CATTOLICI MARTIRIZZATI sotto il regno di Giacomo I, Carlo I e Carlo II.

Alla morte della regina che voleva essere chiamata "la vergine Elisabetta" (+1603), la situazione religiosa non mutò. Sotto Giacomo I Stuart, suo successore, la persecuzione rincrudì di più specialmente dopo la cosiddetta "congiura delle polveri", ordita da un gruppo di gentiluomini cattolici (1605) allo scopo di fare saltare in aria il palazzo del parlamento con il re e tutti i deputati, e invitare poi le province a ribellarsi.

Alla morte della regina che voleva essere chiamata "la vergine Elisabetta" (+1603) semplicemente perché non aveva un marito legale, la situazione religiosa non mutò. Sotto Giacomo I Stuart, suo successore, la persecuzione rincrudì di più specialmente dopo la cosiddetta "congiura delle polveri", ordita da un gruppo di gentiluomini cattolici (1605) allo scopo di fare saltare in aria il palazzo del parlamento con il re e tutti i deputati, e invitare poi le province a ribellarsi. Delle vittime fatte dal despota Giacomo I, quattro furono canonizzate da Paolo VI.
S. Nicola Owen, muratore, d\’ignota località, si fece fratello coadiutore gesuita (1580) e fino, alla morte, si dedicò a costruire di notte, con rara perizia, nascondigli per i preti cercati a morte in varie parti dell\’Inghilterra. Quando fu scoperta la congiura delle polveri, si nascose con due padri in casa di un amico, ma un traditore svelò il rifugio al giudice. Nicola fu rinchiuso nella Torre di Londra e torturato per sei giorni consecutivi per costringerlo a rivelare il luogo del nascondiglio degli altri, ma il martire si limitò a pregare; "Gesù, dammi la tua grazia e con il dolore aumenta la pazienza". Giacché soffriva di ernia, lo cinsero con una fascia di ferro per avere modo di tormentarlo per diverse ore di seguito senza procurargli la morte, sollevandolo da terra per mezzo di bracciali di ferro stretti ai polsi e aggiungendo pesi ai piedi. Il ripiego non servì perché gli intestini gli si ruppero e la banda di ferro gli accelerò la morte allargando la ferita (marzo 1606).
S. Tommaso Garnet è il primo dei nove martiri inglesi educati nel collegio di St-Omer, nelle Fiandre. Si preparò al sacerdozio nel collegio inglese di Valladolid e, per sei anni, si spostò da una parte all\’altra dell\’Inghilterra "per salvare le anime che avevano abbandonato la retta via e avevano una errata conoscenza della vera Chiesa, la cattolica". Nel 1604 chiese a suo zio, P. Enrico Garnet, provinciale dei Gesuiti, di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Al tempo della congiura delle polveri fu trattenuto nove mesi nella Torre di Londra e costretto a dormire per terra, tanto che contrasse una sciatica cronica. Condannato all\’esilio, fece il noviziato a Lovanio. Ritornato in Inghilterra, fu tradito da un prete apostata mentre si recava a confortare i cattolici della Cornovaglia. Tommaso fu condannato a morte perché si rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al re e di riconoscerne la supremazia. Ma il martire rispose: "Chi ubbidisce al suo sovrano non per questo deve rinunciare alla sua fede. Il re ha decretato che ogni prete che ritorni in Inghilterra sia ucciso. Io sono tornato in Inghilterra e volontariamente mi assoggetto ad essere condannato a morte; così darò il mio corpo a Cesare e la mia anima a Dio". Il 23-6-1608 fu giustiziato a Tyburn mentre recitava il "Veni, creator Spiritus".
S. Giovanni Roberts, nato nel Merionethshire, fu il primo missionario benedettino che pose piede in Inghilterra dopo la soppressione dei monasteri. In occasione di una sua visita a Parigi si era convertito alla fede e preparato al sacerdozio nel collegio inglese di Valladolid (1598). In seguito si fece benedettino e ritornò in patria per svolgervi attività missionaria. Fu bandito dal regno, alla scoperta della congiura delle polveri, ed egli ne approfittò per fondare a Douai un monastero per la formazione dì missionari da inviare in Inghilterra.
Dopo altri arresti ed esili, il martire fu definitivamente imprigionato in casa di un amico. Aveva appena celebrato la messa.
Fu condannato a morte per avere rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà e avere svolto opera di corruzione e di adescamento. All\’accusa, il martire rispose: "Se ciò è vero, allora i nostri antenati furono ingannati da S. Agostino, l\’apostolo dell\’Inghilterra, che fu inviato qui dal papa S. Gregorio Magno… Io sono stato inviato qui dalla stessa Sede Apostolica che inviò lui prima di me". Il 10-12-1610, giunto a Tyburn, vedendo che era già stato acceso il fuoco che doveva bruciare le sue viscere, invece di sgomentarsi disse per celia: "Vedo che state preparando una colazione calda per noi!".
S. Giovanni Almond, nato nel Lancashire, dopo gli studi nel collegio inglese di Douai e di Roma, dove fu ordinato sacerdote (1598), sbarcò in Inghilterra e, per dieci anni, svolse un intenso apostolato tra i fedeli. Pedinato da spie, fu catturato (1612) e gettato in una cella sotterranea di Londra. Il giudice Io esortò a prestare il giuramento di fedeltà in una forma che negava l\’autorità papale, ma Giovanni protestò: "Presto fedeltà al re Giacomo nella misura in cui egli, od ogni re cristiano, può pretendere dalle leggi naturali, dalla legge divina o dalla legge positiva della vera Chiesa".
Giunto a Tyburn il 5-12-1612, prese le poche sterline d\’argento che aveva in tasca e le gettò alla folla.
Giacomo I, negli ultimi anni di regno, mitigò alquanto i rigori anticattolici perché desiderava fare sposare a suo figlio Carlo I, Enrichetta Maria, sorella di Luigi XIII, re di Francia. Ma il giovane re, falso e cinico, non si vergognò di rimangiarsi la promessa di libertà di culto fatta ai cattolici. Delle sue vittime, quattro furono canonizzate da Paolo VI. S. Edmondo Arrowsmith, nato nel Lancaster (1585-1628), già da ragazzo era solito recitare il cosiddetto Salterio di Gesù. A vent\’anni andò a studiare a Donai e, dopo l\’ordinazione sacerdotale, fu inviato ad esercitare il ministero nel Lancashire. Nel 1624 si fece gesuita e, quattro anni dopo, un cattolico rinnegato, che nutriva rancori personali nei suoi confronti, rivelò a un giudice la casa in cui si trovava. Nel castello di Lancaster gli fu chiesto se era sacerdote. Si limitò a rispondere: "Vorrei esserlo". Avendo il giudice rifiutato un pubblico dibattito, dichiarò: "Difenderò la mia fede con il sangue". Infuriato il giudice gli ripeté più volte: "Morrai". Il martire gli rispose senza scomporsi; "Anche lei, signore, dovrà morire". Quando sentì leggersi la sentenza di morte Edmondo s\’inginocchiò per terra, chinò il capo e disse: "Deo gratias".
Il 28-8-1628, giunto sul luogo dell\’esecuzione capitale, salì sulla scala a pioli e disse alla folla: "Voi, che siete venuti a vedere la mia fine, siate testimoni che muoio da cattolico romano dopo essere vissuto come tale e, per amore di Cristo, fate che la mia morte sia per voi non già un ostacolo, ma un incoraggiamento a perseverare nel bene e a divenire più saldi nella religione cattolica". Un ministro protestante gli promise che avrebbe avuto salva la vita se avesse prestato il giuramento di fedeltà. Il martire gli rispose: "Oh, come sono lontano da tutto questo! Non tentarmi più. Sono un uomo che sta per morire. Non mi piegherò mai, a nessuna condizione". Le sue ultime parole furono: "Bone Jesu".
S. Ambrogio Barlow, nato a Manchester, quarto tra quattordici figli (1585-1641), con un fratello entrò nel convento benedettino di Douai. Dopo l\’ordinazione sacerdotale viaggiò a piedi e a cavallo per assistere in patria i cattolici, nonostante i continui disturbi di salute. Dopo tredici anni fu arrestato mentre predicava ai fedeli che avevano preso parte alla sua Messa. Interrogato circa le ragioni che lo avevano indotto a disubbidire al decreto reale rimanendo nel regno, rispose: "Non sono gesuita, né prete seminarista". Gli fu promessa la libertà se si impegnava a non ingannare più il popolo, ma egli rispose: "Non inganno, ma riporto la gente alla vera e antica religione". Il 10-9-1641 fu giustiziato a Lancaster dopo che ebbe fatto per tre volte il giro della forca recitando il Miserere.
S. Bartolomeo Alban Roe, nato nella contea di Suffolk (1583-1642), fu convertito al cattolicesimo dalle risposte semplici, ma esaurienti, di un carcerato cattolico, che egli voleva convertire al protestantesimo. Studiò a Douai (1608), ma ne fu espulso per il suo temperamento contestatario. Si fece allora benedettino in Lorena (1611). Dopo l\’ordinazione sacerdotale ritornò in Inghilterra (1615), ma fu quasi subito arrestato. Dopo cinque anni di carcere venne esiliato per intercessione dell\’ambasciatore spagnolo. Dopo pochi mesi ritornò in patria, ma fu tradito e di nuovo incarcerato. Per quindici anni, nonostante i frequenti dolori provocatigli dai calcoli renali, egli fu l\’apostolo dei compagni di sventura. Essendo riuscito a persuadere il suo carceriere di lasciarlo libero durante il giorno, poté estendere il suo apostolato anche ai cattolici di Londra. Quando il Roe udì leggersi la sentenza di morte perché era prete, esclamò: "Che piccola cosa è questa se confrontata con la morte ben più crudele che Cristo ha sofferto per me". All\’alba del 21-1-1642, prima di essere trascinato a Tyburn con il B. Tommaso Reynolds, sacerdote ottantenne e suo compagno di prigionia, volle celebrare l\’ultima Messa. Benedicendo gli astanti disse: "Quando vedrete le nostre teste affisse sul ponte di Londra, pensate che sono lì per predicare, per proclamare quella stessa fede per la quale adesso ci avviarne alla morte". Giunto al luogo del supplizio così pregò: "Perdona, o Signore, le mie innumerevoli offese come io perdono i miei persecutori. Accetta le mie sofferenze e la mia morte ad espiazione dei miei peccati. Vorrei avere mille vite: allora le sacrificherei tutte per questa causa così nobile!". Si rivolse quindi al boia e gli diede un po\’ di soldi perché potesse bere un goccio di vino dopo che aveva eseguito bene il suo lavoro.
S. Enrico Morse, nato da genitori protestanti a Norfolk ( 1595-1645), diventò cattolico nel collegio inglese di Douai. Dopo l\’ordinazione sacerdotale, che ricevette nel collegio inglese di Roma ( 1624), ritornò in patria, ma fu più volte arrestato ed esiliato. Nel 1627 si formò nel noviziato aperto dalla Compagnia di Gesù a Watten (Paesi Bassi), assistendo i soldati inglesi militanti nelle Fiandre al servizio della Spagna. Ritornato a Londra, soccorse durante la peste oltre quattrocento famiglie e guadagnò alla vera fede più di cinquecento anime, con la sua abnegazione e carità.
Catturato per caso da alcuni soldati che stavano in realtà cercando un altro prete nel distretto di Durham, fu processato a Londra e condannato a morte perché sacerdote. Il 1-2-1645 fu trascinato a Tyburn per essere giustiziato. Avendogli lo sceriffo chiesto se fosse a conoscenza di qualche complotto contro il re, disse: "Ho un segreto di cui sua Maestà e il parlamento devono venire a conoscenza". La gran folla presente tese le orecchie. "Signori, fate attenzione! Il regno d\’Inghilterra non sarà mai veramente benedetto fino a quando non ritornerà alla fede cattolica e fino a quando i suoi sudditi non saranno tutti uniti in un unico Credo sotto il vescovo di Roma".
La repubblica di Oliviero Cromwell, dittatore religioso e morale, che aveva condannato a morte Carlo I (+1649), fece soltanto due vittime: il B. Pietro Wright S.J., famoso per la cura spirituale che si era presa degli ufficiali e soldati inglesi (+1651), e S. Giovanni Southworth. Costui discendeva da una nobile famiglia cattolica del Lancashire. Studiò a Douai e, ordinato sacerdote, ritornò in patria, ma fu più volte imprigionato ed esiliato per interessamento della regina Enrichetta Maria. A Londra si prodigò con S. Enrico Morse per alleviare le sofferenze dei colpiti dalla terribile pestilenza del 1635-1637. Dopo la decapitazione di Carlo I fu di nuovo arrestato e condannato a morte perché sacerdote. Il 28-6-1654 disse alla folla, convenuta davanti alla forca, eretta sulla piazza di Tyburn: "Buona gente, questa è la terza volta che mi hanno arrestato e ora, sul punto di morire, desidero ardentemente testimoniare e professare in modo aperto la fede per la quale sono stato perseguitato". Poi, guardando il patibolo al di sopra della sua testa, soggiunse: "Guardo a questa forca come alla croce di Cristo e l\’accetto gioiosamente per seguire il mio Salvatore. La mia fede è il mio crimine, e il compimento dei miei doveri la ragione della mia condanna".
Dopo che fu squartato, l\’ambasciatore spagnolo ne acquistò i pezzi dal boia per quaranta scellini, li fece ricucire da un chirurgo e quindi imbalsamare. Le reliquie dei martire sono oggi venerate nella cattedrale cattolica di Westminster (Inghilterra).
Carlo II Stuart (+1681), salito al trono dopo la morte di Cromwell (+1658), pur essendo personalmente abbastanza favorevole al cattolicesimo, si lasciò trascinare a sanzionare atteggiamenti "antipapistici" dal parlamento, e a scatenare una vera persecuzione contro ecclesiastici e laici con il pretesto della congiura di Titus Oates. Codesto finto convertito alla fede cattolica, sparse dicerie mendaci circa una presunta congiura dei cattolici contro la vita del re, provocando l\’arresto e la condanna a morte di molti innocenti, sei dei quali sono stati canonizzati da Paolo VI.
S. Giovanni Plessington, proveniente da una vecchia famiglia del Lancashire, studiò a St-Omer nelle Fiandre e a Valladolid, dove fu ordinato sacerdote. Ritornato in patria, fu tradito da tre rinnegati cattolici e condannato a morte dal tribunale di Chester. Il 19-7-1679 il martire, dal patibolo, così parlò alla folla: "Cari concittadini, sto per essere giustiziato non perché ladro o assassino, né per avere contravvenuto alla legge di Dio, né per alcuna azione o dottrina contraria alla monarchia o al governo. Nulla è stato addotto a mio carico se non il mio sacerdozio… Alla presenza di Dio e della corte celeste protesto la mia assoluta estraneità al complotto di cui tanto si parla, e dichiaro personalmente che aborro questi piani così sanguinari e condannabili… Siate testimoni, voi che mi ascoltate, che dichiaro di credere fermamente e senza ombra di dubbio a tutti gli articoli della fede cattolica romana e per la verità di questi, con l\’aiuto di Dio, sono disposto a morire… Dio benedica il re e la sua famiglia… Dio conceda pace ai suoi sudditi consentendo loro dì vivere e di morire nella vera fede, nella speranza e nella carità. Ciò che mi rimane da fare è di raccomandarmi alla misericordia di Gesù, in virtù dei meriti del quale spero misericordia. Oh, Gesù, sii anche per me Gesù".
S. Filippo Evans, nato nel Monmouthshire (Galles) (1645-1679), fu educato a St-Omer nelle Fiandre. A ventun anni si fece gesuita, a trenta fu ordinato sacerdote.
Ritornato in patria al tempo della congiura di Titus Oates gli fu posta sulla testa una taglia di duecento sterline. Gli amici gli consigliarono la fuga, ma egli non volle disertare il posto che i superiori gli avevano assegnato. Fu arrestato, chiuso nel castello di Cardiff e condannato a morte con il sacerdote gallese Giovanni Lloyd. Essendo stata differita di undici settimane l\’esecuzione della sentenza, al martire fu concesso di uscire dalla cella per giocare a tennis. Fu appunto durante una di quelle partite che il secondino lo informò che sarebbe stato giustiziato il giorno seguente, 22-7-1679. Senza impressionarsi, Filippo continuò la partita, poi passò le poche ore che gli restavano a suonare l\’arpa ed a conversare gioiosamente con chi era venuto a congedarsi da lui.
Giunto con il P. Giovanni Lloyd al luogo del supplizio, dopo avere baciato il patibolo ed esclamato con S. Andrea: "Salve, o croce tanto agognata", si rivolse alla folla e disse: "Certamente questo è il miglior pulpito che un uomo può avere per predicare, e perciò non posso fare a meno di ripetervi che muoio per Dio a motivo della mia religione. Mi ritengo cosi felice che, se mai potessi avere altre vite, sarei dispostissimo a sacrificarle tutte per una causa tanto nobile. Se anche potessi vivere, sarebbe per breve tempo nonostante la mia giovane età, e sono felice di acquistarmi la vita eterna con un dolore di così breve durata. Perdono tutti coloro che mi hanno procurato questo piacere, e anche lei, signor sceriffo. Addio signor Lloyd, anche se per poco, perché c\’incontreremo nuovamente fra non molto. Pregate tutti per me, e io ricambierò le vostre preghiere, se piacerà a Dio che io possa godere della sua beata visione. Se qualcuno di voi, che mi vede morire così volentieri per la mia religione, potrà trame una conclusione positiva, mi riterrò felice". Dopo una breve pausa esclamò con voce chiara e gioiosa: "Nelle tue mani, o Signore, affido il mio spirito".
S. Giovanni Lloyd, nato nel Brecknockshire (Galles), si preparò al sacerdozio nel collegio inglese di Valladolid. Ritornato in patria, per vent\’anni svolse tra i cattolici un proficuo apostolato. Al tempo della congiura di Titus Oates fu arrestato e rinchiuso nella prigione di Cardiff con Filippo Evans. Entrambi furono condannati a morte perché sacerdoti. Prima di salire la scala a piuoli disse: "Il mio compagno di martirio ha spiegato la causa della nostra morte; non vi è bisogno dunque che la ripeta, anche perché non sono mai stato un buon oratore. Voglio solo aggiungere che muoio nella vera fede cattolica apostolica, secondo le parole del Credo… Perdono quanti mi hanno offeso, e se io, a mia volta, ho offeso qualcuno, me ne dichiaro sinceramente pentito e invoco il suo perdono. Chiedo le preghiere di tutti e specie dei cattolici qui presenti, ai quali rivolgo l\’invito di sopportare pazientemente la loro croce". Poi, battendosi il petto disse tre volte: "Signore, abbi pietà di me peccatore", e: "Nelle tue mani raccomando il mio spirito".
S. Giovanni Wall, nato nel Lancashire (1620-1679), studiò a Douai e poi a Roma, dove fu ordinato sacerdote. Sei anni più tardi entrò nell\’Ordine dei Frati Minori a Douai, dove fu maestro dei novizi. Inviato alla missione inglese, per ventidue anni si prodigò per il bene dei cattolici del Worcestershire. Fu arrestato al tempo della congiura di Titus Oates, imprigionato a Worcester e condannato a morte perché sacerdote. Alla lettura della sentenza chinò il capo ed esclamò: "Sia ringraziato il Signore; che Dio salvi il re, e prego Iddio di benedire V.E. e tutta l\’onorevole corte". Poco dopo il martire scrisse: "Non fui turbato da alcun pensiero funesto e rendo grazie a Dio per questo. Anche in quel momento fui nella stessa condizione di spirito in cui, per grazia di Dio, sarò sempre, considerando il giudice e la giuria i migliori amici mai avuti in vita mia. Fui così presente a me stesso che, mentre il giudice pronunziava la sentenza, mi offrii di nuovo completamente al Signore". A Londra fu esaminato da Oates e da altri, in ordine alla congiura, ma fu riconosciuto del tutto estraneo ai fatti. Gli promisero salva la vita qualora avesse rinunciato alla sua religione, ma egli scrisse: "Dissi loro che non potevo comprare la mia vita ad un prezzo tanto caro, così da andare contro la mia coscienza. Nessuno sa in quale modo piacerà a Dio disporre di noi tutti che siamo condannati. Questa è l\’ultima persecuzione che vi sarà in Inghilterra, perciò spero che Dio c\’impartisca la sua grazia celeste per fare di noi l\’uso che riterrà migliore". Morì giustiziato presso Worcester il 22-8-1679, offrendo la vita in riparazione dei suoi peccati e per la causa cattolica.
S. Giovani Kemble (1599-1679) nato nel Herefordshire (Galles), studiò a Douai, dove fu ordinato sacerdote. Per cinquantaquattro anni svolse il suo ministero in patria, stabilendo come centro d\’azione il castello di Pembridge, Quando tra i cattolici si diffuse il panico per la congiura di Titus Oates, gli amici lo sollecitarono a mettersi in salvo, ma egli rifiutò dicendo: "Stando alle leggi di natura mi rimangono solo pochi anni da vivere; sarà per me un vantaggio morire per la mia religione, perciò non intendo scappare". Arrestato, fu imprigionato a Hereford e condannato a morte perché era "un prete seminarista".
Il 22-8-1679, prima di lasciarsi trascinare al luogo del supplizio, chiese al sotto-sceriffo di potere terminare le sue orazioni e poi di fumare per l\’ultima volta la pipa. Il sottosceriffo, ammirato di tanta tranquillità, gli tenne compagnia e gli offri infine del vino da bere. Giunto al luogo del supplizio, Kemble disse alla folla: "Vi attendete certamente che dica qualcosa ma, dato che sono vecchio, non posso dire molto anche perché non ho preso parte al complotto che, in effetti, credo che non sia mai esistito. Condotto a Londra e messo a confronto con Oates e Bedioe, costoro non sono stati in grado di rivolgermi accusa alcuna. E\’ evidente, dunque, che sono stato condannato a morte solo per avere professato la vecchia religione cattolica romana, la religione che per prima convertì questo regno al cattolicesimo". Il boia, un vecchio amico di "Kemble, era così sconvolto che non riusciva a compiere il suo dovere. Il martire lo prese per mano e lo incoraggiò: "Onesto Antonio, mio amico Antonio, non avere paura, esegui il tuo dovere. Ti perdono di tutto cuore perché compiendolo non mi fai alcun torno, anzi un grande favore".
S. Davide Lewis (1616-1679), nato da una famiglia di protestanti a Monmouthshire (Galles), in Francia si fece cattolico, a Roma studiò nel college inglese e fu ordinato sacerdote. Ammesso nella Compagnia di Gesù, fu nominato padre spirituale del collegio stesso. A trentadue anni fu mandato a Cwm (Galles), dove i gesuiti possedevano una fattoria che serviva da rifugio ai preti braccati. Qui Lewis per trentun anni esercitò il suo ministero. Di lui ci fu chi testimonio: "Con zelo cercava le pecorelle smarrite, incurante del pericolo, sopportando pazientemente le fatiche e le sofferenze: era così caritatevole nei confronti dei suoi vicini indigenti che tutti lo chiamavano il padre dei poveri".
In occasione della congiura di Titus Oates il martire si nascose con altri confratelli, ma un cattolico rinnegato ne svelò il nascondiglio alle autorità. Fu imprigionato prima a Monmouth e poi a Usk e condannato a morte. Il 27-8-1679 dal patibolo così parlò alla folla: "Vedo qui adunata una gran folla. Possa il gran Salvatore del mondo salvare tutte le vostre anime!… La mia religione è la cattolica romana, in questa ho vissuto i miei quarant\’anni e in questa muoio, e sono così determinato a morire che, anche se mi offrissero tutte le più belle cose del mondo per farmi rinunciare alla morte, nulla di tutto ciò riuscirebbe a smuovermi nemmeno di un capello dalla mia fede cattolica romana". Rivolgendosi quindi ai cattolici presenti tra la folla, aggiunse: "Amici, temete Dio, onorate il re, siate fermi nella fede, evitate i peccati mortali accostandovi ai sacramenti della santa Chiesa, sopportate con pazienza i dolori e le persecuzioni, perdonate i nemici". Prima di essere impiccato esclamò: "Dolcissimo Gesù, ricevi la mia anima".
L\’ultimo martire della persecuzione inglese fu S. Oliviero Plunkett (+1681), arcivescovo di Armagh, primate d\’Irlanda, canonizzato da Paolo VI nel 1975.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 85-93.
http://www.edizionisegno.it/