GRAZIA

Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica. GRAZIA (gr. = idea di piacere, di gioia; cfr. lat. gra-tus, donde gratia): tanto presso i classici quanto presso di noi, ha vari significati, che possono ridursi a due aspetti: l) soggettivo (bellezza, benevolenza, favore, gratitudine); 2) oggettivo (dono, beneficio).

Nel linguaggio religioso ellenistico già significava una forza interiore infusa dagli dei. Nell\’A. T. si trova qualche volta la voce grazia, in senso di benevolenza (cfr. Gen, 18, 3). Nel N. T. è frequentissima in Paolo (110 volte), abbastanza usata da Luca, Giovanni e Pietro, prevalentemente nel senso di dono gratuito di Dio agli uomini: «gratia Dei».
La dottrina della grazia è stata sviluppata copiosamente da S. Agostino in lotta contro i Pelagiani (v. Pelagianismo), che la negavano compromettendo tutto l\’ordine soprannaturale. Il Magistero della Chiesa si è occupato a più riprese della grazia, principalmente nel Conc. Cartag. (418), DB, 101 ss.; nel Conc. II di Orange (529), DB, 174 ss.; nel Conc. Trid. sessione VI, DB, 793-843; nelle Proposizioni di Baio condannate da S. Pio V (DB, 1001 ss.) e in quelle di Giansenio condannate da Innocenzo X (DB, 1902 ss.). Da questi documenti si ricava la definizione della grazia: «Dono gratuito soprannaturale infuso da Dio nella creatura razionale in ordine alla vita eterna».
Divisioni:
a) grazia gratis data, ordinata al bene altrui (per es. dono della profezia) e grazia gratum faciens, ordinata al bene di chi la riceve.
b) grazia attuale (influsso divino transeunte); grazia abituale (dono permanente a modo di abito)

La grazia in genere conferisce all\’uomo la potenza d\’agire in maniera soprannaturale, proporzionatamente alla vita eterna. Essa trascende l\’ordine naturale.