Presentazione del Signore al Tempio e la purificazione di Maria SS.

A chiusura del ciclo natalizio si celebra il 2 febbraio la festa della Purificazione di Maria. Per gli ebrei la legge mosaica prescriveva parecchie purificazioni rituali. La donna dopo il parto doveva compiere una purificazione speciale. Trascorsi i giorni dell’impurità la puerpera doveva far offrire al Tempio di Gerusalemme qualcosa come sacrificio di espiazione, e come olocausto. Tale festa è detta anche festa della Candelora, perché anticamente in tale giorno il clero e il popolo andavano in processione portando ceri accesi.  In tale giorno si usa benedire, prima della Messa, le candele che molti conservano poi gelosamente in casa, e accendono per devozione in occasione di malattie, morte, temporali, perché ad esse attribuiscono particolari poteri contro le forze della natura e contro gli spiriti maligni.

 Il rito della purificazione è stato praticato da tutte le religioni, allo scopo di rendere l’uomo più adatto a mettersi in contatto con la divinità, liberandolo dagli eventuali influssi degli spiriti maligni. Per essa l’uomo entrava come in un luogo particolare, distinto dal profano, donde la necessità di liberarsi da tutto ciò che ha carattere di contaminazione. Quindi si purificavano le vittime destinate al sacrificio cospargendole con sangue di capro, montone, o maiale, e i sacerdoti che lo dovevano compiere con acqua, orzo e sale, secondo i luoghi. A Roma ogni cinque anni (donde lustro, lustrazione) il popolo si raccoglieva nel Campo di Marte, ed il censore gli girava attorno aspergendolo con acqua, bruciature di piante resinose, effusioni di sale, ecc.
 Per gli ebrei la legge mosaica prescriveva parecchie purificazioni rituali, per simboleggiare che il peccato tronca ogni comunicazione inferiore con la divinità. Per talune impurità più gravi, come il contatto con un cadavere o con un lebbroso, si facevano abluzioni rispettivamente con acqua mescolata con le ceneri della vacca rossa (Num., 19, 9) e con acqua mescolata col sangue di un passero (Lev., 14,6-32). La donna dopo il parto doveva compiere una purificazione speciale. Trascorsi i giorni dell’impurità (7 per un maschio, 14 per una femmina), la puerpera doveva far offrire al Tempio di Gerusalemme una colomba giovane o una tortora, come sacrificio di espiazione, e un agnello di un anno come olocausto. I poveri supplivano con due colombe o due tortore, una per l’olocausto, e l’altra per il peccato. La madre, però, era ammessa al Tempio soltanto dopo 40 giorni dal parto di un maschio e 80 dal parto di una femmina. Nel caso che il neonato fosse il primogenito, lo si doveva riscattare pagando al Santuario 5 steli d’argento (Lv. c. 12).
 Ogni primogenito apparteneva difatti a Dio, che aveva preservato il popolo ebreo dalla strage egiziana. Leggiamo nell’Esodo: “Jahve parlò a Mosè dicendo: “Consacrami ogni primogenito: chiunque apre l’utero materno tra i figli d’Israele, sia che si tratti di uomini sia di bestie, esso mi appartiene”. E Mosè disse al popolo: “Quando Jahve ti avrà fatto entrare nella terra del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te l’avrà consegnata, dovrai consacrare per Jahve ogni essere che apre l’utero materno; e di ogni primo parto, generato dal tuo bestiame, i maschi appartengono a Jahve. Ma riscatterai ogni primo nato dell’asino con un agnello; se non vuoi riscattarlo colpiscilo a morte sulla nuca. Però riscatta ogni primogenito di uomo tra i tuoi figli”” (c. 13).
 Sovente si compivano assieme le due cerimonie della presentazione al Tempio e della purificazione della madre. Così avvenne per il Bambino Gesù benché ne lui, ne sua madre fossero obbligati a quelle prescrizioni perché senza peccati. Propriamente non esisteva l’obbligo di portare materialmente il neonato primogenito al Tempio per presentarlo a Dio, ma di solito le giovani madri lo portavano per invocare su di lui le celesti benedizioni.
 Quando Maria SS., 40 giorni dopo il parto, si recò al Tempio per la propria purificazione, offrendo ciò che era prescritto ai poveri, portò anche con sé Gesù per presentarlo a Dio, pagando i 5 sicli, vale a dire quanto un artigiano come S. Giuseppe avrebbe a malapena guadagnato con una ventina di giornate di lavoro. La gente che stava nel Tempio a oziare, a commerciare nell’atrio del gentili o ad ascoltare i commenti che i dottori facevano alla legge di Mosè, non badò a quel gruppetto costituito dalle tre persone più sante che fossero mai esistite sulla terra mentre facevano il loro ingresso nel Tempio. Ma proprio quel giorno c’era qualcuno nell’atrio che aveva uno sguardo diverso dagli altri. Si chiamava Simeone, “era un uomo giusto e timorato, aspettava la consolazione d’Israele e lo Spirito Santo era su di lui. Gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima che avesse visto il Cristo del Signore” (Lc., 2, 25 s.).
 Non era un sacerdote, ma un vecchio qualunque, preoccupato soltanto dell’osservanza della legge di Mosè. Cosicché quel giorno, mosso dallo Spirito Santo, venne al Tempio e mentre i genitori introducevano il Bambino Gesù per far con lui secondo il consueto della legge, egli lo ricevette sulle braccia, e benedisse Iddio dicendo: “Ora dimetti in pace lo schiavo tuo, o Padrone, secondo la tua parola, perché videro gli occhi miei la tua salvezza, che preparasti al cospetto di tutti i popoli: luce a rivelazione delle genti e gloria del tuo popolo di Israele” (Lc., 2. 27-32).
 L’idea sua universalistica della redenzione trovava appoggio sulle parole che Dio aveva proferito per mezzo di Isaia riguardo al suo servo: “Io ti ho costituito alleanza del popolo, luce delle genti”. (Is. 42, 6) e ancora: “Io ti ho costituito faro delle genti, affinché giunga la mia salvezza fino all’estremità della terra” (Ivi, 49, 9). S. Agostino nel Sermone 13 sul tempo dopo il principio dice che a Simeone “era differito d’andarsene dal mondo affinché vedesse nato colui che ha fatto il mondo. Il vegliardo riconobbe il Bambino, e si fece bambino con il Bambino. Ripieno com’era di pietà, si vide rinnovare nell’età. Il vecchio Simeone portava Cristo bambino, Cristo sosteneva la vecchiezza di Simeone”.
 Oramai che aveva contemplato il Messia promesso il santo vegliardo poteva ricongiungersi con i suoi padri. Ma vedendo che i genitori del Bambino erano meravigliati delle sue parole, si rivolse anche ad essi, particolarmente alla madre, e profetò: “Ecco, costui è posto a caduta e risurrezione di molti in Israele, e a segno di contraddizione, e tu stessa ne avrai l’anima trafitta da una spada, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc. 2, 34 s.). All’episodio di Simeone S. Luca fa seguire immediatamente il quadretto della profetessa Anna, donna quindi veramente tutta di Dio. Rimasta vedova dopo 7 anni di matrimonio, aveva passato la sua vita negli atri del Tempio fra digiuni e preghiere, raggiungendo l’età di 84 anni. Anch’ella, sopravvenuta in quella stessa ora, mossa certamente dallo Spirito Santo, rendeva a sua volta lode a Dio, e parlava di lui (Gesù) a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme” (Ivi, 2, 38).
 A chiusura del ciclo natalizio si celebra il 2 febbraio la festa della purificazione di Maria. È detta anche festa della Candelora, o delle Candele, o dei Lumi, perché anticamente in tale giorno il clero e il popolo andavano in processione portando ceri accesi. Secondo S. Beda il Venerabile sarebbe stata introdotta da papa Gelasio I (+496) per trasformare in una festa cristiana i Lupercali pagani che si celebravano appunto in febbraio portando in processione fiaccole accese in onore di Cerere.
 Secondo altri si tratterebbe di una festività istituita ex novo perché al tempo di Gelasio I quelle processioni non si facevano più. In tale giorno si usa benedire, prima della Messa, le candele che molti conservano poi gelosamente in casa, e accendono per devozione in occasione di malattie, morte, temporali, perché ad esse attribuiscono particolari poteri contro le forze della natura e contro gli spiriti maligni.
 A Roma, il papa, dopo le cerimonie liturgiche che si svolgono d’ordinario nella basilica di S. Pietro, riceve nella sala del concistoro i ceri da parte dei personaggi della Corte pontificia, dei rappresentanti dei capitoli e del clero romano, del governo e della città, degli ordini religiosi residenti in Roma. Il pontefice ne invia alcuni a personaggi illustri, sovrani, nobili, santuari famosi, e distribuisce gli altri a chiese povere. Come le altre grandi feste mariane, anche questa è di origine orientale, e precisamente gerosolimitana, come appare dalla Peregrinatio ad loca sancta di Egeria, monaca aquilana della fine del secolo IV, che dalla Galizia si era recata in Oriente per poi descrivere quanto aveva visto. Questa festa divenne obbligatoria per Costantinopoli e l’impero orientale nel 534 per volere di Giustiniano I. In occidente Sergio I (+701) stabilì che la celebrazione delle feste mariane della Purificazione, Annunciazione, Assunzione e Natività di Maria fosse resa più solenne con una particolare processione. Il nucleo primitivo di tutto il rito sacro è la “litania”, cioè la processione penitenziale che a Roma muoveva da Sant’Adriano al Foro Romano, l’antica Curia. Fuori dell’Urbe la processione delle candele non rivestiva esplicito carattere penitenziale.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 18-21.
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