EDUCARE ALLA CARITÀ.

Non si tratta di far diventare i nostri fanciulli ” buoni come statue “: un fanciullo non è fatto per essere una statua, ma per agire, per assumersi delle forti responsabilità cui bisogna prepararlo.

* Non si tratta di far diventare i nostri fanciulli ” buoni come statue “: un fanciullo non è fatto per essere una statua, ma per agire, per assumersi delle forti responsabilità cui bisogna prepararlo.

* È stato creato per amore, concepito nell’amore e si trova sulla terra per amare Dio e gli uomini. Amando adempirà più perfettamente la sua missione. La delicatezza del cuore e l’intensità della carità determineranno la qualità della sua anima e la profonda fecondità della sua vita.

* I genitori cristiani devono proporsi l’educazione dei loro fanciulli alla carità come uno degli elementi essenziali della loro missione. Disgraziatamente pochissimi genitori pensano a questo. E volere o no, il primo comandamento non è forse quello dell’amore?

* La carità è la virtù cristiana per eccellenza, che comprende tutta la legge, senza la quale le altre virtù sono nulla. Rileggi ogni tanto in famiglia il tredicesimo capitolo della prima lettera ai Corinzi.

* La carità è il distintivo del cristiano. ” Da ciò riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri come io ho amato voi “. Più carità vi sarà nei cristiani, più splendida sarà la loro fede.

* L’amore del prossimo, con tutti i sacrifici che comporta, è la migliore prova d’amore verso Dio.

* Regnando l’amore, l’umanità s’innalza; regnando l’egoismo, l’umanità si inabissa. Quanto sarebbero più facili, più gradite e più eque le relazioni tra gli uomini se fossero sempre impregnate dal vero spirito di carità!

* I vostri fanciulli, in forza della grazia del battesimo e della cresima, sono chiamati a diventare apostoli tra coloro in mezzo ai quali vivono. Non vi saranno azioni sublimi se nell’età in cui si formano i modi di pensare non si sono sviluppati in loro i riflessi della carità, soprattutto la sollecitudine verso gli altri.

* Se il fanciullo deve essere amato per se stesso, deve essere anche formato in modo da diventare un uomo che vive coscientemente per i fratelli.

* Poiché il fanciullo è naturalmente egocentrico ha molto bisogno dell’educazione alla carità; egli tende ad essere centro di tutto e volentieri vedrebbe tutti ai suoi piedi. La formula: ” Io prima di tutto”, quando non si cambia in ” io solo “, è il grido spontaneo di questo essere debole che ha sempre paura di perdere. Quando però si sa preparare il suo cuore, si scoprono in lui anche delle possibilità meravigliose di generosità. E l’arte dell’educazione non consiste forse nell’orientare verso il bene tutte le energie latenti di questo fanciullo da cui può dipendere in parte che, più tardi, il mondo sia felice e migliore?  Quindi per sviluppare nel fanciullo la carità, la bontà, non vi è niente di meglio che l’esempio dei genitori e degli educatori. Mostratevi buoni, benevoli, generosi coi poveri, con quelli che soffrono, e in genere con coloro che vanno sotto il titolo di ” prossimo “. Prestate servizi tutte le volte che ne avete possibilità e mostrate di essere felici nel farlo, associandovi, per quanto potete, anche i fanciulli. Fate vedere che vi dispiace di non poter aiutare quanto vorreste chi soffre. La vostra tavola non senta critiche o giudizi sugli assenti; la vostra casa sia focolare di felicità, e questo clima di vera carità opererà meglio dei più bei discorsi.

* Avrete notato nelle vite dei santi che essi appartenevano a famiglie in cui la carità era al primo posto: per esempio l’influenza della famiglia sul Curato d’Ars, sulla Beata Javouhey, su santa Teresa del Bambin Gesù.

* Fate conoscere presto al fanciullo la realtà della miseria, insegnategli a evitare ogni sciupio, e soprattutto abituatelo a dare con il sorriso sul labbro.

* Quando vi è possibile, fate diventare il fanciullo commissioniere della vostra carità, e incoraggiatelo pian piano a dare del suo.

* Bisogna lottare contro la malvagità, in tutte le sue forme, fino dalle prime manifestazioni. È cosa ridicola insegnare a un bambino a mostrare i pugni o a picchiare la tavola o l’oggetto contro cui ha battuto, per consolarlo.

* Tutto quello che può svegliare o accentuare la crudeltà deve essere sottratto agli sguardi del fanciullo. E’ necessario, in particolare, bandire ogni gioco crudele verso gli animali.

* Non si può prevedere il male che causeranno nei fanciulli i consigli o gli esempi di egoismo: ” Ne ho abbastanza di dare. Sono sempre gli stessi che ci vanno di mezzo “; frasi infelici che creano nel fanciullo che ascolta un penoso stato d’animo, che difficilmente dimenticherà.

* Al catechismo viene chiesto ai bambini qualche giocattolo per i bambini poveri. Giacomina, dopo molte esitazioni, sceglie una graziosa bambola: ” Mamma, la posso portare? ” — ” Ma no, rifletti meglio; potresti portare il tuo vecchio orso! “.

* Una bimba, figlia di commercianti agiati, voleva un giorno regalare qualcosa a un fanciullo povero. All’indomani afflitta dice alla dirigente: ” Mamma non vuole perché conosce quelle persone e poi vuole che conservi i miei giocattoli “.

* Durante una passeggiata la direttrice aveva proposto alle ragazze di mettere in comune la merenda. Queste accettarono con entusiasmo. Al ritorno raccontano la giornata e una mamma agiata, quindi in grado di preparare una buona merenda, risponde: ” Ah sì! la prossima volta dirai d’aver dimenticato la tua! “.

* Quale non sarà invece la ricompensa per i genitori che avranno saputo incoraggiare i loro bimbi a essere uomini e donne di cuore!

* Sì’, dice una mamma, Giacomina è veramente una brava bambina: a casa tutti lo notiamo e tutti l’amiamo. Non fate però molti complimenti… Non la educo per me! Io e il mio sposo siamo molto contenti di vederla spendersi per gli altri più piccoli e la incoraggiamo. Ciò la migliora. Saremmo oltremodo infelici d’aver una bambina egoista e chiusa in se stessa…

* Sono le undici. Maria Teresa e Nicoletta, due sorelline, si affrettano ad andare a cercare la minestra e la porzione per portarla a una povera vecchia; cosa che fanno ininterrottamente da circa un anno!

*  E’ molto divertente, mi dice Francesca: mamma ogni sabato pomeriggio prende presso di noi Martino D…, dato che l’asilo è chiuso, per non far perdere il posto alla sua mamma.  Martino è l’ottavo figlio d’una famiglia povera. Mi parla quindi d’una bambina di otto anni: ” L’ha trovata mamma mentre portava il giornale della Lega; ha convinto i suoi genitori dicendo loro che recandosi al gruppo “Ames Vaillantes” ella diventerà più brava “. La vigilia, Francesca mi aveva confidato: ” Mamma dice sempre: anche se potessi condurre le mie figliole in campagna le manderei alla colonia … È per la nostra formazione, comprendete ” aggiungeva deliziosamente la figliola!

* Avevo parlato un giorno a due bambine, racconta ancora don Marco, curato di San Nicola di Troyes, della necessità di fare buone azioni. Avevo chiesto loro di compierle verso le persone anziane, di comprendere, di sentire le sofferenze dei vecchi.
Una fanciulla mi aveva ben compreso. Incontra per la strada un buon vecchio e subito amorosamente gli dice: ” Come sembri stanco, nonnino; il pacco è pesante; vuoi che lo porti sino alla fine della strada? “. Il vecchio meravigliato lascia fare. La fanciulla, prima di lasciarlo, gli la questa riflessione: ” Passo per la chiesa e pregherò per te “; l’uomo aveva le lacrime agli occhi. Ritornando di nuovo indietro aggiunse: ” E tu, nonnino, le dici anche tu le preghiere? “. Il povero vecchio piange.

* È cosa buona insegnare al fanciullo a mettersi al posto degli altri.

* Un giovane ingordo non aveva mai il coraggio di regalare una sua leccornia; un giorno che aveva un sacchetto di caramelle che teneva gelosamente per sé, gli si fece passare sotto gli occhi un gustoso gelato senza offrirgliene; allorché lo reclamò, i genitori gli fecero osservare: ” Perché vuoi che si faccia per te ciò che tu non fai per gli altri? “.

* Facciamo osservare ai fanciulli il male che può causare la cattiveria e l’antipatia. Vi sono già sulla terra tante cose ed occasioni di sofferenza: perché ne dobbiamo far nascere altre? D’altra parte non è forse vero che chi semina vento, raccoglie tempesta? Glorificare nello spirito dei fanciulli gli eroi cristiani della carità. Far loro capire che la carità non è una virtù piccola, per deboli, ma per forti: si tratta spesso di sacrificarsi quando ci si dedica agli altri; ed è più forte della violenza perché riesce là dove questa fallisce.

* Abituare i bambini a scoprire ciò che vi è di buono in chi li circonda, a sostituire subito con un atto positivo di carità ogni sentimento di malevolenza suscitato nel loro cuore. Abituarli a ricordarsi ogni mattina nella preghiera di coloro che incontreranno nella giornata. Far recitare ogni mattina questa preghiera: ” Signore Gesù, fa’ che pensiamo sempre agli altri prima di pensare a noi “.

* Rarissimi sono i genitori che si preoccupano dello sforzo verso la bontà che è la base elementare dell’educazione al senso sociale che non è innato nell’uomo. Creare gli automatismi morali della bontà e della generosità è assai difficile, e lo sforzo su questo punto sarà per il fanciullo molto meritorio, perché egli è sensibilmente egocentrico, naturalmente autoritario ed inclinato a diventarlo terribilmente. Non ci meravigliamo che questo avvenga nel nostro secolo: nove genitori su dieci hanno formato nei loro bambini un’anima da proprietario, accaparratore, pieno di preoccupazioni per sé, senza curarsi degli altri, dimentico perfino dell’esistenza altrui. Dove vi è distacco e sacrificio, vi è sforzo. Il fanciullo che per fare l’elemosina prende dal portamonete della mamma non fa sforzo; lo farà invece se prende dal suo salvadanaio, se dall’albero di Natale sceglie un oggetto in ottimo stato a cui è attaccato; ma perché arrivi a quest’ordine di idee deve essere entusiasmato e non gli si deve imporre alcunché. Teniamolo d’occhio, perché o il fanciullo può fare un grande sforzo di generosità di cui si pentirà in seguito o non lo vuoi compiere, e se lo sforzo verso la bontà deve essere ispirato, aiutato, diretto, deve essere anche libero e mai imposto. Se è duro a capire, bisogna attendere; nell’educazione non bisogna mai aver fretta; tutto arriva in tempo a chi sa pazientare. Sappi che se questo sforzo non ha come base l’amore, perderà il suo significato e rischierà anche di ottenere il risultato contrario a quello cercato. Bisogna mettere il bambino di sette anni di fronte alla miseria, alle privazioni e alle sofferenze degli altri perché il suo cuore, così ricco di possibilità, non si fermi ne si dissecchi. Se lo sforzo verso la bontà e l’amore non è educato molto presto, non sarà forse più possibile farlo in seguito.