INDIRIZZO DI FUTURE TRATTAZIONI ECONOMICHE

Di p. L. Taparelli d'Azeglio S.J.  1. Si riserva la libertà di acconciarsi alle occasioni. – 2. Due riguardi dell'economia sociale: ordine ed utilità. – 3. L'ordine dee conseguirsi movendo le persone. – 4. L'utilità assicurando i più deboli – 5. 1° nell'intelligenza coll'istruzione – 6. e col proteggere contro la parola prepotente, – 7. 2° nella volontà eccitando al lavoro – 8. senza danno della morale, – 9. 3° aumentando i mezzi di potenza e di capitale­ – 10. anche coll'associazione: – 11. rispettandone le proprietà nel fissare le gravezze e gli altri provvedimenti puhblici. – 12. Necessità di studiare l'utilità in economia. – 13. Perchè l'economia si riduca presso certi autori ad un trattato sopra il pauperismo.

INDIRIZZO DI FUTURE TRATTAZIONI ECONOMICHE

«La Civiltà Cattolica», 1861, a. 13, Serie V, vol. I, pp. 146-157

SOMMARIO

1. Si riserva la libertà di acconciarsi alle occasioni. – 2. Due riguardi dell'economia sociale: ordine ed utilità. – 3. L'ordine dee conseguirsi movendo le persone. – 4. L'utilità assicurando i più deboli – 5. 1° nell'intelligenza coll'istruzione – 6. e col proteggere contro la parola prepotente, – 7. 2° nella volontà eccitando al lavoro – 8. senza danno della morale, – 9. 3° aumentando i mezzi di potenza e di capitale­ – 10. anche coll'associazione: – 11. rispettandone le proprietà nel fissare le gravezze e gli altri provvedimenti puhblici. – 12. Necessità di studiare l'utilità in economia. – 13. Perchè l'economia si riduca presso certi autori ad un trattato sopra il pauperismo.

1. Gli studii premessi intorno ai primi concetti della scienza economica, furono da noi incominciati quasi per impulso di necessità, vedendo l'impossibilità di discorrere cattolicamente di quella scienza, senza aver prima esaminato al lume degli insegnamenti cattolici, gli erronei concetti degli economisti eterodossi. Stabilito poi il vero senso dei vocaboli e delle idee primordiali, iniziammo le trattazioni speciali con quella sopra la libertà economica, la quale, come bene avrà scorto il lettore e dalla materia stessa, e dai corollarii che esplicitamente ne inferimmo, è la base di tutte le altre quistioni di cui contiene il germe; e per conseguenza dovea premettersi, quasi proemio, a tutte le rimanenti. Anzi chi ben mira potrà quasi affermare che tutta la trattazione economica altro non è che un argomento ed una trattazione in favore della libertà della privata ricchezza. Non già per quelli economisti che supremo oggetto della loro scienza presuppongono la ricchezza dello Stato o, come dicono, la ricchezza pubblica. Questi, come ognun vede, possono ammettere, almeno per ipotesi, essere condizione necessaria della pubblica ricchezza l'incatenare e smungere le borse dei privati. Laonde stabilite le loro teorie debbono poi con ispeciali argomenti dimostrare ai governanti essere più utile anche al pubblico erario la libertà dei privati. All'opposto un economista, che dà per iscopo alla pubblica amministrazione l'agevolare coi mezzi esterni l'onesto vivere e il pieno soddisfacimento dei diritti e doveri, viene con questo a presupporre che tutta l'amministrazione abbia l'onesta libertà per fine, l'utilità per mezzo di conseguirlo: nel qual presupposto l'incatenare e smungere le borse dei cittadini è così assurdo, come sarebbe assurdo in medicina il ricercare se sia utile al fine di guarire, che si propone la scienza, l'ammazzare qualche volta l'infermo. No, l'economia sociale non può volere la schiavitù. E se col divenir sociale ella considera i cittadini come legati ad un tutto, di cui fanno parte; in questo ella non impone legami alla loro libertà, per arricchire lo Stato a spese loro, ma solo mette in evidenza quelli che vengono stabiliti dalla medesima natura sociale per bene comune dei cittadini: il che è non opprimere, ma perfezionare la loro libertà, come più perfetta è la libertà in uno Stato, ove i delitti sono repressi, e difesi gli onesti, che in quello ove sono liberi i gamorristi, fucilati i cittadini fedeli.
Tutto dunque un trattato di economia cattolica altro non è che un trattato di giusta libertà economica; e questo si vedrà viemeglio dal picciolo prospetto di trattazioni future che qui ora soggiungeremo, estraendole quasi dal germe degli articoli precedenti, e coordinandole in un quadro sinottico per agevolare ai lettori quella sintesi, che tanto giova a rendere più chiare le idee, più coerenti i raziocinii, più compiute ed ordinate le teoriche.
Ecco dunque quale sarebbe il nostro disegno rispetto alle trattazioni future: bene inteso che il disegno rimarrà nella mente qual lipo ideale, non dovendo un periodico vestire le forme di pedagogia scolastica, se non vuole perdere le attrattive dell'opportunità, da cui ricava sì gran parte del suo pregio.
2. Il gran divario fra l'economia individuale e la sociale è, come altrove dicemmo, che la prima insegna al proprietario come usare utilmente le cose; la seconda insegna al governante come ordinare utilmente le persone rispetto alle cose. La funzione dell'individuale mira direttamente alle cose ed ha per fine il bene proprio: la sociale mira direttamente alle persone, regolandole nel maneggio delle cose in quanto conviene al bene comune.
Due concetti importanti include dunque l'economia pubblica: I. il concetto di ordine, di giustizia, di riverenza ai diritti; giacchè in questo consiste l'ordine pubblico, nell'attuazione esterna delle leggi morali nella società, Ma quest'ordine può ottenersi con maggiori o minori utilità ed agiatezze materiali, secondo che il governante più o meno conosce le cause e gli effetti degli agenti di produzione, e delle varie maniere di coordinarli. Quindi:
II. L'economia sociale insegna queste varie influenze delle cause e degli effetti economici negli ordinamenti amministrativi, studiando i modi di crescerne l'utilità senza nulla perdere nella giustizia.
Ordinare le persone, in modo che, salvi tutti i diritti, se ne vantaggino gl'interessi nell'ordine pubblico; ecco dunque in sostanza l'assunto di tutta l'economia sociale, ecco i tre riguardi supremi che debbono predominare ogni quistione speciale.
Notate di grazia quel salvi tutti i diritti, che equivale in sostanza a dire salva a ciascuno la ragionevole sua libertà, non essendo libertà se non nei diritti ragionevolmente determinati. (Una libertà non voluta dal diritto sarebbe licenza). Quando dunque si vantaggiano gl'interessi dello Stato, del Pubblico, del Popolo, offendendo i diritti di un cittadino o di un ceto di cittadini, tutte le ragioni di bene pubblico non possono essere che paliativi d'ipocrisia o scuse d'ignoranza. Non vi è bene pubblico quando al materiale interesse viene sacrificato il diritto.
3. Volendo dunque trattare le quistioni sociali secondo quei tre riguardi: persone, diritti, interessi, in ciascuna di queste dovrà ponderarsi, 1° quali sieno le potenze motrici che più utilmente possono muovere il cittadino: 2° quali sieno i diritti o doveri cui dee servire l'operare economico: 3° qual sia la natura della ricchezza e degli agenti produttivi, che a quel fine debbono coordinarsi.
In quanto alle persone, esse debbono da un canto muoversi efficacemente all'intento rispettandone per altra parte, quanto è possibile, la libertà: giacchè, come abbiamo detto altre volte, tutti i legami che s'impongono senza vera necessità di bene pubblico, sono una vera offesa al diritto dei proprietarii, e per conseguenza all'ordine, primo oggetto delle sollecitudini di chi governa. E poichè tre sono le potenze motrici colle quali dal governante possono guidarsi le opere degli associati (religione, diritto, interesse), il ponderare in ogni quistione gli effetti economici di ciascuna di esse, gioverà a ben comprendere qual sia il modo di operazione amministrativa in una società cattolica.
Spieghiamoci con un esempio: si teme una carestia: qual sarà il miglior mezzo per prevenirne le disastrose calamità? Ricorrere alla religione per mezzo della carità cristiana? Il Ministro de Persigny non ha giudicato molto opportuno un tal mezzo: giacchè anzi, nel momento appunto in cui disastrosa fame minacciava la Francia, egli ha giudicato opportuno abolire quella associazione che somministrava il pane a migliaia di famiglie. Ma un amministratore cattolico non la penserà così, pensando benissimo come la carità cristiana sia efficacissima ad aprire gli scrigni dei cittadini. Il clero è chiamato naturalmente a soccorrere i poveri: vi sono dei religiosi che vi si consacrano: la Chiesa sacrifica all'uopo talvolta perfino gli ori e gli argenti dei suoi altari: e in tutto ciò la spontaneità delle offerte toglie ogni ombra di offesa alla libertà. Vogliamo ricorrere al diritto? il diritto alla sussistenza è indubitato , ed è superiore a tutti gli altri diritti: quindi imposte straordinarie in mancanza di altri mezzi, sono provvedimento legittimo. Il diritto peraltro lega più particolarmente i concittadini in uno stesso comune, i coinquilini in una stessa famiglia. E l'amor di famiglia, l'amor cittadino crescono spontaneità all'adempimento del diritto. Il governante adunque a questi più strettamente congiunti per attinenza potrà prescrivere maggiori contribuzioni nel sussidio dei miseri rispettivamente a loro più attinenti. Vogliamo consultare l'interesse? Dovremo esaminare la quistione dei  pubblici granai o monti frumentarii, il libero commercio dei cereali, ecc. La seconda maniera di provvedimento, a parità di efficacia:, parrebbe dover preferirsi alla prima, come più favorevole alla libertà. Ma in quali condizioni potrà essere veramente efficace? E sono tali le condizioni del paese? Come vedete le tre potenze motrici del cuore umano sono importantissime ad esaminarsi. Né sarebbe savio ed imparziale economista quello che, o per intenti politici o per rabbia di clerofobia volesse gravare i popoli di balzelli inutili, mentre potrebbe ottenere il bene pubblico con opera ed offerte spontanee. E quello che abbiamo detto rispetto al caro dei viveri, possiamo dirlo in ogni altra quistione.
4. Le persone vengono ordinate, quando si fanno operare in modo che tutti i diritti sieno salvi, tutti i doveri adempiuti. Ed ecco il secondo riguardo da ponderarsi: Or quali sono i diritti che possono facilmente violarsi? Sono, lo vedemmo altrove (1), i diritti dei deboli. Ad ingagliardire questi diritti due mezzi potrebbono adoperarsi dal governante; vale a dire, o assumere egli stesso l'amministrazione degli interessi dei deboli ch'egli governa, o somministrare alle loro forze dei sussidii che le ingagliardiscano e ne rendano più difficile la violazione. Ma il primo mezzo, come ognuno vede, condurrebbe a quel centralismo, la cui ingiustizia, inettezza e tirannide fu da noi lungamente dimostrata. Resta dunque che si ricorra al secondo, e si studii in qual modo la tutela del governante possa ingagliardire i diritti dei deboli e renderli inviolabili alla prepotenza dei forti.
5. Ma quali sono i punti intorno ai quali dovrà esercitarsi la tutela del governante? Sono, come ognuno vede, tutti quelli nei quali il forte può prevalere sul debole. Or l'uomo può essere debole per oscurità d'intelligenza, per fiacchezza di volontà, per iscarsezza di forze personali, per penuria di esterni sussidii. Condurre la società a tale equilibrio di forze individuali, che niuno vegga manomessi i proprii diritti da chi è meglio dotato in alcuna di coteste classi di beni, sarà un aver introdotto quella vera uguaglianza che sola è giusta, sola possibile: e che, lasciando sussistere le inevitabili disuguaglianze che la natura volle fra gl'individui, salva l'unità della specie, farà peraltro che ciascun individuo possa liberamente usufruttuare a proprio vantaggio le proprie forze e i proprii diritti.
Spieghiamo alcun poco quei quattro punti, in cui il debole può essere sopraffatto dal prepotente.
L'uomo può esser debole in primo luogo per intelletto. Difendere dunque le intelligenze più deboli contro la prepotenza delle più gagliarde, sarà uno dei primi doveri di giusto governante.
La forza dell'intelligenza può predominare indebitamente, ora per le verità che conosce, ora per la eloquenza con cui le maneggia. Stabilire l'uguaglianza intellettiva fra i cittadini, e per conseguenza la loro libertà, esige dunque dal governante dei sussidii contro la prepotenza e dell'ingegno e delle lingue. Agevoli dunque agl'intelletti meno colti il conoscimento di tutte quelle verità, che giovano alla buona condotta dei loro interessi. Le quali possono ridursi ai quattro capi seguenti: cognizioni letterarie, necessarie a perfezionare e manifestare i proprii concetti, come leggere, scrivere, conteggiare ecc.: tecniche, necessarie ad esercitare la propria professione: morali, necessarie a vivere secondo le leggi della probità naturale e religiosa: giuridiche, necessarie a conoscere e far valere, secondo il bisogno, i proprii diritti contro i prepotenti che volessero impugnarli. Fornita questa quadruplice classe di cognizioni, il governante avrà assicurato ai più deboli l'indipendenza dal bisogno di guida.
6. Resta che l'assicuri dalla prepotenza dei parlatori e degli scrittori, i quali, quando sono liberi nell'uso della lingua e della penna, possono molle volte opprimere gl'innocenti, meno possenti nell'uso di queste armi, ora falsandone i diritti, ora minacciandone la riputazione, ora ingannandone le intelligenze. Qnesta tutela dei deboli viene esercitata mediante le leggi, o preventive o reppressive, che governano la parola pubblica e la stampa.
7. La seconda facoltà di cui si può abusare dai prepotenti a strazio dei deboli è la volontà: giacchè vi hanno certe volontà sì ferme ed energiche per tempra naturale, che traggono dietro di sè quasi per incantesimo le volontà più fiacche e più volgari. E se non riescono ad imporre i proprii voleri col fare imperioso ed assoluto, ottengono l'intento coll'audacia con che affrontano ogni pericolo e si cimentano ad ogni tentativo.
Ma non basta difendere le volontà deboli dagli assalti delle prepotenti: bisogna inoltre difenderle da sè medesime, col fornire alla loro debolezza dei sussidi per indurle a volere il proprio bene, dopo averle poste in istato di ben conoscerlo. E poichè stiam trattando del bene economico, eccitar nel popolo il desiderio efficace di una giusta agiatezza e dei mezzi ordinati per conseguirla, sarà pregio di buon governante che assicura in tal guisa ai deboli una giusta libertà a fronte dei più forti.
Rispetto al primo capo, gli economisti eterodossi non finano di predicare al volgo il bene inestimabile dell'esser ricco, soggiungendo poi tosto che per arricchire bisogna lavorare. Disgraziatamente il povero volgo è più disposto a imparar bene la prima lezione che la seconda. E persuasosi che sarà beato se sarà ricco, si dà a studiare delle scorciatoie per giungere alla ricchezza senza lavoro e senza risparmio; e non mancano dei Proudhon che gliene spiegano la teorica.
8. L'economia cattolica, per eccitare nel popolo la voglia di lavorare, batte tutt'altra via: e senza cessare di mostrare, secondo i lati del Vangelo, i pericoli dell'amore alle ricchezze; mostra in esse al popolo un mezzo necessario per compiere i proprii doveri, sia verso di sè medesimo, sia verso la famiglia, il Comune, lo Stato. E poichè il mezzo deve essere proporzionato al fine, il desiderio di arricchire trovasi così temperato secondo il fine medesimo a cui da ciascuno s'indirizza. Lo scapolo, che non va debitore alla famiglia, lavorerà tanto quanto è richiesto al proprio mantenimento, alla sua condizione, ai desideri di crescerla, di beneficare i prossimi, di grandeggiare pubblicamente nel Comune ecc. Ma se non ha questi stimoli ad arricchire, ottenuto col lavoro l'alimento e le vesti, condurrà più riposata la vita. Il padre di famiglia sentirà il bisogno d'arricchire pel mantenimento della famiglia e a proporzione dei bisogni, condizione ecc. Chi sa sprigionarsi dall'amor del superfluo, potrà campare di poco e spendere gratuitamente l'opera sua, come fanno i religiosi ed altri cittadini più generosi a servizio dei loro concittadini. Tutta questa varietà di sentimenti e d'opere, nasce dal retto uso di ragione commisurante i mezzi al fine, e lascia piena libertà a ciascuno nel determinare il proprio andamento economico. Questo procedere così, temperato non può certamente andare ai versi a quegli idolatri dello Stato, della Ricchezza pubblica, della così detta Grandezza nazionale o d'altro nume dello stesso calibro, secondo i quali l'uomo è fatto per lo Stato, non lo Stato per l'uomo. Costoro deplorano sempre che i frati perdano il loro tempo nel confessionale, o i picchiapetto nel meditare sopra i Novissimi; mentre potrebbero darsi a lavori produttivi con inestimabile vantaggio della società, che, grazie al loro bigottismo, è frodata di quel fiore di dovizie a cui potrebbe giungere. Ma chi non tiene l'uomo per uno stromenlo di guadagno, dee necessariamente riguardare la ricchezza qual mezzo e non qual fine: né può trattarlo come uno schiavo, togliendogli la libertà di quel riposo, di quegli studii, di quelle meditazioni, a che il genio o il dovere l'inclinano, sotto pretesto di fare più ricca la società. Tale è il concetto di un governante cattolico; il quale pago di quella giusta operosità con eui ciascuno provvede al proprio sostentamento, senza ledere gli altrui diritti, dal dovere di sostentare la vita trae giusto argomento per incitare il popolo al lavoro.
Stimoli ancor più efficaci aggiunge ai precedenti il sentimento religioso, santificando e raddolcendo il lavoro e il risparmio coi grandi principii di penitenza per le colpe, di mortificazione contro la ribellione delle passioni, d'imitazione di un Dio fattosi per amor degli uomini compagno e modello, degl'infimi per condizione sociale. Questi motivi peraltro presuppongono negli intelletti la fede, nei cuori la pietà: condizioni entrambe che non ponno ottenersi senza concedere al Clero quella influenza che per divino ordinamento gli si appartiene. Quindi è chiaro che il centralismo dispotico, che tutto vuol fare da sè, invece di valersi di legittime forze motrici, preferirà di perdere tutta l'efficacia e la spontaneità dell'impulso religioso, prevedendo la possibilità che esso non si conformi in altre occasioni alle voglie ingiuste di un centralismo dispotico. Laonde, invece di eccitare al lavoro col sentimento religioso, invocherà gli eccitamenti della fame o l'avidità degl'interessi.
Ai doveri di natura, agli impulsi religiosi, voglionsi aggiungere tutti quei conforti, coi quali gli economisti onesti si sforzano di eceitare nel popolo l'amor del lavoro. E diciamo onesti, per escludere quei mezzi spietati che certuni verrebbero introdurre nell'economia, come affamare il popolo perché lavori, vietargli le nozze perchè non moltiplichi ecc. Esclusi codesti mezzi spietati, inducasi il popolo al lavoro, 1° facendo sì che i capitali non manchino; 2° che il lucro del lavoro sia sicuro non solo dai ladri privati, ma anche dalle arpie del fisco; 3° somministrando i mezzi di risparmio. Con queste industrie sarà facile a destarsi nel popolo la volontà del lavoro. Siccome ciò non ostante scioperati ed oziosi non mancheranno, anche i mezzi di repressione dovranno discretamente adoperarsi.
9. Stabiliti i mezzi affinchè i deboli sappiano e vogliano, converrà inoltre che possano: la qual potenza dipende e dalle forze intrinseche di ciascuno, e dalla copia dei mezzi esterni e dalla resistenza opposta a chi pretendesse impedirne le operazioni. A far sì che le forze intrinseche non manchino, primo uopo è che abbondino, ad uso di chiunque col lavoro vuol procacciarseli, gli alimenti: al qual proposito vede ognuno quante quistioni di annona, di agricoltura, di commercio vengano a rannodarsi. E poichè le forze vengono perpetuamente assalite dalle infermità; dovere del pubblico ordinatore sarà la cura e della pubblica igiene, e della così della assistenza legale. Ma le forze individuali dei deboli sempre saranno scarse a fronte dei potenti, se non soccorra l'associazione. Fomentare dunque entro giusti limiti le associazioni dei più deboli, sarà uno dei mezzi più efficaci per assicurare ad essi la giusta libertà degl'interessi economici. Ed ecco presentarsi la quistione dei corpi d'arte, delle associazioni operaie, delle società protettrici degli artieri (patronage): quistioni sì complicate pei loro riguardi e giuridici, e morali, e anche politici.
Ma qual pro che si trovino le forze pel lavoro se ne mancasse, poi la materia? E in qual modo dovrà provvedersi a far sì che le forze vive abbiano materia, ove esercitarsi? Grandi questioni qui si presentano intorno al preteso diritto del lavoro, all'agricoltura che produce le materie, e al commercio che le trasporta. Quella sopratutto della libertà nel commercio, e quella dello sminuzzamenlo e della stabilità nei territorii, sono questioni trattate dagli Economisti molte volte più per passione politica, che per ragioni economiche: ma che meritano grande ponderazione e presentano difficoltà gravissime.
10. Stabilito in qual modo il popolo possa avere e le forze e la materia del lavoro, conviene per ultimo assicurarne la libertà contro le prepotenze. Le quali sono principalmente prepotenze di forza negli assassini, di ricchezze nei capitalisti, d'influenze nei grandi e nei governanti. In qual modo opporsi a tali elementi di disquilibrio sociale per assicurare ai deboli, in quanto è possibile, pienissima libertà nell'uso dei loro diritti? .
11. Tutto il fin qui detto riguarda il modo di ordinare le persone e di assicurare i diritti. Resta adesso il terzo riguardo che dee aversi dal governante a vantaggiare gli interessi dei governati, nell'atto che ne coordina le persone secondo le leggi della giustizia. A dir vero cotesti interessi già sono assicurati in gran parte, quando a ciascuno dei cittadini si somministrano le cognizioni, g1'incitamenti, i mezzi per mettere in atto i proprii diritti, come testè abbiamo spiegato. Siccome peraltro a compiere in questo le sue funzioni, lo Stato abbisogna di mezzi copiosi; gl'interessi dei sudditi possono dal Governante o danneggiarsi o vantaggiarsi notabilmente nella maniera con cui egli accumula questi mezzi colla riscossione e l'impiego del pubblico danaro. Molti sono inoltre i provvedimenti coi quali, come altrove è detto, il Governo può intervenire in certe più universali operazioni della privata economia dei sudditi, le quali potrebbero mettere a repentaglio l'igiene, la sicurezza, la quiete o altri simili gravi interessi di tutta la società.
Studiare le varie cause e i varii effetti di certi provvedimenti finanziarii, igienici, agronomici, industriali ecc., coi quali un governanmte può contribuire agli interessi dei sudditi, è tema vastissimo. E sebbene lo scopo nostro non sia mai d'insegnare il modo di tesoreggiare, pure molte volte potrà accaderci di recare in mezzo ciò che si dice dagli economisti, non fosse altro, per commisurarlo alle leggi della probità e ai suggerimenti della religione.
12. Vede dunque il lettore che, se da noi si ricerca che l'economia sociale si battezzi sinceramente cattolica e rinunzi al turpe utilismo, per cui diviene cieca adoratrice del dio quattrino; non per questo rinunziamo a far tesoro delle belle ed ampie osservazioni, con cui la moderna cconomia tanto lume ha sparso sul modo di utilmente amministrare la pubblica ricchezza. Il vizio di cotesta scienza non istà nelle verità che studia; giacchè la verità sempre è divina: sia nel fine a cui le rivolge, che presuppone disordine della votontà; e nella esclusione di quei fini più nobili il di quei mezzi più onesti, anzi doverosi, la cui mancanza nei trattati economici li rende teoricamente monchi, praticamente inefficaci, moralmente e religiosamente funesti; e talora apertamente ligi i all'empietà. Se gli Economisti ponderassero attentamente quanto sia funesto alla società e indecoroso alla loro scienza cotesto spirito irreligioso, non dubitiamo che cambierebbero presto le loro teoriche; e che, accettando dalla mano creatrice l'uomo e il mondo quali ella li fece, giungerebbero ben presto a formare della economia una scienza tanto più utile, quanto più vera e completa; tanto più vera e completa, quanto più cristiana. Posta così la scienza dell'economia in pieno accordo con tutto il rimanente delle scienze cattoliche, uscirebbe da quelle continue contraddizioni che la rendono molesta agli Economisti medesimi, e potrebbe comparire senza rossore in quel consesso, dove parlano da diciotto secoli i più chiari intelletti, i più riveriti oracoli del genere umano.
13. Riepiloghiamo il fin qui detto con una osservazione, che confermerà viemeglio queste generali idee intorno alla sintesi della scienza economica. Avrete notato più volte che gli scrittori di economia, quando trattano del pauperismo, sono costretti a percorrere tutto il campo della scienza. Lo vedete infatti nel Villeneuve Bargemont, che prende quasi sinonimi i due titoli, inscrivendo il suo frontespizio dell'economia cattolica, ossia del pauperismo. Lo vedete nel Béchard, la cui opera del pauperismo onorata del premio dall'accademia di Francia, tocca in verità tutte le quistioni economiche: e lo stesso potremmo dire di altri molti. Or donde nasce questa attinenza? Nasce da ciò che abbiamo accennato pocanzi: primo dovere economico del governante essere l'assicurare il debole contro il più forte. Le grandi difficoltà economiche non istanno nel regolare la parte più agiata del popolo, ma sì nel soccorrere alla parte più disagiata. Ecco perchè chi tratta di economia è strascinato, voglia o non voglia, nello spinoso campo del pauperismo; e chi cerca un rimedio al pauperismo è costretto a percorrere, poco più, poco meno, tutto il campo della scienza economica. Volendo far sì che tutti sappiano ugualmente giungere al proprio bene, dee discorrere intorno all'istruzione pubblica, alla gratuita, alla popolare, alla elementare, alla sublime ecc. e poi intorno alle mfluenze della stampa e alla propagazione delle dottrine. Volendo fare che tutti vogliano il proprio bene, dee trattare del lavoro obbligatorio, del salario e sostentamento degli operai, della sicurezza pei frutti di loro fatica, dei capitali intorno ai quali essa dee esercitarsi, e per conseguenza delle varie libertà del commercio. Volendo finalmente far sì che tutti possano, apprestando sussidio alla debolezza contro la violenza, si presentano tre grandi trattazioni: dell'assistenza dei tribunali, della libera associazione, della pubblica beneficenza. E poichè la volontà opera in forza dell'intelletto e in proporzione della capacità, finchè le infermità e il disagio non rendono l'operazione impossibile; saviamente il ch. De Haerne riduce tutta la sua trattazione economica rispetto alla carità nel Belgio a scuole che illuminano l'intelletto, officine che istruiscono· nell'arte, ospizi che soccorrono alle infermità (2).
Come vedete, l'aiuto dovuto ai deboli si distende a tutto il campo della vita sociale, a tutte le materie della scienza economica, tranne forse quella parte che riguarda l'iniziativa con cui il governante intende, non più solamente ad assicurare ai cittadini il libero uso dei loro diritti, ma si sforza inoltre di produrre in essi congiunzione di opera, necessaria nelle maggiori imprese, alle quali i privati o non porrebbero mente per mancanza di cognizioni o non arrischierebbero l'opera disperandone per la scarsezza dei mezzi. In questa parte il governo coordina principalmente l'opera dei cittadini più ricchi e potenti; i quali peraltro, rispetto all'impresa, debbono dirsi deboli di borsa e di ardire: cotalchè anche qui si avvera l'opera del governo essere necessaria in favore della debolezza.
E tanto basti intorno al prospetto generale delle materie economiche: delle quali noi andremo toccando or l'una or l'altra secondo l'occorrenza; ed ora sotto forme didattiche, ora come racconti ragionati di fatti politici, ora come sunti di trattazioni accademiche o di congressi scientifici daremo opera a congiungere, quanto ci sia possibile, l'opportunità delle materie colla verità delle dottrine.

NOTE

1 Vedi pag. 151 del Vol. XI di questa Serie.
 
2 Ces idées se rapportent aux hospices, aux écoles et aux ateliers d'apprentissage, qui sont les trois principales sphères d'activité de la charité chrétienne (Tableau de la charité chrétienne en Belgique par De Daerne pag. 50).