avuti da Elisabetta Farnese sul regno di Napoli, l’infante don Carlos, e sperava di fare altrettanto con l’altro figlio Filippo che avrebbe dovuto occupare i possedimenti italiani di Maria Teresa e, se possibile, anche il granducato di Toscana, amministrato da Francesco Stefano di Lorena con un consiglio di reggenza. Perciò furono sostenute le pretese imperiali di Carlo Alberto di Baviera. L’infante Filippo sbarcò con un esercito in Italia, aggirando la flotta britannica presente nel Mediterraneo. La Francia seguiva con sospetto le manovre spagnole, ostacolate soprattutto da Carlo Emanuele, re di Sardegna, che non amava la prospettiva di un’Italia sotto l’egemonia borbonica.


La politica sabauda Carlo Emanuele di Savoia decise allora di avvicinarsi a Maria Teresa in cambio della cessione di Finale Ligure, per avere uno sbocco sul mare. La presenza di un esercito spagnolo in Italia sancì l’alleanza tra Piemontesi e Austriaci. Le truppe spagnole marciarono attraverso lo Stato della Chiesa senza incontrare resistenza e si congiunsero con un contingente napoletano. Lo scontro avvenne presso Modena (1743) e non fu risolutivo, perché Carlo Emanuele rifiutò di lanciare le sue truppe all’inseguimento degli spagnoli.


Le operazioni militari in Germania Sempre nel 1743 la Gran Bretagna mosse un esercito guidato da Giorgio II e composto di Inglesi e Olandesi: a Dettingen sul Meno quell’esercito cadde in un’imboscata tesa dal generale francese de Noailles, ma l’incompetenza dei suoi ufficiali trasformò in un insuccesso quella che poteva essere una strepitosa vittoria. Anche l’altro esercito francese che operava in Baviera fu sconfitto da Carlo di Lorena, fratello di Francesco Stefano. Tuttavia, dopo Dettingen, l’esercito inglese non assunse l’iniziativa di una energica offensiva contro la Francia, bensì furono intensificati i tentativi della diplomazia britannica per spingere l’imperatore Carlo VII di Baviera contro la Francia, mentre sul fronte italiano cercò di mettere d’accordo Maria Teresa e Carlo Emanuele con la promessa a quest’ultimo di una parziale cessione della Lombardia e di Finale Ligure. Questi accordi, voluti dalla Gran Bretagna e accettati con riluttanza da Carlo Emanuele e da Maria Teresa, costrinsero Genova a schierarsi dalla parte dei Borbone, contribuendo al ritorno in guerra di Federico II, perché la prospettiva di annessione della Baviera da parte di Maria Teresa appariva concreta. Federico II tentò di guidare un’azione comune dei principi tedeschi a favore di Carlo VII, l’imperatore fantoccio che rischiava di perdere il suo dominio ereditario.


Patto di famiglia tra i Borbone La Francia di Luigi XV percepì acutamente il pericolo di isolamento e perciò strinse alleanza con la Spagna cui offrì la prospettiva del recupero di Gibilterra e di Minorca. Infine fu giocata la carta della guerra civile in Gran Bretagna, facendo sbarcare in Scozia il pretendente Giacomo III Stuart: la flotta francese in partenza da Dunkerque fu dispersa dalla tempesta e la Francia rinunciò all’impresa troppo rischiosa, permettendo alle truppe britanniche di schiacciare la rivolta con facilità (1745).


La Baviera esce dal conflitto Nel 1745 Carlo VII di Baviera morì: Maria Teresa concluse col nuovo duca Massimiliano Giuseppe un accordo sulla base dello statu quo e così la Baviera uscì dal conflitto. La Sassonia, invece, si schierò dalla parte dell’impero, e Maria Teresa ritenne giunto il momento di rioccupare la Slesia. Federico II attese l’attacco reagendo con la battaglia di Hohenfriedberg. Subito dopo offrì la pace a Maria Teresa che rifiutò nonostante il parere contrario degli alleati. Federico II attuò una fulminea invasione della Sassonia. L’unico successo di Maria Teresa nel 1745 fu l’elezione imperiale del marito Francesco Stefano (Francesco I).


La Spagna esce dal conflitto Nel 1746 l’improvvisa morte di Filippo V di Spagna favorì la pace perché il nuovo re Ferdinando VI aveva mire politiche più modeste. Poiché non volle rinunciare a Gibilterra, le trattative politiche con la Gran Bretagna furono interrotte.


Il trattato di Aquisgrana Nei Paesi Bassi erano continuati i successi militari francesi con pericolo di invasione delle Province Unite dove fu eletto alla carica di statolder Guglielmo IV. Costui fece sapere al governo britannico che la guerra non poteva continuare senza un sostanzioso aiuto finanziario, peraltro rifiutato dal Parlamento britannico. Per stanchezza generale furono avviate le trattative concluse a ottobre 1748 col trattato di Aquisgrana, che in gran parte rispecchiava il precedente trattato di Utrecht con alcune variazioni:


1. Parma e Piacenza erano cedute a Filippo di Borbone.


2. Le Province Unite rientravano in possesso delle fortezze della barriera, ma a loro spese.


3. Alla Prussia era concesso il possesso pacifico della Slesia.


Nuovo equilibrio delle potenze europee L’impero absburgico uscì rafforzato dal lungo conflitto: giunto sull’orlo del collasso nel 1741, aveva conosciuto una serie di successi, alternati a sconfitte che non avevano minato la fiducia dell’esercito e della burocrazia nei confronti di Maria Teresa. Federico II proseguì la politica di rafforzamento dell’esercito, uscito dal conflitto come il più potente del continente, sia pure a prezzo dell’isolamento diplomatico della Prussia. In Italia, l’ostilità crescente tra Austria e Prussia ebbe il potere di assicurare un lungo periodo di pace, interrotto solo dagli eventi della rivoluzione francese: gli Absburgo e i Borbone compresero che non potevano più opporsi, indebolendosi reciprocamente. Filippo di Borbone, duca di Parma e Piacenza, si aspettava pochissimo da Ferdinando VI di Spagna e poco anche da Luigi XV, suo suocero, rinunciando a espandersi in direzione di Milano. Carlo III di Napoli e Sicilia si preparava a succedere al fratellastro sul trono di Spagna, poiché era malato e senza figli. Carlo Emanuele di Savoia ridimensionò le sue aspirazioni, acquistando solo la Lomellina, ma ricevendo assicurazioni per gli altri territori del suo Stato.



6. 4 Il rovesciamento delle alleanze e la guerra dei Sette anni



Il trattato di Aquisgrana aveva dato occasione a numerosi festeggiamenti e qualche ottimista come Lodovico Antonio Muratori pensava che, in piena epoca dei lumi, la pace sarebbe stata duratura.


Riforme di Maria Teresa Maria Teresa d’Austria iniziò la prima fase di riforme del suo Stato con notevoli successi sul piano della politica interna. La politica estera fu affidata a un notevole diplomatico, il principe Anton Kaunitz che con abilità guidò il rivolgimento diplomatico. L’opposizione tra Prussia e impero era radicale, a causa della Slesia e della forte attrazione che i principi tedeschi provavano verso Federico II.


I problemi coloniali della Gran Bretagna Le colonie inglesi d’America erano in pieno sviluppo e gli attriti col Canada francese si facevano sempre più acuti. Inoltre la Francia stava realizzando un ambizioso programma di costruzioni navali rendendo più acuta la rivalità con la Gran Bretagna. Il governo britannico voleva la pace sul continente per controllare sul mare l’espansione francese. Perciò era necessaria l’alleanza con le Province Unite, che a loro volta avevano bisogno dell’alleanza absburgica per controllare nei Paesi Bassi la Francia. L’impero a sua volta, aveva bisogno dell’alleanza con la Russia per premere sui confini orientali della Prussia.


Matura il rovesciamento delle alleanze Il ministro degli esteri britannico Newcastle, nel momento in cui la Prussia era praticamente isolata, si lasciò convincere a lasciar cadere l’alleanza con la Russia, offrendo a Federico II un’alleanza difensiva, ossia la Gran Bretagna sarebbe rimasta neutrale in caso di conflitto tra Francia e Prussia. Il governo britannico intendeva mantenere rapporti cordiali con l’impero absburgico per impedire una guerra in Germania.


Alleanza tra impero e Francia Il Kaunitz, da parte sua, fece comprendere al ministro degli esteri francese Bernis che l’espansionismo prussiano era la reale causa di disturbo e che la pace europea era meglio tutelata da un’alleanza tra Francia e impero, con la Russia che fungeva da contrappeso in Oriente. Anche in questo caso l’alleanza doveva avere carattere difensivo.


Trattato di Westminster e Convenzione di Versailles Nel gennaio 1756 fu reso noto il trattato di Westminster; nel maggio dello stesso anno fu pubblicata la convenzione di Versailles che operava il cosiddetto rovesciamento delle alleanze. In Russia, la zarina Elisabetta appariva sempre più malandata in salute e si sapeva che l’erede al trono, Pietro, era un ammiratore di Federico II, mentre la moglie, la futura zarina Caterina II, gli era contraria. Se Federico II avesse avuto di mira la pace, i due trattati diplomatici non avrebbero permesso il conflitto. Ma Federico II non voleva la pace, e subito dopo la firma del trattato di Westminster cominciò ad ammassare truppe ai confini con la Sassonia che aveva il torto di frapporsi tra la Prussia e la Slesia, mettendosi così nella trappola diplomatica predisposta dal Kaunitz.


La guerra dei Sette anni La guerra dei Sette anni cominciò nell’agosto 1756 con l’attacco di Federico II alla Sassonia, ma in realtà era già iniziata in America dal 1754 con alcuni successi francesi che avevano militarizzato le tribù degli indiani irochesi a danno dei coloni britannici: la posta in gioco era l’impero americano, mentre in Europa si combatteva per la sopravvivenza della Prussia. Il dramma della Francia fu di dover sottrarre forze al conflitto americano tanto da finire sconfitta, mentre la Gran Bretagna si limitò a fornire aiuti finanziari a Federico II, impegnandosi a fondo nel nuovo mondo.


Occupazione della Sassonia Federico II già il 16 ottobre 1756 aveva sbaragliato la resistenza sassone battendo Augusto III a Pirna: i resti dell’esercito sassone furono incorporati nell’esercito prussiano e fino alla fine della guerra la Sassonia fu trattata come una provincia prussiana. Augusto III si ritirò nel regno di Polonia.


Il conflitto si espande Nel 1757 l’Austria invocò il trattato difensivo con la Francia chiedendone l’intervento insieme con la Russia: l’intervento degli eserciti russo e francese impedì a Federico II la progettata invasione della Boemia. La Francia fece avanzare il suo esercito principale di 100.000 uomini nello Hannover dove si trovava l’esercito inglese al comando del duca di Cumberland, figlio del re Giorgio II. Il duca di Cumberland fu sconfitto e dovette ritirarsi, lasciando Hannover e Brunswick in mano ai Francesi.


I Russi nella Prussia orientale I Russi entrarono nella Prussia orientale sconfiggendo i Prussiani presso Gross Jägerdorf, ma a seguito della falsa notizia della morte della zarina Elisabetta, i Russi si ritirarono. Federico II non ricavò beneficio dalla ritirata russa perché gli Svedesi, muovendo da Stralsunda, avevano invaso la Pomerania. Nel gennaio 1758 i Russi tornarono nella Prussia orientale e vi rimasero fino alla fine del conflitto.


Battaglie di Rossbach e Leuthen Nel corso del 1757 Federico II combatté le sue battaglie più famose e solo la tenacia di Maria Teresa permise la prosecuzione della guerra nonostante i rovesci subiti. La campagna militare di quell’anno fu rivolta soprattutto contro le truppe austriache: la Boemia fu invasa e Praga assediata. A Kolin, tuttavia, Federico II imparò a sue spese che gli attacchi frontali, con truppe inferiori al nemico, erano disastrosi. Dopo aver occupato la Slesia, le truppe austriache a ottobre entrarono in Berlino, e inseguirono Federico II operando congiuntamente con un esercito francese. Federico II, in manovra di ritirata, operò un’improvvisa contromarcia, nascondendosi all’osservazione degli avversari, e poi li attaccò quando ancora erano in ordine di marcia: colse così la più famosa delle sue vittorie, quella di Rossbach (5 novembre 1757). Qualche settimana dopo, il 5 dicembre, a Leuthen attaccò l’esercito imperiale, sbaragliandolo, rioccupando il territorio perduto nei mesi precedenti.


Intervento britannico Alla fine del 1757 il governo britannico decise di offrire sostanziosi aiuti finanziari a Federico II e di formare un potente esercito di mercenari tedeschi da mettere al comando di Ferdinando di Brunswick. La campagna del 1758 ricalcò quella dell’anno precedente. In agosto un grande esercito russo pose l’assedio a Küstrin, alla confluenza tra Warte e Oder. Federico II avanzò e a Zorndorf riportò una brillante vittoria nella più sanguinosa delle battaglie di tutta la guerra. I Russi si ritirarono in Polonia e il Brandeburgo fu salvo. Poi Federico II dovette dirigersi a marce forzate in Sassonia contro un esercito austriaco.


Ristagnano le operazioni militari Nella campagna del 1759 la guerra cominciava a logorare la resistenza della Prussia. In quell’anno la leva permise di radunare solo 100.000 uomini e quindi Federico II fu costretto a tenersi sulla difensiva. I Russi iniziarono una lenta avanzata in Brandeburgo: in agosto sconfissero l’esercito di Federico II a Kunersdorf, riducendolo alla disperazione. Russi e austriaci, tuttavia, non colsero il momento favorevole. Anche sul fronte occidentale, il successo iniziale dell’attacco francese fu annullato dalla vittoria riportata da Ferdinando di Brunswick a Minden. La Francia ritenne di dover mutare strategia, concentrando le sue forze contro la Gran Bretagna, lasciando a Russi e Austriaci il compito di sconfiggere Federico II.


La svolta della guerra Anche le campagne del 1760 e del 1761 mostrarono la crescente debolezza di Federico II che continuava ad applicare i suoi schemi tattici ma a prezzo di crescenti perdite umane. All’inizio del 1762 la fortuna volse decisamente a suo favore.


La Russia esce dal conflitto Il 5 gennaio 1762 la zarina Elisabetta morì e prese il potere il nipote Pietro III, uno squilibrato sia sul piano politico sia su quello personale. A maggio Pietro III offrì la pace separata a Federico II con totale restituzione dei territori occupati nella Prussia orientale e in Pomerania; a giugno gli propose di scendere in campo a suo fianco. Gli eserciti prussiani poterono allora sconfiggere gli austriaci in Slesia e in Sassonia. Pietro III fu assassinato: la moglie Caterina II prese il potere annullando gli accordi stipulati dal marito, ma ormai era troppo tardi per riprendere la guerra.


Le paci di Parigi e di Hubertusburg Il 10 febbraio 1763 Francia e Gran Bretagna firmarono la pace di Parigi che, per quanto riguarda l’Europa, riportava tutto alla situazione precedente la guerra. Cinque giorni dopo Prussia, Austria e Sassonia firmarono la pace sulla stessa base a Hubertusburg: la Slesia rimaneva definitivamente alla Prussia, ma Federico II accettava di ripristinare l’elettorato indipendente di Sassonia.


Bilancio della guerra La Prussia uscì dalla guerra con ingenti perdite di uomini (circa mezzo milione di morti) e di materiali. Federico II era giunto sull’orlo del collasso, ma aveva resistito. Politicamente la Prussia era stata abbandonata dagli Inglesi, ma a est c’era la Russia che aveva subito l’affronto diplomatico di esser esclusa dalle trattative di pace: per questo motivo la Russia si accostò alla Prussia, un evento che permise la prima spartizione della Polonia, costretta a cedere la Posnania alla Prussia, il territorio a est della Vistola alla Russia e la Galizia con Cracovia all’Austria (1772).



6. 5 La rinascita culturale della Germania



Mentre in altre nazioni la fioritura letteraria del XVII secolo era stata importante, la Germania non aveva conosciuto grandi voci, eccetto forse Grimmelshausen che con Simplicissimus dette alla Germania un grande romanzo.


Il pietismo Nel XVIII secolo la Chiesa luterana conobbe il dissenso interno nella forma di pietismo, simile per certi aspetti alle sette non conformiste inglesi – metodisti e quaccheri – entrate in conflitto con la Chiesa anglicana. Anche la letteratura tedesca dovette molto all’acceso individualismo, all’entusiasmo, alla celebrazione del sentimento che oltrepassa la fredda ragione tipici delle conventicole pietistiche.


Nazionalismo culturale tedesco Personalmente, Federico II non promosse la letteratura tedesca: leggeva solo autori francesi, conversava e scriveva in francese. Tuttavia, le imprese militari del re prussiano avevano prodotto una sorta di nazionalismo che spinse gli intellettuali tedeschi a percorrere un cammino letterario originale. Il segnale comparve su numerose riviste letterarie che miravano a infrangere la chiusura d’orizzonti della cultura tedesca.


Goethe Intorno al 1770 si mise in luce un gruppo di drammaturghi, denominato Sturm und Drang dal titolo di una tragedia di uno di loro, Klinger: il movimento in sé ebbe scarsa importanza, ma ispirò a Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) il Götz von Berlichingen, una tragedia ambientata negli anni terribili della Riforma. Goethe divenne famoso con I dolori del giovane Werther, un romanzo epistolare che ha per tesi l’impossibilità di conciliare il sentimento col dovere. Il romanzo ebbe innumerevoli lettori e si può considerare una delle fonti del romanticismo. Goethe intorno al 1775 fu invitato da Federico Augusto duca di Weimar a occuparsi del teatro di corte: un poco alla volta divenne l’arbitro indiscusso della vita letteraria tedesca. Il dramma Ifigenia in Tauride e il Viaggio in Italia diffusero in Germania la passione per il classicismo, ossia una letteratura che, riprendendo i moduli della cultura greco-latina, reinseriva la Germania nel flusso della letteratura europea. Negli anni della maturità Goethe compose il Wilhelm Meister, un modello insuperato di romanzo che percorre le tappe della formazione giovanile del protagonista dominato dalla passione per il teatro. Goethe fu anche poeta lirico mirabile, in grado di rivelare ai tedeschi le possibilità della loro lingua. Infine, Goethe dedicò lunghissime cure alla stesura del Faust, il suo capolavoro che in qualche modo compendia la tensione dell’anima tedesca oscillante tra un lirico intimismo e aspirazioni sovrumane confinanti col demoniaco.


Schiller A Weimar, Goethe strinse amicizia con Friedrich Schiller, il drammaturgo che ha offerto alla Germania un’esemplare trasfigurazione letteraria della sua storia nazionale con i Masnadieri e con la trilogia del Wallenstein. Schiller seppe tratteggiare indimenticabili figure femminili come nella tragedia Maria Stuart.


Kant I frutti più cospicui della fioritura culturale nell’età di Federico II vanno cercati nella filosofia di Immanuel Kant (1724-1804), vissuto in una remota città della Prussia orientale, Königsberg, dedicando la sua ricerca alla rifondazione della filosofia moderna: la potenza speculativa di questo filosofo, fu paragonata al genio di Goethe profuso nel Wilhelm Meister e alle trasformazioni politiche prodotte dalla rivoluzione francese.


Bach Sembra tuttavia che il punto più elevato raggiunto dalla cultura tedesca nel XVIII secolo sia rappresentato da un musicista vissuto in Sassonia, a Weimar e Lipsia, Johann Sebastian Bach (1685-1750) la cui grandezza assoluta fu compresa solo dopo la sua morte. Bach dimostrò un perfetto dominio della tecnica musicale, un’inesausta capacità di invenzione, un lirismo mai banale, una serietà di impegno che gli impediva di indulgere a mode passeggere, una felice capacità di assimilare ogni idea valida suggerita da altri musicisti. La grande lezione musicale di Bach ha assicurato alla musica tedesca un primato durato quasi due secoli.



6. 6 Cronologia essenziale



1675 Vittoria della Prussia sugli Svedesi a Fehrbellin.


1688 Morte del grande elettore di Brandeburgo Federico Guglielmo: gli succede il figlio Federico I.


1724 Con la Prammatica Sanzione l’imperatore Carlo VI abroga la legge salica permettendo alla figlia Maria Teresa la successione al trono imperiale.


1740 A Vienna muore Carlo VI d’Absburgo: inizia la guerra di successione austriaca provocata da Federico II che invade la Slesia.


1742 Carlo Alberto di Baviera è eletto imperatore col nome di Carlo VII.


1745 Maurizio di Sassonia guida con successo le truppe francesi contro i Paesi Bassi austriaci. Con la morte di Carlo VII la Baviera esce dal conflitto.


1748 La pace di Aquisgrana conclude la guerra di successione austriaca.


1756 La prima convenzione di Versailles opera il rovesciamento delle alleanze: si assiste all’avvicinamento tra Francia e impero da una parte, Gran Bretagna e Prussia dall’altra. Inizia la guerra dei Sette anni.


1762 Morte della zarina Elisabetta e successione di Pietro III che stipula la pace separata con Federico II.


1763 Francia e Gran Bretagna firmano la pace di Parigi; Prussia, Austria e Sassonia firmano la pace di Hubertusburg.


1772 Prima spartizione della Polonia.



6. 7 Il documento storico



Come documento è stato scelto un brano dell’autobiografia di Vittorio Alfieri, quando, verso i vent’anni d’età, compì il grand tour d’Europa. Giunto in Prussia, a Berlino, le sue impressioni di viaggio si condensarono in quella “universal caserma prussiana” che appare il carattere dominante del paese.



“Proseguii nel settembre il mio viaggio verso Praga e Dresda, dove mi trattenni un mese; indi a Berlino, dove dimorai altrettanto. All’entrare negli stati del gran Federico, che mi parvero la continuazione di un solo corpo di guardia, mi sentii raddoppiare e triplicare l’orrore per quell’infame mestier militare, infamissima e sola base dell’autorità arbitraria, che sempre è il necessario frutto di tante migliaia di assoldati satelliti. Fui presentato al re. Non mi sentii nel vederlo alcun moto né di meraviglia né di rispetto, ma d’indegnazione bensì e di rabbia; moti che si andavano in me ogni giorno afforzando e moltiplicando alla vista di quelle tante e poi tante diverse cose che non istanno come dovrebbero stare e che essendo false si usurpano pure la faccia e la fama di vere. Il conte di Finch, ministro del re, il quale mi presentava, mi domandò perché io, essendo pure in servizio del mio re, non avessi quel giorno indossato l’uniforme. Risposigli: “Perché in quella corte mi parea ve ne fossero degli uniformi abbastanza”. Il re mi disse quelle quattro solite parole d’uso; io l’osservai profondamente, ficcandogli rispettosamente gli occhi negli occhi; e ringraziai il cielo di non mi aver fatto nascer suo schiavo. Uscii di quella universal caserma prussiana verso il mezzo novembre, abborrendola quanto bisognava.


Partito alla volta di Amburgo, dopo tre giorni di dimora, ne ripartii per la Danimarca. Giunto a Copenhaguen ai primi di decembre, quel paese mi piacque bastantemente, perché mostrava una certa somiglianza coll’Olanda; ed anche v’era una certa attività, commercio e industria, come non si sogliono vedere nei governi pretti monarchici: cose tutte, dalle quali ne ridonda un certo ben essere universale, che al primo aspetto previene chi arriva, e fa un tacito elogio di chi vi comanda; cose tutte, di cui neppur una se ne vede negli stati prussiani; benché il gran Federico vi comandasse alle lettere e all’arti e alla prosperità, di fiorire sotto l’uggia sua. Onde la principal ragione per cui non mi dispiacea Copenhaguen si era il non esser Berlino, né Prussia; paese, di cui niun altro mi ha lasciato una più spiacevole e dolorosa impressione, ancorché vi siano, in Berlino massimamente, molte cose belle e grandiose in architettura. Ma quei perpetui soldati, non li posso neppur ora, tanti anni dopo, ingoiare senza sentirmi rinnovare lo stesso furore che la loro vista mi cagionava in quel punto”.



Fonte: V. ALFIERI, Vita, Einaudi, Torino 1974, pp. 95-96.



 


 


 


 


6. 8 In biblioteca



Per le questioni militari si consulti di G. RITTER, I militari e la politica nella Germania moderna. Da Federico il Grande alla prima guerra mondiale, Einaudi, Torino 1967. Dello stesso autore si consulti Federico il Grande, il Mulino, Bologna 1970. Per la storia delle origini dello Stato prussiano si consiglia F.L. CARSTEN, Le origini della Prussia, il Mulino, Bologna 1982. Notevole il libro di H. HOLBORN, Storia della Germania moderna, Feltrinelli, Milano 1974. Per la storia politica si consulti A.J.P. TAYLOR, Storia della Germania, Laterza, Bari 1963.