EPICLESI

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". EPICLESI : (gr. = invocazione): con questo nome si designa la preghiera che in molte liturgie orientali si legge dopo la consacrazione e che, secondo il senso letterale, domanda a Dio di operare la transustanziazione come se le parole pronunciate nella consacrazione non avessero avuto pieno effetto.

Da ciò presero ansa. fin dal sec. XIV, alcuni Greci, come Nicola Cabasitas, Simeone di Tessalonica, Marco Eugenico, per affermare che per la transustanziazione è assolutamente necessaria l\’epiclesi. Costoro furono imitati, più tardi, da due teologi latini, il domenicano Ambrogio Catarino e il francescano Cristoforo di Cheffontaines, che ritennero essere la transustanziazione l\’effetto delle parole «Quam oblationem» che nel canone romano precedono la consacrazione.
Ma la più antica tradizione patristica, rappresentata da S. Giustino, S. Ireneo, Tertulliano, S. Ambrogio, S. Giovanni Crisostomo, S. Agostino ecc.. ha attribuito costantemente alle parole dell\’istituzione la forza di mutare gli elementi nel corpo e nel sangue di Cristo.
La Chiesa pertanto, nel suo magistero ordinario, ha inculcato a più riprese la dottrina antica, fino alla dichiarazione di Pio X: «La dottrina cattolica sul sacramento dell\’Eucaristia non è incolume, quando si ritiene accettabile la dottrina dei Greci, secondo la quale le parole della consacrazione non otterrebbero il loro effetto se non dopo l\’epiclesi» (Lettera ai delegati apostolici dell\’Oriente, 26 dicembre 1910).
Il fatto poi, apparentemente singolare, che l\’epiclesi domandi nuovamente la transustanziazione dopo che è avvenuta, è stato comodamente spiegato in due modi: S. Tommaso pensa che l\’epiclesi chieda la trasmutazione spirituale del corpo mistico, mentre il Bossuet ritiene che è proprio dello spirito della liturgia di ritornare sopra quanto è avvenuto in un istante solo, per farne intendere meglio l\’effetto intero.