I Miracoli Eucaristici di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. “Non possiamo quindi disprezzare i miracoli eucaristici attraverso i quali il Signore si degna di mostrarci che al di là delle specie sacramentali, cioè del pane e del vino, c’è proprio lui col suo Corpo, col suo Sangue, con la sua anima e con la sua divinità”.
I Miracoli Eucaristici: FIRENZE (1230; 1595)
Un corrispondente gentile mi ha posto, per lettera, una domanda che mi sembra sia molto intelligente, e spero che la mia risposta a lui possa giovare a tanti altri.
La domanda è questa: “Padre Giorgio mi può dire perché Dio permette tanti sacrilegi attorno all’Eucaristia?
E poi perché Gesù stesso ai nostri sacrilegi, alle nostre trascuratezze, alle nostre freddezze o addirittura mancanze di fede reagisce con i suoi miracoli straordinari eucaristici?”.
La mia risposta può essere la seguente.
La Santa Eucaristia è, per eccellenza, il mistero della fede. Solo la fede permette di penetrare nella luce soprannaturale del mistero, che è una realtà così piena di luce che noi non riusciamo a vedere tutta, sino in fondo. Ma c’è.
Dio ci diffonde le sue luci, in verità, attraverso le ombre, una specie di velo, per preservare dall’accecamento gli occhi troppo deboli nella nostra anima.
Dio non vuole ingannare coloro che illumina. Noi non Potremo contemplare il suo splendore faccia a faccia sin quando il nostro sguardo soprannaturale non sarà stato sufficientemente preparato a percepirlo.
Nell’attesa, per gli uomini pellegrini di quaggiù, il Signore si nasconde sotto dei segni, quello della Chiesa, quello dei sacerdoti, quello in particolare del Santissimo Sacramento verso il quale tutti gli altri convergono, come al loro culmine.
Gesù ha detto a S. Tommaso incredulo: “Beati coloro che pur non avendo veduto, hanno creduto” (Gv. 20/ 29).
Ma Gesù conosce la nostra debolezza e come Tommaso, facciamo fatica a credere, anzi a volte siamo proprio dei poveri, pieni di dubbi, stanchi ed esitanti ed invece di superare le eventuali difficoltà, ci impelaghiamo nel mistero come su una pietra d’inciampo.
È per dissipare la nostra poca fede che Gesù/ nella sua pietà, ci aiuta allora coi miracoli.
Sempre lo stesso, ieri, oggi e sempre. Egli elargisce con il suo cuore ancora a coloro che camminano quaggiù nella notte dell’ignoranza e del dubbio e a coloro che rischiano d’inciampare.
Non possiamo quindi disprezzare i miracoli eucaristici attraverso i quali il Signore si degna di mostrarci che al di là delle specie sacramentali, cioè del pane e del vino, c’è proprio lui col suo Corpo, col suo Sangue, con la sua anima e con la sua divinità.
Gli angeli del cielo non dubitano della verità del Corpo e del Sangue del Cristo nel Santissimo Sacramento, perché il loro sguardo è puro e dunque incontaminato.
I nostri occhi, al contrario, sono quelli di peccatori a cui i peccati annebbiano la vista.
Ora rifiutare i miracoli che Gesù compie per sostenere la nostra fede e alimentare il nostro amore, sarebbe disprezzare la divina misericordia che ha pietà della nostra miseria e debolezza.
È il Signore stesso che in quel momento agisce.
È il Padre celeste che glorifica il suo Figlio perché noi crediamo in Lui e possiamo proclamare con grande voce nel cielo sino agli estremi confini della terra:
“Degno è l’Agnello immolato sui nostri altari di ricevere la potenza, l’onore, la gloria e la benedizione!” (Ap. 5, 1 3).
Perciò narrando i miracoli eucaristici che riferiscono le meraviglie compiute dall’Eucaristia lungo i secoli, ho ritenuto non solamente corroborare la fede vacillante di alcuni fratelli, ma anche e soprattutto glorificare Dio, sempre vivo e ardente fra noi! Se non temessi di mostrarmi un poco di buono, come vorrei esclamare con il profeta: “II cuore mio e la mia carne esultano in Dio vivo!”.
E come vorrei agguagliare lo zelo del mio caro San Filippo Neri che, in estasi, ardeva e tremava tutto quando il solo pensiero di Gesù Eucaristia gli attraversava la mente!
Pensiamo a tutte le notti eucaristiche del Santo Curato d’Ars, a San Pier Giuliano Eymard e di tutti gli altri “figli della luce” che hanno attinto luce, forza, amore da Gesù Eucaristia. Diventeremo noi uguali a loro?
Prendiamo, prendiamo la loro fiaccola e accendiamola al fuoco dell’amore; prendiamo la loro anfora e riempiamola all’acqua viva della salvezza!
Gesù è infatti una fonte in attesa di mille seti…
Egli vuole riempire le nostre mani, fatte a coppa, con la sua acqua chiara e vergine; Egli vuole dissetare le anime nostre, fatte a conchiglia, con il torrente d’acqua fresca e pullulante di grazia…
Stasera andiamo a Firenze, nella grande città del Giglio che, nella storica chiesa di Sant’Ambrogio custodisce le reliquie di due miracoli eucaristici avvenuti rispettivamente nel 1230 il primo e nel 1595 il secondo.
Intanto vi racconto il PRIMO.
È il mattino del 30 dicembre 1230 e un vecchio prete di nome Uguccione, cappellano delle monache benedettine, nella chiesa dedicata a S. Ambrogio (a Firenze appunto) sale l’altare per la celebrazione della messa.
“Introibo ad altare Dei Ad Deum qui laetificat iuventutem meam. Il nostro aiuto è nel nome del Signore. Egli ha fatto cielo e terra… Te igitur clementissime Pater… o Padre clementissimo, noi ti supplichiamo e ti chiediamo per Gesù Cristo tuo Figlio e nostre Signore, di accettare questi doni/ di benedire queste offerte – Hoc est enim corpus meum Hic est enim calix sanguinis mei…Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum: ma dì soltanto una parola e l’anima mia sarà guarita…Il Corpo di Cristo. Amen”.
Tutto normale dunque; ma al momento della purificazione di calice, dopo la comunione, il Sacerdote senza accorgersene lasciò alcune gocce di vino consacrato nel calice.
Forse una svista, forse l’età avanzata, forse, che so io? Una leggerezza, fatto sta che il prete ripose il suo calice nell’armadio senza accorgersi di nulla. Ma l’indomani mattina, vide con sì grande sgomento che le gocce di vino si erano trasformate vivo sangue coagulato.
La suora sagrestana vedendo il fatto cadde in ginocchio gridando, mentre tutte le altre monache, accorse, constatavano l’avvenimento miracoloso.
Subito il vescovo di Firenze, Ardingo (di Pavia) ne venne informato e subito ordinò che gli fosse portato il calice con la preziosa reliquia. Ma dopo parecchi giorni, la madre badessa Ceida chiese vescovo la restituzione della santa reliquia.
Il prelato allora fece costruire un ricco tabernacolo nel quale ripose in un’ampolla il contenuto del calice, e nel 1231 i francescani la riportarono processionalmente, dal vescovado fine monastero/ ove ancora oggi è conservata.
Ma ecco un secondo prodigio. Ormai sono passati tre secoli quel giorno, tutti pieni di amore e adorazione verso Cristo Eucaristia, costruendovi con crescente e singolare concorso di fede, dì pietà ed arte, una cappella stupenda, ove si ammira il bellissimo tabernacolo in marmo che custodisce il sangue miracoloso.
Siamo giunti dunque al mese di marzo, il 24, Venerdì santo del 1595.
Mentre all’altar maggiore si sta celebrando il sacro rito della passione e morte di Gesù, scoppiò all’altare della Reposizione (una volta si diceva “del Sepolcro”) un incendio a causa di una candela che scintillando appiccò il fuoco a tutto l’apparato. Clero e fedeli corsero immediatamente ad estinguere le fiamme che si erano diffuse ovunque.
Per mettere in salvo il Santissimo Sacramento, un Sacerdote si slanciò fra le fiamme e aprendo l’urna tabernacolo prese il calice con l’ostia grande, ma nella confusione del momento urtò la pisside che conteneva alcune particele per eventuali comunioni agli infermi. Cadendo a terra, la pisside si aprì e ne uscirono le sei particole che rotolarono tra le vampe del tappeto della predella.
Domato finalmente l’incendio tra i lini semi bruciati, fu trovato un piccolo corporale, abbrunito dalle fiamme, ma intatto. Apertolo, furono rinvenute le 6 particele intatte, abbrunite anch’esse dall’eccessivo calore, accartocciate e unite insieme forse a causa dell’acqua gettata per estinguere l’incendio.
Vennero poste all’adorazione dei fedeli e poi chiuse in una scatola d’argento smaltato, insieme al corporale e conservate nel Tabernacolo assieme all’altro miracolo del Sangue divino coagulato.
Quando nel 1628 l’arcivescovo di Firenze, Marzi-Medici, le esaminò attentamente, le trovò incorrotte. Nel 1907 furono nuovamente sottoposte ad un controllo ed ancora erano intatte.
Ogni anno, durante le 40 ore, che a S. Ambrogio si celebrano nel mese di maggio, le due insigni reliquie vengono esposte nell’unico ostensorio, sormontato però da un’ostia grande consacrata.
Nella cappella del miracolo, durante tutto l’anno, ardono sette lampade, come a simboleggiare la viva e calda pietà dei fiorentini e dei numerosi pellegrini.
Ed io vi invito ad andare, se potete, ad adorare Gesù che sotto quegli splendidi segni ci ha assicurato che egli è davvero vivo e presente. Ma intanto riaccendiamo le fiaccole della fede e della carità e andiamo nella nostra chiesa, anche se piccola o modesta e là adoriamo Gesù.
Madre Maria Candida dell’Eucaristia, carmelitana scalza, ha lasciato scritto:
“Quante volte, specie la sera, mirando il Santo Tabernacolo e respirando di felicità penso e dico: di quanto si ha quaggiù di grande e bello, di prezioso nulla vi è che uguagli il Tesoro che qua si racchiude. È qua il Tesoro unico che vi è sulla terra, lo posseggo, gli sono vicina!
O Santa Eucaristia, tu mi fai morire per meglio vivere.
Nel nascere Gesù si fece nostro, ma nella S. Comunione si rende mio! Un giorno senza Comunione può paragonarsi ad un giorno senza sole, senza pane, senza sorriso, senza riposo”.
“La devozione al S.S. Sacramento – diceva S. Filippo Neri che bruciava d’amore davanti a Gesù Eucaristia per 40 ore senza interruzione – la devozione al S.S. Sacramento e la devozione alla Madonna sono, non il migliore ma l’unico mezzo per conservare la purezza. Non vi è che la Comunione che può conservare puro il cuore a 20 anni. Non ci può essere castità senza Eucaristia”.
Ed io umilmente aggiungo: a qualsiasi età va bene l’Eucaristia per essere puri, perché solo così finalmente potremo vedere Dio!
Davanti al tuo infinito amore o Gesù io mi sento profondamente commosso e pieno di riconoscenza, non so far altro che ripetere: grazie o Gesù.
Ma che cosa ti renderò io, o Signore, in cambio del tuo dono? Sento la tua dolcissima voce che mi ripete: figlio dammi il tuo cuore.
“Eccomi o mio amato e buon Gesù che alla tua Santissima presenza prostrato, ti prego col fervore più vivo a stampare nel mio cuore sentimenti di fede, di speranza e di carità, di dolore dei miei peccati e di proponimento di non più offenderti. Mentre io con tutto l’amore e con tutta la compassione vado considerando le tue cinque piaghe cominciando da ciò che disse di te o mio Gesù, il santo profeta Davide: Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie ossa”.
Sia lodato Gesù Cristo.