I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Obbedienza

1. Gesù modello di obbedienza.

2. L’obbedienza è necessaria.

3. Bisogna obbedire ai superiori.

4. Se sia troppo difficile
l’obbedire.
5. Eccellenza dell’obbedienza.

6. Vantaggi dell’obbedienza: 1°
La vittoria; 2° L’obbedienza nutrisce l’anima; 3° E un
rimedio; 4° Innalza l’uomo; 5° Attira le benedizioni di Dio;
6°.E la prima delle virtù della vita cristiana; 7° E
principio di vera felicità; 8° E un segno di
predestinazione; 9° Ha il merito e la gloria del martirio; 10°
Procura una buona morte.

7. Come bisogna obbedire.

1. GESÙ
MODELLO DI OBBEDIENZA. – Di Gesù Cristo, l’evangelista scrive
che stava sottomesso a Giuseppe e a Maria (Luc. II, 51). Con
trent’anni di soggezione ai suoi parenti, Gesù ha voluto
insegnarci che la perfezione della virtù e della religione sta
principalmente nell’obbedienza. Il divin Redentore scelse, dice San
Paolo, perdere la vita anzi che venire meno all’obbedienza (Philipp.
II, 8). Grandi cose ha certamente fatto e detto il Figliuolo di Dio
nei primi trent’anni di sua vita e il Vangelo le racchiude tutte in
queste tre parole: – Erat subditus illis, – Egli stava loro
sottomesso! Gesù Cristo faceva tutto per obbedienza: bisogna
dunque dire che l’obbedienza è di un merito infinito… Tanto
più se badiamo che egli, sebbene Figliuolo di Dio, imparò
quest’obbedienza a costo di patimenti e di sacrifici (Hebr. V,
8).
Del resto, qual conto
facesse Gesù dell’obbedienza, lo possiamo udire da Lui
medesimo: «Il mio cibo consiste nel fare la volontà di
colui che mi ha inviato e di compire l’opera sua; io cerco la sua
volontà e non la mia; sono disceso dal cielo non per fare
quello che piace a me, ma la volontà di colui che mi ha
mandato» (IOANN. IV, 34), (Id. V,3D),
(Id. VI, 38). Una prova eroica di questa obbedienza ce
la dà nel giardino degli Olivi, quando. in mezzo ad angosce
ineffabili, esclama: «Padre, se a voi piace, passi da me questo
calice; ad ogni modo però non si faccia la mia volontà,
ma la vostra» (Luc. XXII, 42). Così egli adempì
alla lettera quello che di sé già aveva predetto per
bocca di Davide: «Eccomi: In capo al libro sta scritto di me,
che avrei fatto la tua volontà; mio Dio, io l’ho voluto»
(Psalm. XXXIX, 7-8). Avvertiamo qui con S. Agostino, che
siccome l’obbedienza del secondo uomo è più lodevole
perché lo portò ad essere obbediente fino alla morte,
così tanto più abominevole è la disobbedienza
del primo uomo, perché fu disobbediente fino alla morte (De
Civ. Dei
, lib. XIV, c. 15). Che meraviglia dunque, se
l’obbedienza tiene un luogo splendido tra le virtù dei Santi,
in ogni tempo?..

2. L’OBBEDIENZA È
NECESSARIA. – «Ascolta, figliuol mio, dice il Savio, le
correzioni di tuo padre, e non trascurare i comandi di tua madre»
(Prov. I, 8). «Figliuoli, dice S. Paolo, obbedite ai
vostri genitori, nel Signore; voi, servi, obbedite ai vostri padroni»
(Eph. VI, 1, 5). Se S. Paolo, come osserva qui il Crisostomo,
dà ordine così severo ai servi di obbedire ai padroni,
con quanta più prontezza ed esattezza dobbiamo obbedire a Dio,
che ci ha tratti da nulla, e ci nutre e ci veste, e ci conserva, e ci
ha redenti! (In Ep. ad Eph.).
Quando Iddio fa
sentire la sua voce, bisogna obbedire e non discutere, dice S.
Agostino (De Civ. Dei), lasciarsi cioè muovere dalla
sua volontà come, secondo l’espressione di S. Giustino
martire, l’argilla si lascia maneggiare dal vasaio (Epist.).
Infatti, come diceva Samuele, «vuol forse Iddio vittime ed
olocausti, e non piuttosto che si obbedisca alla sua voce? Vale di
più l’obbedienza che non tutte le vittime» (I Reg.
XV, 22).
Il grande Apostolo
scriveva a Tito, che ammonisse i fedeli e loro inculcasse di stare
sottomessi al principi ed alle potestà, di obbedire alla
parola e di essere pronti ad ogni buona opera (TIT. III, 1). Come si
vede, questo testo apostolico ordina l’obbedienza verso tutti i
superiori spirituali e temporali. Difatti osserva S. Lorenzo
Giustiniani: «Come non ha nessuna speranza di vittoria un
esercito senza capitano, e nessuna nave non arriva in porto senza un
guidatore; così, senza obbedienza, è impossibile che
l’uomo navighi sul mare della vita e non rompa negli scogli (De
Ligno vitae
, v. III)». «Molto importa all’uomo, dice
S. Gregorio, che egli sia in tutti i suoi movimenti contenuta dalla
legge e serva come un animale domestico incatenato, e
viva sempre conforme alle leggi eterne (Lib. Moral.)».
«Che altro ha
fatto Gesù in mezzo a noi, se non obbedire per mostrarci la
necessità dell’obbedienza?», dice il Venerabile Beda
(Collectan.). «E che cosa ha fatto Gesù con la
sua obbedienza, domanda S. Ambrogio, se non che adempire il precetto
della pietà?» (Offic. lib. III, c. V).
Gesù ha fatto
un rigoroso precetto di obbedienza verso i superiori ecclesiastici,
allorché disse agli apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta
me; chi disprezza voi, disprezza me» (Luc. X, 16).
«Ricordatevi, dice Clemente Alessandrino, che se voi obbedite,
avrete la luce eterna; se non obbedite, vi toccherà il fuoco
(Strom. lib. III)».

3. BISOGNA OBBEDIRE
AI SUPERIORI. – Gli inferiori devono vedere nei loro superiori la
persona medesima di Gesù Cristo e stare ai loro comandi come
se venissero dalla bocca medesima del Salvatore… «Sia Dio, o
sia l’uomo suo rappresentante, diceva S. Bernardo, colui che ci dà
un comando, noi dobbiamo riceverlo e osservarlo con la medesima
premura e riverenza. In tutto ciò che non fa apertamente
contro Dio, noi dobbiamo ascoltare come Dio colui che per noi tiene
il luogo di Dio… Se l’anima vuole regnare sopra la carne, deve
prima stare sottomessa al suo superiore; perché tale troverà
verso di sé il suo inferiore, quale essa si contenne col suo
superiore, armandosi la creatura a vendicare il Creatore. Sappia
dunque l’anima che ha ribelle a sé la carne, che essa non è
sottomessa ai suoi superiori (Serm. I in Fest. omn. Sanctor.)».
Anche S. Agostino ci fa osservare che l’anima ragionevole è
padrona del proprio corpo, ma essa non saprà mai comandare a
questo suo inferiore, se non serve essa medesima con tutta la
soggezione della carità, a Dio suo signore (Enchirid.).
«Obbedite –
scriveva S. Paolo agli Ebrei, – ai vostri superiori e state loro
sottomessi; affinché, dovendo essi vegliare su di voi, come
incaricati di rendere conto delle anime vostre, adempiano questo
ufficio con gioia, non con rammarico, perché questo a voi non
giova» (Hebr. XIII, 17). «Siate soggetti a Dio,
ripete S. Giacomo, e al vostri superiori come luogotenenti di Dio»
(IACOB. IV, 7).
S. Gerolamo accertava
Rustico, che riesce salutare all’anima di chi obbedisce, ogni comando
di un superiore di monastero; e lo ammoniva che era suo dovere
l’obbedire, l’adempiere gli ordini imposti, l’osservare i comandi
tacendo, senza pretendere di giudicarli (Epistola ad Rustic.).
Perché, come già avvertiva San Gregorio, non sa
discutere, chi ha imparato a obbedire prontamente (Lib. II
in Reg). Dei monaci di Egitto attesta Cassiano, che
ricevevano gli ordini dei loro superiori, come se fossero venuti
direttamente da Dio, ed erano solleciti di uniformarvisi senza
replicare.

4. SE SIA TROPPO
DIFFICILE L’OBBEDIRE. – A chi opponesse la troppa difficoltà
che porta l’obbedienza, si potrebbe domandare se la sua obbedienza
sia già stata posta a quei duri cimenti a cui fu posta
l’obbedienza di alcuni santi personaggi dell’antico e del nuovo
Testamento. Di Abramo, per esempio, leggiamo che Iddio volendone
provare l’obbedienza, gl’intimò che sacrificasse sopra un
monte, che gli avrebbe indicato, l’unigenito suo Isacco, amore e
delizia del suo cuore paterno (Gen. XXII, 2).
Notate l’obbedienza
pronta, assoluta, intera, del buon patriarca! Dio lo. chiama, ed egli
risponde subito: Eccomi – Adsum. – Dio gli manifesta la sua
volontà, ma ciascuna delle sue parole è un colpo di
spada: 1° Prendi, non uno straniero, ma tuo figlio…; 2° il
tuo figlio unico…; 3° il tuo figlio diletto…; 4° il tuo
Isacco, cioè la tua gioia…; 5° l’offrirai in olocausto;
non lo farai immolare da mano straniera, ma tu, tu medesimo, suo
padre, lo sacrificherai, adempirai le funzioni di sacrificatore…;
6° l’offrirai a me… Poteva ben egli rispondere… Dove sono le
vostre promesse, o Signore, se io sacrifico questo figlio?… ma egli
non muove labbro…; 7° tu lo offrirai in olocausto, cioè
lo ridurrai in cenere tutto quanto, di modo che non resti nessuna
parte del suo corpo a te suo padre…; 8° Tolle, prendilo,
non mettere indugio all’esecuzione…; 9° esponiti ai disagi di
un lungo viaggio e di una faticosa salita, per privarti dell’unico
tuo sostegno…
La nostra obbedienza
viene messa alle prove a cui già fu assoggettata quella di
Giobbe?.., di Tobia…, della madre dei Maccabei?.. Abbiamo noi da
obbedire a ordini così severi e tremendi, come quelli cui si
sottomise Gesù Cristo, come agnello condotto al macello? E
Maria, e gli apostoli, forse che non ebbero nulla di difficile da
compiere? «Chino il capo, dice S. Basilio, gli apostoli si
sottoposero al giogo dell’obbedienza, e con lieta faccia e con animo
pronto affrontarono le pubbliche piazze, le lapidazioni, gli
oltraggi, le croci e diversi generi di supplizi (Homil. in Act.
Apost.
)»… Pensiamo ora quello che da noi si esige e
facciamone il confronto.

5. ECCELLENZA
DELL’OBBEDIENZA. – La disubbidienza di Adamo perdette tutti gli
uomini, l’ubbidienza di Gesù Cristo li ha salvati tutti. Papa
Giovanni XXII dice: «Gran bene è la povertà, più
grande è la castità, ma grandissimo è
l’obbedienza: perché la povertà non regna che su cose
esteriori e di poco valore; la castità domina su la carne;
mentre l’obbedienza comanda su lo spirito e sul cuore» (Stor.
eccles
.).
Eccellentissima virtù
è l’obbedienza, perché 1° sottomette l’uomo a Dio e
per mirabile vicenda Dio all’uomo… 2° Immola a Dio in olocausto
le più nobili facoltà dell’uomo, cioè
l’intelletto e la volontà, le quali egli rinunzia e consacra a
Dio nella persona dei suoi superiori. Perciò S. Gregorio,
commentando quelle parole di Samuele a Saulle: «L’obbedienza è
migliore del sacrifizio» – dice: «Il profeta parla casi
perché il sacrifizio delle vittime è immolazione di
carne straniera, mentre l’obbedienza è immolazione della
volontà propria (Moral. 1. XXXIV, c. X)». 3°
Tutto ciò che si fa per obbedienza, acquista un merito
infinito e procura gran quantità di beni. Parlando di S.
Francesco d’Assisi, S. Bonaventura scrive che questo gran Santo
assicurava che tanto copiosa mercede ottiene l’obbedienza, che coloro
i quali la praticano, non passano un istante senza ricevere qualche
grazia… 4° L’obbedienza è la madre delle virtù;
perciò S. Gregorio scrive: «L’obbedienza è la
sola virtù che semina le altre virtù dell’anima e
seminate le conserva (Moral. 1. XXXIV, c. X)». 5°
Dio guida in modo certo e sicuro colui che si sottomette ai suoi
superiori, e lo conduce direttamente al porto della salute. Dice S.
Giovanni Climaco: «L’obbedienza è una perfetta
abnegazione dell’anima e del corpo, una morte volontaria; è
vita di umiltà senza inquietudine, navigazione senza pericoli,
sepolcro della volontà; ci fa simili a un uomo che, anche
dormendo, cammini e avanzi verso la mèta del suo viaggio.
Vivere nell’obbedienza è un caricare su gli altri il proprio
fardello, è un nuotare sostenuti dalla mano altrui, è
un essere portati su le onde perché non naufraghiamo, ma
passiamo senza rischio, per la via più spedita e più
comoda, il grande e pericoloso oceano della vita» (Grad.
IV).
L’eccellenza
dell’obbedienza si rileva da ciò che Gesù preferì
l’obbedire al vivere. Egli si è fatto obbediente fino alla
morte, dice San Paolo, e alla morte di croce. Ma ecco il premio che
ricevette: «Perciò Dio lo esaltò, e gli diede un
nome che è superiore ad ogni nome, tanto che al nome di Gesù
si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e nell’inferno»
(Philipp. II, 9-10).
Chi obbedisce volentieri si cattiva la grazia
dei suoi compagni; ama di rendersi utile a tutti e di peso a nessuno;
egli è pio con la divinità, buono con i suoi simili,
riserbato col mondo; si porta da servo fedele con Dio, da buon amico
col prossimo, da padrone con se stesso… «L’obbedienza,
continua S. Giovanni Climaco, è una vita che non sacrifica
nulla alla curiosità ed è fuori di ogni pericolo, è
scusa immediata presso Dio, cammino sicuro, deposizione di un
giudizio che spesso sbaglia, rinunzia di ogni desiderio pericoloso.
Come gli alberi sbattuti dalla bufera si tengono diritti per mezzo di
salde e profonde radici, cosi coloro che nella pratica
dell’obbedienza sono esercitati e provati, mantengono la loro anima
forte e irremovibile…».
L’obbedienza è
superiore ai sacrifizi: l° perché l’obbedienza è
l’immolazione della volontà, e la volontà dell’uomo
supera in valore ogni altra vittima. «L’uomo, dice S. Bernardo,
tanto più piace a Dio, quanto più prontamente s’immola
agli occhi di lui con la spada del precetto, reprimendo l’orgoglio
del suo libero arbitrio (Epist.)».
2° Perché l’obbedienza
rende la nostra volontà conforme alla volontà di Dio,
la quale, santissima in se stessa, è ancora forma e regola di
ogni santità e virtù. Possono convenire alla volontà
umana, trasformata in tale maniera, le parole del Signore: «Tu
ti chiamerai la volontà mia» (ISAI. LXII, 4).
3° Perché
l’obbedienza fa della volontà un sacrifizio vivente e continuo
offerto a Dio, mentre gli antichi sacrifizi, oltre all’essere
soltanto di carne di animali immolati, non duravano che pochi
istanti. L’obbedienza è un olocausto nobilissimo, benché
mistico, il quale consacra l’uomo intero al suo Creatore. In questo
sacrifizio la volontà è immolata come una vittima;
muore e intanto vive; muore a se stessa e vive in Dio e nella volontà
divina. Perciò S. Gregorio afferma che è maggior merito
il sottoporre la propria all’altrui volontà, che non il
macerare il corpo con lunghi digiuni, o immolarsi con segreto
sacrifizio per mezzo dell’interiore compunzione. Chi avrà
imparato ad adempiere perfettamente la volontà dei suoi
superiori, sopravanzerà in meriti e gloria nel cielo, quelli
che digiunano e piangono (Mor.).
Saper comandare e
vincere se stesso è la più eccellente, è la più
bella delle sovranità: chi obbedisce con semplicità e
modestia è degno di comandare. «Dà orecchio,
figlio mio, dice Iddio nei Proverbi, alle correzioni di tuo
padre e non trascurare gli ordini di tua madre, affinché tu
riceva una corona in capo, ed un monile al collo» (Prov.
I, 8-9). Questa corona e questa collana, sono l’emblema
dell’ornamento che l’obbedienza reca all’anima; essa la rende vaga e
l’adorna una corona e una collana. Molte corone, principio di grazia
e di bellezza, sono promesse all’obbedienza.
La prima è la corona
dell’amor di Dio e del prossimo… La seconda è la corona di
tutte le virtù, perché l’obbedienza le rende
obbligatorie o le consiglia. Essa comanda atti ora di religione, ora
di sobrietà, ora di mortificazione, ora di modestia, ora di
umiltà; ora di elemosina, ora di carità. Ecco in qual
modo colui che si applica all’obbedienza,
nell’esercizio di tutte
le virtù si forma una bella e ricca corona, una magnifica
collana. La collana può anche significare la pratica continua
delle virtù e la loro unione abituale; e la corona il loro
valore. L’abate Giovanni, interrogato in punto di morte dai suoi
religiosi, come mai fosse arrivato a un cosi alto grado di
perfezione, rispose: «Io non ho mai fatto la mia volontà,
non ho mai comandato agli altri cosa alcuna che non abbia fatto io
prima» (CASSIAN. De Instit. monach., lib. V, c. 28). La
terza corona dell’obbedienza è la pienezza, l’abbondanza delle
grazie, che Dio, rimuneratore dell’obbedienza, dà all’uomo
veramente ed interamente obbediente…La quarta corona è
quella del trionfo celeste e del paradiso.
L’obbedienza è la salute di tutti i
fedeli… È la madre di tutti i santi; per lei essi furono
concepiti, partoriti, allattati, nutriti, vestiti; per lei crescono,
si fortificano, salgono e toccano la perfezione. L’obbedienza mostra
all’uomo il regno del cieli, glielo apre, ve lo introduce e lo la
sedere sul trono. Bene sta, che quel capo che si curvo quaggiù
sotto un giogo volontario, sia alzato e coronato di gloria: bene sta
che la collana dell’onore adorni il collo di chi ha incatenato per
amor di Dio la sua volontà.

6. VANTAGGI
DELL’OBBEDIENZA: l° La vittoria. – Il primo vantaggio
dell’obbedienza sta nel renderci vittoriosi. Chiara e formale è
la promessa dello Spirito Santo: «L’uomo obbediente narrerà
vittorie» (Prov. XXI, 28). E sapete perché
l’obbediente avrà vittorie da raccontare? «Perché,
risponde S. Bernardo, quando umilmente ci assoggettiamo alla voce
degli altri, noi vinciamo noi medesimi in fondo al cuore (Serm. de
virt. Obed.
)». Se con la vostra obbedienza voi vi
assoggettate pienamente a Dio, alla sua legge e al suo volere, per
piacere a lui in tutto, i vostri sensi, i vostri appetiti, il vostro
corpo, i vostri pensieri, le tentazioni, la concupiscenza si
sottoporranno al vostro spirito e alla vostra volontà; vi
riuscirà facile il calmarle, e arriverete a dominarle come
Adamo le dominò nell’Eden finché obbedì a
Dio. Ma non appena ebbe disobbedito, subito sentì la sua carne
ribellarsi a lui e la concupiscenza lo dominò. Se vi
assoggettate al vostro superiore, tutto quello che è a voi
inferiore, vi starà sottomesso; al contrario se vi ribellate a
lui, avrete ribelle a voi tutto quello che a voi sta soggetto.
A proposito di Adamo disobbediente osserva S.
Agostino, che sarebbe stato ingiusto se il suo servo, cioè il
suo corpo, avesse obbedito a lui che non aveva obbedito al suo
Signore. Nel castigo di quel peccato, che pena fu mai inflitta alla
disobbedienza, se non un’altra disobbedienza? (Tract.
VIII in Ep. S. Joannis
). Ah, conchiude altrove il medesimo
Padre: «solo
l’obbedienza tiene la
palma, solo la disobbedienza incontra punizione (In psalm.
LXXIII)».
Gesù Cristo, obbedendo al
Padre, ed anche ad Anna, a Caifa, a Pilato, ai suoi manigoldi, fino
alla morte di croce, trionfò di tutto, del peccato, della
morte, dell’inferno. La croce fu il carro trionfale, il trono del
Salvatore; su la croce egli ascese per obbedienza, e su la croce
sconfisse i suoi nemici, e fu dichiarato re…
L’obbediente canterà
vittoria
1) sul demonio e su l’inferno… «Quando ci
assoggettiamo agli uomini per riguardo a Dio, trionfiamo degli
spiriti superbi, dice S. Gregorio; con le altre virtù
combattiamo i demoni, con l’obbedienza li debelliamo. Vincitori
dunque sono quelli che obbediscono, perché soggiogando in
tutto la volontà loro a quella degli altri, comandano agli
angeli decaduti per disobbedienza (In I Reg., lib. IV)»…
Una delle principali ragioni per cui l’obbediente trionfa sui demoni,
sta in ciò che egli con questa preziosa virtù scopre i
loro tranelli. Perciò quel detto di S. Antonio: «È
utile al religioso, che egli palesi, per quanto è possibile,
tutti i passi suoi ai superiori, affinché tenga sempre la
retta via» (Vit. Patr.).
2) L’obbediente canterà vittoria sul
mondo. Questo è chiaro perché non facendo egli mai la
sua volontà, ma sempre quella di Dio, della Chiesa, dei suoi
superiori, non farà mai quella del mondo, che è del
tutto opposta a quella della Chiesa e di Dio…
3) L’obbediente canterà vittoria sopra
un nemico acerrimo e più pericoloso di tutti gli altri, sopra
se stesso. Perciò il Kempis scrive: «Chi di buon animo e
spontaneamente non si assoggetta al suo superiore, dimostra che egli
non ha ancora del tutto obbediente la propria carne, che anzi
frequentemente ricalcitra e gli mormora contro» (Imit. Chr.
lib. III. c. 13). Con l’obbedienza l’uomo vince se stesso e la sua
volontà, e soggioga il suo giudizio. Arrischiatissima impresa
è servirsi della propria volontà, ma difficilissima e
quasi impossibile è servirsene come bisogna; trionfarne poi
con l’obbedienza è la più gloriosa e la più
utile delle azioni. «In verità, dice Alvarez, vincere se
stesso è la principale vittoria dell’obbedienza. Quando
l’uomo, che vince tutto Il resto, giunga a dominare se stesso, si
dimostra potentissimo, e più gloria ritrae da questo gran
fatto che da ogni altra vittoria. Con l’obbedienza l’uomo trionfa di
se stesso, perché lega il suo giudizio, incatena la sua
volontà, preserva da una fallace libertà il suo corpo e
tutte le sue pericolose inclinazioni, mette tutte le sue facoltà
a servigio di Dio. Trionfa di se stesso, perché fa violenza ai
suoi desideri, e per amar di Dio si assoggetta liberamente alla
volontà di un altro» (Tract. de Obedient.).
L’uomo obbediente proclamerà adunque e
celebrerà le sue vittorie, riportate su l’inferno, sul mondo,
su di se stesso, e molti e grandi premi ne riceverà da Gesù
Cristo, secondo le promesse da lui fatte
nell’Apocalisse,
dove è detto che al vincitore sarà dato da mangiare
dell’albero della vita che è nel paradiso di Dio; gli sarà
data una manna nascosta e una bianca pietra, su la quale starà
scritto un nome nuovo che nessuno conosce, eccetto colui che lo
riceve; acquisterà diritto di signoria su tutte le nazioni, e
più non avrà a temere la seconda morte. Sarà
vestito di bianca stola; il suo nome non sarà mai cancellato
dal libro della vita, ma riconosciuto e consegnato da Gesù
Cristo in faccia al Padre e alla corte angelica. Sarà
costituito come colonna nel tempio di Dio e non ne sarà più
smosso: Gesù Cristo scriverà sopra di lui il nome di
Dio e il nome della città di Dio, la nuova Gerusalemme discesa
dal cielo da Dio, ed il nome nuovo del medesimo Gesù Cristo.
Gli sarà concesso di sedere sul trono medesimo del Figliuolo
di Dio incarnato. Colui che riuscirà vincitore possederà
tutte queste cose, e Dio sarà suo Dio, ed egli sarà suo
figlio (Apocal. II, 7, 11, 17, 26 – III, 5, 12, 21 – XXI, 7).
Quando mai si udirono promesse o più splendide o più
vantaggiose? Ora Gesù Cristo le adempirà tutte a favore
di chi avrà praticato l’obbedienza, perché questi solo
riporta vere vittorie.
4) L’uomo obbediente
uscirà vittorioso di ogni sorta di nemici, cioè di
tutti gli uomini empi o malvagi, o ipocriti… Che più? sarà
vincitore di Dio medesimo, perché Dio esaudisce sicuramente
chi pratica l’obbedienza; o, secondo la frase del Salmista, «farà
la volontà di colui che gli obbedisce e lo teme» (Psalm.
CXLIV, 19). S. Domenico diceva che in forza della sua obbedienza
otteneva tutto ciò che dimandava a Dio (In Vita). Tutti
i Santi in tutti i tempi hanno fatto la medesima esperienza, Dio
obbediva loro, perché essi obbedivano a lui.
L’obbedienza ci fa trionfare della
terra, degli animali, del mare, del fuoco, del sole, del cielo e
dell’inferno. Tutto quello che si fa per obbedienza riesce quasi
sempre bene per virtù di quel Dio a cui si obbedisce.
Obbedendo a Dio, Mosè trionfò del Mar Rosso; Giosuè
divise il Giordano e comandò al sole; i tre fanciulli gettati
nella fornace ardente rimasero illesi. Perché obbedisce a
Gesù, Pietro cammina su le onde come su terra ferma. Quante
volte grandi Santi arrestarono terremoti ed altri flagelli! Dio non
nega nulla all’uomo obbediente e l’inferno medesimo è
costretto a sottomettersi a colui che obbedisce a Dio.
2° L’obbedienza nutrisce l’anima. – Il
secondo vantaggio dell’obbedienza proviene da ciò che essa è
eccellente nutrimento dell’anima. «Il mio cibo, disse Gesù,
è di fare la volontà di Colui che mi ha mandato»
(IOANN. IV, 34). Sappiano i cristiani che loro
alimento spirituale dev’essere l’obbedienza, perché 1)
nutrisce l’anima; 2) la rinvigorisce, come il pane fortifica il
corpo; 3) la fa crescere finché tocchi l’età virile
dello Spirito Santo o della virtù, come il cibo fa crescere i
bambini e li trasforma in uomini.
E’ un
rimedio
. – Il terzo vantaggio che reca l’obbedienza è che
purifica e guarisce l’anima e talora anche il corpo. Elia comandò
a Naaman Siro di andarsi a lavare sette volte nelle acque del
Giordano; egli obbedisce, e la sua lebbra scompare su l’istante (IV
Reg. V)
. I dieci lebbrosi ricevono da Gesù Cristo l’ordine
di andarsi a presentare ai sacerdoti; obbediscono, e mentre vanno si
trovano guariti (Luc. XVII).
4°. Innalza
l’uomo
. – Il quarto vantaggio dell’obbedienza sta in ciò,
che innalza l’uomo, lo fa crescere in dignità e lo nobilita.
Mosè obbedisce a Dio, diventa capo del popolo eletto, opera
numerosi e stupendi prodigi, fa tremare di sgomento l’Egitto e il
cuore indurito del suo re colpevole. Obbediscono gli apostoli a Gesù
Cristo, e divengono, in grazia della loro obbedienza, i fondatori
della cristianità, i principi della Chiesa militante e
trionfante.
5°. Attira le
benedizioni di Dio
. – Dio spande le sue più elette
benedizioni su quelli che l’obbediscono. Per la sua obbedienza,
Abramo merita di udirsi dire da Dio: «Ti farò ceppo di
una grande nazione, ti benedirò, esalterò il tuo nome,
e tu sarai benedetto. Benedirò coloro che a te benediranno,
maledirò quelli che ti malediranno; e in te saranno benedette
le nazioni tutte della terra» (Gen. XII, 2-3). In
premio della sua obbedienza, Abramo è colmato di benedizioni
temporali e spirituali e concorre alla grande benedizione
dell’universo, proveniente dall’incarnazione del Verbo..
Sette benedizioni o
ricompense dell’obbedienza ravvisa il Cardinal Gaetano nelle parole
di Dio ad Abramo. Con 1.a il patriarca è stabilito capo di una
grande nazione… La 2.a è una benedizione di ricchezze e di
frutti, significata da quelle parole: – Io ti benedico… – La 3.a è
la celebrità e la gloria promessa al nome di lui… La 4.a è
la riunione di tutte le benedizioni e dL tutti i beni accennata in
quella frase: ­ E tu sarai benedetto… – La 5.a è la
promessa di benedire quelli che lo benediranno… La 6.a è
quella di essere suo custode e vendicatore… La 7.a è la
dichiarazione che tutte le nazioni saranno benedette in lui, cioè
per riguardo all’obbedienza da lui mostrata nell’essere disposto a
sacrificargli il figlio ad un solo suo cenno, egli avrebbe versato su
la terra tutta la sua benedizione, facendo nascere dalla sua stirpe
il Redentore del mondo (DELRIO, Commento in Gen.).
Mosè,
consegnate agli Israeliti le tavole della legge, loro disse: «Io
vi porgo quest’oggi la benedizione e la maledizione: la benedizione,
se obbedite ai comandi del Signore Dio vostro; la maledizione, se
disobbedite» (Deuter. XI, 26, 28). La voce interiore di
Dio ha fatto intendere a ciascuno di noi la stessa promessa e la
stessa minaccia.
6°. E’
la prima delle virtù della vita cristiana
. – Quattro
religiosi andarono a trovare S. Pambo, pregandolo che volesse
accoglierli sotto la sua direzione. Ora il venerabile abate non
volendone ammettere più che uno, li tastò intorno
all’idea che ciascuno di essi si era fatta della perfezione
religiosa. Il primo praticava un continuo digiuno; il secondo, la
povertà; il terzo, la carità; il quarto, l’obbedienza.
S. Pambo scelse quest’ultimo, dicendo: Gli altri tre tengono della
propria volontà le virtù che esercitano, mentre
quest’ultimo, rompendo la propria volontà, si assoggetta al
volere di un altro e può quindi conseguire ogni sorta di
virtù. La condotta e le parole di questo Santo

dimostrano quale posto tenga fra le
virtù l’obbedienza, e quanto la perfezione cristiana
s’avvantaggi per mezzo di essa.
7°. E’
principio di vera felicità
. – «Disse il Salvatore a
Simone: Spingi in alto mare, e getta le reti per la pesca. Maestro,
risponde Simone, già vi ci siamo affaticati tutta la scorsa
notte e non abbiamo preso nulla; ma su la tua parola spiegherò
la rete. E ciò fatto, tanta fu la copia di pescagione; che la
rete si rompeva per il troppo peso» (Luc. V, 4-6). Bel
simbolo dell’utile e della prosperità che produce l’obbedienza
!
Quanti uomini gli apostoli non
trassero dall’abisso e condussero al cielo, perché obbedienti
predicarono nel nome di Gesù Cristo!… Leggiamo nella vita di
S. Francesco Saverio che quando egli stava per andare nelle Indie, i
suoi amici cercavano di distoglierlo, dipingendogli i pericoli del
caldo eccessivo e la difficoltà di provvedere ai suoi bisogni,
e la barbarie degli abitanti, che adoperavano il ferro e il veleno
perfino contro i loro familiari. Il grande missionario loro rispose:
Pericoli ben più spaventosi e terribili, di questi io creerei
a me stesso, se non obbedissi a Dio che mi chIama. Partì
dunque e nella sola città di Tolo convertì venticinque
mila indigeni formandone tanti ferventi cristiani. Ecco i vantaggi
dell’obbedienza!
Samuele poneva tutta
la sua cura e la sua gioia nell’obbedire ad Eli. Per questa
obbedienza, dice S. Efrem, meritò d’intendere la voce di Dio
(Serm. III). «Felici quelli, esclama Origene, che,
praticano l’obbedienza, che sopportano il freno, che fanno tutto ciò
che Dio vuole e che prendono per guida i suoi comandi; essi non
camminano secondo la loro volontà, ma diretti in tutto dalla
volontà di Dio; nel che sta la sorgente della più alta
felicità» (Homil. I in Cant.)… Che felicità,
infatti, è paragonabile a quella di colui che è sicuro
di fare in tutto e del continuo la volontà di Dio! Dove
trovare utilità più grande?…
8°. E un segno di
predestinazione. – L’obbedienza è segnale più sicuro di
predestinazione. Obbedire a Dio è il segno evidente di salute;
al contrario disobbedire a Dio, è segno e causa dell’abbandono
di Dio e della riprovazione, perché si disobbedisce a Dio per
seguire le proprie inclinazioni, la volontà, le passioni
perverse e corrotte. Gesù Cristo disse ai Giudei: «Le
mie pecore ascoltano la mia voce; io le conosco ed esse mi vengono
dietro; io dò loro la vita eterna; esse non andranno mai
perdute, e nessuno me le strapperà di mano» (IOANN. X,
27-28). Ecco perché colui al quale sta a cuore la sua salute
deve sempre desiderare e domandare questa sola cosa, cioè che
Dio lo diriga nei suoi affari, nelle sue azioni, e che egli medesimo
abbia la volontà di seguirlo, di obbedirgli, e di non dar
retta ad altri che a lui. Infatti le vie preparate da Dio sono certe
e sicure, e il non abbandonarle è predestinazione e salvezza.
Quelli che docilmente si lasciano condurre in questo modo, sono
esenti dal peccare e non arrischiano la propria salute: corrono
invece il pericolo di perderla colore? i quali, volendosi dare vanto
di saggi e d’illuminati, non prendono Dio per guida, ma scelgono di
proprio capriccio le loro vie.
Giona, col fuggire da
Dio, gli recò disgusto, perdette la patria, l’uso del tempio e
quasi la vita, corse i rischi del mare, e non ebbe per altare sacro
altra terra che la profana di Tarso. Così i disobbedienti si
lanciano nei più terribili pericoli, perdono Gesù
Cristo, vero pilota, e fanno naufragio; mentre gli obbedienti che si
lasciano guidare da Gesù Cristo, viaggiano senza rischio sul
mare del mondo, lo attraversano senza fare naufragio e giungono
felicemente al porto della salute. «Potrebbe mai, esclama il
Salmista, l’anima mia non starsene soggetta a Dio, se da lui solo
viene la mia salute?» (Psalm. LXI, 1).
Ha il
merito e la gloria del martirio
. – S. Gerolamo, scrivendo ad
Eustochio della morte di S. Paola, così si esprimeva: «Della
corona di lungo martirio fu coronata la madre tua. Poiché non
la sola effusione del sangue è confessione di fede; ma è
martirio quotidiano anche la servitù immacolata di un’anima
pia (Epistola)».
10° Procura
una buona morte
. – L’uomo obbediente muore nella pace del
Signore. L’abate Giovanni, in fine di vita, raggiante di gioia
diceva: «Muoio contento perché non ho mai fatto la mia
volontà» (Vit. Patr.). Nessuno mai, infatti,
meglio dell’obbediente, adempie quel precetto del Signore:
«Allontanati dal male e fa’ il bene» (Psalm.
XXXVI, 27). Ora come potrà provare inquietudine sul letto di
morte, colui che non ha fatto il male, ma che visse nella pratica
della virtù?
Obbedienza: ecco
dunque il gran segreto per incontrare la morte, non solo senza
spavento, ma con gioia; l’immagine dell’inferno non conturba l’anima
e la speranza del paradiso la rallegra. «Cessi la volontà
propria, dice S. Bernardo, e non ci sarà più inferno
(Serm. III de Resurrect.)».
Ma solo l’obbediente rinunzia al proprio volere: egli dunque,
più che ogni altro, non va esposto a pericolo di dannazione; è
anzi sicuro di arrivare al cielo, avendo per garanzia quelle parole
di Gesù Cristo: «Sta di buon animo, servo buono e
fedele, poiché sei stato fedele nel poco, entra nel gaudio del
tuo Signore» (MATTH. XXV, 21).

7. COME BISOGNA
OBBEDIRE? – Come bisogna obbedire? Dice S. Paolo: «Fate ogni
cosa che vi è imposta senza mormorazione od esitanza; affinché
siate in tutta semplicità figli di Dio, senza rimprovero»
(Philipp. II, 14-15). Vedete Saulo prostrato nella via di
Damasco. Cadendo a terra, ode una voce che gli grida: Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti? Chi siete voi, o Signore? egli risponde;
e appena udito: – Io sono quel Gesù che tu perseguiti – subito
domanda: Che volete, o Signore, ch’io faccia? (Act. IX, 6);
ed eseguisce tosto gli ordini che gli vengono dati. Ecco il modo con
cui si deve obbedire.
«Colui che poco innanzi
perseguitava e infieriva contro i fedeli, già si prepara ad
obbedire, osserva S. Agostino: quindi in quel medesimo istante si
cambia di persecutore in predicatore, di lupo in agnello, di nemico
in soldato di Gesù Cristo».
«L’uomo
veramente obbediente, dice S. Bernardo, tiene pronte le orecchie a
udire, la lingua a rispondere, le mani a operare; i piedi a
camminare; e così tutto in se stesso si raccoglie, per
obbedire prontamente agli ordini che gli sono dati (De praecept.
et dispensat
.)». «Il vero obbediente, dice S.
Gregorio, non sofistica sull’intenzione di chi gli ha dato un ordine;
non fa distinzione tra precetti e precetti; perché chi ha
affidato la direzione di tutta la sua vita al suo superiore non
conosce altra gioia che quella di fare esattamente ciò che gli
è imposto; una sola cosa parendogli bene, l’obbedire ai
comandi (In Samuele)».
Dove conduca la titubanza
nell’obbedire, ce lo mostra la disgraziata Eva. Dio afferma che se
Adamo ed Eva toccano il frutto vietato, morranno. – Ma Eva, tentata
dal serpente, tentenna nell’obbedire e quindi mette in dubbio che, se
disobbediscono, morranno. – Il serpente nega recisamente che ciò
possa essere. – Ed Eva perché ha indugiato a seguire gli
ordini del Signore, perde l’innocenza e trae con sé nella
rovina i figli suoi… I superiori comandano, gli inferiori
tentennano e discutono; arriva il demonio, nega l’obbligo di
obbedire, e si finisce come finirono Adamo ed Eva…
Come bisogna
obbedire? Come Abramo. «Esci, gli dice Iddio, dalla patria,
dalla parentela, e dalla famiglia del padre tuo e vieni alla terra
che t’indicherò. E Abramo se ne andò, come gli aveva
comandato il Signore» (Gen. XII, 1, 4). L’obbedienza di
Abramo ci sia il modello della perfetta ubbidienza.
La prima qualità sta
nell’obbedire prontamente e di piena volontà. Abramo non esita
neppure un momento.
«Chi obbedisce
fedelmente, dice S. Bernardo, non sa che cosa sia indugio; fugge il
domani, non conosce ritardo, previene colui che comanda (De virt.
obed. Serm.
)». E in altro luogo: «Il vero obbediente
rinunzia al suo volere o non volere, per poter dire: Il mio cuore è
pronto, o mio Dio; pronto a fare tutto quello che ordinerete; pronto
ad obbedire al minimo cenno; pronto ad occuparsi di voi, a servire il
prossimo, a guardare me stesso, ad attendere alla contemplazione
delle cose celesti (Serm. de Epiph.)».
La seconda è
di obbedire con semplicità; il che si avvera quando
sottomettiamo il nostro giudizio a quello dei nostri superiori.
Abramo parte senza sapere dove andrà. Chiamati da Gesù
Cristo, Pietro e Andrea lo seguono immediatamente, senza darsi
pensiero del come vivranno; senza esaminare come mai essi, ignoranti
pescatori, diventeranno pescatori di uomini. «Abbandonata ogni
cosa, seguirono Gesù Cristo» – dice l’Evangelista.
«Siate certi, dice S. Gerolamo, che tutto quello che ordina un
superiore è salutare; non giudicatene di vostro capo»
(Epl. ad Rustic.). «E chi sa bene obbedire, non sta a
giudicare», dice S. Gregorio (In Samuel.).
L’obbedienza semplice e perfetta
ignora i motivi che possono muovere chi comanda: non si lascia
fermare o intiepidire da comandi duri, o duramente dati, né
dalle gravi prove alle quali può soggiacere, ma si appoggia
sopra una larga volontà e si eleva fino all’altezza della
carità. Armata di coraggio attivo, di risoluzione pronta, di
abnegazione intera, ella abbraccia tutto ciò che le è
comandato.
La terza consiste nell’obbedire
con gioia. Così si diportarono gli Apostoli in mezzo alle più
crudeli prove, alle persecuzioni, alla morte…
La quarta è di obbedire con
umiltà…
La quinta di obbedire
con coraggio e costanza. «Confidatevi sempre a Dio, scrive S.
Agostino, abbandonatevi interamente nelle sue mani; cosi egli non
cesserà di sollevarvi fino a sé e non permetterà
che avvenga cosa se non utile anche a vostra insaputa (Soliloq.
lib. I, c. XVI)».
La sesta è
obbedire con indifferenza e pieno abbandono. Poco importava ad Abramo
il luogo, in cui Dia lo chiamasse; egli abbandonava interamente a lui
la cura del suo avvenire. S. Agostino dice: «Non possiamo
offrire a Dio nessuna cosa più gradita, che il dirgli con
Isaia: Possiedici (In Psalm. CXXXI)».
La settima è di obbedire
con perseveranza… Così Gesù Cristo fu obbediente fino
alla morte.
Vero esemplare di
obbedienza è Samuele; chiamato diverse volte nel cuore della
notte, egli risponde immantinente e si presenta pronto ad obbedire…
«Tutto umile e soggetto ad Eli e sostenuta dall’obbedienza,
questo giovane, dice S. Gregorio, è chiamato e viene; è
rimandato, si parte; e questo fa per tre volte di seguito. Chi di noi
in simile caso si sarebbe trattenuto dal mormorare? Chi frenerebbe la
sua impazienza se, chiamato ripetutamente, udisse sempre rispondersi
che non fu chiamato?» (In Samuel.). Il vero obbediente
deve imitare Tobia il quale, uditi gli ultimi ammaestramenti del
padre, rispose: «Io farò, padre mio, tutto quello che mi
avete ordinato» (Tob. V, l).
«Lo spirito del
giusto medita l’obbedienza», leggiamo nei Proverbi
(Prov. XV, 28); cioè riflette sui motivi che lo
spingono ad obbedire, si studia di mitigare il rigore degli ordini
che presume essergli stati dati, affinché nel punto in cui il
superiore lo chiamerà a sé e gli ingiungerà
qualche cosa di duro, risponda pronto e lieto come Samuele: «Eccomi»
(I Reg. III), a con S. Paolo: «Signore, che cosa volete
ch’io faccia» (Act. IX, 16). Egli medita sopra tutto
l’obbedienza di Gesù Cristo che si è fatto obbediente
fino alla morte, ed alla morte di croce, per insegnare a noi ad
obbedire, e salvare; con l’esempio e col merito della sua obbedienza,
noi che eravamo perduti per la disobbedienza di Adamo. In questo
senso a ciascuno di noi è detto: «Guarda, e fa’ secondo
il modello che ti è stato mostrato sul monte (Calvario)»
(Exod. XXV, 40).
Il giusto medita sui
diversi gradi dell’obbedienza, per poterli raggiungere. Questi gradi
sono tre. Il prima, meno perfetto, sta nel fare ciò che ci è
comandato… Il secondo è di volere e amare l’opera prescritta
e compierla volentieri, prontamente e con coraggio… Il terzo è
di non solamente volere quello che è comandato, ma di crederlo
migliore di quello che vorremmo noi medesimi; di guisa che non solo
si sottomette volentieri la propria volontà a quella del
superiore, ma anche il proprio giudizio, credendo che quanto ordina
il superiore vale più di quanto potrebbe suggerire sia lo
spirito privato, sia qualunque altra persona… Il giusta si propone,
dice l’Apostolo, di obbedire con gioia e non con tristezza o per
necessità (Hebr. XIII, 17). La serenità del
volto e la dolcezza del parlare dànno all’obbedienza un
bell’incanto e un soave profumo. Come si può dire che vi sia
questa virtù dove si trova l’asprezza e il malgarbo? I segni
esteriori indicano la disposizione dell’animo, ed è difficile
che chi ha cattiva volontà non la manifesti nei tratti.
Si unisca
all’obbedienza la carità che è sua sorella: esse devono
andare unite e legate insieme, perché l’una perfeziona
l’altra. I perfetti, 1° obbediscono amando, e amano obbedendo;
l’amore dell’obbedienza porta ad amare i superiori, come i propri
genitori…; 2° amano quello che loro è ordinato…; 3°
amano la loro obbedienza e quest’amore la rende facile e perfetta.
Infatti, come dice S. Leone, l’amore dell’obbedienza addolcisce
l’ordine di obbedire: non si obbedisce più per dura necessità,
quando si ama quello che è prescritto (Serm. VI, de
Ieiun
.).
S. Ambrogio,
commentando quelle parole del Salmista: «Signore, io ho alzato
le mie mani verso i vostri comandi che ho amato» (Psalm.
ex VIII, 48), scrive: «Davide amava i comandi del Signore, per
compirli volentieri. Difatti chi ama, fa volentieri quello che gli è
ordinato; chi teme, obbedisce solo per necessità (Serm.
XIII)». S. Bonaventura distingue tre specie di obbedienza:
l’obbedienza per necessità, l’obbedienza per piacere o
interesse, l’obbedienza per carità: solo l’obbedienza per
carità è grande (Proces. VI, Relig. c. XL),
perché essa sola, dice S. Bernardo, ha per effetto di rendere
l’obbedienza gradita e accetta a Dio (Serm. in Fest. Omn. Sanct.).