Contro Theilard (14 di 16)

R. Th. Calmel o. p., Realismo ed Evoluzionismo da "Nouvelles de Chrétienté". TEILHARD E SANT\’IRENEO. Un pio bollettino destinato agli oblati benedettini, il quale proponeva loro una spiritualità secondo la prospettiva teilhardiana, scriveva ancora, dopo il monito di Roma che il male è in fondo una incompiutezza, un accidente nello sviluppo spirituale; sembra che ciò aiuti molto i moderni a diventare migliori, poiché li fa sfuggire ad una nozione statica del peccato, la nozione classica…

R. Th. Calmel o. p.
Realismo ed Evoluzionismo

da "Nouvelles de Chrétienté"

TEILHARD E SANT\’IRENEO

Un pio bollettino destinato agli oblati benedettini, il quale proponeva loro una spiritualità secondo la prospettiva teilhardiana, scriveva ancora, dopo il monito di Roma che il male è in fondo una incompiutezza, un accidente nello sviluppo spirituale; sembra che ciò aiuti molto i moderni a diventare migliori, poiché li fa sfuggire ad una nozione statica del peccato, la nozione classica… Tuttavia, diceva l\’autore, questa spiritualità che sembra nuova, non lo è. Essa si basa su alcuni brani tratti dalle opere di Sant\’Ireneo. Sfortunatamente anche questa utilizzazione teilhardiana di Sant\’Ireneo non è nuova. La si trova, e l\’autore l\’ha trovata senza alcun dubbio, nel R. P. Bernaert, S. J. La si può ritrovare anche in Consécration del R. P. Rideau, s. j. (Desclée, 1945), libro impregnato di Bergson e di Teilhard. Al suo riguardo, il R. P. Dom Frénaud non ha mancato di notare che «la colpevolezza» di Adamo «diverrebbe discutibile se l\’errore fosse stato una "necessità di crescita", come si vuol far dire ad un testo di Sant\’Ireneo» (Il pensiero Cattolico, n. 3, p. 44).
E\’ noto che i Padri di Etudes sostituirono la loro rivista, durante la guerra ed in zona occupata, con una serie di quaderni intitolati Costruire. In un quaderno del 1943 i cui articoli spaziavano sul «Tempo del mondo e Tempo dell\’uomo», il R. P. Barnaert, sulla scia di P. Teilhard, parlava di «Tempo e crescita spirituale». L\’epoca di allora gli sembrava «una evidente smentita dimostrata dai fatti alla fede in una evoluzione in via di ascesa».
«Ma – diceva – noi abbiamo bisogno di credere» a questa ascesa senza la quale l\’energia dell\’azione si esaurisce; noi abbiamo bisogno di non dividerci dal mondo e dal popolo francese in cui è «profondamente radicata… la credenza… in un progresso irreversibile». Bisogna dunque credervi, «purificare nell\’atto stesso di assumerla, la fede nel progresso». Il male non ci opprimerà più quando noi avremo riconosciuto il «ruolo insostituibile del tempo nella formazione di una umanità migliore»…
«Autentici pensatori cristiani ci insegnano a guardare la storia collettiva come uno sviluppo spirituale verso un fine. A diciotto secoli di distanza un Padre della Chiesa, Sant\’Ireneo, e uno studioso cattolico contemporaneo, il P. Teilhard de Chardin, ci hanno fornito una visione splendidamente ottimista dell\’evoluzione del genere umano e dell\’universo».
Secondo questa visione, «ciò che noi riteniamo una crisi mortale è solo una crisi di sviluppo, attraverso la quale si determina fino al suo compimento un movimento delineato, nelle sue linee generali, sin dall\’origine dell\’universo. A proposito delle nostre sofferenze e dei nostri mali attuali bisogna dire ciò che il P. Teilhard afferma a proposito dell\’oscurità della fede:
«È un caso particolare del problema del male. E per vincerne la tentazione mortale… vi è una sola via possibile: riconoscere che se Dio ci lascia soffrire, peccare e dubitare, ciò si deve al fatto che egli non può ora, improvvisamente, guarirci e rivelarsi. E non lo può poiché non possediamo ancora, a causa del grado di sviluppo in cui si trova l\’universo, organizzazione e ragione sufficiente. Nel corso di una creazione che si sviluppa nel tempo, il male è inevitabile».
La posizione d\’Ireneo è esattamente simile a questa e la esplica con gli stessi termini. Che cosa dice dunque Sant\’Ireneo?
«Senza dubbio nulla è impossibile a Dio in quanto tale; ma le sue creature, proprio perché tali, hanno avuto un\’origine, sono inferiori a Dio… Poiché viene loro concesso di esistere, per questo stesso motivo sono imperfette. E se Dio poteva, in ciò che lo concerne, dare all\’uomo fin dall\’origine la perfezione, è l\’uomo che non era capace di riceverla: era un fanciullo».
Bisogna dunque «che l\’uomo a poco a poco progredisca ed arrivi alla perfezione, cioè si avvicini a Dio».
In questo modo la nuova visione del mondo di Teilhard potrebbe vantare una grande anzianità, essendo conforme ad alcune formule dei cap. 38 e 37 del libro IV dell\’Adversus Haereses di Sant\’Ireneo, «uno dei più antichi Padri della Chiesa, uno dei più autorevoli rappresentanti della Tradizione apostolica» dice il pio bollettino di cui abbiamo poc\’anzi parlato.
Adamo non era che un fanciullo, non aveva molta coscienza insomma, ecco perché ha peccato; e con il suo peccato ha acquistato maggiore coscienza, e questa coscienza si sviluppa a misura che lo stadio in cui si trova l\’universo è capace di maggiore organizzazione e di più luce…
Virgilio che aveva del mondo una concezione ciclica e non evolutiva ha anch\’egli parlato del ruolo sostenuto dallo sforzo, dalla libertà, dalla sofferenza nel progresso e per il progresso dell\’uomo come della società. Questo ruolo della libertà è classicamente affermato da tutta la tradizione cristiana; ma un Adamo infantile e peccatore secondo questa teoria, non risponde affatto al pensiero di sant\’Agostino o della tradizione teologica. Tutta questa tradizione che si è precisamente formata dopo sant\’Ireneo si ricollega in realtà, circa il problema del peccato originale, a San Paolo, alla sua contrapposizione fra il vecchio Adamo ed il nuovo. In questa teologia l\’ipotesi dell\’evoluzione non interviene. Il male non vi appare affatto come «un effetto secondario, un sottoprodotto inevitabile del procedere» né di un uomo in evoluzione, se si parla di Adamo, né di un «Universo in evoluzione» se si considera Adamo come il primo e più infantile nella serie degli uomini che diventano sempre più coscienti. Non si legge in nessun punto della Sacra Scrittura che «lo scandalo del male è cancellato dal fatto – inevitabile – di una creazione in progresso». Ed ancora meno si può pensare con Raissa Maritain: «In questo progresso dell\’Umano… notiamo… che la donna ha saltato un gradino… È Eva che, col suo errore, ma anche con il coraggio della sua decisione, il che è proprio dell\’adulto, ha preso l\’iniziativa che, accettata da Adamo, ha deciso della sorte dell\’umanità» (Storia di Abramo, pp. 61-62).
Bisogna scegliere: o questo primo errore è una ardita decisione di adulto ed è chiamato errore di Adamo soltanto perché questi, fanciullo e minore, l\’ha accettata, oppure questo errore di Adamo non è più quello di un fanciullo, non è legato al suo infantilismo ed ecco che tutto il sistema dell\’evoluzione crolla… San Paolo, in I, Tim., n, 13-14, è ben lontano dall\’ortodossia evoluzionista quando scrive: «Poiché prima fu plasmato Adamo. Adamo non fu sedotto, fu la donna a lasciarsi sedurre, e però cadde in trasgressione». A meno che Eva non fosse già adulta in quanto nata per seconda; con questa velocità, dobbiamo essere ben vecchi noi ora!
Nel suo libro Christ en son temps (p. 40, nota 2) Cullmann non esita a criticare il passo di Sant\’Ireneo interpretato nel senso teilhardiano: «Certo, Ireneo accentua eccessivamente il carattere rettilineo della storia della salvezza. È indotto, di conseguenza, a non considerare più la caduta di Adamo come un fatto positivo di disobbedienza… La linea in Ireneo è così dritta che non tiene più sufficientemente conto della rottura provocata dalla caduta. Tutto è compimento».
Un altro protestante, Benoit, professore alla Facoltà di Teologia protestante dell\’Università di Strasburgo (Saint\’Irenée, introduction à l\’étude de sa théologie, P.U.F., 1960), il quale è un buon conoscitore dei Padri, fa molto giustamente notare (p. 230) che «teologicamente, quest\’idea dell\’evoluzione progressiva dell\’uomo non lascia che pochissimo posto alla nozione di peccato. Il peccato passa in second\’ordine come uno sfortunato accidente».
Con ciò, lungi dal restare nella sua prospettiva della ricapitolazione, «in cui l\’obbedienza del Cristo corregge e cancella la disobbedienza di Adamo», Ireneo la supera.
Questa concezione «supera ancora la concezione della ricapitolazione per il fatto che il punto di arrivo è diverso dal punto di partenza, mentre nella dottrina della ricapitolazione l\’opera di Cristo consiste nel ricollocare l\’uomo nella sua condizione originale… Qualsiasi sforzo si faccia per inserire questa nozione di evoluzione progressiva nel pensiero di Ireneo, essa è un tema che non si accorda pienamente con le altre tendenze della teologia ireniana».
E Benoit pensa che sia «difficile affermare che questo tema gli sia congeniale e possa essere considerato come una delle caratteristiche della sua teologia; vi è un elemento preso in prestito che egli utilizza e contrappone ad altri, senza attribuirgli una importanza capitale».
Questa nuova visione del mondo pre-teilhardiana, raccomandata come il pensiero di «uno dei più antichi Padri della Chiesa, di uno dei più autorevoli rappresentanti della Tradizione apostolica» non è in realtà dunque in accordo con quel pensiero. Essa non si accorda del pari con il pensiero affermato una volta di più con tutta la tradizione, dopo San Paolo, dal Papa Pio XII (30 nov. \’41, Disc. alla Pontificia Accademia delle Scienze) e precisamente a proposito delle «multiple ricerche, della paleontologia, della biologia, della morfologia, sui problemi concernenti le origini dell\’uomo»:
«L\’uomo è grande, e fu più grande nella sua origine. Se egli cadde dalla sua prima grandezza, ribellandosi al Creatore… anche nella rovina sorge grande, per quell\’immagine e somiglianza divina che porta nello spirito e per la quale Dio tanto si compiacque della creatura umana, ultimo lavoro della sua mano creatrice, che non la disarmò né abbandonò caduta, e per risollevarla egli stesso "si fece simile all\’uomo; e per condizione riconosciuto quale uomo compaziente alle nostre infermità, similmente tentato in tutto, tolto il peccato" (Fil. II, 7; Ebr. IV, 15)».
Così parla Pio XII in nome di tutta la tradizione e delle Sacre Scritture, e non solo di San Tommaso, ma di Sant\’Agostino e di Sant\’Ireneo; infatti nei brani citati precedentemente Sant\’Ireneo sottolinea la libertà, cioè l\’intelligenza e la volontà che, come dice ancora Pio XII, innalzano l\’uomo e «lo rendono grande anche dopo la caduta»; egli non dice: a causa della caduta. Dio ha voluto l\’uomo libero, l\’ha creato tale e perciò molto grande. Creandolo tale, ha previsto il peccato dell\’uomo che avrebbe abusato della sua libertà, ma non gli ha tolto la libertà poiché essa sarebbe servita sia al suo merito che alla sua umiliazione; essa avrebbe dimostrato, più di tutto il resto, quanto l\’uomo fosse dipendente e imperfetto e quanto Dio fosse buono. Dio non governa degli schiavi; la sua sovranità è una sovranità di verità, di fedeltà e d\’amore.
Sì, l\’esistenza del male è un mistero, ma per coglierlo e mostrarlo in tutta la sua dimensione non c\’è bisogno di creare la fantasmagoria della salita verso la sovra-coscienza, che non elimina nessuno scandalo, anzi provoca l\’effetto contrario (7).
Essa pone molti più problemi di quanti ne risolva, avvicina indebitamente l\’ordine spirituale e lo stesso ordine sovrannaturale a un\’evoluzione biologica o morfologica che d\’altronde non è neppure dimostrata; è invece dimostrata la stabilità in mezzo ai cambiamenti superficiali. Il rapporto fra lo sviluppo dell\’uomo dall\’infanzia all\’età adulta e lo sviluppo della vita cristiana è un esempio classico.
«Io non vi ho nutrito che di latte, e non di carni solide, perché allora non eravate in grado di mangiarne» dice San Paolo ai Corinzi, che cita giustamente Sant\’Ireneo e a cui s\’ispira (A. II. IV, 38). Questa realtà si esprime con un\’immagine, con un paragone non molto logico. Ma è poi così poco logico? Basterebbe riflettere un attimo per accorgersi che quando si tratta della vita spirituale l\’immagine della crescita non è un\’immagine; infatti nell\’ordine biologico alla crescita e all\’età matura corrispondono la decrescenza e la decrepitezza. Nell\’ordine spirituale invece non avviene la stessa cosa: e non solo nell\’ordine spirituale. Prendere un\’immagine adoperata dalle Sacre Scritture (quella della crescita biologica) per una specie di consacrazione evoluzionista ci sembra piuttosto gratuito.
Vorremmo sottolineare con Monsignor Freppel la teologia anti-marcioniana di Sant\’Ireneo. Marcione sosteneva fra gli altri errori che «la caduta di Adamo è stata una conseguenza della nativa infermità del suo essere». Questa frase è veramente scandalosa. Sant\’Ireneo d\’altronde lo dice formalmente: «Non si può sostenere un sistema contrario a questa libertà dell\’uomo senza accusare Dio o d\’impotenza, perché non sarebbe stato capace di dare la perfezione alla sua opera, o d\’ignoranza sulla natura delle cose, perché avrebbe creduto di poter comunicare la sua immortalità a esseri che non potevano averla» (A. H., cap. 37). E come spiegare anche la caduta del più grande e del più prestigioso angelo, Lucifero?
Abbiamo serbato per ultimo un brano del R. P. Bernaert, in cui egli interpreta il pensiero di Sant\’Ireneo (Construire, VIII, p. 84): «Dio, senza dubbio, nella sua liberalità infinita e per fare risplendere il suo amore, ha dato all\’uomo la sua perfezione sin dalle origini, ma l\’uomo appena creato non poteva conservarla» (A. H. IV, 38).
La perfezione era troppo giovane…
«Adamo ed Eva, continua, con le loro facoltà infantili, hanno perduto facilmente un dono prematuro, prima che l\’uomo si fosse lentamente abituato a portare lo splendore della gloria divina».
Strano: l\’uomo viene creato in tutta la sua perfezione e tuttavia ha delle facoltà da bambino. Dio si adegua, nella sua divina e saggia pedagogia, a ciò che l\’uomo può sopportare e nello stesso tempo lo gratifica di un dono prematuro! È un comportamento poco saggio, bisogna ammetterlo.
Ma il P. Bernaert ha forse dimenticato che nel peccato originale vi è una terza figura rilevante, quella del Demonio.
E poi che cosa significa peccato commesso facilmente? Allora dovremmo pensare che, grazie all\’Evoluzione, l\’uomo, giunto all\’età adulta, riuscirà a praticare la virtù così facilmente come Adamo invece è caduto nel peccato. Allora non avrà un gran merito e, in un certo senso, non potrà più esercitare la sua libertà, se questa dipende nel suo esercizio dallo sforzo evolutivo
Insomma questi discorsi ci paiono molto curiosi. Vogliamo far notare, ad esempio, a proposito della nozione teilhardiana del «peccato-incompiutezza» che la teologia tradizionale non può nemmeno accettare la nozione di «peccato-compimento». Ma non ne consegue che il peccato sia «compiutezza», quindi pensabile come una tappa verso la perfezione parziale. Bisogna far attenzione a non adoperare termini ambigui.
A essere sinceri, dobbiamo dire che questa nuova teologia ha ancora bisogno di una lunga maturazione e rischia di non giungere mai al suo punto omega.