Le “quinte colonne” della secolarizzazione (IV)

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di Jean Ousset. (Traduzione a cura di totustuus.it del Cap. IV (La Revolución. Su Quinta columna) del volume “Para que El reine” ("Affinché Egli regni"), Speiro, Madrid 1972, pp. 191-237. IL «CRISTO RIVOLUZIONARIO» E LA «NUOVA GERUSALEMME» DEI LIBERALI  «Dare al popolo la convinzione che la dottrina democratica è la stessa dottrina del Vangelo, la pura dottrina di Gesù Cristo, e soprattutto riuscire a convincerlo di ciò attraverso dei sacerdoti, sarebbe sicuramente il mezzo più ingegnoso ed infallibile di far trionfare e consolidare per sempre la Rivoluzione» (Cfr. Mons. Delassus, La conjuration anti-chrétienne, p. 519).

IL «CRISTO RIVOLUZIONARIO» E LA «NUOVA GERUSALEMME» DEI LIBERALI
Questi penosi ricordi spiegano non soltanto il gran numero di chierici tra i rivoluzionari, ma anche l’uso da parte di questi ultimi di formule dal sapore evangelico.
Rousseau aveva certamente indicato il cammino. Seguendo il suo esempio, sanculotti e giacobini si guardarono bene dal sottovalutare la potenza degli equivoci, così utili a trarre in errore gli ingenui … «Dare al popolo la convinzione che la dottrina democratica è la stessa dottrina del Vangelo, la pura dottrina di Gesù Cristo, e soprattutto riuscire a convincerlo di ciò attraverso dei sacerdoti, sarebbe sicuramente il mezzo più ingegnoso ed infallibile di far trionfare e consolidare per sempre la Rivoluzione» (Cfr. Mons. Delassus, La conjuration anti-chrétienne, p. 519).
«Uguaglianze blasfeme tra il Vangelo e la Rivoluzione», esclamerà centoventi anni più tardi San Pio X. Ma il fatto è che la blasfemia di tali uguaglianze ebbe corso fin dagli inizi della Rivoluzione. Infatti, prima di arrivare ad essere il leit-motiv  di Lamennais, dei suoi seguaci, dei modernisti, dei sillonisti e dei progressisti, questo modo di presentare le cose fu il medesimo dei Weishaupt, dei Camille Desmoulins, dei Marat, dei Babeuf, dei carbonari, ecc.

«Nessuno ha aperto alla libertà strade così sicure quanto il nostro “Gran Maestro Gesù di Nazaret”», aveva già scritto Weishaupt, il satanico fondatore degli Illuminati di Baviera. «Gesù, il primo "sans-culotte"», dirà Camille Desmoulins; Gracco Babeuf lo rivendicherà come un maestro dei «partigiani del reparto». Marat, più esplicito, non avrà remore nell’affermare che «ogni rivoluzione è totalmente uscita dal Vangelo … Gesù Cristo è il maestro di tutti noi». Proudhon parlerà del «divino socialista», facendo eco con questo al «nuovo cristianesimo» si Saint-Simon. Pio VIII, dal canto suo, nella Bolla Ecclesiam a Jesu Christo, segnalerà che «i carbonari mostrano un singolare rispetto ed uno zelo meraviglioso per la religione cattolica e per la dottrina e la persona di Gesù Cristo, fino all’audacia di chiamarlo loro Gran Maestro e Capo della loro società».
Diceva Edgar Quinet: «Il Cristianesimo resta rinchiuso nella tomba fino alla Rivoluzione francese, nella quale si può dire che resuscita e, per mano degli increduli, prende corpo e si rende palpabile per la prima volta nelle istituzioni e nel diritto. La Chiesa era diventata la pietra che chiudeva lo spirito nel sepolcro. Era necessario che quella pietra fosse rovesciata».
L’enumerazione delle citazioni potrebbe estendersi fino ai nostri giorni. Vi troveremmo quella di Edouard Herriot, fatta ai funerali di Marc Sangnier: «sebbene vi siano socialismi più scientifici, non ce ne è un altro più persuasivo di quello del Vangelo».
In questo fiume d’elogi fatti da non cattolici a un Vangelo o a un Cristo presentati come rivoluzionari, un passaggio di Buchez, del 1836, ci sembra contenga l’essenziale: «La Rivoluzione francese è la conseguenza ultima e più avanzata della civiltà moderna; e la civiltà moderna è uscita tutta intera dal Vangelo. Ciò è un fatto irrefutabile quando si studia la storia, specialmente quella del nostro paese, quando si analizzano gli avvenimenti e le loro idee motrici. Tutti i principi scritti dalla Rivoluzione francese sulle sue bandiere e i suoi codici, così come le parole di Eguaglianza e Fraternità poste all’inizio di tutti i suoi atti e con cui essa giustifica tutte le sue opere, divengono un fatto incontestabile se le si esamina e confronta con la dottrina di Gesù Cristo».
Perché non dovrebbe attirare l’attenzione tanta sicurezza?
Se si capisce il senso e se si pensa, d’altra parte, alla condanna espressa nell’ultima proposizione del Sillabo (Tesi condannata: «LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà»), non possiamo non spaventarci per l’ampiezza e gravità di tale opposizione:
– da un lato c’è il Vicario di Cristo che condanna persino la speranza di una riconciliazione tra cattolicesimo e la civiltà moderna uscita dalla Rivoluzione francese …
– dall’altro, gli uomini della Rivoluzione che invocano il Vangelo a loro favore e pretendono che la civiltà moderna sia uscita da essa.
Ci può essere una contraddizione più completa? (9)
Senza dubbio no, è la più spaventosa!
Non è cosa strana che certi rivoluzionari entrino in conflitto con la Chiesa a causa della diversa interpretazione di alcuni passaggi del Vangelo: si può dire che, essendole nemici inconciliabili per altri aspetti, con questo conflitto lo divengono ancora di più.
Ma che uomini considerati cattolici e che si professano tali possano mantenere simili espressioni; che tali uomini proclamino – come gli avversari più dichiarati della loro fede – le pretese origini cristiane della Rivoluzione, è cosa che dovrebbe spaventare molto di più.
Non si dica che rispetto a un fenomeno immenso e tanto complesso come la Rivoluzione quei cristiani ammirano, in realtà, cose diverse da quelle che suscitano l’entusiasmo dei rivoluzionari! No, non è solo per alcuni vantaggi accidentali – come ad esempio l’unificazione del sistema metrico – che lodano la Rivoluzione. Essi invece la plaudono per ciò che ha di essenziale, per il suo stesso spirito, per le sue dottrine fondamentali, per quanto causa l’entusiasmo degli empi settari, per la sua volontà di secolarizzazione della vita sociale, per l’esclusione sistematica di ciò che i suoi agenti han chiamato “principio teocratico”, che consiste, in una parola, nel rovesciare Gesù Cristo e la sua Chiesa in ogni luogo.
E’ su questo, non su altri aspetti, che si verifica l’accordo dei rivoluzionari con i cattolici liberali.
Le due correnti tendono, senza dubbio, al medesimo fine. Tuttavia, le formule di propaganda saranno diverse.
I cattolico-liberali, sicuramente non esigeranno la secolarizzazione delle istituzioni e della vita sociale per odio esplicito verso la religione. La proporranno e presenteranno come una necessità della “evoluzione”.
La formula tradizionale dell’ordine sociale (in altre parole: ciò che la Chiesa ha sempre indicato come la norma delle relazioni tra il potere spirituale e quello temporale) sarà presentata come un qualcosa che, in altri tempi, forse, ha avuto ragione d’essere. Quando i popoli erano ancora bambini. Ma oggi che questi popoli son cresciuti, il ruolo che la Chiesa aveva svolto a loro profitto ha perso ogni legittimità. Così, non solo la Chiesa deve cessare di esercitare quelle funzioni, ma deve anche capire che non deve cercare di continuare ad esercitarle. Lungi dal resistere alla corrente rivoluzionaria che la separa da tutto, deve invece ritirarsi ed eclissarsi da se stessa.
Se credessimo a questi nuovi dottori che continuano a dirsi suoi figli – e spesso sono suoi sacerdoti – la Chiesa deve collaborare alla propria esclusione, riconoscendo chiaramente che il suo ruolo di educatrice delle nazioni è stato al di fuori delle sue normali funzioni; che per l’equilibrio dell’ordine temporale sarebbe bastato, come basta oggi, il creare un clima di fraternità nel quadro di una città pluralista connotata da tolleranza morale e dogmatica praticamente illimitata. E si avrà l’audacia di presentarci questo mondo, nel quale il Salvatore è stato praticamente spodestato, come una nuova Gerusalemme, opera maestra politica e sociale dell’elaborazione storica dei secoli cristiani; trionfo dell’azione segreta – ma decisiva – del fermento evangelico negli strati profondi di un’umanità che si troverà salvata senza saperlo e nemmeno volerlo.
Questa è stata ed è quanto si potrebbe chiamare la dialettica di base, proposta sempre con piccole sfumature di toni che connotano le forme d’espressione e di immaginazione, più che il fondo del pensiero. A seconda degli ambienti e delle circostanze, le considerazioni e immagini saranno modificati e vi saranno aggiunti apprezzamenti di carattere personale. Ci sarà, soprattutto, una grande differenza tra quel che si dice e quanto si scrive. I più abili saranno capaci d’evitare ogni dogmatismo. I meno abili, che sono soprattutto i più intempestivi, ma anche i più sinceri, confesseranno le loro inclinazioni profonde verso un modo di vedere le cose che essi considerano essere “la verità”. Una verità – se crediamo a costoro – scoperta solo dopo i vergognosi procedimenti politici e sociali che hanno oscurato la storia dell’Occidente cristiano fino all’aurora dell’89.
Per noi, che non dobbiamo valutare i cuori, è sufficiente provare che l’operazione consiste nel lasciare avanzare la Rivoluzione, qualsivoglia siano state o siano le intenzioni di quanti difesero o difendono simili concezioni. Avanzare in ciò che la Rivoluzione ha, o in ciò che dovrebbe essere, di più esecrabile per un’anima cristiana o semplicemente religiosa: il laicismo, il naturalismo politico, l’ateismo sociale, il considerare l’umanità come fine a se stessa, i “diritti dell’uomo” senza la contropartita di alcun dovere e, soprattutto, senza la contropartita dei doveri verso Dio.
Che scandalo quello di tali cristiani i quali, di fatto, lavorano per consegnare ciò che il nemico non riuscirebbe mai a strappare se non avesse trovato dentro al forte simile complicità! E’ una complicità la cui efficacia decisiva è stata riconosciuta dallo stesso assalitore nel corso di una memorabile sessione seguita al voto sulla “legge di separazione”:
“ – Dico, signori – esclamò Briand, rivolgendo le sue ironiche felicitazioni ai colleghi cattolici del centro e della destra – che quando una legge è stata fatta con la vostra collaborazione…
– No – interruppe  Grousseau.
– Signor Grousseau – replicò Briand -, non possiamo negare che, se gli avversari della Separazione, molto numerosi in Commissione, ci avessero detto fin dall’inizio: “State proponendo una questione che noi, come cattolici , non abbiamo il diritto di discutere; state per legiferare su una materia verso la quale siamo incompetenti nel giudizio e perciò ci ritiriamo”, sarebbe per noi stato impossibile elaborare il nostro progetto di legge”.
* * *
I giansenisti del secolo XVIII, sebbene abbiano contribuito potentemente al trionfo della Rivoluzione, avevano perlomeno la scusa di nutrire molte illusioni su ciò che essa avrebbe dovuto essere, ignorando però la natura abominevole che la originava.
Niente di simile può essere portato a difesa dei cattolici-liberali e dei nostri attuali “progressisti”. Per loro, come per tutti da allora, esiste la lezione dell’89 e quella del ’93. La Rivoluzione si è verificata e i suoi insegnamenti sono evidenti. Non solo la Rivoluzione ha avuto luogo, ma si sviluppa e continua nel mondo, rovesciando in ogni dove le onde delle sue inesorabili conseguente di laicismo e di secolarizzazione metodica, compresa la persecuzione sanguinosa o larvata …
Ma questi pretesi “cattolici” non saranno meno fermi nelle loro convinzioni. Né le Encicliche, né l’evidenza di ciò che essi – come tutti noi – sono obbligati a chiamare scristianizzazione generale delle società, è riuscita ad illuminarli.
Il loro flusso vittorioso avanza come il mare, accompagnato dalle grida insolenti e burlone di un trionfo incontestabile (10). E’ uno spettacolo che costituisce la più spaventosa ed insidiosa delle tentazioni per chiunque cedesse e dubitasse, anche solo per un istante, della coerenza e della permanenza della verità negli insegnamenti di Roma su queste questioni.
La loro avanzata non è cessata; persino gli eccessi di una Rivoluzione ogni volta più invadente non li ha convinti ad abbandonare in nulla la loro volontà di restare uniti ad essa. Sempre pronti ad additare con giudizi severi le azioni più rette dei loro fratelli in Cristo, hanno invece “tesori di indulgenze” per scusare i piromani della cristianità in Spagna e negli altri paesi, i profanatori delle tombe dei religiosi e i boia di milioni di martiri.
Dopo le condanne di Gregorio XVI a Lamennais e a “L’Avenir” del 1831, i cattolici-liberali sono stati di nuovo condannati instancabilmente da Pio IX. Leone XIII ha condannato la stessa specie di “cattolici” chiamando la loro ideologia con il nome di “Americanismo”; San Pio X con il nome di “modernismo” e con quello di “Sillon”; Pio XI li ha condannati per l’aspetto che nella Ubi Arcano Dei è chiamato “modernismo giuridico e sociale”; infine, ai nostri giorni, sono stati condannati ed etichettati con il nome di “progressismo” (Cfr., ad es., Paolo VI, Udienza Generale, del 28-10-1970; Giovanni Paolo II, Lettera al Card. Joseph Ratzinger, dell’8-4-1988. N.d.T.).




Note
(9)    Non si vada a recriminare, come qualcuno osa fare, sulla presunta intempestività di Pio IX. Anche San Pio X condannò la blasfemia di queste “parità” tra Vangelo e Rivoluzione. Lo stesso Leone XIII, che alcuni non temono di presentare come un Papa “liberale”, su questo aspetto fu severo quanto Pio IX e quanto lo sarà Pio X: “… di quelli si eviti il tratto familiare – scriveva l’8 dicembre 1892 –, che si occultano sotto la maschera di universale tolleranza, di rispetto a tutte le religioni, di smania di voler conciliare le massime del Vangelo e le massime della rivoluzione, Cristo e Belial, la Chiesa di Dio e lo Stato senza Dio” (Enc. Inimica vis).
(10)   Si vedano queste righe del Figaro Litteraire (14-8-1954) firmate da A. Billy: “Mi dicono che alcuni cattolici hanno presentato ai Tribunali di Roma una richiesta di riabilitazione di Lamennais. Non credo sia cosa seria … Certamente, le tendenze de L’Avenir non verrebbero condannate ai giorni nostri; sono persino arrivate ad essere le tendenze ufficiali della Chiesa: Lamennais oggi, se nelle questioni di fede fosse almeno rimasto sulle posizioni che aveva nel 1832, forse sarebbe Cardinale …”.